@@@@@@@@@@
IL
DIRITTO ALIMENTARE
NELLA PROSPETTIVA DELL’EUGIUS .
di
Gennaro Francione
1)PREMESSA.
A fonte delle cifre spaventose offerte dalla FAO riguardanti la
fame nel mondo uno sforzo comune ci affratella per capire le cause ma
anche per cercare rimedi concreti.
Non bastano le ingenti somme che
mo' di elemosina vengono elargite per il Terzo Mondo(somme di cui
spesso il popolo ignora la sorte) ma è necessario esportare tecnologie e
riciclare quelle che adoperiamo nei nostri paesi ricchi, trasformando
imprese micidiali in industrie produttive di pace, alimenti, energia
pulita.
Il mio intervento da giudice partirà da una carrellata di fonti
normative internazionali per poi, attraverso la "Dichiarazione di
Roma sulla sicurezza alimentare mondiale", affondare nella nostra
Costituzione e nel nostro
stesso diritto ordinario, visto che in nome del diritto ad alimentarsi ho
assolto dei poveracci incriminati di reati bagattellari.
Quei modelli di sentenze sono indicativi di un nuovo modo di
intendere la giustizia da diffondere in Italia e in altri paesi. Al
riguardo facciamo nostro il dettato dell'EUGIUS (Unione Europea dei
Giudici Scrittori: http://www.antiarte.it/eugius) là dove afferma:
"L'Associazione Europea dei Giudici Scrittori ha lo scopo di
associare i giudici-scrittori d'Europa al fine di diffondere un messaggio
universale di giustizia e arte nel presupposto che ciò che è bello è
anche buono e giusto. Ergo si può contribuire all'unione delle persone,
alla crescita dell'umanità e della solidarietà in nome di una giustizia
intesa non come mera punizione ma come ricerca dei sistemi creativi per
rendere l'uomo retto, mediante l'arte, la cultura, lo spettacolo,
l'informazione, la cooperazione culturale e sociale".
Il Sapere che prevalga sull'Economia comporta il conoscere le
azioni normative a favore della risoluzione dei problemi e la necessità
di una fratellanza nella convivenza globale su tutta la linea, partendo in
tal caso dall'eliminazione della fame nel mondo per concedere
a tutti i popoli pari dignità di vita che comporta in primis la risoluzione del problema nutritivo.
Il Diritto Umano all'Alimentazione è un diritto umano fondamentale, saldamente fondato sul diritto internazionale.
E' implicito nella Carta delle Nazioni Unite ed è stato
riaffermato e sviluppato in numerose riunioni e dichiarazioni della
comunità internazionale, come la Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'Uomo (art. 25), la Dichiarazione Universale sullo Sradicamento della Povertà e della
Malnutrizione, la Dichiarazione
sul Progresso Sociale e lo Sviluppo, i cui principi affratellanti sono
stati ribaditi in molti accordi internazionali sia a livello regionale che
universale. In particolare, tra questi, la Convenzione
Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali,
dove all'art.11.2 si riconosce "il diritto fondamentale di
ogni individuo ad essere libero dalla fame e dalla malnutrizione",
mentre all'art. 11.1 si riconosce altresì "il diritto ad un adeguato
livello di vita per quanto riguarda il cibo, il vestiario e
l'alloggio"; principi tutti ribaditi nella Dichiarazione sui Diritti del Fanciullo (art. 24 e art. 27).
Anche nella nostra Costituzione, come in quella dei singoli stati,
si è affermato il diritto all'alimentazione da ricomprendersi tra i
diritti inviolabili dell'uomo(art. 2 della Cost.), specificamente
individuato come forma di diritto alla salute(art. 32 della Cost.).
Una tappa fondamentale nella lotta alla fame è stata rappresentata
dal Vertice Mondiale della FAO sull'Alimentazione svoltosi a Roma nel
1996. In quella sede, dopo avere riaffermato espressamente nella Dichiarazione
di Roma, "il diritto fondamentale di ogni individuo ad avere
accesso al cibo e ad essere libero dalla fame" si invitava (Piano
d'Azione, obiettivo 7.4) l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i
Diritti Umani - in collaborazione con le altre agenzie specializzate delle
Nazioni Unite e le organizzazioni intergovernative e non governative- a
meglio definire il contenuto del diritto all'alimentazione, eventualmente
formulando linee-guida non vincolanti per orientare le politiche degli
stati in materia di sicurezza alimentare.
