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Marittella D’Orlando
L’Ultima Cavernicola
01. La Vita, l’Opera, Testimonianze
a cura di
Gianna De Filippis e Salvatore Argenziano
1897 – Maria D’orlando, in arte Marittella, nasce a Napoli da genitori ignoti.
Da ragazza vive la vita di campagna nella terra ciociara; in seguito si trasferisce a Torre del Greco dove si sposa con Giovanni, dal quale ha due figli: Francesco e Pasquale.
Analfabeta, fruttivendola.
1962 - Si trasferisce a Milano dal figlio artista Pasquale, il quale la scopre come rara e autentica pittrice “primitiva”.
Il personaggio Marittella (nome popolare di Maria in napoletano) suscita immediato interesse nell’ambiente artistico, intellettuale, giornalistico.
La stampa nazionale si interessa a lei con numerosi articoli, mentre artisti come Renato Guttuso, Lucio Fontana, Gianni Dova, Roberto Crippa, Remo Bianco, Remo Brindisi, Ricarda Vivarelli, Salvatore Flavio Raiola, e tanti altri le rendono omaggio.
Omaggi e lodi riceve da scrittori come Davide Lajolo, Luciano Bianciardi, Edio Vallini,
e critici d’arte aperti e liberi nello spirito, Domenico Cara, Francesco Vincitorio, Pino Zanchi, Piero Girace, Paolo Pillitteri, ne danno testimonianze scritte.
Gli articoli dei giornali e inoltre la RAI Radiotelevisione Italiana e il Cinema Ciak fanno conoscere Marittella al grande pubblico italiano, come scrisse l’allora illuminato Assessore alla Cultura del Comune di Milano Paolo Pillitteri alla presentazione della mostra personale di Marittella, da lui voluta:
“Analfabeta, quasi ottantenne, Marittella D’Orlando è rimasta con un cuore e una mente puri e genuini. La cultura consumistica non l’ha contaminata. Misteriosamente, la sua arte si riallaccia ad altre civiltà primitive. Essa, annullando il tempo, si esprime incidendo, colorando con forza le storie della sua vita travagliata. Il suo è un linguaggio spregiudicato, antico e moderno”.
1977 - Dopo quindici anni, la sua breve, intensa espressione pittorica e plastica, ha termine con la sua morte, a Torre del Greco.
L’attività artistica di Marittella, dagli esordi di Milano, prosegue con ritmo intenso, nonostante l’età avanzata.
Alcune delle sue mostre in Italia e all’estero e riconoscimenti artistici ricevuti.:
1965 Mostra personale al Circolo Artistico “Antonio Mennella” - Torre del Greco.
Mostra collettiva all’Artedomus di Giò Jorg - Losone (Svizzera).
1966 Mostra personale alla Galleria Fiori Oscuri - Milano.
Mostra personale alla Galleria El Harka - Palermo.
1967 International Naive Art alla Galleria La Boetie - New York.
Mostra personale alla Galleria Fiori Oscuri - Milano.
1969 Mostra personale al Club d’Arte Michelangelo - Torre del Greco.
Mostra personale a La Scogliera - Vico Equense.
Diploma d’Onore al I° Premio Inter. d’Arte “Premio Vesuvio 1969” T./del Greco.
1970 5th International Naive Art Show alla Galleria La Boetie - New York.
Mostra collettiva alla Galleria Volpi Arte - Parma.
Mostra collettiva alla Galleria Agrati - Monza.
Mostra personale al Club d’Arte Michelangelo - Torre del Greco.
Diploma di Merito al II° Premio Inter. di Pittura “Vesuvio 1970” - T./ del Greco.
1971 Mostra acquisti del Comune di Milano - Palazzo Reale - Milano.
Mostra personale alla Galleria d’Arte Michelangelo - Bergamo.
Medaglia di Bronzo al “Premio Vesuvio ‘71” IIIa Mostra Inter. d’Arte - T./del G.
Mostra Collettiva alla Galleria Agrati - Monza.
1973 International Naive Art alla Galleria Joseph Devernay - New York.
Mostra personale con ricevimento dell’Ambrogino d’Oro da parte dell’Assessore alla Cultura, all’ex Arengario - Palazzo Reale - Milano.
1974 Mostra collettiva alla Galleria Mercurio - Milano.
1976 Alla Galleria 14 Juillet per “La condizione strategica dell’uomo” - Milano.
1977 Mostra postuma alla Festa dell’Unità - Villa Comunale - Torre del Greco.
1979 Collettiva alla Bottega d’Arte di via Uberti - Milano.
1984 Partecipa a “Messaggio Grafico Uno” al Civico Corso di Arti Incisorie - Milano.
1992 Mostra allo “Studio Palazzi” per il 35° Festival dei Due Mondi - Spoleto.
La singolare arte di Marittella origina spontaneamente dall’arte universale degli antichi popoli: da quella cavernicola a quella dei camuni, dalla quella africana alla pellerossa, dalla oceanica, alla nuragica, a tutte le forme dell’arte della nostra cultura remota, per sfociare in uno sconvolgente modernismo che va oltre la deformazione della forma picassiana, esprimendosi mediante la disintegrazione della forma stessa in una fantasmagoria di colori, stigmatizzando la nostra epoca, apocalittica, atomica.
Marittella, popolana analfabeta napoletana, nel ‘62 all’età di sessantacinque anni, su incitamento del figlio Pasquale, pittore, scopre la sua drammatica gioiosa arte, senza prima aver visto alcunché, se non quella del figlio.
