8017 … dalla memoria al Ricordo
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I detenuti dell'ICATT di Eboli a Balvano per ricordare la tragedia ferroviaria

- Fu nella notte tra il 2 ed il 3 marzo del 1944, in un tratto impervio ed in salita il treno 8017 proveniente da Napoli e diretto a Potenza si fermò nella galleria sotto il Monte delle Armi, a Balvano(PZ), lì persero la vita circa 600 passeggeri a causa delle esalazioni di monossido sprigionato dalla locomotiva a vapore. Fu definito l'incidente ferroviario più grave d'Europa per numero di vittime.
Di loro non si seppe più nulla, scomparsi nel vuoto, uomini e donne seppelliti in fosse comuni a Balvano di cui si è persa la memoria, ma a cui oggi il gruppo "Uommene e Tambure" che coinvolge i detenuti dell'Istituto a custodia attenuata (I.C.A.T.T.) di Eboli (SA) vuole rendere omaggio, vuole ricordarne le storie, le emozioni, e lo fa attraverso lo spettacolo "8017 … dalla memoria al Ricordo" , che metterà in scena proprio a Balvano.
Parte, quindi, da Eboli il ponte di solidarietà con il piccolo comune del potentino e parte dal progetto- laboratorio "Arte per la salute", voluto dalla direttrice dell' ICATT, Rita Romano e curato dal musicista Pino Turco, l'idea di restituire "voce a quanti non l'hanno mai avuta".

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http://www.casertanews.it/public/articoli/201003/art_20100305073115.htm

 

LA TRAGEDIA DI BALVANO RIEVOCATA DAI DETENUTI ICATT DI EBOLI DOMENICA NEL PICCOLO CENTRO LUCANO

5, Marzo 2010

Fu nella notte tra il 2 ed il 3 marzo del 1944, in un tratto impervio ed in salita il treno 8017 proveniente da Napoli e diretto a Potenza si fermò nella galleria sotto il Monte delle Armi, a Balvano(PZ), lì persero la vita circa 600 passeggeri a causa delle esalazioni di monossido sprigionato dalla locomotiva a vapore. Fu definito l’incidente ferroviario più grave d’Europa per numero di vittime.
Di loro non si seppe più nulla, scomparsi nel vuoto, uomini e donne seppelliti in fosse comuni a Balvano di cui si è persa la memoria, ma a cui oggi il gruppo “Uommene e Tambure” che coinvolge i detenuti dell’Istituto a custodia attenuata (I.C.A.T.T.) di Eboli (SA) vuole rendere omaggio, vuole ricordarne le storie, le emozioni, e lo fa attraverso lo spettacolo “8017 … dalla memoria al Ricordo” , che metterà in scena proprio a Balvano.

Parte, quindi, da Eboli il ponte di solidarietà con il piccolo comune del potentino e parte dal progetto- laboratorio “Arte per la salute”, voluto dalla direttrice dell’ ICATT, Rita Romano e curato dal musicista Pino Turco, l’idea di restituire “voce a quanti non l’hanno mai avuta”.
E’ dietro la spinta propositiva dell’associazione “1857″ e del suo vicepresidente Paolo Garofalo, direttore della fotografia dello spettacolo, e con la piena collaborazione del Provveditore regionale A.P. Tommaso Contestabile e del direttore dell’ICATT, che i ragazzi detenuti nell’istituto ebolitano potranno esibirsi nel luogo in cui è ambientata la loro narrazione sessantasei anni dopo l’accaduto.
gUommene e tambure ” sarà, quindi, ospite nella città di Balvano per quello che si preannuncia un grande evento, e non solo per le comunità locali. Si riaccendono i riflettori su quelle vittime senza nome che da decenni ormai giacciono in fosse comuni, e si coglie l’occasione per lanciare un appello ai superstiti, ai testimoni e ai familiari di uomini e donne sconosciuti, da ricercare in ambito campano, circoscritto all’area napoletana.
Ci si da appuntamento a Balvano il prossimo 7 marzo, a cui non verrà meno la partecipazione del comune di Campagna, nel salernitano. Una solidarietà alle vittime e a quanti furono testimoni dell’accaduto che l’amministrazione di Biagio Luongo esprime con l’invio di una pianta d’ulivo che, al termine di una solenne cerimonia domenica mattina dopo la santa messa, verrà impiantata nella piazza centrale di Balvano a rappresentare simbolicamente la rinascita.

