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ROMA C'è p. 57
"Riecco l'acuta penna
'uroborica' del magistrato- drammaturgo GennaroFrancione, che qui presta
un suo plot all'adattamentò de La Compagnia dell'Essenza. Sottotitolo
"Psicosi saturnina del pittore nero Goya" per un
affondo corale e totale, danza,prosa, musica, video, sulla biografia del
grande artista spagnolo. Con precisi riferimenti alla crisi che ne segnò
la cifra estetica, orientandola verso gli oscuri paesaggi simbolici del
preromanticismo, uno spettacolo contro l'imperante cultura
dell'immagine.
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XX Festival del Teatro Patologico in via
Cassia 472. Sabato 5 alle ore 21.00 e domenica 6 alle ore 17.30
andrà in scena “Goya La quinta del sordo”, scritto da Gennaro Francione
e diretto da Paolo Perelli. Uno spettacolo molto particolare, che parla
dei quadri del Goya senza mai farli vedere e il cui obiettivo è
raccontare un uomo, il pittore spagnolo per l’appunto, artista
“maledetto”, e la sua follia creativa. Una follia che lo ha condotto a
vivere la sua vita fino in fondo. E lo spettacolo, che alla recitazione
unisce la danza, il movimento e la musica, punta proprio a far vivere lo
spazio fino in fondo
http://www.vignaclarablog.it/2011030413849/5-6-marzo-weekend-di-appuntamenti-a-roma-nord/
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E’ avvolto nell’oblìo onirico il suo corpo, eppure l’animo è vigile,
infuocato, vivo. Il suo nome, la sua arte è macchiata dal sigillo
dell’inquisizione, il suo animo bucato da indicibili dolori, i suoi
sensi si sono arresi al rumore del mondo. Lui è ormai sordo.
Nella sua mente si agitano ricordi confusi, visi di donne amate, odori e
sensazioni incancellabili.
Francisco Goya è giunto alla fine dei suoi anni e si trascina in un
mondo che ha perso definitivamente l’orientamento ed è cieco all’amore,
sordo al grido di dolore del pittore spagnolo che si riduce a dialogare
con se stesso, raccontandosi attraverso le sue visioni celestiali oppure
mostruose. Ma quelle immagini non sono altro che la proiezione del suo
animo colmo di sentimento e delusione, depressione ed ira. Goya è un
pittore di enorme talento ma nell’animo lui è come ognuno di noi.
La “Quinta del Sordo” sarà lo spazio privilegiato, il luogo dove potrà
dipingere in libertà, lontano dalla Corte ed è lì che lascerà le sue
“pitture nere”, cariche di angoscia e turbamento. Le sue donne, la madre
e l’arte si uniscono in un’unica magnifica tela, quella dipinta da un
impeccabile attore e regista come Paolo Perelli, che in scena soffre la
fame, la sordità e la cecità del pittore spagnolo interpretandolo
magistralmente accanto alle graziose ballerine Lorena Coppola, Daniela
Sannino, Enza D’Auria e Paola Di Tello.
La pièce nasce da un adattamento dei testi di Gennaro Francione e le
incantevoli musiche sono di Yann Tiersen e Giacomo Zumpano.
Un’opera teatrale viva, grandiosa, come l’ha saggiamente definita
Gennaro, un colossal. Un’emozione da vivere, una cecità da vedere, una
sordità che merita di essere ascoltata.
Grandi tutti!
Questa è arte.
di Tania Croce
http://www.qualeteatro.com/goya-la-quinta-del-sordo/s3b0e0d1c599048029f9f948e66853acb/
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TEATRO: CON “LA QUINTA
DEL SORDO” DI GENNARO FRANCIONE, APERTA A ROMA LA XX EDIZIONE
DEL “TEATRO PATOLOGICO” |
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Roma,
10 marzo ’11 (Fuoritutto) A Roma, presso il “Teatro Patologico”
in Via Cassia ( che da anni realizza progetti teatrali per la
crescita del dialogo interculturale interrazziale, e il
miglioramento psicofisico dei ragazzi disabili ), sino al 27
marzo è in corso la XX edizione del “Festival Internazionale di
Teatro Patologico” dedicata alla memoria di Ellen Stewart,
fondatrice dello storico Experimental Theatre Group di New York
(dove debuttarono, a suo tempo, artisti come Robert De Niro e F.