Negli anni successivi altri interventi vi sono stati soprattutto ad
opera di agenzie delle
Nazioni Unite come la FAO stessa, la PAM, la UNDP, l'UNCHR, il WTO
e di organizzazioni non governative come la FoodFirst Information
Network /(FIAN) di Heidelberg, la WorldAlliance for Nutrition and Human
Rights (WANAHR) di Roma etc.. Oggi noi, uomini di buona volontà, siamo
qui ancora a sviscerare il problema.
Partendo dalla "Dichiarazione di Roma sulla sicurezza
alimentare mondiale" la presente relazione analizza
due sentenze emesse dallo scrivente, giudice del Tribunale Penale di Roma,
che sembrano emesse alla luce dello spirito emerso dalla
dichiarazione, avendo applicato
la scriminante della fame(= stato di necessità) per assolvere i rei di
crimini bagattellari.
Non si tratta solo di sentenze umanitarie ma di verdetti assunti
nella presa di coscienza che solo una società che s'interessi alla
globalità delle problematiche di tutte le genti, prima di tutto relative
al diritto di nutrirsi, potrà assicurare una base comune di convivenza
pacifica.
In appendice alla presente relazione saranno riportate proprio la
sentenza anticopyright e quella
di assoluzione di furto di prodotti alimentari; infine, si riporteranno
gl'indici Istat che sintetizzano la grave e diffusa situazione di dissesto
economico delle famiglie italiane, presto ridotte alla fame nera. Ciò a
dimostrazione che il problema della fame, quanto meno sotto forma di
risorse economiche sufficienti per procurarsi cibo, è un problema
universale.
2)LA
DICHIARAZIONE DI ROMA SULLA SICUREZZA ALIMENTARE MONDIALE
Noi, Capi di Stato e di Governo, o i nostri rappresentanti,
convenuti al Vertice mondiale sull'alimentazione su invito
dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e
l'agricoltura, riaffermiamo il diritto per ognuno di avere accesso ad un'alimentazione sana e
nutriente, conforme con il diritto di un'alimentazione appropriata e con
il diritto fondamentale di tutte le persone di non soffrire la fame.
Dichiariamo la nostra volontà politica e il nostro impegno, a
livello sia collettivo che nazionale, di raggiungere la sicurezza
alimentare per tutti e di compiere uno sforzo ininterrotto per estirpare
la fame da tutti i Paesi, con l'obiettivo immediato di dimezzare il totale
delle persone attualmente denutrite entro il 2015.
Consideriamo inammissibile che oltre 800 milioni di persone nel
mondo, e particolarmente nei Paesi in via di sviluppo, non abbiano cibo a
sufficienza per soddisfare i loro bisogni nutritivi. Questa situazione è
inaccettabile.
La disponibilità alimentare
è aumentata sostanzialmente ma le difficoltà d'accesso agli alimenti e
il persistere dell'inadeguatezza dell'entrate economiche familiari e
nazionali per acquistarli,
l'instabilità degli approvvigionamenti e della domanda, come pure i
disastri naturali e quelli causati dall'uomo, impediscono che siano soddisfatti
i bisogni alimentari di base.
I problemi della fame e
della insicurezza alimentare hanno dimensioni mondiali e continueranno a
persistere, e anche ad aumentare drammaticamente in alcune regioni, a meno
che non siano prese delle precise e concertate misure urgenti tenendo
conto del previsto aumento della popolazione mondiale e dell'esaurimento
delle risorse naturali.
Riaffermiamo che un
contesto pacifico, stabile, politicamente, socialmente ed economicamente
propizio è la condizione essenziale che permetterà agli Stati di dare
un'adeguata priorità alla sicurezza alimentare e all'eliminazione della
povertà.
La democrazia, la
promozione e la protezione di tutti i diritti umani e delle libertà
fondamentali, che comprendono anche il diritto allo sviluppo e la piena e
paritetica partecipazione degli uomini e delle donne, sono gli elementi
essenziali per il raggiungimento di una sostenibile sicurezza alimentare
per tutti.
La povertà è una
delle principali cause della insicurezza alimentare ed è difficile
ottenere, per migliorare l'accesso al cibo, un progresso sostenibile
nell'eliminazione della povertà. I conflitti, il terrorismo, la
corruzione e il degrado ambientale possono contribuire all'insicurezza
alimentare in modo significativo.
