GIUDIZI
ANTIARTISTICI SU MARITTELLA
Francesco
Vincitorio (LA FIERA LETTERARIA - Giovedì 17 Febbraio
1966).
(BELLEZZA - Febbraio 1966). (LE ARTI - Marzo 1966).
...Un
altro episodio, forse anche più primordiale del solito, di
vocazione
pittorica che ci consente di capire meglio certe posizioni
dell’arte
contemporanea su cui di recente ha scritto pagine molto acute
la
Trucchi nel suo “Dubuffet” e che il filosofo Fiedler ha teorizzato
già
nel secolo scorso. Quella, cioè, di un’arte visiva senza mediazione
intellettiva
che è facoltà umana diversa e addirittura antitetica del
sapere
cosiddetto scientifico.
Antonio
Cocchia (NOVELLA 2000 - 10 Aprile 1966).
...Pasqualino...
...una sera gli passò per la testa chissà come
questo
pensiero e mi disse: “Mammà, prova, fa’ un disegno: un uomo,
una
femmina, una creatura, una bestia, quello che vuoi tu...”. Mi mise
un
foglio di carta davanti, sopra la tavoletta, e un pezzo di roba nera in
mano.
“Ma tu sei pazzo”, gli dissi” cinì, non mi sfottere, ma se io non
so
tenere nemmeno la penna in mano, non so scrivere nemmeno il
nome
mio!...”, e lui, accanito, a insistere. Io credevo che mi voleva
sfottere
e per poco non gli ho spaccato un piatto in testa.
Allora
lui mi prese con le buone. “Mammà”, diceva, “che ti
costa,
fammi contento, me’!...”. Allora per accontentarlo ho
cominciato
a fare un segno sulla carta. Lui mi guardava e stava zitto e
io
vedevo quel segno nero e grosso che si allungava e si piegava come
un’anguilla:
ero rimasta io stesso incantata da quel segno che usciva
dalle
mie dita come se uno spirito mi avesse dato un potere nuovo, e
seguitavo,
seguitavo senza lasciare.
Così
in silenzio ho fatto una testa e poi gli occhi, i capelli: è
venuta
fuori una creatura con gli occhi spalancati che pareva
meravigliata
pure lei che io mi ero messa a disegnare. Mi venne una
grande
gioia perché avevo fatto questa creatura e mi pareva
impossibile
di avere in me tanta virtù, dopo che ho fatto per tanti anni
una
vita meschina e randagia. Pasqualino mi abbracciava, mi baciava
sulla
faccia e rideva: “Brava Marittella”, gridava come un pazzo, “hai
visto
che sei capace di fare!”
Io
pure ridevo e avevo il desiderio di fare un altro disegno.
Pasqualino
mi dava la carta quanta ne volevo e l’inchiostro duro. Uno
dopo
l’altro feci sei disegni ed erano tutte creature.
Così
è stato, figlio mio bello, da quel giorno la vita mia è
cambiata
e non penso più a tutti i patimenti che ho sofferto. Se io non
fossi
venuta a Milano da Pasqualino, questo non sarebbe successo e io
sarei
ancora meschina come prima. Adesso invece sono nominata dai
giornali,
ho fatto tre mostre, a Torre, a Milano, in Svizzera, ne devo
fare
una a Palermo e anche all’estero. Pittori nominati come Fontana,
Crippa,
Dova mi hanno fatto assai elogi perché i miei quadri sono
belli
e piacciono a tutti. Guarda come sono belli: nei miei quadri c’è la
mia
vita e sono pieni di gioia e di allegrezza, guarda queste creature
che
regalano fiori alla mamma, guarda questo cavallo che mangia
nella
mangiatora, questa è una carretta, ti piace?, guarda quest’albero
com’è
colorato, questi uccelli che cantano...
Che
ti devo dire, figlio mio bell’ ’i mamma, che nella vita ci sta
sempre
una speranza e che se non ti arrendi ti può capitare una grande
gioia
quando non te l’aspetti.
Salvatore
Flavio Raiola (LA TORRE - 20 Settembre 1967)
...leggendo
questo scritto, che vuole essere un omaggio ad una
donna,
che ha trovato nella pittura la sua seconda giovinezza, anzi la
sua
seconda vita, perché Maria D’Orlando non ha mai vissuto come
gli
altri...
...In
un’era di emancipazione sociale troviamo nella nostra
pittrice
il simbolo di essa, perché con la pittura, con l’arte “Marittella”
si
è veramente emancipata. Non ha imparato mai né a leggere né a
scrivere.
Salita a Milano, poteva finire come un’anima morta in
qualche
ospizio ed invece un bel giorno ha scoperto la pittura e con la
pittura
una nuova vita... ...Siamo stati a trovare Marittella e
gentilmente
ci ha fatto dono di suoi lavori eseguiti alla nostra
presenza.
Sembrava ispirata quando dipingeva, e le sue mani
svolazzavano
i vari colori vorticosamente in un alone di esasperato
misticismo.
“Scrivite ca quanno i’ pitto me sento nu core grande,
grande
e voglio dicere tutto chello c’haggio sufferto, tutto chello
c’haggio
avuto ’i felicità”... ...Ora piano piano silenziosamente
“Marittella”
se ne torna a Milano, in quella Milano grigia e nebulosa
che
le ha dato la sua seconda vita lasciandoci in ricordo colori accesi
gialli,
rossi, neri, neri, rossi, gialli...
Ciro
Adrian Ciavolino (LA TORRE - 22 Ottobre 1970). (GAZZETTA DI
PARMA
- Lunedì 7 Dicembre 1970).
...Tornando
alla D’Orlando ci viene spontanea una
osservazione.
Le sue “trasfigurazioni” della realtà non derivano certo
da
una concezione culturale, ma da un primitivismo inconscio e no.
Accanto
a ciò notiamo una certa sapienza tecnica; per esempio la
organicità
degli spazi, i rapporti cromatici, l’invenzione decorativa...
...il
lavoro della D’Orlando ha un linguaggio alienato che supera la
ricerca
del vero, va aldilà di qualsiasi rapporto conscio; il soggetto è
pretestuoso,
è presente soltanto per esprimere in quel modulo
compositivo
il suo repertorio figurativo...
da Marittella
D’Orlando
- L’Ultima
Cavernicola
01. La Vita, l’Opera, Testimonianze
a cura di
Gianna De Filippis e Salvatore Argenziano
pubbl. su
www.vesuvioweb.com