Autoproduzione, nocopyright e altre storie
www.autistici.org/audioresistance
Perchè ci autoproduciamo?
(A/R)
ci
autoproduciamo perchè è il modo più naturale e spontaneo che ci
permette di far circolare i nostri pensieri, le nostre esperienze, il
nostro disagio, la nostra rabbia che si trasforma in ribellione sonora.
Quando
riusciamo a creare qualcosa fuori dal principio unico dello sfruttamento
che vuole tutto sottomesso al denaro, allora e solo in quel momento ci
sentiamo liberi e ci riconosciamo come persone come menti pensanti e corpi
capaci di agire e di determinare noi stessi fuori da ogni logica
commerciale, per rendere visibile ciò che cercano di nascondere e
reprimere.
la
comunicazione è fortemente commercializzata, basti pensare ai cellulari
piuttosto che ai pc o a qualsiasi altra "diavoleria tecnologia".
Tentiamo
di uscire dai meccanismi di produzione del capitalismo ci ribelliamo per
promuovere nuovi modi di organizzarci, ci autogestiamo.
La
nostra scelta di non produrre merci o comunque di non finalizzare la
propria opera alla realizzazione di prodotti da vendere è una
provocazione un modo per dire non abbiamo bisogno di voi.
I
nostri suoni raccontono queste storie, di gente che suona non per
diventare stars ma per comunicare per accompagnare per condividere...non
siamo musicisti o non solo ma anche e sopratutto uomini e donne che si
battono per un mondo libero che contenga tutti i mondi.
Audio
Resistance 7.0
(A/R)
siamo
ancora qui e nello zero sette partiamo con il nostro sette punto zero,
UNO
SPECCHIO SIAMO.
QUI
STIAMO PER VEDERCI E MOSTRARCI, AFFINCHÉ TU CI GUARDI, AFFINCHÉ TU TI
GUARDI, AFFINCHÉ L'ALTRO SI GUARDI NEL NOSTRO SGUARDO.
QUI
STIAMO E UNO SPECCHIO SIAMO.
NON
LA REALTÀ, MA APPENA IL SUO RIFLESSO.
NON
LA LUCE, MA APPENA UN RAGGIO.
NON
IL CAMMINO, MA APPENA QUALCHE PASSO.
NON
LA GUIDA, MA APPENA UNA DELLE TANTE DIREZIONI CHE AL DOMANI CONDUCONO.
resistiamo
al mercato alle spinte del denaro alla mercificazione di noi stessi alla
svendita dellla nostra creatività ma sopratutto alla detonazione della
nostra rabbia.
I
nostri suoni parlano chiaro, zero pretese, non siamo musicisti ma
attivisti e la musica è il nostro campo d’azione, l’ autogestione la
nostra forma di organizzazione
l’
autoproduzione la nostra pratica per diffonderci e comunicare.
Siamo
nodi modulari, interscambiabili, assemblabili di una rete in costante
mutazione, imprevedibile ed inafferrabile.
Tutti
i nostri brani sono nocopyright, senza limitazioni sull’ utilizzo, fanne
buon uso.
Non
troverai un cd da acquistare e mettere su uno scaffale, la nostra musica
è distribuita gratuitamente e in modo anonimo attraverso il nostro sito
web.
31.10.06
presentazione Ar 6 @ zk
(A/R)
prova
a guardarti intorno, e non vedrai nè merci, nè mercanti, questo
significa che ti trovi in uno spazio, in un momento, su un movimento che
cerca di assemblare forme di socialità, aggregazione, scambio e confronto
fuori da ogni logica commerciale.
stiamo
costruendo insieme nuovi spazi di socialità non vincolati al profitto,
nei quali esprimerci liberamente senza censura o secondi fini, esistiamo e
siamo qui.
Autoproduzione
per autodeterminarci, per affermare noi stessi fuori dalle restringenti
logiche di mercato.
Non
siamo un etichetta indipendente nè un progetto sforna mp3, ma siamo un
movimento, un sussulto, un brivido lungo la schiena quando ti emozioni,
quando vivi, quando provi sensazioni sconosciute che ti conducono in punti
da dove ogni prospettiva cambia in continuazione, siamo la prova tangibile
dell'esistenza di altri mondi, facciamo tremare il mercato perchè lo
danneggiamo, ci sottraiamo al suo controllo, ci autodistribuiamo, non
produciamo merci ma senso, conoscenza e consapevolezza.
