Il
“Caso Agrippina”:
alcuni
elementari termini della questione.
di Salvatore Conte
La
storia di Agrippina Augusta, in specie le indelebili scene della morte,
sono contraddistinte dal rapporto quantità/contraddizione (moltissimi
elementi informativi, anche di dettaglio/spiccata incoerenza tra fonti
diverse ed all’interno della medesima fonte principale ovvero in Tacito)
Così
riassume il concetto uno dei maggiori biografi di Agrippina:
«Although
the final days of Agrippina are among the best documented
of
any event in the ancient world, the details pose serious difficulties».
Anthony
Barrett
Così decreta Voltaire in
merito alle irrisolvibili contraddizioni delle fonti:
«Il
y a dans la mort d'Agrippine
des circonstances qu'il est impossible de croire».
Voltaire
Uno
dei misteri più fitti, dall’esito decisivo, è dato dalla circostanza
secondo cui una delle principali fonti su Agrippina è tuttora anonima (il
dramma storico “Octavia”, pervenuto in allegato alle opere di Seneca).
La critica tradizionale ha battuto molte piste
diverse senza mai arrivare ad un’attribuzione condivisa, ma non ha mai
indagato sull’ipotesi che autore ne sia Agrippina stessa (che è
scrittrice attestata da Plinio Maggiore e Tacito); la dipendenza -
soprattutto di ordine “morale” - di Tacito rispetto a questa fonte è
ormai riconosciuta e Tacito, il secondo Vate della Latinità (secondo a
Virgilio), non avrebbe accettato di dipendere da nessuno, all’infuori di
Agrippina Augusta, quale Massima Sacerdotessa dello Stato. Alla luce della
nostra indagine filologica ed in coerenza con la nostra tesi alternativa,
proprio Agrippina sarebbe l’autrice od almeno l’ispiratrice dell’Octavia,
scritta non prima del 62 d.C., ovvero dopo la morte tradizionale di
Agrippina stessa (59 d.C.).
Nei
termini più generali, non si dovrebbe mai dimenticare questa fondamentale
equazione, con tutto ciò che di molto rilevante ne consegue:
VIRGILIO
: DIDONE = TACITO : AGRIPPINA
(leggasi:
“Virgilio sta a Didone come Tacito sta ad Agrippina”)
Sulle
circostanze della morte, vi è un solo, ma importante precedente di tesi
alternativa a quella tradizionale. Questo precedente è addirittura di
ordine peggiorativo rispetto al giudizio storico su Agrippina
(effettivamente colpevole di complotto, si suiciderebbe prima
dell’arrivo degli uomini di Nerone, i quali avrebbero ordine non di
assassinarla, ma di condurla in esilio), ma ha il merito di sostenere come
le contraddizioni delle fonti giustifichino un tentativo di ricostruzione
alternativa degli eventi.
In
termini assolutamente obiettivi vi è da rilevare come la filologia
moderna sia da due secoli una sorta di fortilizio patriarcale,
monopolizzato da uomini per la maggior parte di ispirazione misogina e
antipagana, come documentato dallo stesso Anthony Barrett nella sua
biografia di Agrippina.
In
sostanza è un dato certo che Agrippina non ha mai potuto contare su una
Giuria storica imparziale e su un avvocato difensore; al contrario, un
intero stuolo di inquisitori l’ha sempre dileggiata con inaudito
accanimento, senza ammettere alcun diritto di replica.
Eppure
proprio il più grande drammaturgo francese, Racine, ha rinnovato la
devozione di Tacito per Agrippina con una fulgida immortalizzazione
dell’Augusta (omettendo significativamente di rappresentarne la morte
tradizionale).
Tutto
passa per l’ermeneutica della lingua latina dei Vati: scrittura piana o
stratificata? Tutto passa per ciò che oggi chiamiamo narratologia:
narratore-autore o narratore fittizio?
Il
giudizio ad Agrippina passa per il giudizio ad un’intera Civiltà.