CLARIMONDE, LA VAMPIRA DEL PRETE DI
FRANCIONE AL DUSE DI ROMA
Venerdì 8 ottobre ho assistito per la
prima volta ad una commedia del giudice drammaturgo Gennaro Francione.
Ho cercato di non perdere nulla
dell'esperienza che mi veniva offerta.
La rappresentazione era al teatro
Duse. Non un teatro, ma un mini teatro che può accogliere solo cinquanta
spettatori. Una piccola sala, raccolta e credo nata quasi per quello che
ho ascoltato dopo la rappresentazione dell'atto unico di Francione.
Gli attori, giovani e amanti dell'arte
scenica, hanno saputo cogliere l'essenzialità del discorso
fantastico messo in dialogo dall'autore.
Clarimonde, la Vampira del prete,
liberamente tratto dal racconto La Morte Amoureuse di Theophile
Gautier in cui si fa allusione al quadro d'Eugène Delacroix La
morte de Sardanapale, è una metamorfosi tra realtà e sogno.
La morte interroga e annota i peccati
di Romuald, prete innamorato e condannato al dolore di un amore terreno.
Clarimonde è la donna vampira che per amare e continuare a vivere ha
bisogno del sangue di Romuald.
Dall'altra parte il protagonista dona
il suo sangue affinché quest'amore terreno possa dare a lui la gioia di
una passione. Una passione umana, lontana dalla trascendenza della fede.
Una fede che comunque non lo abbandona mai neanche quando si concede
alla vita libertina nella città di Venezia. Essa ritorna ad
ossessionarlo, a prenderlo, a castigarlo.
Il piéce di Francione coglie
pienamente il pensiero di Gautier e ne fa un atto unico ricco di
simboli e di colori così come descrive Theophile.
Ho molto apprezzato la discussione
messa in scena dall'autore subito dopo la chiusura del sipario.
Noi spettatori siamo stati per un po'
protagonisti di una discussione sul teatro e per il teatro. La
chiacchierata tra appassionati di teatro, quello vero, mi ha portata
indietro negli anni, ai lunghi discorsi dopo un film o una commedia.
Quelle lunghe discussioni fra studenti ci hanno fatto crescere ed amare
la cultura. Un’emozione riscoperta.
Quei ragazzi della compagnia teatrale
“Gli Sbandati” durante la rappresentazione hanno dato emozioni
destabilizzanti, ci hanno condotti ad avere atteggiamenti critici nei
confronti di un dramma d'amore straziante e ambiguo.
Il dramma messo in scena dalla
compagnia è fedele al testo. Solo ho trovato non in linea con la
performance la figura della Morte. Aveva colori accesi in viso, questo
distoglieva dalla funzione estetica dell'immagine della Morte. Ne La
morte de Sardanapale, alcune figure sono più pallide, già vicine
all'abbandono del corpo. La regista ha spiegato che ha voluto dare una
visione della morte in linea col vampirismo salutare di Clarimonde, nel
senso che la Signora è essa stessa per così dire rigenerata dal sangue
della povera vittima. Ciò ribaltando l’immagine tradizionale della Morte
vista nella nostra cultura occidentale solo come desolazione morale e
fisica.
Tina de Falco
http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article11773
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http://www.teatroilmosaico.it/#
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