L'accrescimento della
produzione alimentare, inclusa quella degli alimenti di base, deve essere
assicurato. Questo dovrebbe avvenire all'interno di un progetto di
gestione sostenibile delle risorse naturali, di eliminazione dei modelli
di consumo e di produzione non sostenibili, particolarmente nei Paesi
industrializzati, e di una rapida stabilizzazione della popolazione
mondiale.
Riconosciamo il
contributo fondamentale alla sicurezza alimentare dato dalle donne,
particolarmente nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo, e
la necessità di assicurare l'uguaglianza tra uomini e donne. La
rivitalizzazione delle aree rurali, anche, deve essere una priorità per
rinforzare la stabilità sociale e per aiutare a correggere il movimento
di eccessivo esodo rurale che molti Paesi stanno affrontando.
Sottolineiamo l'urgente
necessità di agire adesso per adempiere alla nostra responsabilità di
ottenere la sicurezza alimentare per le generazioni presenti e future. Il
raggiungimento della sicurezza alimentare è un'impresa complessa la cui
responsabilità principale appartiene ai singoli governi.
Devono sviluppare un
ambiente propizio e adottare politiche capaci di assicurare la pace e
anche la stabilità sociale, politica ed economica, l'equità e
l'uguaglianza tra i sessi.
Esprimiamo la nostra
profonda preoccupazione in merito alla persistenza della fame che, su tale
vasta scala, costituisce una minaccia sia alle società nazionali che,
attraverso diversi modi, alla stabilità della comunità internazionale
stessa.
A livello mondiale, i
governi dovrebbero anche cooperare attivamente tra loro e con le
organizzazioni delle Nazioni Unite, con le istituzioni finanziarie, le
organizzazioni intergovernative e non governative e con il settore
pubblico e privato su programmi rivolti al raggiungimento della sicurezza
alimentare per tutti.
Il
cibo non dovrebbe essere usato come strumento di pressione politica ed
economica.
Riaffermiamo
l'importanza della cooperazione e della solidarietà internazionale come
pure la necessità di astenersi dal prendere misure unilaterali che non
sono conformi con le leggi internazionali e con la Carta delle Nazioni
Unite e che mettono in pericolo la sicurezza alimentare.
Riconosciamo la
necessità di adottare delle politiche che favoriscano gli investimenti in
direzione di uno sviluppo delle risorse umane, della ricerca e delle
infrastrutture necessarie per ottenere la sicurezza alimentare.
Dobbiamo incoraggiare
la creazione di posti di lavoro e di entrate economiche e favorire un equo
accesso a risorse produttive e finanziarie.
Concordiamo che il
commercio è un elemento chiave nel raggiungimento della sicurezza
alimentare. Concordiamo di perseguire delle politiche commerciali
alimentari e in tutti i campi che incoraggino i nostri produttori e
consumatori ad utilizzare le risorse disponibili in modo economicamente
sostenibile e corretto.
Riconosciamo
l'importanza, per la sicurezza alimentare, della agricoltura sostenibile,
della pesca, dello sviluppo forestale e rurale nelle area con basso o alto
potenziale.
Riconosciamo il ruolo
fondamentale svolto dai contadini, dai pescatori, dai silvicultori, dalle
popolazioni indigene e dalle loro comunità e da tutte le altre persone
che fanno parte del settore alimentare e delle loro organizzazioni che
sono sostenute da un sistema di ricerca e diffusione efficace.
Le nostre politiche di
sviluppo sostenibile favoriranno una piena partecipazione e un
rafforzamento delle persone, specialmente delle donne, e una equa
ripartizione delle entrate, l'accesso al sistema sanitario e
all'istruzione ed opportunità per i giovani.
Una particolare
attenzione dovrebbe essere data a coloro i quali non sono in grado di
produrre o procurarsi gli alimenti sufficienti per un'alimentazione
adeguata, compresi coloro i quali sono coinvolti in guerre, disordini
civili, disastri naturali o cambiamenti climatici ecologici.
Siamo consapevoli della
necessità urgente di combattere gli insetti nocivi, la siccità e il
degrado delle risorse naturali, compresa la desertificazione, il
sovrasfruttamento della pesca e la progressiva eliminazione della diversità
biologiche.
Siamo determinati ad
agire al fine di mobilitare e ottimizzare le assegnazioni e
l'utilizzazione delle risorse tecniche e finanziarie da parte di tutte le
fonti, compresa la riduzione del debito estero per i Paesi in via di
sviluppo, al fine di rafforzare le misure nazionali atte a migliorare le
politiche per la sicurezza alimentare sostenibile.