Murray Abraham, e gli italiani Memè Perlini e Mario Martone ),
scomparsa, a 91 anni, a gennaio scorso. Dopo la piece teatrale
“Tutti non ci sono”, di Dario D'Ambrosi, e la proiezione di “
The house is open", documentario di Fabrizio Croce, Antonio
Messia e Donatella Querci centrato appunto sulla storia di Ellen,
sul palco del “Patologico” è stato rappresentato "Goya - La
Quinta del Sordo", un testo di Gennaro Francione, giudice,
scrittore e drammaturgo che da anni si dedica al teatro come
mezzo per promuovere una più umana concezione della giustizia e
della stessa arte.
Con l’adattamento e la regìa di Paolo Perelli, lo stesso
Perelli e le non meno brave Lorena Coppola, Enza D'Auria, Paola
Di Tello e Daniela Sannino, protagoniste di ardite
coreografie, hanno ripercorso la vicenda artistica e umana di
Francisco Goya y Lucientes (1746- 1828), il pittore di
capolavori come “ La Maya desnuda” e “La famiglia di Carlo IV”.
Gli eccessi giovanili alla Caravaggio e alla Francois Villon, il
“Gran tour” in Italia ( dove Goya , tra l’altro, partecipa a un
concorso dell’ accademia delle belle Arti di Parma), poi la
grande svolta come pittore di corte per Carlo IV di Borbone. E i
tormenti interiori, i guai con l’ Inquisizione ( che non
apprezza certo scene di processi alle streghe o di incredibili
sabba ), i drammi familiari, gli ambigui rapporti con gli
occupanti francesi del 1808-1814 ( che Goya pure condannerà con
opere vibranti come “ I disastri della guerra” e “Le fucilazioni
del 3 maggio” ). E, eternamente ricorrente, l’edipico rapporto
con la madre, Gracia Lucientes. Con luci tenebrose che han
ricreato perfettamente le atmosfere mentali dell’uomo che visse
molti dei suoi ultimi anni nello studio-dimora madrileno, da
lui pazientemente affrescato, de “La Quinta del Sordo” .
http://www.agenziafuoritutto.com/home/index.php?option=com_content&view=article&id=2798%3Ateatro-con-la-quinta-del-sordo-di-gennaro-francione-aperta-a-roma-la-xx-edizione-del-teatro-patologico&catid=157%3Acinema&Itemid=1
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Goya – La Quinta del Sordo
Scritto da Marcello Tamasco, email Pubblicato il 10/03/2011 alle ore
14:04
Goya – La Quinta del Sordo
Il dramma esistenziale di uno dei maggiori pittori di tutti i tempi. Al
Teatro Patologico di Roma “Goya – La Quinta del Sordo”: la vita, l’arte,
la passione del grande pittore aragonese nella performance straordinaria
di Paolo Perelli e del suo cast, su testi di Gennaro Francione
Roma, mercoledì 9 marzo 2011 – Nell’ambito della XX edizione del
Festival Internazionale di Teatro Patologico, dedicata alla memoria di
Ellen Stewart, fondatrice del teatro Cafè la MaMa di New York, nelle due
giornate del 5 e del 6 di marzo è andata in scena la pièce teatrale
“Goya – La Quinta del Sordo”. Il teatro come ambiente vibrante di un’eco
remota in cui aleggiano spiritismo, magia e presenze ossessive. “Oscuri
terrori, incubi erotici e sanguinari svelano il nostro subconscio di
creature abbandonate” declama in scena il grande Paolo Perelli nei panni
del Goya in preda alle sue folli visioni. L’aspetto dell’attore, nei
panni del pittore aragonese, tra lunghi capelli alla nazarena e pose
faunesche, è dato da un miscuglio di contrasti. Occhi magnetici
trasmettono un medianico fervore, recitando a mezza voce parole quasi
incomprensibili. Piange, va in estasi, trasuda dolore. La voce
dell’attore sembra giungere dall’oltretomba mentre attraverso le visioni
del pittore ci conduce in un viaggio all’indietro nel tempo. L’angoscia
dell’artista aragonese deriva dalla sua sete di verità, dal non poter
comprendere le ragioni del suo dolore. Goya come ogni uomo è un essere
finito che tende all’infinito, ma il suo mondo terreno costituisce un
limite che lo conduce all’infelicità. Egli pur essendo un uomo del suo
tempo, che soffre del romantico male del desiderio e si rifugia
nell’interiorità o nella stregoneria, per oltrepassare i limiti del
mondo, può essere definito un precursore dell’espressionismo del ‘900,
che individua nell’arte il mezzo per oltrepassare i limiti
dell’opprimente realtà terrena.
