Marittella
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MARIA D'ORLANDO in arte MARITTELLA

1897 - Nasce a Napoli da genitori ignoti.

Da ragazza vive la vita di campagna nella terra ciociara; in seguito si trasferisce a Torre del Greco dove si sposa con Giovanni, dal quale ha due figli: Francesco e Pasquale.

Analfabeta, fruttivendola.

1962 - Si trasferisce a Milano dal figlio artista Pasquale, il quale la scopre come rara e autentica pittrice “primitiva”.

Il personaggio Marittella (nome popolare di Maria in napoletano) suscita immediato interesse nell’ambiente artistico, intellettuale, giornalistico. La stampa nazionale si interessa a lei con numerosi articoli, mentre artisti come Renato Guttuso, Lucio Fontana, Gianni Dova, Roberto Crippa, Remo Bianco, Remo Brindisi, Ricarda Vivarelli, Salvatore Flavio Raiola, e tanti altri le rendono omaggio; nonché scrittori come Davide Lajolo, Luciano Bianciardi, Edio Vallini, e critici d’arte aperti e liberi nello spirito, Domenico Cara, Francesco Vincitorio, Pino Zanchi, Piero Girace, Paolo Pillitteri, ne danno testimonianze scritte. Gli articoli dei giornali e inoltre la RAI Radiotelevisione Italiana e il Cinema Ciak fanno conoscere Marittella al grande pubblico italiano, come scrisse l’allora illuminato Assessore alla Cultura del Comune di Milano Paolo Pillitteri alla presentazione della mostra personale di Marittella, da lui voluta: “ Analfabeta, quasi ottantenne, Marittella D’Orlando è rimasta con un cuore e una mente puri e genuini. La cultura consumistica non l’ha contaminata. Misteriosamente, la sua arte si riallaccia ad altre civiltà primitive. Essa, annullando il tempo, si esprime incidendo, colorando con forza le storie della sua vita travagliata. Il suo è un linguaggio spregiudicato, antico e moderno”.

1977 - Dopo quindici anni, la sua breve, intensa espressione pittorica e plastica, ha termine con la sua morte, a Torre del Greco.

 

                              

                                     

 

TESTIMONIANZA DI GENNARO FRANCIONE 

Ringrazio Salvatore di aver rievocato in me questa figura misteriosa dalle nebbie della mia memoria.

Potevo avere 20 anni e mio zio Ciro buonanima ( pittore anche lui senza accademia come me) mi aveva gratificato apprezzando le mie pitture di figurativo moderno, tanto da mettere la mia Sintesi figurata hegeliana nella sua galleria al Vomero.

                   

Esposto nell'atelier vomerense del maestro napoletano Ciro D'Amore.

Un giorno mi portò con lui  'A bbascio  a mmare nella casupola di una strana vecchia pittrice. Mio zio voleva comprare qualche suo quadro.
Una vecchia incolta pittrice? Quella figura era del tutto implausibile in quella zona così popolare. La visita mi scosse e di cosa si dissero i due artisti primitivi non ho memoria.
Ma mi rimane l'immagine della vecchia  e dei suoi quadri che ora grazie  a Salvatore riemergono tra le nebbie a darmi contezza della mia antiarte.
Sì quando voglio ricordare che ogni uomo è artiustista, e che quindi l'antiarte è antiaccademia e creazione in trance, ora citerò accanto a Ligabue, il pazzo geniale della pittura, anche Marittella orgoglioso di averla conosciuta personalmente.
Da giudice antiartista vado predicando che "la bellezza salverà il mondo", secondo il detto di Dostojesckij. Non c'è cosa più giusta al mondo che l'animo di un artista. Là dentro dovete cercare l'equità  e il bene non si trovano neppure nel cuore del più saggio giudice di questa terra. Ora Trovo la conferma in Marittella quando afferma “Chi ha la scienza e la virtù tiene la ricchezza nella sua anima”.
Ricordo di Gennaro Francione, giudice scrittore, antiartista  e pittore patafisico

                       

GIUDIZI ANTIARTISTICI SU MARITTELLA

Francesco Vincitorio (LA FIERA LETTERARIA - Giovedì 17 Febbraio

1966). (BELLEZZA - Febbraio 1966). (LE ARTI - Marzo 1966).

...Un altro episodio, forse anche più primordiale del solito, di

vocazione pittorica che ci consente di capire meglio certe posizioni

dell’arte contemporanea su cui di recente ha scritto pagine molto acute

la Trucchi nel suo “Dubuffet” e che il filosofo Fiedler ha teorizzato

già nel secolo scorso. Quella, cioè, di un’arte visiva senza mediazione

intellettiva che è facoltà umana diversa e addirittura antitetica del

sapere cosiddetto scientifico.

Antonio Cocchia (NOVELLA 2000 - 10 Aprile 1966).

...Pasqualino... ...una sera gli passò per la testa chissà come

questo pensiero e mi disse: “Mammà, prova, fa’ un disegno: un uomo,

una femmina, una creatura, una bestia, quello che vuoi tu...”. Mi mise

un foglio di carta davanti, sopra la tavoletta, e un pezzo di roba nera in

mano. “Ma tu sei pazzo”, gli dissi” cinì, non mi sfottere, ma se io non

so tenere nemmeno la penna in mano, non so scrivere nemmeno il

nome mio!...”, e lui, accanito, a insistere. Io credevo che mi voleva

sfottere e per poco non gli ho spaccato un piatto in testa.