Convinti che il
carattere multifattoriale della sicurezza alimentare abbia bisogno di
misure concertate a livello nazionale e di effettivi sforzi internazionali
per completare e rafforzare l'azione
a livello nazionale, noi ci assumiamo i seguenti impegni:
-
assicureremo un contesto politico, sociale ed economico propizio,
destinato a creare le condizioni migliori per lo sradicamento della povertà
e il mantenimento di una pace durevole, basata su una piena ed egualitaria
partecipazione delle donne e degli uomini, favorendo al massimo il
raggiungimento di una sicurezza alimentare per tutti;
-
daremo seguito a delle politiche volte a sradicare la povertà e la
diseguaglianza e a migliorare
l'accesso fisico ed economico a tutti, e in tutti i momenti, verso
un'alimentazione sufficiente, nutrizionalmente appropriata e sicura, e ad
una sua effettiva utilizzazione;
-
persevereremo nelle politiche e nei metodi partecipatori e sostenibili di
sviluppo alimentare, agricolo, peschiero, forestale e rurale in aree sia
ad alto che a basso potenziale, che sono essenziali per assicurare degli
approvvigionamenti alimentari adeguati ed affidabili a livello familiare,
nazionale, regionale e mondiale, per combattere gli insetti nocivi, la
siccità e la desertificazione, tenendo in considerazione il carattere
multifunzionale dell'agricoltura;
-
ci sforzeremo di assicurare che le politiche riguardanti il commercio
alimentare e agricolo, e di scambio in generale, contribuiscano a favorire
la sicurezza alimentare per tutti attraverso un sistema commerciale
mondiale giusto e orientato sul mercato;
-
ci sforzeremo di prevenire e di essere preparati per affrontare i disastri
naturali e le emergenze provocate dall'uomo e di rispondere ai fabbisogni
alimentari provvisori e d'emergenza in un modo da incoraggiare la ripresa,
la riabilitazione, lo sviluppo e la capacità di soddisfare i bisogni
futuri;
-
incoraggeremo l'assegnazione e l'uso ottimale degli investimenti pubblici
e privati per favorire le risorse umane, i sistemi alimentari, agricoli,
peschieri e forestali sostenibili e lo sviluppo rurale in aree con alto e
ridotto potenziale;
-
adempiremo, vigileremo, e daremo seguito al Piano d'azione, in tutti i
suoi livelli, in cooperazione con la Comunità Internazionale.
Noi ci impegniamo ad
agire e a sostenere l'adempimento del Piano d'azione del Vertice mondiale
dell'alimentazione.
Roma, 13 Novembre 1996
APPENDICE I
SENTENZA
ANTICOPYRIGHT
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Mohammed Tizio, colto
in possesso di cd sprovvisti di contrassegno SIAE e abusivamente
duplicati, è stato tratto a
giudizio, chiamato a rispondere dei reati di cui alla rubrica.
In via preliminare il Giudice, dopo aver accertato che
non risultano nelle carte del P. M. atti tendenti a dimostrare che il
prevenuto straniero abbia altre forme di sostentamento oltre quella
illecita rilevata, invitava le parti a svolgere i loro rilievi,
considerando che ricorresse un caso di obbligo di immediata declaratoria
di causa di non punibilità ex art. 129 c.p.p.
per aver l'imputato agito in stato di necessità essendo mosso
nella sua azione di venditore
di cd contraffatti dalla necessità di salvare se stesso dal pericolo
attuale di un danno grave alla salute e alla vita rappresentato dal
bisogno alimentare non altrimenti soddisfatto.
Essendosi opposto il P.
M. per la declaratoria de quo e avendo la difesa concordato, il Giudice si
ritirava in Camera di Consiglio per la decisione, rilevando la sussistenza
dell'esimente ex art. 54 c. p. sulla base delle seguenti considerazioni.
In via preliminare va
notato che la vecchia giurisprudenza secondo cui l'onere della prova
incombeva all'imputato risulta superata dal nuovo 111 della Cost. e dal
giusto processo instaurando per il quale,
nella paritaria posizione delle parti, è compito del giudice, in
un rinnovato spirito del favor rei, valutare
anche d'ufficio già a monte qualunque elemento possa escludere la
responsabilità del prevenuto.
Nel merito valga quanto
segue.
La consuetudine è una
manifestazione della vita sociale che si concreta in un'attività costante
ed uniforme dello Stato-comunità(Tesauro). Ad essa può essere attribuita
funzione di mezzo
d'interpretazione di principi e norme(consuetudine interpretativa) ma
anche di fatto idonea a disapplicare la norma scritta(consuetudine
abrogativa).
