IL
CODICE DEONTOLOGICO DEI MAGISTRATI
Premessa
Il seguente testo del
“codice etico” è stato adottato dal Comitato Direttivo Centrale
dell’associazione Nazionale Magistrati, a seguito di un’ampia
consultazione degli associati, nel termine prescritto dall’art. 58 bis
del decreto legislativo n. 29/93 (introdotto dal decreto legislativo n.
546/93).
L’ANM, pur ritenendo di dubbia costituzionalità tale norma sia sotto il
profilo dell’eccesso di delega sia sotto quello della violazione della
riserva assoluta di legge in materia di ordinamento giudiziario, ha
ritenuto di darvi attuazione considerando comunque opportuna
l’individuazione delle regole etiche cui, secondo il comune sentire dei
magistrati, deve espirarsi il loro comportamento.
Si tratta, peraltro, di indicazioni di principio prive di efficacia
giuridica, che si collocano su un piano diverso rispetto alla
regolamentazione giuridica degli illeciti disciplinari.
L’operata individuazione di norme di comportamento, ispirate
all’attuazione dei valori morali fondamentali propri dell’ordinamento
della categoria, è inevitabilmente condizionata dall’assetto normativo
vigente e dalla ricognizione delle questioni di maggiore rilevanza
attuale: per ogni eventuale modifica e aggiornamento delle norme così
individuate sarà seguita la medesima procedura, che prevede la
sottoposizione di un progetto alla discussione delle sezioni locali
dell’ANM e la successiva approvazione da parte del Comitato Direttivo
Centrale.
I. Le
regole generali
Art. 1 – Valori
e principi fondamentali
Nella vita sociale il magistrato si comporta con dignità, correttezza,
sensibilità all’interesse pubblico.
Nello svolgimento delle sue funzioni ed in ogni comportamento
professionale il magistrato si ispira a valori di disinteresse personale,
di indipendenza e di imparzialità.
Art. 2 – Rapporti
con i cittadini e con gli utenti della giustizia
Nei rapporti con i cittadini e con gli utenti della giustizia il
magistrato tiene un comportamento disponibile e rispettoso della
personalità e della dignità altrui e respinge ogni pressione,
segnalazione o sollecitazione comunque diretta ad influire indebitamente
sui tempi e sui modi di amministrazione della giustizia.
Nelle relazioni sociali ed istituzionali il magistrato non utilizza la sua
qualifica al fine di trarne vantaggi personali.
Art. 3 – Doveri
di operosità e di aggiornamento professionale
Il magistrato svolge le sue funzioni con diligenza ed operosità.
Conserva ed accresce il proprio patrimonio professionale impegnandosi
nell’aggiornamento e approfondimento delle sue conoscenze nei settori in
cui svolge la propria attività.
Art. 4 – Modalità
di impiego delle risorse dell’amministrazione
Il magistrato cura che i mezzi, le dotazioni e le risorse d’ufficio
siano impiegati secondo la loro destinazione istituzionale, evitando ogni
forma di spreco o di cattiva utilizzazione, nel perseguimento di obiettivi
di efficienza del servizio giudiziario.
Art. 5 – Informazioni
di ufficio. Divieto di utilizzazione a fini non istituzionali
Il magistrato non utilizza indebitamente le informazioni di cui dispone
per ragioni d’ufficio e non fornisce o richiede informazioni
confidenziali su processi in corso, né effettua segnalazioni dirette ad
influire sullo svolgimento o sull’esito di essi.
Art. 6 – Rapporti
con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione di massa
Nei contatti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione il
magistrato non sollecita la pubblicità di notizie attinenti alla propria
attività di ufficio.
Quando non è tenuto al segreto o alla riservatezza su informazioni
conosciute per ragioni del suo ufficio e ritiene di dover fornire notizie
sull’attività giudiziaria, al fine di garantire la corretta
informazione dei cittadini e l’esercizio del diritto di cronaca, ovvero
di tutelare l’onore e la reputazione dei cittadini, evita la
costituzione o l’utilizzazione di canali informativi personali riservati
o privilegiati.
Fermo il principio di piena libertà di manifestazione del pensiero, il
magistrato si ispira a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare
dichiarazioni ed interviste ai giornali e agli altri mezzi di
comunicazione di massa.
Art. 7 – Adesione
ad associazioni
Il magistrato non aderisce ad associazioni che richiedono la prestazione
di promesse di fedeltà o che non assicurano la piena trasparenza sulla
partecipazione degli associati
II.
Indipendenza, imparzialità, correttezza
Art. 8 – L’indipendenza
del magistrato
Il magistrato garantisce e difende l’indipendente esercizio delle
proprie funzioni e mantiene una immagine di imparzialità e di
indipendenza.
Evita qualsiasi coinvolgimento in centri di potere partitici o affaristici
che possano condizionare l’esercizio delle sue funzioni o comunque
appannarne l’immagine.
Non accetta incarichi né espleta attività che ostacolino il pieno e
corretto svolgimento della propria funzione o che per la natura, la fonte
e le modalità del conferimento, possano comunque condizionarne
l’indipendenza.
Art. 9 – L’imparzialità
del magistrato
Il magistrato rispetta la dignità di ogni persona, senza discriminazioni
e pregiudizi di sesso, di cultura, di ideologia, di razza, di religione.
Nell’esercizio delle funzioni opera per rendere effettivo il valore
dell’imparzialità impegnandosi a superare i pregiudizi culturali che
possono incidere sulla comprensione e valutazione dei fatti e
sull’interpretazione ed applicazione delle norme.