Allora lui mi prese con le buone. “Mammà”, diceva, “che ti

costa, fammi contento, me’!...”. Allora per accontentarlo ho

cominciato a fare un segno sulla carta. Lui mi guardava e stava zitto e

io vedevo quel segno nero e grosso che si allungava e si piegava come

un’anguilla: ero rimasta io stesso incantata da quel segno che usciva

dalle mie dita come se uno spirito mi avesse dato un potere nuovo, e

seguitavo, seguitavo senza lasciare.

Così in silenzio ho fatto una testa e poi gli occhi, i capelli: è

venuta fuori una creatura con gli occhi spalancati che pareva

meravigliata pure lei che io mi ero messa a disegnare. Mi venne una

grande gioia perché avevo fatto questa creatura e mi pareva

impossibile di avere in me tanta virtù, dopo che ho fatto per tanti anni

una vita meschina e randagia. Pasqualino mi abbracciava, mi baciava

sulla faccia e rideva: “Brava Marittella”, gridava come un pazzo, “hai

visto che sei capace di fare!”

Io pure ridevo e avevo il desiderio di fare un altro disegno.

Pasqualino mi dava la carta quanta ne volevo e l’inchiostro duro. Uno

dopo l’altro feci sei disegni ed erano tutte creature.

Così è stato, figlio mio bello, da quel giorno la vita mia è

cambiata e non penso più a tutti i patimenti che ho sofferto. Se io non

fossi venuta a Milano da Pasqualino, questo non sarebbe successo e io

sarei ancora meschina come prima. Adesso invece sono nominata dai

giornali, ho fatto tre mostre, a Torre, a Milano, in Svizzera, ne devo

fare una a Palermo e anche all’estero. Pittori nominati come Fontana,

Crippa, Dova mi hanno fatto assai elogi perché i miei quadri sono

belli e piacciono a tutti. Guarda come sono belli: nei miei quadri c’è la

mia vita e sono pieni di gioia e di allegrezza, guarda queste creature

che regalano fiori alla mamma, guarda questo cavallo che mangia

nella mangiatora, questa è una carretta, ti piace?, guarda quest’albero

com’è colorato, questi uccelli che cantano...

Che ti devo dire, figlio mio bell’ ’i mamma, che nella vita ci sta

sempre una speranza e che se non ti arrendi ti può capitare una grande

gioia quando non te l’aspetti.

Salvatore Flavio Raiola (LA TORRE - 20 Settembre 1967)

...leggendo questo scritto, che vuole essere un omaggio ad una

donna, che ha trovato nella pittura la sua seconda giovinezza, anzi la

sua seconda vita, perché Maria D’Orlando non ha mai vissuto come

gli altri...

...In un’era di emancipazione sociale troviamo nella nostra

pittrice il simbolo di essa, perché con la pittura, con l’arte “Marittella”

si è veramente emancipata. Non ha imparato mai né a leggere né a

scrivere. Salita a Milano, poteva finire come un’anima morta in

qualche ospizio ed invece un bel giorno ha scoperto la pittura e con la

pittura una nuova vita... ...Siamo stati a trovare Marittella e

gentilmente ci ha fatto dono di suoi lavori eseguiti alla nostra

presenza. Sembrava ispirata quando dipingeva, e le sue mani

svolazzavano i vari colori vorticosamente in un alone di esasperato

misticismo. “Scrivite ca quanno i’ pitto me sento nu core grande,

grande e voglio dicere tutto chello c’haggio sufferto, tutto chello

c’haggio avuto ’i felicità”... ...Ora piano piano silenziosamente

“Marittella” se ne torna a Milano, in quella Milano grigia e nebulosa

che le ha dato la sua seconda vita lasciandoci in ricordo colori accesi

gialli, rossi, neri, neri, rossi, gialli...

Ciro Adrian Ciavolino (LA TORRE - 22 Ottobre 1970). (GAZZETTA DI

PARMA - Lunedì 7 Dicembre 1970).

...Tornando alla D’Orlando ci viene spontanea una

osservazione. Le sue “trasfigurazioni” della realtà non derivano certo

da una concezione culturale, ma da un primitivismo inconscio e no.

Accanto a ciò notiamo una certa sapienza tecnica; per esempio la

organicità degli spazi, i rapporti cromatici, l’invenzione decorativa...

...il lavoro della D’Orlando ha un linguaggio alienato che supera la

ricerca del vero, va aldilà di qualsiasi rapporto conscio; il soggetto è

pretestuoso, è presente soltanto per esprimere in quel modulo

compositivo il suo repertorio figurativo...

da Marittella D’Orlando - L’Ultima Cavernicola

01. La Vita, l’Opera, Testimonianze

a cura di

Gianna De Filippis e Salvatore Argenziano

pubbl. su www.vesuvioweb.com

 

 

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Last updated: maggio 08, 2005.