Il nostro ordinamento
considera contra legem la
consuetudine abrogativa perché contraria al dettato dell'art. 8 delle
preleggi che comporta l'applicabilità della consuetudine(usi) solo se
richiamata da leggi e regolamenti.
Nessuna norma, invece,
vieta la consuetudine interpretativa che anzi il magistrato penale applica
continuamente come nei processi indiziari ad esempio, quando tenda a
trarre conclusioni da comportamenti umani logici e regolari individuati in
un ambiente con un determinato background socioculturale.
Anche la legge penale
va interpreta alla luce del mondo concreto in cui si sviluppa, con
tensione dinamica e non statica ad evitare una discrasia tra il dover
essere normativo e quello reale. "La dottrina - come leggiamo in
Antolisei - è concorde nell'attribuire alla consuetudine la più grande
importanza nell'interpretazione della legge, specie nei riguardi dei fatti
che sono valutati in diverso modo nei vari ambienti sociali"(F.
Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte generale - Giuffrè Milano,
1969, p. 51-52, in cui si cita il Codex
iuris canonici <ca. 29>: Consuetudo
est optima legum interpres). Secondo Antolisei è addirittura da
ammettersi la consuetudine integratrice
o praeter legem che sorga per integrare i precetti della legge qualora essa
non si risolva in danno dell'imputato(F. Antolisei, ibid.).
La legge e la giustizia
vanno applicate in nome del popolo ad esso spettando la sovranità(art. 1
della Cost.) e il metro di questa sintonia è proprio la rispondenza piena
del popolo alle leggi penali emanate dal Parlamento, il quale può andare
"controcorrente" quando contraddica lo spirito del comune
sentire della popolazione che ad esso ha dato mandato, incorrendo in tal
maniera di fatto nella
disapplicazione della norma scritta.
Nel caso di specie la
norma repressiva di base, la protezione penalistica - e non meramente
civilistica del diritto d'autore - è desueta di fatto per l'abitudine di
molte persone di tutti i ceti sociali, che, in
diuturnitas, ricorrono all'acquisto di cd per strada o li scaricano da
Internet. Anche grossi network come Napster si sono mossi da tempo in
senso anticopyright e hanno permesso copie di massa dell'arte musicale.
Fenomeno appena sfiorato dalle recenti sentenze degli USA che si sono
espresse nel senso di regolamentare la materia della riproduzione di
massa, ma con un pagamento ridottissimo in un nuovo mercato dove il
guadagno dei produttori è quantificato su "minimi
diffusissimi". In linea con questa strategia si è espresso
recentemente il Parlamento europeo
con la direttiva per "la
protezione del diritto d'autore nella società dell'informatica"
avanzando al più l'ipotesi di un equo compenso per gli autori per la
diffusione globale della loro opera.
Il fatto è che la
strategia del regalo è uno dei punti centrali nel mondo digitale, tanto
che si parla di free economy,
economia del gratis appunto, o di gift
economy, economia del regalo. "Nell'età dell'accesso si passa da
relazioni di proprietà a relazioni di accesso. Quello di proprietà
privata è un concetto troppo ingombrante per questa nuova fase storica
dominata dall'ipercapitalismo e dal commercio elettronico, nella quale le
attività economiche sono talmente rapide che il possesso diventa una
realtà ormai superata"(Vedi New economy in http://mediamente.rai.it/biblioteca).
Anche la New Economy
depone, dunque, nel senso dell'arte a diffusione gratuita o a bassissimo
prezzo, per rendere effettivo il principio costituzionale dell'arte e la
scienza libere(art. 33 della Cost.) e quindi usufruibili da tutti, cosa
non assicurata dalle attuali oligarchie produttive d'arte che impongono
prezzi alti, contrari a un'economia umanistica, con economia anzi diseducativa per
i giovani spesso privi del denaro necessario per acquistare i loro
prodotti preferiti e spinti, quindi, a ricorrere in rete e fuori a forme
diffuse di "pirateria" riequilibratrice.
L'azione degli
oligopoli produttivi appare quindi in contrasto con l'art. 41 della Cost.
secondo cui l'iniziativa economica privata libera "non può svolgersi
in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana". Solo un'arte a
portata di tasca di tutti i cittadini e soprattutto dei giovani può
essere a livello produttivo umanitaria e sociale come richiesto dalla
Costituzione, per far sì che davvero tutti possano godere dei prodotti
artistici.