Una straordinaria metamorfosi dell’arte e della sua vita, vissuta in una lucida inconsapevolezza determinata dalla “non conoscenza”, per essere stata relegata ai margini della società e della cultura scolastica, rivelatasi forse per questo verginea poderosità creativa, fenomeno singolare senza precedenti. Disarmante.
Il grande Lucio Fontana, profondo e sincero ammiratore dell’arte di Marittella, addirittura andava dicendo che questa autentica arte primitiva era vera arte e non la sua. Il suo genio percepiva appieno la forza rivoluzionaria che trasmetteva la pittura “incolta” di Marittella, tanto che volle più volte scambiarla con alcune sue opere.
Questo fascino subito da tanti altri che l’hanno conosciuta, come gli artisti R. Guttuso, G. Dova, R. Crippa, R. Brindisi, R. Bianco, come scrittori, giornalisti, critici, L. Bianciardi, D. Lajolo, E. Vallini, G. Gabbi, G. Vergani, D. Cara, P. Zanchi, F. Vincitorio, A. Cocchia, P. Pillitteri, F. Gianola, M. Punzo, A. Izzo, L. Lazzari, P. Gerace, S. F. Rajola, F. Vegliani, P. Morigi, A. Mennella, U. Acampora, G. Jorg, G. Martella, P. D’Orlando, e tanti altri, come uomini di cultura e politici, nell’esempio del grande Assessore alla cultura del Comune di Milano, Paolo Pillitteri, che nel ‘73 le organizzò una indimenticabile mostra personale all’ex Arengario di Piazza Duomo, assegnandole l’Ambrogino d’oro.
Tra le mostre allestite nella sua breve vita d’artista, sono da ricordare anche le tre realizzate a New York con i maggiori artisti naïfs del mondo.
I mass-media si sono interessati alla sua figura, tra cui Rai, Cinema Ciak, Il Giorno, ABC, L’Europeo, Novella 2000, Bolero, L’Infinito, Giorni-Vie nuove, Il Corriere della Sera, Anna Bella, Avanti!, Il Giornale di Bergamo, Il Giornale di Pavia, La Fiera letteraria, Bellezza, Napoli Notte, Successo, Mercato d’Arte, Il Giorgista, La Torre, La Sonda, Le Arti, L’Eco di Bergamo, Gazzetta di Parma, Photo 13, Universalismo.
Le richieste delle opere di questa singolare artista da parte di collezionisti e musei alla notizia del suo decesso avvenuto nel ‘77 non sono state evase per il dolore del figlio Pasquale, il quale non riusciva a rassegnarsi alla morte di sua madre, e artista, che firmava le opere con la croce degli analfabeti, dimostrando a noi “colti” la sua conoscenza atavica, universale.
Dopo ventiquattro anni dalla scomparsa di quest’Artista senza tempo, Marittella - Maria D’Orlando, apriamo al Mondo il forziere artistico-culturale di questa sofferta creatura del nostro Millennio appena passato.
Senna Lodigiana, Ottobre 2001
D’O. FINE ARTS PROMOTION
Hanno scritto dell’arte di Marittella:
Luciano Bianciardi (IL GIORNO - Domenica 2 Febbraio 1964).
Maria Zarrillo in D’Orlando, vedova, nata a Napoli nel 1897, statura bassa. Così a occhio non dovrebbe superare il metro e quaranta. Quando sorride diventa bella, con quei bei denti sani e bianchi...
Come è stata questa scoperta della pittura? Lo spiega il figlio Pasquale, di professione pittore; volle fare lui una specie di esperimento, mettere in mano alla madre analfabeta quest’altro modo di esprimersi, e vedere il comportamento d’una creatura “primitiva”, d’una donna di sessantacinque anni, e carica di esperienza, ma rimasta culturalmente bambina. Non le diede alcun consiglio, di nessun genere...
Appesi al muro quadri, del figlio e suoi. Questi ultimi si riconoscono subito, per la violenza dei colori e il piglio deciso dei tratti: figure umane, fiori, un carretto, cavalli; su tela, su compensato, su carta, e ciascuno ha in un angolo, a mo’ di firma, la croce... non ha mai imparato a scrivere, né a leggere. Ha imparato invece a dipingere: basta una scorsa alle due grosse cartelle che il figlio sta voltando sul tavolo. Dai primi abbozzi con la penna a sfera, ai quadri appesi, ai fogli di queste ultime settimane c’è un’evoluzione evidente, pur restando identici i temi, insistiti tenacemente: ancora figure umane, ancora cavalli, ancora carretti. E lei spiega: questi sono due bambini che portano i fiori alla mamma; e anche la mamma sta mutandosi in pianta, le nascono dentro rami e foglie. Questo è un bambino travolto da un cavallo; ma il cavallo sta mettendo una coda di pavone, coloratissima. Questo è un uomo che spinge un carretto, ma le ruote son viste, per così dire, in sviluppo, sono due tondi accanto al rettangolo del carretto...
I colori sono squillanti, arditi, suggestivi, sottolineano i simboli già così chiari del disegno. Come mai, le chiedo, occhi così grandi e così rossi, in quella figura maschile, anzi virile, perché su questo punto il disegno non lascia davvero dubbio alcuno. Lei sorride, alza gli occhi per guardarmi in faccia (col sommo della testa mi arriva poco sopra il gomito) e fa: “Eh, voi capite, non mi piace la cosa meschina, piccirella. L’omo è grande”...