Il primo atto prende il via in un’atmosfera allucinata, con una musica
melanconica che culla un Goya dormiente, in preda a rimpianti e
terrifiche visioni. La scenografia e la postura dell’attore protagonista
strappano lo spettatore al reale e lo conducono nell’atmosfera emotiva
dell’artista. Esse sono volte a riprodurre fedelmente quanto ritratto
nella celebre acquaforte del pittore spagnolo “Il sonno della ragione
genera mostri”. Diaboliche creature volteggiano tra i sogni di un uomo
travolto dall’inferno delle sue passioni. Gracia Lucientes, la figura
femminile, che rappresenta la madre del pittore, interpretata dalla
brava Lorena Coppola, resta immobile sul fondale quasi a far veglia al
figlio. Poi con magica gestualità realizza una danza e scuote l’artista
dal suo torpore. La scena è quasi al buio, come le tinte dei quadri del
pittore aragonese, ed una flebile luce rossastra illuminando l’ambiente
fa emergere i corpi dall’oscuro fondale. Entrano in scena tre figure
femminili in abito nero e maschera grigia sul volto, che formando un
tutt’uno, prendono le tetre movenze di un pipistrello danzante.
Rappresentano le donne della sua vita, Mariana il suo amore di gioventù
interpretata dalla brava Enza D’Auria, Josefa Bayeu la moglie del
pittore nei cui panni si cala la brava Daniela Sannino, Caetana la
duchessa de Alba sua amante, interpretata dall’espressiva Paola di
Tello. Il volteggiare cupo dei suoi ricordi conduce il pittore ad
un’angoscia senza limiti. Dal dramma interiore dell’artista che si
strugge per sentimento si accenna al dramma sociale. Durante le guerre
napoleoniche nella Spagna del ‘700 dilagava la fame. “Voglio dipingere
il mondo così com’è, nella bellezza ma anche nella sua bruttezza”.
Perelli nei panni dell’anziano Goya che racconta del suo passato,
declama che l’accesso al Palazzo Reale era stato per lui una sventura,
poiché il Re era in realtà brutto e pazzo. A questo punto le ballerine
con una smorfia nel volto, mimante l’aspetto del Re, smettono di danzare
e si pongono sulla ribalta in posa assai buffa, creando forte ilarità
generale. Un Goya quarantenne introdotto a Palazzo Reale, viene travolto
da inarrestabile passione per Caetana la duchessa de Alba. La brava
Paola di Tello, nei panni della duchessa, esegue con estrema grazia una
danza che simboleggia il periodo della passione gioiosa col pittore
aragonese. Ma di lì a poco il pittore si ammala di sifilide, diviene
sordo e perde la voglia di vivere. Qui ha luogo la scena madre in cui un
Goya risanato torna al suo genio creativo e riprende a dipingere.
Perelli nei panni del Goya tende un drappo appeso tra le quinte del
palco e lo fa fluttuare nell’aria con un gioco di luce e di movimento
che simboleggia il fluire della creatività, mentre le donne della sua
vita danzano attorno al palco. Poi una musica cupa avvolge la sala del
teatro ed un Goya in preda al dolore si getta in ginocchio affogato nel
pianto. È il momento dell’uccisione del figlio Antonio Francisco,
durante la rivolta per la libertà. Una voce fuori campo recita: “La
Sant’Inquisizione vi accusa…avete dipinto l’orrenda nudità del demonio”
mentre riecheggia nel teatro una risata satanica. La scena riapre su un
Goya anziano divenuto sordo per il morbo d’amore che tormentato dai
ricordi e con aria smarrita si aggira nella sua casa in collina.
“Impazzisco di dolore perché sento in me la malvagità del genere umano”.