In definitiva, se
compito dello Stato ex art. 2 della Costituzione è rimuovere gli ostacoli
di ordine economico e sociale che si frappongono al libero ed egualitario
sviluppo della comunità, risulta la normativa penalistica a favore del
copyright tendenzialmente abrogata di fatto ad opera dello stesso popolo
per desuetudine, con azione naturale tendente a calmierare le sproporzioni
economiche del mercato capitalistico in materia. Tale consuetudine non è
quella abrogativa canonica ex lege ma di fatto incide sull'interpretazione della norma
penalistica, quanto meno nel senso di far percepire al giudice quanto
possa essere ridotta la forza cogente di una norma espressa, imposta ma
non accettata dalla maggioranza del consesso sociale. Nel contempo
permette di rilevare come ai fini dell'enunciando stato di necessità il
fatto del vendere cassette per sopravvivere è più che proporzionato
al pericolo connesso alla lesione del copyright(art. 54 ult. parte
co. 1).
L'azione di
depenalizzazione strisciante e non legalizzata del fenomeno
trova appiglio de iure condendo nei lavori della Commissione
ministeriale per la riforma del codice penale (istituita con d.m. 10
ottobre 1998) che nel progetto preliminare di riforma del codice penale
avanza il principio della necessaria offensività del fatto, e
soprattutto, quello della sua irrilevanza penale.
La Commissione ha preso
innanzitutto atto del fatto "che il principio di necessaria
offensività costituisce ormai connotato pressoché costante dei più
recenti progetti riformatori. Esso ha trovato ingresso nello schema di
legge-delega Pagliaro, che in uno dei primi articoli, collocato non a caso
subito dopo la enunciazione del principio di legalità, invita a
"prevedere il principio che la norma sia interpretata in modo da
limitare la punibilità ai fatti offensivi del bene giuridico" (art.
4 comma 1). Ed è stato enunciato a tutto campo nel Progetto di revisione
della seconda parte della Costituzione, licenziato il 4 novembre 1997
dalla Commissione Bicamerale: "non è punibile chi ha commesso un
fatto previsto come reato nel caso in cui esso non abbia determinato una
concreta offensività".
La Commissione ritiene
che, al di là delle opinioni specifiche di ciascuno sulle modalità di
inserimento di tale principio nel codice, le posizioni sopra enunciate
esprimano la esigenza insopprimibile di ancorare, anche visivamente, la
responsabilità penale alla offesa reale dell'interesse protetto, nel
quadro di un diritto penale specificamente finalizzato a proteggere i (più
rilevanti) beni giuridici".
Anche sul campo della concreta offensività la New
economy ha dimostrato come addirittura la diffusione gratuita delle opere
artistiche acceleri paradossalmente la vendita anche degli altri prodotti
smistati nei canali ufficiali, e se ciò vale nello spazio virtuale di
Internet deve valere anche nello spazio materiale con vendita massiccia di
prodotti-copia che alimentano l'immagine e la vendita dello stesso
prodotto smistato in via "legale".
Naturalmente in questa
sede la depenalizzazione in re, per mancanza di una reale offesa al
copyright(tutelabile al più civilmente ma non penalmente),
non può essere ancora invocata e
lo si potrà probabilmente con la riforma del codice penale, ma il
dato acquista rilievo di fatto ai fini di stabilire la proporzione
dell'azione svolta dai venditori di cd con l'offesa arrecata ai diritti
d'autore.
In tema di stato di
necessità, a fronte dei dubbi interpretativi suscitati dall'espressione
"danno grave alla persona",
ancora la Commissione succitata ci illumina avendo proposto di
"chiarire quali beni siano effettivamente "salvabili" (lo
schema di legge-delega Pagliaro sembra considerare rilevanti agli effetti
della esimente tutti gli interessi personali propri o altrui, siano essi
oggetto di pericolo di un danno grave o non grave, attengano alla integrità
fisica o a quella morale della persona, compensando tuttavia questo
ampliamento con una drastica delimitazione della scriminante sul terreno
della proporzione)".
Quanto ai venditori di
cd per strada è fatto
notorio che trattasi di soggetti privi di lavoro, in condizioni spesso di
schiacciante subordinazione. Notoria
non egent probatione, i fatti notori non richiedono prova dal momento
che la nozione di fatto de quo rientra nella comune esperienza. Si
aggiunga che dalle carte processuali non emergono elementi per dedurre che
il prevenuto avesse altre forme di sussistenza e si può, quindi,
presumere che la vendita del prevenuto oggi incriminato sia fatta
esclusivamente per il proprio sostentamento vitale.