Giovanni, il povero marito suo, morto nel ‘44, era un gigante, fortissimo, capace di spingere su un carretto dodici quintali di farina lungo una salita... S’era scelto per moglie una donna così piccola, e per giunta figlia della Madonna. Qualcuno la prese con sé, ma non ebbe mai una madre e un padre, neanche adottivi: anzi, a dieci anni già l’avevano messa a guardare le bestie giù in una masseria dalle parti di Cassino, e per tutta la vita Maria lavorò: il marito facchino, lei col carretto delle erbe e delle verdure.
Ebbe due figli, ma altri ne perse durante la gravidanza, perché le crescevano in grembo troppo grossi, e poi una volta ci fu lo spavento d’un cavallo imbizzarrito, quello appunto che ritorna tanto spesso nella sua pittura. Morto il marito nel ‘44, con la guerra appena finita, furono anni di fame...
… è una brava cuoca. Quando cucina ha gli stessi gesti di quando dipinge, o forse è vero il contrario: foglio di carta sul tavolo, apre i barattoli dei colori con la stessa amorosa precisione con cui dosa il sale nella pentola, e traffica con il pennello come se rimestasse una minestra coi “pulpetielli”...
“Prima che il Signore mi chiama voglio lasciare un milione di lavoro”, ci dice. E siccome il figlio scatta su a rispondere che non sono i quattrini la cosa più importante, lei precisa: “Un milione di lavoro, un milione di quadri. Li lascio al figlio, ma la consolazione è mia: quando faccio un quadro sono consolata”...
Domenico Cara (MERCATO D’ARTE - Gennaio-Febbraio 1964).
Umberto Acampora (Pres. mostra Circ. Artistico “A. Mennella” T./del G. - 1965).
Antonio Mennella (NAPOLI NOTTE - Mercoledì 12 - Giovedì 13 Maggio 1965). (BELLEZZA - Febbraio 1966).
Un successo senza precedenti sta riscuotendo a Torre del Greco la mostra di Maria D’Orlando, inaugurata il 1° Maggio nel Circolo Artistico “Antonio Mennella”. Sembrerebbe incredibile, ma nel periodo degli “ismi”, delle elucubrazioni metafisiche, della pittura impegnata, vi è ancora chi riesce a mettere un pennello sulla tela e a dipingere quadri degni di essere visti, ammirati e gustati...
Edio Vallini (Presentazione della mostra alla Galleria Fiori Oscuri - Milano - 1966).
...critici e pittori autorevoli non lesinano giudizi lusinghieri sulle capacità pittoriche che Maria D’Orlando ha in sé spontaneamente... ...Maria D’Orlando indubbiamente, ed è facile capirlo, non conosce la prospettiva, non ha acquisito tutte quelle nozioni che sono ormai proprie del nostro tempo, anche nei pittori meno dotati ed estremamente poetici.
Ma la domanda che ci dobbiamo porre visitando questa mostra è sino a che punto la “nozionistica” vuol dire e significa cultura, significa partecipazione umana alla vita degli altri, ai problemi degli altri?
Oggi anche un ragazzo che frequenta le elementari, e Maria D’Orlando non le ha fatte, ha nozioni tecniche di disegno, superiori alla nostra pittrice.
Ma noi stessi, non lo scolaro delle elementari, noi stessi, dicevo, abbiamo una così ricca partecipazione umana, un così ricco senso della poesia, del colore come quello che troviamo nei quadri di questa pittrice napoletana?... ...Dobbiamo riconoscere che Maria D’Orlando ha una natura artistica elevata, una natura che si sa esprimere nei quadri attraverso il colore, così come altri artisti si esprimono con le parole o con lo scritto. Maria D’Orlando quando si esprime è sincera e profondamente umana.
“Dica nella presentazione che io quando dipingo mi sento di esprimere tutto ciò che ho nel cuore, tutto ciò che ho vissuto, che ho sofferto e che ho avuto piacere”.
In altri termini Maria D’Orlando vuol dire con questa frase che quando dipinge esprime il mondo che le sta dentro ed è un mondo fatto di tutte le sofferenze, di tutto l’amore di cui è capace la sua città e la sua gente.
Quanto detto non vuole sostenere che l’informazione non serve alla cultura, anzi.
La stessa Maria D’Orlando è consapevole dell’importanza che riveste, particolarmente nel mondo d’oggi, l’informazione, con quella saggezza che le è propria ci ha citato un detto napoletano che suona: “Chi ha la scienza e la virtù tiene la ricchezza nella sua anima”.
È certo, quindi, che noi siamo più istruiti di Maria D’Orlando, ma siamo veramente più colti? Ed è con questa domanda sempre presente che mi auguro il visitatore vorrà guardare i quadri di Maria D’Orlando.
Roberto Crippa, (Present. alla Galleria Fiori Oscuri - MI - 1966).
Conosco Maria D’Orlando da più anni. La traccia serena delle sue mani che inventano queste immagini nuove e profonde cicatrici, queste nuove soluzioni conferiscono all’immaginazione una voluttà di libertà e di infinita spiritualità.
Gianni Dova, (Present. alla Galleria Fiori Oscuri - MI - 1966).
È veramente sorprendente come la forza dell’istinto possa talvolta supplire ad ogni carenza culturale e di per sé determinare un fatto d’arte. Questo posso proprio affermare dopo un incontro con l’opera di Maria D’Orlando maestra di poesia.
Lucio Fontana (Present. alla Galleria Fiori Oscuri - MI - 1966).
