E' boom di lezioni di Psicologia
positiva, per apprendere il 'vivere bene'
Aule affollate ad Harvard, e un liceo inglese introduce l'ora settimanale
La felicità? Ora si può imparare
I nuovi corsi a scuola o in ateneo
di FEDERICA FORTE
Tal Ben-Shahar durante una 'lezione di felicità' ad Harvard
ROMA - La felicità, dicono i poeti, è un attimo, un momento
irripetibile. Roba vecchia, rispondono insegnanti e psicologi di ultima
generazione: la felicità può durare tutta la vita, basta impararla. Ecco
allora che, da chimera irraggiungibile, la felicità diventa materia di
studio, con teorie proprie e tecniche d'insegnamento. Come la letteratura
o la filosofia. I primi corsi di 'well-being' si fanno largo nelle sedi
accademiche più prestigiose di Usa e Gran Bretagna: lezioni tutte
sperimentali, in bilico tra lo scetticismo dei docenti 'vecchio stampo' e
l'entusiasmo degli studenti che affollano le aule.
L'esempio più emblematico è quello dell'ateneo di Harvard, roccaforte
del sapere americano, frequentato dai rampolli degli Stati Uniti. Qui il
corso di Psicologia positiva del professor Tal Ben-Shahar conta più
iscritti di quello di Economia, per cui l'università è famosa in tutto
il mondo: circa 900 studenti curiosi di conoscere come si diventa felici.
Al Wellington College di Crowthorne, istituto privato inglese, preside e
docenti ritengono invece che la felicità, come le buone maniere, vada
insegnata già nella scuola superiore, dai 14 ai 16 anni: età
delicatissima, quella in cui gli adolescenti, bombardati da messaggi di
ogni tipo, sono impegnati - più o meno consapevolmente - a costruire la
propria personalità. Un'ora a settimana sarà dunque dedicata
all'apprendimento del 'vivere bene'.
Lontani dalla visione New Age o dalle pillole di felicità fai-da-te che
riempiono gli scaffali delle librerie e le pagine dei settimanali
femminili, i corsi di 'well being' si fondano sulla base della psicologia
positiva: una scienza relativamente recente, ma solida e adeguatamente
documentata. Non ancora approdata alle cattedre universitarie, ma non per
questo meno degna di essere studiata e considerata dalla comunità
scientifica. Soprattutto, terribilmente di moda in un momento - come
questo - in cui non circolano abbastanza soldi per credere che potranno
fare la felicità. In cui l'ossessione della perfezione fisica, del
successo a tutti i costi, del consumo sfrenato cozza con le prospettive
reali.
Ma non si tratta di un ritorno alla semplicità o di un ridimensionamento
delle ambizioni. "L'obiettivo della psicologia positiva",
spiegano dalla Società italiana di Psicologia positiva, "è cavare
ciò che di buono c'è in un individuo, scoprirne le potenzialità e le
risorse e svilupparle in relazione alla propria personale interpretazione
del benessere e della qualità della vita. L'approccio è quindi opposto a
quello della psicologia tradizionale, che tende ad analizzare solo i
deficit e le patologie del soggetto. Si cerca invece di assecondare le
abilità della persona perché si sviluppino in armonia con la collettività:
la felicità individuale si realizza solo nell'ambito dello spazio
sociale".
Ma come si arriva al benessere e quindi alla felicità? Secondo il
professor Ben-Shahar, bisogna lavorare su autostima, empatia, amicizia,
amore, ottimismo, ma anche creatività, spiritualità, musica e senso
dell'umorismo. Temi, questi, che costituiscono l'ossatura del suo
insegnamento accademico, e che Ben-Shahar tenta di trasmettere servendosi,
tra l'altro, di tecniche di rilassamento e meditazione. Il miglior
consiglio per essere felici? "Semplificare", risponde il
docente. "Poi, ricordare che sentimenti come frustrazione e paura
sono naturali: siamo esseri umani! E ancora, avere la consapevolezza che
la felicità dipende da noi, non dal nostro conto in banca".
Visione condivisa da Nick Baylis, psicologo dell'università di Cambridge,
che insegnerà ai ragazzi del Wellington College i segreti dello 'star
bene con se stessi e con gli altri', e da Anthony Seldon, preside
dell'istituto: "Il lavoro più importante della scuola è quello di
formare i ragazzi perché diventino adulti felici e dalla personalità
solida", ha spiegato, aggiungendo che le lezioni di 'felicità'
saranno complementari a quelle di religione. "La celebrità, i soldi
e i beni materiali sono spesso considerati importanti dai ragazzi, ma in
realtà non sono le cose che ci rendono felici. I nostri giovani hanno
bisogno di imparare che anche se una società diventa più ricca, non
necessariamente diventa anche più felice".
(
18 aprile 2006
)
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