Nel caso di specie è
innegabile che il venditore di cd è un extracomunitario che agisce spinto
dal bisogno di alimentarsi. Una vecchia giurisprudenza escludeva lo stato
di necessità per chi agisca spinto da necessità attinenti
all'alimentazione "poiché
la moderna organizzazione sociale, venendo
incontro con diversi mezzi ed istituti agli indigenti, agli inabili
al lavoro e ai bisognosi in
genere, elimina per costoro il pericolo di restare privi di quanto occorre
per <omissis> il loro sostentamento quotidiano"(Cass.
Sez. III 24 maggio 1961, P. M. c. De Leo, Giust. pen. 1962, II 81, m. 68).
Trattasi di
giurisprudenza riferentesi a un contesto sociale diverso da quello
attuale dove l'entrata in massa di extracomunitari rende praticamente
impossibile predicare l'esistenza di organizzazioni atte ad accoglierli e
a nutrirli in massa. E quindi più che mai si pone il problema di
affrontare modi e forme del loro sostentamento, rendendosi necessario
ampliare il concetto di stato di bisogno quando vengano da essi commesse
infrazioni minime al consesso sociale, soprattutto in materie ai limiti
del danno puramente civile, ove questo stesso mai esista. Ciò è tanto più
vero ove si pensi che il fondamento della scriminante è stato colto
nell'istinto della conservazione, incoercibile
nell'uomo(Maggiore, Diritto Penale, Parte generale, 5a ed., Bologna 1951,
p. 319).
Tale inquadramento
risponde anche a principi
fondamentali garantiti dalla Costituzione come i diritti inviolabili
dell'uomo(art. 2 della Cost.), in cui è da ricomprendersi il diritto a
nutrirsi, e il diritto alla
salute(art. 32 della Cost.) compromesso naturalmente in chi, non riuscendo
a procurarsi un lavoro normale suo malgrado, non abbia i mezzi minimi per
il suo sostentamento alimentare. Le norme costituzionali testi citate
rendono anche edotti della gravità del danno(attuale e continuato)
derivante alla persona dalla mancanza assoluta di mezzi per sostentarsi,
altro requisito richiesto dalla giurisprudenza costante(Cass. sez. III, 4
dicembre 1981, n. 10772) per
potersi configurare lo stato di necessità da mettere in rapporto col
danno in concreto arrecato.
In conclusione, tenendo
anche conto che ex art. 4 della Cost.
è compito dello Stato garantire il diritto al lavoro e promuovere
le condizioni che rendano effettivo questo diritto, non c'è fine di lucro
illecito "penalmente" in chi venda per strada cd a prezzo
ridotto (in linea con la New Economy) al fine di procurarsi da mangiare,
con azione accettata e condivisa dalla
maggioranza del consesso sociale. Quell'azione,
formalmente contra legem, è
scriminata da uno stato di necessità(art. 54 c.p.) connesso alla
sopravvivenza degli extracomunitari entrati nel nostro paese senza alcuna
regolamentazione lavorativa, essendo la loro attività di venditori
operanti per sopravvivere
assolutamente necessaria per sopravvivere
e proporzionata al pericolo di danno(minimo se non inesistente
visto il numero modesto di cassette contra legem trovate) arrecato
ai produttori.
Necessitas
non habet legem, quindi. Difetta l'antigiuridicità del comportamento
incriminato per mancanza del danno sociale rilevante ai fini penalistici,
anche se non si può escludere un risarcimento civilistico alla SIAE ex
art. 2045 c.c. da coltivare e realizzare eventualmente in sede civile.
Si ordinerà confisca e distruzione del materiale in
sequestro.
P.Q.M.
visto l'art. 129 c.p.p.
assolve Mohammed
Tizio dai reati ascrittigli perché i fatti non costituiscono reato per
aver agito in stato di necessità ex art. 54 c.p..
Ordina confisca e distruzione del materiale in
sequestro.
Così deciso in Roma il 15.2.2001
IL GIUDICE
dott.
GENNARO FRANCIONE
APPENDICE II
ASSOLUZIONE DA FURTO ALIMENTARE
MOTIVI DELLA DECISIONE
TIZIO
è stato tratto a
giudizio, chiamato a rispondere del reato
di cui alla rubrica.
All'esito dell'odierno
dibattimento ritiene il Tribunale di dover adottare la seguente decisione.