Un giovane pittore, D’Orlando, una sera invitò un gruppo di amici tra cui Dova, Crippa e il sottoscritto, per mostrarci i quadri di sua madre pittrice. A parte l’impressione fortissima del personaggio Maria, commovente e pura nel suo credere, i quadri si immedesimarono in lei, colore, luce, terra, cielo, vita, fede, un primitivismo esaltante nel credere alla vita.
Giò Jorg (IL GIORGISTA - 29 Gennaio 1966).
Franco Vegliani (SUCCESSO - Febbraio 1966).
Pino Zanchi (II GIORNALE DI PAVIA - Mercoledì 16 Febbraio 1966).
Francesco Vincitorio (LA FIERA LETTERARIA - Giovedì 17 Febbraio 1966). (BELLEZZA - Febbraio 1966). (LE ARTI - Marzo 1966).
...Un altro episodio, forse anche più primordiale del solito, di vocazione pittorica che ci consente di capire meglio certe posizioni dell’arte contemporanea su cui di recente ha scritto pagine molto acute la Trucchi nel suo “Dubuffet” e che il filosofo Fiedler ha teorizzato già nel secolo scorso. Quella, cioè, di un’arte visiva senza mediazione intellettiva che è facoltà umana diversa e addirittura antitetica del sapere cosiddetto scientifico.
Antonio Cocchia (NOVELLA 2000 - 10 Aprile 1966).
...Pasqualino... ...una sera gli passò per la testa chissà come questo pensiero e mi disse: “Mammà, prova, fa’ un disegno: un uomo, una femmina, una creatura, una bestia, quello che vuoi tu...”. Mi mise un foglio di carta davanti, sopra la tavoletta, e un pezzo di roba nera in mano. “Ma tu sei pazzo”, gli dissi” cinì, non mi sfottere, ma se io non so tenere nemmeno la penna in mano, non so scrivere nemmeno il nome mio!...”, e lui, accanito, a insistere. Io credevo che mi voleva sfottere e per poco non gli ho spaccato un piatto in testa.
Allora lui mi prese con le buone. “Mammà”, diceva, “che ti costa, fammi contento, me’!...”. Allora per accontentarlo ho cominciato a fare un segno sulla carta. Lui mi guardava e stava zitto e io vedevo quel segno nero e grosso che si allungava e si piegava come un’anguilla: ero rimasta io stesso incantata da quel segno che usciva dalle mie dita come se uno spirito mi avesse dato un potere nuovo, e seguitavo, seguitavo senza lasciare.
Così in silenzio ho fatto una testa e poi gli occhi, i capelli: è venuta fuori una creatura con gli occhi spalancati che pareva meravigliata pure lei che io mi ero messa a disegnare. Mi venne una grande gioia perché avevo fatto questa creatura e mi pareva impossibile di avere in me tanta virtù, dopo che ho fatto per tanti anni una vita meschina e randagia. Pasqualino mi abbracciava, mi baciava sulla faccia e rideva: “Brava Marittella”, gridava come un pazzo, “hai visto che sei capace di fare!”
Io pure ridevo e avevo il desiderio di fare un altro disegno. Pasqualino mi dava la carta quanta ne volevo e l’inchiostro duro. Uno dopo l’altro feci sei disegni ed erano tutte creature.
Così è stato, figlio mio bello, da quel giorno la vita mia è cambiata e non penso più a tutti i patimenti che ho sofferto. Se io non fossi venuta a Milano da Pasqualino, questo non sarebbe successo e io sarei ancora meschina come prima. Adesso invece sono nominata dai giornali, ho fatto tre mostre, a Torre, a Milano, in Svizzera, ne devo fare una a Palermo e anche all’estero. Pittori nominati come Fontana, Crippa, Dova mi hanno fatto assai elogi perché i miei quadri sono belli e piacciono a tutti. Guarda come sono belli: nei miei quadri c’è la mia vita e sono pieni di gioia e di allegrezza, guarda queste creature che regalano fiori alla mamma, guarda questo cavallo che mangia nella mangiatora, questa è una carretta, ti piace?, guarda quest’albero com’è colorato, questi uccelli che cantano...
Che ti devo dire, figlio mio bell’ ’i mamma, che nella vita ci sta sempre una speranza e che se non ti arrendi ti può capitare una grande gioia quando non te l’aspetti.
Luciano Bianciardi (ABC - 28 Agosto 1966).
R. Crippa, G. Dova, L. Fontana (Present. alla Galleria Fiori Oscuri - MI - 1967).
Edio Vallini (Presentazione dépliant alla Galleria Fiori Oscuri - Milano - 1967).
Salvatore Flavio Raiola (LA TORRE - 20 Settembre 1967)
...leggendo questo scritto, che vuole essere un omaggio ad una donna, che ha trovato nella pittura la sua seconda giovinezza, anzi la sua seconda vita, perché Maria D’Orlando non ha mai vissuto come gli altri...
...In un’era di emancipazione sociale troviamo nella nostra pittrice il simbolo di essa, perché con la pittura, con l’arte “Marittella” si è veramente emancipata. Non ha imparato mai né a leggere né a scrivere. Salita a Milano, poteva finire come un’anima morta in qualche ospizio ed invece un bel giorno ha scoperto la pittura e con la pittura una nuova vita... ...Siamo stati a trovare Marittella e gentilmente ci ha fatto dono di suoi lavori eseguiti alla nostra presenza. Sembrava ispirata quando dipingeva, e le sue mani svolazzavano i vari colori vorticosamente in un alone di esasperato misticismo. “Scrivite ca quanno i’ pitto me sento nu core grande, grande e voglio dicere tutto chello c’haggio sufferto, tutto chello c’haggio avuto ’i felicità”... ...Ora piano piano silenziosamente “Marittella” se ne torna a Milano, in quella Milano grigia e nebulosa che le ha dato la sua seconda vita lasciandoci in ricordo colori accesi gialli, rossi, neri, neri, rossi, gialli...
