Domenica 2 ottobre, nella sala dipinta di giallo, il giallo
dei noir, ci sono 25 gradi, poca è la gente presente, molte le
figure di spicco. Alla 4° edizione di
giallo latino, è palpabile in sala la condivisione di un
unico progetto. Portare la creatività nelle aule di tribunale, come
tra le fila delle rigidità istituzionali. Ma domenica oltre alla
cultura, alla godibilità creativa di giuristi pronti a diventare dei
saltimbanchi, dei poeti, dei drammaturghi, ci sono anche uomini che
sono stati delusi da ciò che chiamano il “sistema”. Oggi, domenica
mattina, tra le presentazioni di libri noir e denuncia ciò che sta
emergendo non è solamente l’esperienza lavorativa di gip,
magistrati, avvocati penalisti, senatori, antropologi, criminologi e
sociologi. Ciò che emerge è la volontà di fare giustizia, che non
sempre collima con il giudizio rigido giudicante del “sistema
giuridico”. “…Quello che manca è la purezza e la pulizia mentale
dei giudici, commenta Francione,
a volte le toghe possono rappresentare pesanti fardelli da
portare sulle spalle, fardelli che spesso scrivono pagine e pagine
di giudizi su basi indiziarie senza prendere in considerazione il
“ragionevole dubbio”. “Io stesso, prosegue il
presidente Ferdinando Imposimato,
sono caduto vittima del sistema, io stesso mi sono trovato più
d’una volta a pensare che avevo condannato persone che in realtà non
erano nemmeno colpevoli. Certo non è sempre colpa del sistema, a
volte i depistaggi, le false testimonianze, l’incapacità dei periti
di trovare prove certe depistano le indagini, e noi sappiamo quante
persone non qualificate mettono mano nelle prove e sulle scene del
crimine inquinando tutto, senza contare delle lobbi politiche, ma
noi siamo sempre comunque chiamati a giudicare anche se sappiamo che
non c’è nulla di certo in una determinata causa. Ma un colpevole va
trovato.E ora, che sono in pensione voglio denunziare ciò che so a
partire dal caso delle torri gemelle. E’ un nostro preciso dovere
istituzionale”. Tutti annuiscono, compreso me, è vero.
Catturata e affascinata dalla prodezza di spirito senza censura di
questi magistrati che hanno il coraggio di voler ribaltare il
sistema. Almeno ci provano, anche attraverso lo strumento del libro
noir. “… E smettiamola di parlare della vita privata di
Berlusconi o di chi che sia e
di spendere milioni di euro per intercettazioni telefoniche. Il
comportamento di Berlusconi
sarà pure eticamente scorretto per chi lo vede così, per me sono
fattacci suoi, ma rimangono per legge fatti privati. Le istituzioni
per legge, sono tenute solo in pubblico a mantenere un comportamento
decoroso. In privato possiamo fare ciò che vogliamo…” ribadisce
il dott. Pietro Lignola, ex magistrato della Corte d’assise di
Napoli, novelliere e drammaturgo…… Sebbene io non sia totalmente
d’accordo, tesi che abbiamo animatamente discusso a pranzo con
l’avvocato Romolo Reboa,
scrittore del magazine in-giustizia e il presidente…. parlando anche
dei fatti di Cogne e dei retroscena di un indagine tutta da
riscrivere e da rifare, concordo sul fatto che usare i soldi dei
cittadini per fare delle azioni che non sono da ritenersi
istituzionalmente corrette è deplorevole. Questi soldi sarebbero
potuti servire per molto altro. “ Ciò che serve è una completa
rivoluzione, sentenzia l’avvocato penalista
Reboa.La parole non
bastano. Bisogna rivoluzionare il sistema”. Le carceri
pullulano di persone che sono già giudicate ancor prima delle prove.
Qualcuno dopotutto va condannato”. “Ma la condanna peggiore è
quella che fanno i media, intervengo, con la
spettacolarizazione parafiliaca esibizionista del macabro e delle
disgrazie altrui invadendo la vita privata dei protagonisti senza
rispetto alcuno e dopotutto, commento durante la mia relazione,
il voyeurismo che dimostrano i cittadini dinnanzi alla
spettacolarizzazione esibizionistica che i media danno di coloro che
loro malgrado restano coinvolti in fatti di cronaca nera
giudiziaria,cosa sono? Non sono altro che parafilie. La parafilia
del gusto di osservare e di entrare nelle case a scandagliare i
dettagli privati dei coinvolti, la parafilia dell’esibirsi persino
nel reato”…. Tutti annuiscono, “….. Ma , continuo,
seppur la vostra azione è lodevole, seppur sia corretto che voi
possiate utilizzare il libri come strumento di informazione come ho
fatto io con il mio libro “
Confessioni di una dominatrice”, seppur sia un vostro dovere
appalesare ciò che pensate e quelle che sono le vostre esperienze
determinate durante la vostra vita vissuta, che è diversa dalla
rigidità dei sistemi giuridici, anche dinnanzi a vere e proprie
denunzie, è pur corretto non limitarsi a parlarne qua tra noi in un
aula chiusa, ma a condividerle con i cittadini che sempre più spesso
vedono la figura del magistrato come una figura aulica rigida
impositiva ed irraggiungibile. Ciò che serve è un maggiore umanità e
io plaudo all’azione che Gennaro
Francione sta portando avanti attraverso la creazione del
teatro sociale per portare tra i giovani in mezzo a loro utilizzando
quello che è il loro linguaggio il senso della legalità e della
giustizia, ma dobbiamo farlo tutti noi, seppur abbiamo competenze
diverse, attraverso le nostre esperienze alleandoci, informando ed
educando soprattutto all’interno del sistema scolastico che è
totalmente sprovvisto di materie civiche e istituzionali
adeguate..”. Le ora sono scorse veloci nell’aula della
Pinacoteca del teatro di Latina, mentre circondati dalle
copertine di noir macabri, che ricalcano scene del crimine veramente
accadute, io rifletto sul fatto che qualcuno in ogni libro è morto,
qualcun atro è ingiustamente giudicato, altri ancora si arrocano il
diritto di decidere per tutti. Di certo c’è bisogno di guide rigide
e disciplinanti, ma molto molto più umane.
Dr.ssa
Elisa Visconti