Perelli nei panni del Goya emette un ghigno animalesco e con affanno
prende a camminare a schiena ricurva. “Si può cambiar strada,
raggiungere i mostri che abbiamo in noi. Divino è il Sabba” dice a
braccia aperte ed urlando in tono diavolesco. Goya tra passione e
sacrilegio, era stato introdotto alle pratiche magiche del Sabba
dall’occultista italiano Cagliostro. Il pittore aragonese rivela infatti
nelle opere il suo lato oscuro, un morboso interesse per scene di
violenza o stregoneria. Goya, affamato di conoscenza, pur essendo sordo
sente con l’anima. Il dialogo con sé stesso deriva dalla spasmodica
ricerca delle profonde ragioni della sua arte e della sua stessa
esistenza.
Gennaro Francione, autore del testo, ha dichiarato: “La nostra è
Antiarte, una sorta di rivoluzione. Si tratta di una catena di
fratellanza che va all’infinito”. Per Antiarte l’autore intende
l’esplorazione di nuovi linguaggi, una perenne produzione artistica che
deriva dalla fusione di varie forme artistiche, tra teatro, musica,
danza e quant’altro. Paolo Perelli poliedrico artista, interpreta
magistralmente il ruolo di Goya, quasi a riportarlo in vita nel nostro
stesso secolo. Abbraccia le sue membra, piange, urla, digrigna i denti
in segno di ribellione e ci pone dinanzi un uomo che vuol essere sé
stesso e null’altro, al di là di ogni dictat estetico-morale. Modulando
la voce entra nei differenti stati d’animo del pittore aragonese, con
grandi sorrisi a braccia aperte nella sua gioia, con balzi improvvisi
nella sua vitalità giovanile, con i suoi discorsi ossessivi nella sua
fragilità e nelle sue paure. La performance di tutti gli interpreti è
intensa, partecipata, tanto da condurre alla realizzazione di un’opera
teatrale palpitante e coinvolgente. “Ad inizio ed a fine spettacolo
proviamo grande emozione, sentiamo il pubblico parte di noi. Il momento
di andare in scena è indescrivibile, nel concentrarci ci sentiamo in
un’altra dimensione…ed anche dietro le quinte seguiamo nell’immobilità
la vita del pittore maledetto” dichiara Paola di Tello, una delle
talentuose interpreti della pièce teatrale.
Alla fine della rappresentazione sembra di udire le parole di Ellen
Stewart: “Quel che conta è toccare le persone…il teatro predilige la
gioia viva ed immediata tra artisti e pubblico”, ed un applauso grande
di riconoscenza avvolge l’intero salone del teatro.
http://www.cittametropolitana.info/?p=694
http://www.gufetto.it/teatro/teatro-recensioni/1645-goya-la-quinta-del-sordo-teatro-patologico-roma.html
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GOYA -
LA QUINTA DEL SORDO - TEATRO PATOLOGICO - VIA CASSIA 472 - ROMA
Scheda
GOYA - LA QUINTA DEL SORDO - TEATRO PATOLOGICO - VIA CASSIA 472
- ROMA
CON PAOLO PERELLI
DI GENNARO FRANCIONE
L’antica lotta tra
pathos e follia, tra orgasmo e depressione, tra genio e
distruzione;
una madre, presenza inquietante ed impetuosa, anche se
silente;
la visione onirica dei propri amori nelle splendide immagini
delle tre ballerine, che dialogano con movimenti sinuosi in
un rapporto fisico ed interlocutorio con l’attore;
la “Maya” appena accennata, appena desnuda, in un effetto
bianco-nero di Goya, velata e in penombra.
La morte, impersonata da una “inquisizione” posseduta , che
avvolge nelle sue ali di drappo nero e con il suo ”alito
fetido” la vittima, prima di fagocitarla.
La recitazione sotto effetto del rantolo, forse anche
eccessiva, ma al genio tutto è permesso, anche l’urlo ed il
ridondante, se non l’orpello ed il troppo.
Tania scrive: “questa è arte”!!!
Si può aggiungere: “questo è il sublime”!!!
GUIDO DEL CORNO'
http://www.crocedilizia.com/spettacoli-e/item/263-goya-la-quinta-del-sordo
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