Paolo Morigi. Canton Ticino, 1967
L’attenzione rivolta a questa pittrice naïve Maria D’Orlando, è stata a mio giudizio fortunosa in quanto ci si trova di fronte ad un personaggio che potrei definire unico...
Maria D’Orlando nacque a Napoli nel 1897...
...si esprime in maniera del tutto singolare, sia per il modo di vedere il mondo, sia per il suo frasario dialettale a volte difficile da decifrare.
Ed è appunto dopo aver ascoltato la sua lunga storia piena di amarezze e di continue rinunce, che si può accedere alla sua arte già con una dovuta preparazione per poter giudicare e comprendere il suo linguaggio pittorico...
...Fu così che un giorno il figlio volle vedere in che forma si sarebbe espressa dandole in mano, senza non poche insistenze, un pennello. Maria D’Orlando si cimentò sulla tela e con vero stupore egli notò che i suoi personaggi, ...erano tanto concisi e tale l’armonia dei colori da dare una immagine completa e sorprendente.
Questo fu sufficiente per prendere confidenza con la tela e poter finalmente esternare le sue visioni, tragedie ed infine gioie che in precedenza aveva dovuto custodire solo per sé.
La cosa che più mi ha colpito e commosso sono le espressioni infantili di una donna di settant’anni, che nulla ha valso nel corso della sua esistenza e distorsioni di purezza del mondo che la circonda. L’unica cosa che è sempre presente è la sua vita triste.
Solo in un secondo tempo, cioè da quando la pittura è divenuta la sua unica ragione di vita, si nota un abbandono della tristezza e del grottesco per sfociare in una forma di espressione gioiosa, come lo si può notare dai colori meno violenti e dai sempre “anche se in ritardo” una possibilità di conoscere la felicità.
La sua semplicità è rimasta immutata anche dopo aver visto la notorietà riportata in un’infinità di articoli che parlavano di lei...
...Basta recarsi una volta nel suo appartamento per rendersi conto... ...tele in quantità ammucchiate sino al soffitto con un ordine esemplare...
...Ciò che è ammirevole nella sua pittura in primo luogo è la semplicità di espressione e la forza cromatica che un artista può scoprire dopo una vita di ricerche.
Questo penso sia una virtù esclusiva delle persone che non si lasciano intaccare dal resto del mondo e che il loro mondo sia circoscritto solo da una serie di episodi tristi o gai legati in forma strettissima alla loro esistenza.
Nel conoscere personalmente questa donna ed ascoltando la sua storia si intuisce immediatamente che è quasi inconcepibile che ai nostri giorni possano ancora esistere persone di tale livello di purezza...
...Si può dire che dopo aver conosciuto Maria D’Orlando qualcosa si è imparato.
Salvatore Flavio Raiola (LA SONDA - Febbraio 1969).
Piero Girace (ROMA - Martedì 4 Febbraio 1969).
Piero Girace (ROMA - Mercoledì 5 Marzo 1969).
Salvatore Flavio Raiola (LA TORRE - 8 Marzo 1969) (LA SONDA - 10 Ottobre 1970).
Ciro Adrian Ciavolino (LA TORRE - 22 Ottobre 1970). (GAZZETTA DI PARMA - Lunedì 7 Dicembre 1970).
...Tornando alla D’Orlando ci viene spontanea una osservazione. Le sue “trasfigurazioni” della realtà non derivano certo da una concezione culturale, ma da un primitivismo inconscio e no. Accanto a ciò notiamo una certa sapienza tecnica; per esempio la organicità degli spazi, i rapporti cromatici, l’invenzione decorativa... ...il lavoro della D’Orlando ha un linguaggio alienato che supera la ricerca del vero, va aldilà di qualsiasi rapporto conscio; il soggetto è pretestuoso, è presente soltanto per esprimere in quel modulo compositivo il suo repertorio figurativo...
Ugo Punzo (IL PUNGOLO VERDE - Gennaio 1971). (IL GIORNALE DI BERGAMO - Venerdì 26 Febbraio 1971). (m.p.) (GIORNALE DI BERGAMO - Lunedì 8 Marzo 1971).
Manrico Punzo (AVANTI! - Venerdì 12 Marzo 1971).
...A Milano una eccezionale mostra di “Marittella”... ...Scolpisce e dipinge una vita di stenti...
...Analfabeta, ma piena di una grandissima capacità espressiva, “Marittella” è in possesso di una tavolozza di colori vivacissimi che usa nella creazione di figure o oggetti a metà strada fra la fantasia e la realtà quotidiana, vista con la semplicità di una popolana...
...Di lei è stato scritto che “scrive con il pennello e firma con la croce”: nulla di più vero. I personaggi dei suoi quadri sono anche i personaggi della sua vita, gli esseri che le sono stati accanto, uomini o animali, nel suo passato di contadina, domestica, moglie e madre. Nel meridione chiamano la firma a croce – ’O signo d’ ’o ciuccio” (il segno dell’asino), ma per “Marittella”, come per molti altri, deve essere considerato soltanto il segno di chi è stato costretto a essere somaro pur avendo in sé i tesori di cui tanti che sanno firmare sono del tutto privi.
Giuseppe Martella (Presentazione al catalogo della mostra alla Galleria Michelangelo - Bergamo 1971).