Ma sarà alle ore 18,30 che si entrerà nel vivo della manifestazione voluta fortemente dal sindaco di Balvano, Costantino Di Carlo che accoglierà presso la Sala Santa Bartolomea della chiesa di Santa Maria Assunta i suoi ospiti. Saranno presenti all’incontro: Rita Romano, direttrice dell’I.C.A.T.T. di Eboli (SA), Pino Turco responsabile del progetto e direttore artistico dello spettacolo; l’antropologo Vincenzo Espostito, Università degli studi di Salerno; e Gianluca Barneschi, autore del libro ”Balvano 1944: I segreti di un disastro ferroviario ignorato”, edizioni Mursia.
Seguirà poi lo spettacolo “8017 … dalla memoria al Ricordo”. Per l’occasione il gruppo ”Uommene e Tambure” sarà composto da dieci detenuti dell’ICATT e vedrà la partecipazione degli amici di “Mamma Napoli”, gli attori Emiliano De Martino e Claudio Lardo e dodici ballerine dell’associazione LASISI di Battipaglia (SA) con la coreografa Filomena Domini, l’attrice Antonella Giorgio e la danzatrice Fabiana Giorgio.

http://www.lucanianews24.it/?p=28643

 

Balvano, 7 marzo 2010

 

È veramente molto freddo questo giorno. Il giorno stabilito per il 66° anniversario della tragedia di Balvano, quella del Treno 8017 che si fermò sotto la Galleria delle Armi. Era un treno che andava vapore e si fermò per mancanza di trazione e la galleria, satura di monossido di carbonio, divenne il patibolo e la tomba per 500 persone.

Così – con il freddo e i mucchietti di neve ai bordi della strade che scende al paese di Balvano – il giorno della dimenticanza, come era stato definito da Vincenzo Francione, si avvia a diventare il seme del ricordo. Già, il ricordo delle vittime del treno 8017, non la memoria perché la memoria è qualcosa di “meccanico”; ha a che fare con i neuroni e con i loro processi biochimici; con le sinapsi e con le cariche elettriche della trasmissione neuronale. Il ricordo no. Il ricordo è qualcosa che deriva dalla cultura, che appartiene alla cultura ovvero alla capacità tutta umana di saper decifrare e interpretare il mondo e i contesti in cui si opera e si costruisce il senso. Il ricordo è un meccanismo di costruzione e rappresentazione della nostra identità che comporta fatica, dolore, pazienza.

Qualcuno, negli anni scorsi, aveva deciso di commemorare (la memoria!) i fatti e le vittime del 3 marzo del ’43. Oggi, per la prima volta una “istituzione” pubblica ha deciso di trasformare una memoria in ricordo. Il Comune di Balvano, il suo Sindaco Costantino Di Carlo e tutta l’amministrazione hanno dato il via al processo pubblico del ricordo che si basa su un concetto semplice: i fatti e le vite delle vittime del treno 8017 ci appartengono. Appartengono a noi tutti perché è anche grazie a quei fatti e alle storie spezzate di quelle vite che noi, oggi, siamo qui a dipanare la nostra esistenza storica.

Balvano, ha detto Di Carlo, è il luogo in cui i parenti delle vittime possono sentirsi a casa, non degli estranei, perché la vicenda tragica del 3 marzo ’44 è anche nostra. Balvano è un lembo di terra campana in Lucania. Una terra che ha accolto quei corpi e si farà ambasciatrice di quelle storie che nessuno può più raccontare con la propria voce. Ma questa cura dell’altro, questa volontà di reciprocità con gli ospiti, fa parte della tradizione della sua famiglia: fu proprio il nonno di Costantino che cedette un lembo della sua terra al cimitero affinché i corpi delle vittime potessero avere una sepoltura.

Alla fine della funzione religiosa, in quella chiesa che vide altri morti nel novembre del 1980, alla presenza di moltissimi parenti delle vittime del treno, giunte dalle provincie di Napoli e di Salerno, il giovane sindaco ha ribadito la sua volontà di fare di Balvano il luogo della rievocazione attraverso una serie di iniziative da compiersi sinergicamente con quanti hanno contribuito, con la propria attività, al processo di costruzione del ricordo: l’Università di Salerno – attraverso le ricerche antropologiche di Vincenzo Esposito; l’avvocato Barneschi - con le sue ricerche storiche; il “Teatro Minimo di Basilicata” – che sta realizzando uno spettacolo teatrale sui fatti della Galleria delle Armi; Gennaro Francione – scrittore e regista che da moltissimi anni dedica tempo ed energie alla memoria delle vittime del treno 8017, in particolare attraverso il sito www. trenidiluce.it; i detenuti, gli educatori, i volontari, la direzione ed il personale dell’ICATT (Istituto a Contenzione Attenuata per il Trattamento delle Tossicodipendenze) di Eboli.

