Gli amori, la follia, la vita del celebre pittore
spagnolo nello spettacolo teatrale ‘Goya, la quinta del sordo’ in
scena dal 7 al 8 di gennaio presso Essenza Teatro, la
quinta del sordo’ in scena dal 7 al 8 di gennaio presso Essenza
Teatro, su testo del Maestro Gennaro Francione, per la regia del
grande Paolo Perelli. Quest’ultimo, che veste anche i panni del
protagonista, è coadiuvato egregiamente dalle suggestioni artistiche
della nota danzatrice e coreografa Lorena Coppola accompagnata da
tre giovanissime ballerine di talento
Roma, martedì 10 gennaio 2012 – La
messa in scena è un quadro. Un palcoscenico narrante della violenza
del sentimento nella tormentata Spagna dell’Ottocento. In un salone
in completa oscurità, avvolto da note musicali ancestrali ed
incalzanti, cornici pendenti affiorano lentamente dal fondale di
scena mentre un repentino lampo di luce investe i personaggi
tributando loro un’inquietante aura immaginaria. Il Goya è lì
dormiente cullato, al pari del pubblico, da una musica struggente e
melanconica, quando la sua quiete vien turbata da incubi onirici e
mostruose visioni, che lo rendono preda di violenti conflitti.
“Divino è il sabba” afferma con ghigno demoniaco Paolo
Perelli nei panni del Goya vinto dalle sue sconvolgenti
passioni. È affascinato e nel contempo angustiato dal ricordo delle
donne della sua vita che, al pari della sua esaltazione per
l’occultismo, lo rendono da sempre schiavo del proprio sentire.
L’anziano Goya torna sorprendentemente a noi per narrarci degli
episodi più toccanti della sua vita, del primo incontro con Mariana
il suo amore di gioventù, nei cui panni si cala Elirosa
Blaiotta, delle circostanze che l’hanno
condotto verso Josefa Bayeu la sua legittima sposa interpretata da
Melania Visone, dell’accecante passione per Caetana
la duchessa de Alba la sua amante alias Anna Chiara
Siciliano, e dell’opprimente ma in realtà bramata presenza
della madre Gracia Lucientes interpretata egregiamente da
Lorena Coppola.
Sembra quasi di cogliere il clima
sperduto ed umido della casa di campagna del vecchio pittore sul
fiume Manzanarre. Sotto una luce tremula e fioca che dà corpo ad
incubi ossessivi un Goya sordo e quasi cieco, a causa del suo mal
d’amore, dialoga con sé stesso nel disperato tentativo di dare
risposte alla sua crisi artistico-esistenziale. L’allestimento
scenico, i toni chiaroscuri, la splendida musica a cura di
Giacomo Zumpano e Yann Tiersen dapprima
melanconica poi incalzante, sono volti a porre il tutto in linea col
dramma e fornire massima aderenza ad esso. La luce come animata da
uno spirito interno, concorre liricamente a rendere in scena parte
dell’indescrivibile che alberga nella pièce teatrale. È tramite essa
che i volti trovano la loro naturale dimensione nello spazio. Il
regista Paolo Perelli, dotato di un gran senso del palcoscenico,
ricorre ad una tecnica scenografica essenziale che tramuta il teatro
in una sorta di rivelazione. La messa in scena diventa una
trasposizione della musica e del sentimento nello spazio. E mentre
l’azione dell’attore è vincolata alle note musicali e viceversa, gli
elementi scenici traggono la loro ragione d’esistere dall’essere in
stretta correlazione gli uni con gli altri. L’azione è condizionata
dalla musica, che a sua volta esprime lo stato interiore del
personaggio.
L’armonia che si coglie deriva dalla
ricerca di unità scenica, di un’esatta proporzione tra le parti, tra
personaggi, ambiente, brani musicali e tagli di luce per dare forma
ai concetti. Le linee, la tonalità monocromatica, le parole il tutto
tende ad un’astrazione simbolica che condensa in sé l’intera e
tormentata esistenza del Goya. Un plauso alle danzatrici che pur
muovendosi dietro una maschera in un’area di non vastissime
dimensioni volteggiano con agilità esprimendo intensità e varietà di
sentimento dando così profondità al testo dell’autore. La
recitazione di Paolo Perelli è altamente emotiva e coinvolgente
tanto che a fine rappresentazione si ha quasi l’impressione che il
vero Goya sia lui, con lo stesso volto disperato del pittore
aragonese alla ricerca di risposte che la mente purtroppo non sa
dare. La danza e la recitazione miscelate a musica trascinante e
repentini cambi di scena animano questa sorta di quadro vivente e
forniscono nuova linfa all’arte teatrale. Lo spettacolo si rivela
un’intima fusione di teatro e danza, ma sono gli interpreti stessi
l’essenza del teatro nel loro realizzare composizioni
poetiche di sentimento, che colpiscono l’animo degli astanti.