Assicura che nell’esercizio delle funzioni la sua immagine di
imparzialità sia sempre pienamente garantita. A tal fine valuta con il
massimo rigore la ricorrenza di situazioni di possibile astensione per
gravi ragioni di opportunità.
Art. 10 – Obblighi
di correttezza del magistrato
Il magistrato non si serve del suo ruolo per ottenere benefici o
privilegi.
Il magistrato che aspiri a promozioni, a trasferimenti, ad assegnazioni di
sede e ad incarichi di ogni natura non si adopera al fine di influire
impropriamente sulla relativa decisione, né accetta che altri lo facciano
in suo favore.
Il magistrato si astiene da ogni intervento che non corrisponda ad
esigenze istituzionali sulle decisioni concernenti promozioni,
trasferimenti, assegnazioni di sede e conferimento di incarichi.
Si comporta sempre con educazione e correttezza; mantiene rapporti
formali, rispettosi della diversità del ruolo da ciascuno svolto;
rispetta e riconosce il ruolo del personale amministrativo e di tutti i
collaboratori.
La
condotta nell’esercizio delle funzioni
Art. 11 – La
condotta nel processo
Nell’esercizio delle sue funzioni, il magistrato, consapevole del
servizio da rendere alla collettività, osserva gli orari delle udienze e
delle altre attività di ufficio, evitando inutili disagi ai cittadini e
ai difensori e fornendo loro ogni chiarimento eventualmente necessario.
Svolge il proprio ruolo con pieno rispetto di quello altrui ed agisce
riconoscendo la pari dignità delle funzioni degli altri protagonisti del
processo assicurando loro le condizioni per esplicarle al meglio.
Cura di raggiungere, nell’osservanza delle leggi, esiti di giustizia per
tutte le parti, agisce con il massimo scrupolo, soprattutto quando sia in
questione la libertà e la reputazione delle persone.
Art. 12 – La
condotta del giudice
Il giudice garantisce alle parti la possibilità di svolgere pienamente il
proprio ruolo, anche prendendo in considerazione le loro esigenze
pratiche.
Si comporta sempre con riserbo e garantisce la segretezza delle camere di
consiglio, nonché l’ordinato e sereno svolgimento dei giudizi.
Nell’esercizio delle sue funzioni ascolta le altrui opinioni, in modo da
sottoporre a continua verifica le proprie convinzioni e da trarre dalla
dialettica occasione di arricchimento professionale e personale.
Nel redigere la motivazione dei provvedimenti collegiali espone fedelmente
le ragioni della decisione, elaborate nella camera di consiglio ed esamina
adeguatamente i fatti e gli argomenti prospettati dalle parti. Non
sollecita né riceve notizie informali nei procedimenti da lui trattati.
Nelle motivazioni dei suoi provvedimenti e nella conduzione dell’udienza
evita di pronunciarsi su fatti o persone estranei all’oggetto della
causa, di emettere giudizi o valutazioni sulla capacità professionale di
altri magistrati o dei difensori, ovvero – quando non siano
indispensabili ai fini della decisione – sui soggetti coinvolti nel
processo.
Art. 13 – La
condotta del pubblico ministero
Il pubblico ministero si comporta con imparzialità nello svolgimento del
suo ruolo.
Indirizza la sua indagine alla ricerca della verità acquisendo anche gli
elementi di prova a favore dell’indagato e non tace al giudice
l’esistenza di fatti a vantaggio dell’indagato o dell’imputato.
Evita di esprimere valutazioni sulle persone delle parti e dei testi, che
non sia conferenti rispetto alla decisione del giudice e si astiene da
critiche o apprezzamenti sulla professionalità del giudice e dei
difensori.
Non chiede al giudice anticipazioni sulle sue decisioni, né gli comunica
in via informale conoscenze sul processo in corso.
Art. 14
– I doveri del dirigenti
Il magistrato dirigenti dell’ufficio giudiziario cura l’organizzazione
e l’utilizzo delle risorse personali e materiali disponibili in modo da
ottenere il miglior risultato possibile in vista del servizio pubblico che
l’ufficio deve garantire. Assicura la migliore collaborazione con gli
altri uffici pubblici nel rispetto delle specifiche competenze di ciascuna
istituzione. Garantisce l’indipendenza dei magistrati e la serenità del
lavoro di tutti gli addetti all’ufficio assicurando trasparenza ed
equanimità nella gestione dell’ufficio e respingendo ogni interferenza
esterna.
Cura di essere a conoscenza di ciò che si verifica nell’ambito
dell’ufficio, in modo da poterne assumere la responsabilità e spiegarne
le ragioni. Esamina le lagnanze provenienti dai cittadini, dagli avvocati
e dagli altri uffici giudiziari o amministrativi, vagliandone la
fondatezza e assumendo i provvedimenti necessari ad evitare disservizi.
Anche a tal fine deve essere disponibile in ufficio.
Vigila sul comportamento dei magistrati e del personale amministrativo
intervenendo, nell’esercizio dei suoi poteri, per impedire comportamenti
scorretti.
Redige con serenità, completezza e oggettività i pareri e le relazioni
sui magistrati dell’ufficio, così lealmente collaborando con coloro cui
è messa la vigilanza sui magistrati, con il Consiglio giudiziario e con
il C.S.M.
Sollecita pareri sulle questioni dell’ufficio da parte di tutti i
magistrati, del personale amministrativo e, se del caso, degli avvocati.
Cura l’attuazione del principio del giudice naturale.