Localiziamo
i punti di scambio e di interconnesione avvalendoci di tutto il nostro
sapere e delle nostre conoscenze, condividendole liberamente. siamo
nomadi, pensiamo che nel tragitto di un autoproduzione ci sia una
direzione propria, altra, un percorso nel percorso che può cambiare in
continuazione, è per questo che siamo in movimento.
L'autogestione
ci permette di organizzarci l'autoproduzione ci permette di esprimerci
comunicare senza essere vincolati a condizionanti interessi commerciali.
Non
pensiamo che l'autoproduzione sia un ideologia dogmatica e rigida, ma anzi
che sia uno strumento flessibile, adattabile a contesti diversi, forse
anche per fini diversi ma comunque con una carica e uno spirito originario
comune, che è la voglia di esprimersi liberamente fuori da ogni target o
restrizione e di diffondere liberamente la propria "robba", di
farla arrivare lontano creando contatti, possibilità, contraddizioni,
confronto, scontro, conoscenza.
Attraverso
l'autoproduzione abbiamo scoperto nuovi modi di essere e di pensare, ci
siamo arricchiti...e sicuramente non di denaro, ma di possibilità, di
modi, di pratiche diverse che ci permettono di costruire momenti come
questo.
Questa
sera presentiamo una compilation, un percorso nel percorso della serata,
un esperienza di autoproduzione che ha raccolto intorno a se un gruppo di
persone, di ragazzi, che ci ha permesso di confrontarci, arricchire il
nostro sapere e misurare le nostre potenzialità. Non siamo uniti da un
suono, ma da un' esigenza quella di poterci esprimere liberamente,
sperimentando direttamente nuove forme di socialità e organizzazione.
Non
ci sarà un cd da portare a casa e mettere su uno scaffale, abbiamo deciso
di diffondere la nostra musica liberamente e gratuitamente su internet
attraverso il nostro sito web, eliminando così qualsiasi costo di
produzione, ma la scelta è tattica e non escludiamo nessuna possibilità
per diffondere il nostro materiale.
Noi
ci autoproduciamo e rivendichiamo la nostra volontà a cambiare questo
mondo.
G.
Francione, plagio e creative commons.
(estratto
da: http://www.dvara.net/HK/HK-Writes/intervista_francione.asp)
*Molti
autori temono che la propria opera possa essere alterata, stravolta,
deturpata. Mi pare che questa non sia affatto una tua preoccupazione.
Insomma, qual è la tua posizione da artista nei confronti del plagio, ad
esempio?*
Il
plagio è un'azione inverosimile. La cosa che più teme un autore è che
altri si appropri della sua opera integralmente. Al riguardo la migliore
difesa è divulgarla. Internet è un ottimo sistema. Messa fuori l'arte è
difficile che taluno s'impossessi della totalità dell'opera. Quanto alle
modifiche esse, buone o cattive che siano, saranno opera del
rimodellatore, ma come possono intaccare l'originario artista produttore?
E' un fatto psicologico: l'artista si deve abituare a essere manipolato,
rimodellato, riassemblato perché egli, consciamente o inconsciamente, ha
fatto lo stesso con materiali offertigli dall'Uomo in Grande o da altro
artista specifico. Una buona pratica al riguardo sarebbe scrivere per il
teatro, dove l'artista deve accettare il gioco di altro artista, il
regista, che in nuce ed eticamente è chiamato ad adattare il testo
originario alla sua Weltanschauung, al suo stile, al suo ritmo, al suo
gusto estetico etc. Concludendo, mi chiedo quale gusto abbia un vero
artista a plagiarne un altro.