A carico dell'arrestato sussistono elementi in ordine
al reato de quo come emerge dalla confessione resa(con la precisazione che
non era uscito dalla casse) e dalla testimonianza dell'operante m.llo CAIO
che descrive compiutamente i fatti. TIZIO fu sorpreso dall'addetta
antitaccheggio SEMPRONIA(sentita come teste) a prendere tranche di
prosciutto, per un valore di 87 euro, nascoste nei pantaloni. Fu fermato
dopo le casse dall'addetta e dalla guardia giurata.
Orbene va accolta la
richiesta del P. M. di assoluzione del prevenuto, non potendosi escludere
ai sensi dell'art. 530 30 co. c.p.p. che l'azione criminosa fu dettata
dall'indigenza per soddisfare i primari bisogni alimentari.
Non si può escludere,
quindi, come espressamente sottolineato dal P. M., che il prevenuto fosse
spinto nella sua azione dalla necessità di salvare se stesso dal pericolo
attuale di un danno grave alla salute e alla vita rappresentato dal
bisogno alimentare non altrimenti soddisfatto.
Una vecchia
giurisprudenza escludeva lo stato di necessità per chi agisca spinto da
necessità attinenti all'alimentazione
"poiché la moderna organizzazione sociale, venendo
incontro con diversi mezzi ed istituti agli indigenti, agli inabili
al lavoro e ai bisognosi in
genere, elimina per costoro il pericolo di restare privi di quanto occorre
per <omissis> il loro sostentamento quotidiano"(Cass.
Sez. III 24 maggio 1961, P. M. c. De
Leo, Giust. pen. 1962, II 81, m. 68).
Trattasi di
giurisprudenza riferentesi a un contesto sociale diverso da quello
attuale dove l'entrata in massa di extracomunitari e la diffusione
allarmante della povertà anche tra i nostri connazionali rende
praticamente impossibile predicare l'esistenza di organizzazioni atte ad
accogliere e a nutrire davvero tutti gl'indigenti. E, quindi, più che mai
si pone il problema di affrontare modi e forme del sostentamento di queste
persone, rendendosi necessario ampliare il concetto di stato di bisogno
quando vengano da essi commesse infrazioni minime al consesso sociale,
soprattutto in materie ai limiti del danno puramente civile, ove questo
stesso mai esista. Ciò è tanto più vero ove si pensi che il fondamento
della scriminante è stato colto nell'istinto della conservazione,
incoercibile nell'uomo(Maggiore, Diritto Penale, Parte generale, 5a ed.,
Bologna 1951, p. 319).
Tale inquadramento
risponde anche a principi
fondamentali garantiti dalla Costituzione come i diritti inviolabili
dell'uomo(art. 2 della Cost.), in cui è da ricomprendersi il diritto a
nutrirsi, e il diritto alla
salute(art. 32 della Cost.) compromesso naturalmente in chi, non riuscendo
a procurarsi un lavoro normale suo malgrado, non abbia i mezzi minimi per
il suo sostentamento alimentare. Le norme costituzionali testé citate
rendono anche edotti della gravità del danno(attuale e continuato)
derivante alla persona dalla mancanza assoluta di mezzi per sostentarsi,
altro requisito richiesto dalla giurisprudenza costante(Cass. sez. III, 4
dicembre 1981, n. 10772) per
potersi configurare lo stato di necessità da mettere in rapporto col
danno in concreto arrecato.
Più
in generale la decisione va ancorata alla teoria dell'anablabe (dal greco ana
+ blabe= senza danno) ovvero
dell'ancoraggio della punizione di un reato a un concreto danno arrecato,
secondo insegnamenti della giurisprudenza soprattutto in
ipotesi di falso.
Nel caso concreto nessun danno ne è derivato essendo stata
recuperata la refurtiva di poco valore.
In conclusione, necessitas non habet legem, quindi. Difetta l'antigiuridicità del
comportamento incriminato perché il comportamento fu dettato dallo scopo
di alimentarsi e soprattutto per mancanza del danno sociale rilevante ai
fini penalistici.
Pertanto s'impone l'assoluzione.
P.Q.M.
visto l'art. 530 30 co. c.p.p.
assolve
TIZIO dal reato ascrittogli perché
il fatto non costituisce reato per
aver agito in stato di necessità ex art. 54 c.p..
IL GIUDICE
dott. GENNARO FRANCIONE
APPENDICE III
Italia,
povertà non arretra, 2,6 mln famiglie indigenti - Istat
giovedì, 4 ottobre 2007 12.39