Lino Lazzari (L’ECO DI BERGAMO - Venerdì 26 Febbraio 1971).
Lino Lazzari (L’ECO DI BERGAMO - Giovedì 4 Marzo 1971).
Giuseppe Martella (FHOTO 13 - 4 Aprile 1971).
Davide Lajolo (Presentazione al catalogo della mostra del Comune di Milano 1973).
...La denuncia, il vero contrasto, l’angoscia trattenuta, il desiderio inappagato, il segno rivelatore e drammatico è come Maria D’Orlando firma le sue opere. Una croce. Marittella, non sa leggere, non sa scrivere. Sanno scrivere i cani, i cavalli, gli uccelli, i gatti?
Cresciuta come un animale, nel tempo in cui nella stessa città Don Benedetto Croce parlava di libertà e filosofava alti concetti, ai margini di una società primitiva e crudele e non soltanto con le trovatelle come Maria D’Orlando, ma con tutti i poveri, come non fossero anche loro “figli bell’ ’e mamma”, non è mai entrata in un’aula scolastica, non ha mai avuto una maestra, mai un quaderno, mai un libro.
Così sotto i suoi quadri eccitanti, colmi di voglia di vivere, scoppiettanti di gioia come fuochi d’artificio celesti, ci sta la croce.
Abbiamo scritto che i Cristi non sono mai crocifissi, non hanno mai alle spalle la croce. La verità è che Maria D’Orlando abbraccia l’umanità anche se la società degli uomini del suo tempo l’ha costretta a scrivere il suo nome soltanto con la croce.
Paolo Pillitteri (Introduzione alla mostra del Comune di Milano 1973).
Analfabeta, quasi ottantenne, Marittella D’Orlando è rimasta con un cuore e una mente puri e genuini.
La cultura consumistica non l’ha contaminata.
Misteriosamente, la sua arte si riallaccia ad altre civiltà primitive. Essa, annullando il tempo, si esprime incidendo, colorando con forza le storie della sua vita travagliata.
Il suo è un linguaggio spregiudicato, antico e moderno...
Renato Guttuso (Saggio critico alla mostra del Comune di Milano -1973).
Marittella D’Orlando
è un fenomeno di cui si è molto parlato.
Un fenomeno che si stacca dalla schiera dei “primitivi” e dei “pittori della domenica”. Per chi conosce le feste di paese in Campania, in Puglia e in Sicilia per chi ha visto le decorazioni fatte con le noccioline, semi di zucca, fave e ceci tostati, mostaccioli e pupi di zucchero colorati, argentati e dorati, è facile trovare la radice delle singolari pitture di questa straordinaria trovatella di Torre del Greco.
Ma ciò che importa è vedere come Marittella D’Orlando prende il volo da queste radici e fino a quali limiti fantastici e di meraviglie sappia spingere la sua forza d’immaginazione e riconoscere nella vena popolare le sue particolari scelte. Si guardi a questo proposito il rapporto tra le immagini e i titoli dei fogli.
Vesuviana e africana e messicana e pellerossa, trasforma la decorazione popolare (si pensi alle decorazioni dei vestiti con bottoni dei popolani londinesi) in “creature” come lei stessa dice, di una forza evocativa straordinaria.
La bambina che gioca con la palla, la donna che coglie l’erba, o il cane, sono sempre lo stesso schema di mostro allegro e terribile, e non importa che le immagini siano “riconoscibili” come donna, bambina, cane, perché la fusione tra titolo e immagine, è, come sempre nei “primitivi”, un dato da cui non si può prescindere.
Come disse di lei l’indimenticabile Lucio Fontana è “l’immedesimazione” che colpisce.
Donna, bambina, cane, sono Marittella stessa, una grande forza fantastica che invita al sogno.
Roberto Crippa, Gianni Dova, Lucio Fontana (Scritti mostra C./ Milano -’73). (IL GIORNO - Sabato 3 Marzo 1973).
Manrico Punzo (AVANTI! - Sabato 10 Marzo 1973). (IL GIORNO - Domenica 11 marzo 1973).
Franco Gianola (GIORNI-VIE NUOVE - 14 Marzo 1973). (MILANO MESE - Marzo 1973).
Colore che ti si pianta dentro con forza selvaggia, vivissimo, urlante, gioia irrefrenabile e giovane e antico cupo dolore, il segno di una vita dolente che non è maledizione divina ma violenza di uomini, di società nella quale le colombe vivono alla mercè dei falchi.
Marittella D’Orlando è questa, raccontata da uno dei suoi tanti quadri, da una delle sue sculture naïfs.
Marittella D’Orlando, pittrice settantadue anni, un volto nel quale il tempo e gli artigli dei falchi hanno scavato senza sosta e pietà, ma un volto che ancora una volta si apre a rapidi momenti di guardinga dolcezza, di furbesca e faunesca allegria...
...La prima fatica di impugnare il pennello senza combinare guai e poi... ecco questa incredibile scoperta. Che in realtà non è una scoperta, ce l’aveva dentro da quando è nata questa cosa Marittè. “Me la sento proprio nel cuore, come uno si sente di mangiare un piatto ’e maccarune...”
