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                  Antidrammaturgia Folial 

 

                                    di

 

                      Agius & Francione

 

          Dal 12-17 Marzo 2002 va in scena al  Teatro Dei Contrari di Roma  Lo Scherzo di Carmine Pieralba, diretto e interpretato da Vincenzo Civetta e Fabrizio Di Felice.

         Una pièce multimediale che descrive la follia di due fratelli, un musicista ossessionato da un'irraggiungibile idea di perfezione ed il suo germano demente,  colti nel loro faticoso cammino di trasfigurazione obnubilato da una tenebrosa vicenda passata. Il tutto a  mo’ di scherzo.

         Scherzo di note musicali attuato con l’infilare nella pièce lo scherzo  n.1 di Chopin, virtuoso motivo musicale che accompagna la rappresentazione in ogni movimento verbale ed immaginifico.

         Scherzo esistenziale di un’esistenza doppia in bilico tra la vita e la morte, tra la normalità e la follia che accoppia i due fratelli non solo nel sangue comune, ma nell’anima profonda, al ricordo velato di un crimine consumato tra le mura domestiche di una famiglia borghese medio-alto, fonte scatenante nei due giovani ora adulti dell’atavica   “pazzia di famiglia”.

            La memoria del sangue appena emergente è cancellata, ma a fatica, attraverso l’uso  esasperato  di giochi folli rappresentati simbolicamente da fettucce colorate tirate fiore dalla sacca che ondeggia sul petto nudo del demente. Gioco che si fa forte nelle escalation verbali come quella che porta il ritardato a invocare il suo anelito a  diventare Dio, corrispondente al desiderio di un lenzuolo bianco sul letto del sogno da parte del musicista, esiti finali della voglia di una comune catarsi.

Il doppelganger, i due corpi in uno,  è rappresentato plasticamente dalla fune che lega con cappio ai colli i due personaggi ciascuno dei quali, dopo la prima apparenza(anch’essa gioco) del prevalere del musicista, assume indifferentemente il ruolo di oppressore ed oppresso.

          L’autore, l’abruzzese Carmine Pieralba, ha creato un testo di ricerca di indubbio valore tecnico ed estetico,  rielaborato accuratamente dalla direzione artistica per la messa in scena, complessa pur nella sua apparente essenzialità, sia nelle strutture compositive, sia nei ritmi, ma soprattutto nella parola fluente, facentesi senso sonorizzato tra il comprensibile quando lancia flash su situazioni interiori ed esterne, e l’incomprensibile, in una sorta di gradevolissimo gramelot dei folli  fatto di suoni puri, assonanze, onomatopee. Il tutto in una composizione multimediale assai suggestiva. “I personaggi danno vita ad un linguaggio acrobatico, costantemente spiati dall'occhio disumanizzato di una telecamera che guarda l'azione mentre uno stillicidio d'immagini, proiettate da uno schermo in scena, sembra dialogare con l'intreccio dei fatti”.

           Un sincero plauso all’autore, ai registi agli attori. Che siano di auspicio per un teatro libero, nuovo, fatto di autori in carne ed ossa, relegando in chiave antiartistica le mummie del grande teatro del passato al luogo che loro compete.