Poi, dopo la funzione religiosa, i sindaci e le rappresentanze dei comuni di Campagna, Sant’Egidio del Monte Albino, Pimonte, insieme ai molti parenti delle vittime ed al sindaco Di Carlo, hanno piantato, in piazza, una giovane pianta di ulivo come simbolo materiale dell’impegno al ricordo dei fatti del 3 marzo 1944.

Continua a far freddo a Balvano in questa domenica di marzo ma quel gelo che aveva intorpidito per anni i cuori di molti presenti sembra essersi leggermente attenuato.

 

In serata, nell’Auditorium della chiesa Santa Maria Assunta, i detenuti dell’ICATT hanno dato una dimostrazione performativa di come si possa agire concretamente per la costruzione del ricordo. Il regista Pino Turco ed il fotografo Paolo Garofalo, animatori volontari del gruppo di detenuti che partecipano al progetto di educazione alla socialità, avviato all’ICATT grazie alla saggezza e alla lungimiranza della direttrice Rita Romano, hanno messo in scena una performance critico riflessiva che, attraverso la contaminazione delle storie dei singoli attori con la vicenda e con le storie delle vittime del treno 8017, ha mostrato quale possa essere la maniera per interpretare le nostre personali vicende alla luce di una storia più ampia che fa da sfondo e da impalcatura per la costruzione delle nostre identità. Vicende individuali che sullo sfondo generale del nostro passato acquisiscono finalmente un senso, acquistano un valore. Una performance teatrale, coreutica e musicale intitolata significativamente “8017 … dalla memoria al Ricordo”.

 

Poi, sulle note di Fabrizio De André cantate da una giovane attrice del “Teatro Minimo di Basilicata”, l’Antologia di Spoon River si è con-fusa con i nomi delle vittime accertate del disastro che scorrevano su uno schermo, video proiettate, prima che il rito serale si concludesse con la distribuzione, a tutti i presenti, di pane lucano unto nell’olio d’oliva della Campania.

 

Vincenzo Esposito

Antropologo culturale

Università di Salerno

 

Da: Vincenzo ESPOSITO [mailto:espovin@unisa.it]
Inviato: giovedì 17 marzo 2011 12.43
Oggetto: Fwd: Treno 8017 Manifestazione del 29 marzo 2011 Università di Salerno

 

 Cari amici, sono lieto di invitarVi alla giornata di studio che si terrà il 29 marzo p.v. al Teatro di Ateneo dell'Università degli Studi di Salerno - Campus di Fisciano.

Sarà presentato il documentario di ricerca relativo ai tragici fatti occorsi al treno 8017 nella notte del 3 marzo del 1944. Fatti che costarono la vita a circa seicento persone.

Seguirà una performance teatrale critico-riflessiva, ispirata a tali tragici fatti, messa in scena dai detenuti dell'ICATT di Eboli (SA).

Si allegano il programma, la locandina e una scheda del film.

Distinti saluti.

Vincenzo Esposito

docente di Antropologia culturale

Dispac - Facoltà di Lettere e Filosofia

Università degli Studi di Salerno

 

 
                                

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO

Facoltà di Lettere e Filosofia

DISPAC – Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale

insegnamento di antropologia culturale

 

in collaborazione con

 

ICATT – Istituto a Contenzione Attenuata per il Trattamento delle Tossicodipendenze

 

 

TRENO 8017

il 3 marzo 1944, la memoria, il ricordo

 

 

 

Fisciano, 29 marzo 2011 – TEATRO DI ATENEO

 

PROGRAMMA:

 

Ore 10,30, Saluti:

Raimondo Pasquino, Magnifico Rettore dell’Università di Salerno

Luca Cerchiai, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia

Mauro Menichetti, Direttore del DISPAC

Isabella Innamorati, Docente responsabile del Teatro di Ateneo

Annibale Elia, Direttore Dip. di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione

Rita Romano, Direttore dell’ICATT

Costantino di Carlo, Sindaco di Balvano

 

 

ore 11,00 introduzione ai lavori:

 

Bianca Arcangeli, docente di metodologia delle Scienze sociali.

Vittorio Dini, docente di Storia della Governamentalità.

 

ore 11,15: La memoria, il ricordo, la ricerca scientifica:

 

Proiezione di “3 marzo 44”, documentario etnografico sulla tragedia del treno 8017. A cura di Vincenzo Esposito, docente di Antropologia culturale.

 

ore 12,00: La performance culturale:

Treno 8017. Dalla memoria al ricordo. Messa in scena teatrale critico riflessiva. A cura Pino Turco, con i detenuti dell’ICATT, con la collaborazione di Paolo Garofalo.

 

 

0re 13,00: conclusioni:

Pasquale Iaccio, docente di Storia del Cinema.