...Questo marito gigantesco, più di due metri alto, forte e buono, facchino, bracciante, che si tirava dietro un carretto di dodici quintali e la gente faceva “uuuuuhhh” di meraviglia, era proprio una cosa da essere orgogliosi. E la guerra, la fame che con i poveri era cattiva, Marittella con i due figli, il tifo addosso a lei e ai ragazzini, questo buon gigante che nutre i suoi due metri di altezza con pochi fichi e va a “faticare” ugualmente - e sono quintali sulle spalle ogni giorno - per salvare la sua donna e i “guaglioni”. Che si salvano, ma lui lo trovano, dopo, stecchito nel letto, “morto di stenti” perché due fichi non bastano a reggere due metri di uomo. Eppure il vecchio D’Orlando è ancora lì, dentro questi quadri selvaggiamente colorati, e tristi e allegri, vivo e forte nella sua primitiva nudità sulla quale giganteggia un fallo che esprime la forza virile nel suo valore globale: è un racconto d’amore, poetico e sensuale, tenerissimo...
Arcangelo Izzo (NAPOLI NOTTE - Venerdì 8 - Sabato 9 Giugno 1973).
...Marittella D’Orlando, una torrese che stupisce il Nord...
...Una “naive” napoletana a Milano riesce a scuotere i “mostri sacri”...
Davide Lajolo (ANNA BELLA - 29 Settembre 1973).
Giorgio Gabbi (L’EUROPEO - 19 Agosto 1977).
P. R. D’Orlando (Presentazione al catalogo della mostra di Spoleto - 1992). (CORRIERE - 21 Giugno 1992).
P. R. D’Orlando (UNIVERSALISMO - Ottobre 1994).
P. R. D’Orlando (UNIVERSALISMO - Dicembre 1994
fine parte prima.
Marittella D’Orlando
L'Ultima Cavernicola
02. L’Ultima Marittella
a cura di
Gianna De Filippis e Salvatore Argenziano
7 Gennaio 2008 Senna Lodigiana
L'Ultima Marittella
Scrivere di Marittella D'Orlando non è facile.
Innanzitutto se si è il nipote dell'oggetto in questione, ed in secondo luogo perché la scelta dei temi da trattare trasforma inevitabilemente il risultato finale.
Potrei descrivere il “personaggio”, parlare della sua vita, di quello che ho letto della sua vita, potrei cercare di immaginare un dialogo con lei, potrei limitarmi a fare un copia incolla delle critiche ricevute da parte di Artisti come Renato Guttuso o come Lucio Fontana, potrei ispirarmi ai testi di Davide Lajolo scritti su mia nonna.
Insomma, da qualsiasi punto di vista io cerchi di visualizzare lo “oggetto” Marittella ne ricavo un'immagine “cubista”, troppo poliedrica per essere analizzata; né sarebbe utile cercarne una sintesi.
Cercherò di guardare le sue opere, più che descriverle.
Cercherò di immaginare ciò che aveva in testa lei, più che raccontare cose che di lei si narrano.
Innazitutto bisogna focalizzare sulla nascita artistica di Marittella.
A 65 anni prende in mano il pennello, anzi, all'inizio una matita, di quelle che si impara ad usare nelle scuole elementari.
In secondo luogo poi devo cercare di capire ciò che era prima per comprendere poi il fenomeno che è diventata dopo.
Da analfabeta ad Artista riconosciuta, affermata, si potrebbe dire Star dello Star System dell'Arte dell'epoca... articoli, interviste, mostre.
Ma allora come mai non è famosa come i suoi celebri colleghi del periodo?
Perché non è nei libri di storia dell'Arte?
Certo non creava “avanguardia”, certo non aveva un “movimento” a cui fare riferimento.
La mia unica risposta è che non era ancora il momento.
La sua Arte era lei, la sua anima, i suoi ricordi... quasi, cercando una risposta al fenomeno Marittella, dovrei citare Jung, il celebre psicologo, studioso e teorico dell'Inconscio collettivo, colui che per primo presentò al mondo l'idea di Archetipo.
Se guardiamo le opere di Marittella... sono tutti archetipi!
Certo, ed infatti la forza espressiva della sua opera sta nella universalità dei suoi soggetti, nelle emozioni che trascendono la scelta dei colori e la forma delle pennellate. Chiunque, bambino o anziano, ricco o povero, professore o ignorante, sa e riesce a leggere nell'opera di Marittella il messaggio.
È questa l'Arte, la capacità di esprimere, descrivere, fare emergere, evocare senza aver bisogno di testi, critici, movimenti, manifesti, e teorici.
Che teoria deve stare dietro alla comunicazione di un'idea?
Marittella è questo! È un insieme di messaggi universali nati dalla mente e dalle mani di una donna che era considerata una miserabile. Com'è possibile che un reietto della società, un errore sociale, possa arrivare ad esporre all'Arengario di Milano?
O nelle grandi collettive degli anni '70 a New York, dove esposero esclusivamente i genii e i maestri riconosciuti?
La risposta la ritroviamo ancora in Jung.
Non c'è bisogno di saper disegnare per essere un'Artista.
Per trasmettere un'idea, un archetipo, non bisogna avere la Laurea, non è necessario conoscere le lingue.
Bisogna solo avere qualcosa da dire, dentro, nel cuore, nella pancia, nell'anima.
Marittella era una bomba di cosa da dire, 65 anni di cose non dette, di cose non potute dire, ricordi atroci, morti, bombe, guerre, fame, ingiustizia, prevaricazione. Marittella è il simbolo di ciò che il Cristianesimo insegna ad amare, a rispettare, ad aiutare, era una degli Ultimi, coloro che la società emargina, abbandona, cancella.
Era nata già ultima, era orfana.
Ha vissuto come un'ultima persona, in fondo alla fila, nel posto di coloro a cui nessuno avrebbe dato una mano.
Ma l'Arte, come spesso è accaduto nella storia, fa miracoli. Come alcune canzoni creano movimenti d'idee, come alcuni libri creano una nuova epoca, Marittella ha buttato in faccia alla Storia e alla Storia dell'Arte i suoi colori, pieni di dolore.
Il rosso del sangue ma anche della vita, della forza.
Il verde della speranza ma anche della bile, di ciò che rode il fegato.
Come anche il verde della natura, della verdura, delle foglie.
L'azzurro del suo mare, davanti al Vesuvio, il marrone del fango, come quello dei tronchi dei grandi alberi.
Marittella non è solo un'Artista, dovrebbe essere considerata una comunicatrice, ha raccontato la vicenda di milioni di persone che tutt'oggi vivono come lei visse, come un'ultima, abbandonata dal sistema, abbandonata persino da chi avrebbe dovuto starle vicino. Il destino, o Dio, l'ha messa alla prova, come con Gesù Cristo, ha creato in lei un profeta, un comunicatore, ora sta a noi cercare di leggere e seguire il suo messaggio.
Grazie Marittella.
Alan D'Orlando, tuo nipote.
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Nasciamo
con il sapere e la scuola tende a distruggerlo
ANALFABETA
DALLA CONOSCENZA UNIVERSALE
L'Artista
Marittella, relegata ai margini de questa società e dalla sia cultura, a
65 anni cominciò a dipingere esprimendo la cultura universale delle
antiche civiltà.
Si nasce
con la cultura o la si acquisisce?
Il nostro
patrimonio genetico si forma per istinto, o per conoscenza chiamata
cultura?
E' mia
convinzione che sia l'uomo che l'animale, che il regno animale e minerale
come tutto il resto dell'esistente si porti dentro un'atavica cultura
formatasi da miliardi di anni, dall'eternità, perchè il nostro
patrimonio genetico-culturale è parte dell'Universo stesso.
Per me la
cultura non è solo quella appresa sui banchi di scuola, ma è sopratutto
ciò che viene trasmesso a livello cellulare, nel profondo di noi, e che
resta a livello di coscienza molto nascosto, mentre quello che apprendiamo
nell'arco della nostra vita è quella parte superficiale, non ancora
radicalizzata e selezionata dal tempo e dall'esperienza per poi essere
trasmessa come patrimonio ancestrale.
Questo
nostro ultimo strato culturale subisce condizionamenti che possono seguire
idee che non hanno a che fare con i concetti universali e cosmici, ma
limitati a visioni chiuse e parziali, alla moda, o condizionati dal potere
vigente.
Sembra
opinione abbastanza comune pensare che gli animali agiscano attraverso il
loro istinto e non per le conoscenze culturali che anch'essi dovrebbero
avere, come se l'istinto non provenisse da una cultura del profondo già
acquisita e che l'istinto stesso non sia cultura.
L'istinto,
dovrebbe essere una manifestazione della nostra innata conoscenza, e non
potrebbe essere altrimenti, e se così non fosse, come sarebbe stato
possibile alla natura perpetuarsi nel tempo?
Gli
animali e i vegetali non avrebbero potuto evolversi se non avessero avuto
una cultura a livello cellulare, e non si può escludere che non
l’abbiano anche a livello cosciente, pena la loro impossibile capacità
di modificarsi ai cambiamenti climatici e ambientali.
Le cellule
sono le responsabili della costruzione plastica di ogni essere vivente,
depositarie di un’infinità di informazioni e quindi di conoscenze, e se
questa non vogliamo chiamarla cultura, mi vien da chiedere cosa sia la
cultura?
Quindi,
“sapere e istinto” non possono essere che la stessa cosa, anche se
siamo abituati ad una loro differenziazione.
Quando il
bambino nasce, egli sa respirare, gemere e succhiare il latte; quando è
più grandicello sa esprimersi con il disegno.
Forme e
colori del mondo infantile fanno parte del fantastico e non per questi non
rispecchiano la realtà, anzi, l’arte è interpretazione del reale, e
non superficiale rappresentazione; e il bambino che dipinge riesce ad
esprimere reinventando la realtà se resta sé stesso.
Questo
nostro tipo di scuola, in seguito distrugge sistematicamente tutto il
patrimonio espressivo del bambino, sostituendolo nel corso degli studi con
la sua cultura di regime.
Maria
D’Orlando Marittella ha avuto la sfortuna di non essere stata a scuola e
da analfabeta la sua posizione lavorativa e di scala sociale ne ha molto
risentito.
Ma proprio
questo suo handicap si rivelò una fortunata coincidenza quando nel ’62
all’età di 65 anni io volli fare con lei l’esperimento di fornirle
dei materiali da disegno per farla esprimere.
Dovetti
costringerla a farlo, perché, da analfabeta lei si riteneva non essere in
grado di esprimere ciò che poteva avere dentro.
Non mi
pentii. I risultati rivelarono che Marittella grazie alla sua “ignoranza
scolastica” ha potuto conservare la conoscenza atavica ed esprimersi
come una moderna cavernicola.
Nei suoi
15 anni di attività artistica, con un suo personalissimo stile,
d’istinto, ha avuto un’evoluzione, che partendo appunto dai
cavernicoli, ha espresso in maniera personale culture del passato, fino ad
arrivare in pittura alla disintegrazione delle forme dei suoi personaggi,
riallacciandosi alla nostra drammatica civiltà.
Pasquale
Raffaele D’Orlando
Tratto da
“Universalismo
– Organo del Movimento Universalista”
ANNO I –
numero 3
Dicembre
1994
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Per le immagini vasi su vesuvioweb.com
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