 

 

«3 marzo ‘44»: la memoria, il ricordo, la ricerca scientifica

 

Quando mi imbattei nei fatti tragici di Balvano, della Galleria delle Armi e del treno merci 8017 non pensai affatto che tutte quelle vicende dolorose – le vite e le morti di circa seicento persone, lo sforzo pressoché inutile di quei pochi che furono precettati per un tardivo tentativo di soccorso, il nefasto sfondo sul quale gli avvenimenti si produssero, quello della II guerra mondiale – potessero dare il via ad una ricerca etnografica sul campo diretta da un antropologo culturale e, soprattutto, non pensai che potessero diventare l’oggetto di un video documentario di natura etnologica, capace di proporre non un tentativo di interpretazione dei fatti – di per se stessi fin troppo chiari – ma una loro chiara contestualizzazione sociale, ambientale, culturale. In grado di porsi come momento critico, riflessivo e dialogico relativo agli avvenimenti. Avevo torto.

Come antropologo e come essere umano, mi sentii coinvolto perché avevo netta la sensazione che, per quanto dimenticate, le vicende di Balvano e del treno 8017 fossero una parte della nostra tradizione e della nostra storia sulla quale, professionalmente, avrei potuto dire qualcosa. In questo senso, il documentario che presento può definirsi un «lavoro» etnologico audiovisivo sulla memoria e sulla costruzione di un ricordo. Perché le tragiche e singolari vicende occorse al treno 8017 sotto la Galleria delle Armi, a Balvano, in provincia di Potenza, con la loro lista di centinaia di morti, rappresentano, per chi le ricorda e le vuole celebrare mestamente ma anche con fiera consapevolezza, il limite tra un passato tragico di guerra, che non deve ritornare, con la sua lunghissima sequenza di catastrofi e di lutti, ed un presente problematico – quindi con tutte le sue contraddizioni ma anche con alcune precise convinzioni come il rifiuto di ogni guerra e di ogni violenza. A Balvano è avvenuta la più grande sciagura ferroviaria d’Europa e, contemporaneamente, è stata costruita una tradizione che la ricorda e ne rende sopportabile il peso «storico». O, in altre parole, ci si trova di fronte a una vicenda che è diventata, per molti, una tradizione in senso antropologico: una «ricordo» che ci indica chi siamo oggi e chi eravamo ieri. È questo ciò che ho provato a mostrare con il mio documentario.

Tuttavia, il video documentario sui fatti del marzo ’44 deve essere considerato etnologico per un’altra importante questione e cioè per il modo in cui è stato realizzato e costruito. È superfluo, credo, precisare che esso derivi da una lunga ricerca che si è svolta sul campo, raccogliendo dalla viva voce degli informatori le maggior parte delle notizie utili a ricostruire il contesto nel quale si svolsero le drammatiche vicende che racconta. È infatti importante sottolineare come nel documentario non vengano raccontati o ricostruiti i fatti «così come si sono svolti» ma venga interpretata – attraverso il punto di vista di Vincenzo Pacella, allora giovane militare italiano in attesa di destinazione dopo l’armistizio dell’8 settembre del ’43, di Ugo Gentile, giovanissimo capostazione di Baragiano e di Vincenzo Francione, figlio di una delle vittime dell’incidente – la temperie culturale che fece da cornice ai fatti del treno 8017, ovvero quel grande sfondo storico, politico e sociale che è stata la II guerra mondiale, col suo inumano carico di strazio, morti, miseria, bombardamenti, distruzione, follia politica, macerie materiali e morali. Uno sfondo drammatico sul quale l’umana presenza, per dirla con de Martino, provava, nonostante tutto, a rimanere sveglia nel suo tentativo di trasformare il contingente in valore; provava a trovare gli strumenti morali e culturali per arginare quel negativo per eccellenza, da intendersi come incapacità di reagire ed agire nel contesto in maniera realisticamente e concretamente orientata, in assenza dei più elementari beni materiali, atti a garantire la sia pur minima sopravvivenza materiale.

Questo lavoro di ricostruzione e interpretazione del contesto è avvenuto attraverso una tecnica narrativa squisitamente antropologica, quella del collage. Un contributo capace di presentare simultaneamente – per la specificità del mezzo tecnico e del suo linguaggio – materiali e documenti che, per loro «natura», sembrano eterogenei e forse incomparabili: testimonianze, pagine di libri, sequenze cinematografiche, canzoni scritte per ricordare, fotografie d’epoca. Materiali e documenti che invece – grazie al linguaggio del medium, alla tecnica del montaggio in particolare – messi insieme si disambiguano e forniscono un nuovo, possibile senso a ciò di cui già sono interpretazione, narrazione, descrizione, rappresentazione.

Vincenzo Esposito