*A
Napoli mi è parso di capire che sei anche abbastanza critico nei
confronti delle Creative Commons…*
Meglio
le creative commons che il copyright. Per questo le seguo con interesse,
ma non credo che possano da sole risolvere il problema perché esse, pur
operando in una funzione di sgretolamento del copyright, non azzardano il
passo estremo: distruggere il copyright. Le creative commons, tutto
sommato, presuppongono la proprietà intellettuale e con tutte le loro
ramificazioni cavillose non affrontano il cuore della faccenda. Io, da
uomo di legge, diffido dei rizomi normativi, spesso creati ad arte per
fregare la gente. In Italia ci sono 300.000 leggi e vedete come (non)
funzioniamo. Le alchimie codicillari delle creative commons sono
sicuramente in buona fede ma non risolvono il problema a monte: quello
dello sfruttamento degli artisti. Là dove le creative commons
riperpetuano il sistema di avvocati, giudici, sceriffi per tutelare i
diritti degli autori che comunque pretendono garanzie, sia pur nelle forme
attenuate, con le creative commons non si fa che perpetuare il logos del
dominio. Ecco, nel laboratorio dell'arte, l'alchimia creative commons tra
la dozzina di ampolle luccicanti crea fumi che abbagliano l'artista, il
quale pensa di aver trovato la pietra filosofale in ognuno di quei vetri.
Ciò non è, per cui, sicuramente in buona fede, le creative commons
creano un nuovo inganno. Ripetendo una metafora che ho fatto a Napoli il 9
aprile, se il copyright è la destra del diritto d'autore, le creative
commons rappresentano il centro moderatamente riformista.
ZK
PROJECTS (La Boutique)
(estratto
da : http://www.zk.tmcrew.org/pages/projects.php?prj=La%20Boutique)
La
“boutique del regalo” è uno spazio dedicato allo scambio-regalo di
abiti, scarpe, libri e quant’altro senza utilizzo di denaro, senza
obbligo di lasciare in contraccambio niente se non un sorriso…
E’
un progetto che si inserisce nell’ambito dell’autoproduzione intesa
come qualsiasi attività che individui, o gruppi di essi, scelgono di
svolgere con forze proprie in uno spirito di gratuità e senza richiedere
contraccambio alcuno, rinunciando volontariamente a ricorrere alle
possibilità esistenti sul mercato.
La
quotidianità nella società in cui viviamo è caratterizzata da un
continuo tentativo di acquistare sempre più prodotti con lo scopo di
soddisfare bisogni che molto spesso sono totalmente inutili e falsi e che
in sostanza soddisfano la nostra presunzione vanità.
La
pubblicità che invade tutti gli aspetti della nostra vita impone modelli
e trasmette promesse dando l’illusione che, con questo o con
quell’altro prodotto, possiamo migliorare la nostra vita o diventare più
socialmente accettabili. Una volta accolta tale concezione ne consegue un
sempre maggior bisogno di denaro per cui si deve dedicare sempre più
tempo al lavoro.
L’esperienza
di autoproduzione implicita nella “boutique del regalo” non può certo
risolvere il problema cardinale: l’urgenza dell’autoliberazione dal
dominio del mercato, ma rappresenta un ambito in cui si sperimentano
relazioni in cui nessuno compra e non si vende, ma si collabora, si
apprende e si trasmette esperienza. Essa fa parte infatti di un processo
di critica permanente delle proprie condizioni individuali di esistenza,
della vita quotidiana, della società nel suo complesso.
BOUTIQUE
DEL REGALO: PRENDI QUELLO CHE VUOI, PORTA SE VUOI Ciò CHE NON USI, NON TI
SERVE, MA SOPRATTUTTO QUELLO CHE VORRESTI TROVARE!
NIENTE
DOBLONI SOLO PASSIONI!
ZK
PROJECTS (l'orto)
Avrei potuto parlare di OGM, di
semi geneticamente modificati, di multinazionali, di brevetti sulle
colture, sulla terra che si sta esaurendo a causa di veleni diserbanti e
scorie industriali, sul sudore e la fatica di chi sottopagato e sfruttato
lavora schiavizzato nei campi di banane,.............ma in primo luogo mi
sembra importante raccontare il come è nato l'orto allo ZK, e alcune
riflessioni scaturite dopo questa esperienza.
Il nostro squat è situato in un luogo poco distante dalla città,
circondato da una campagna, che pur sempre "urbanizzata" di
sicuro più ospitale e accogliente dello spesso squallido scenario
cittadino, lontano dalla fretta, la rabbia, l'agitazione della realtà
urbana lontano da grigi palazzi, asfalto , tabelloni pubblicitari,
tentacolari complessi di uffici e tristi abitanti. Osservando la natura
intorno e respirando un atmosfera quasi bucolica(ho detto quasi!),abbiamo
pensato che l'incolto e abbandonato campo davanti casa, poteva prendere
vita, dare frutti e poteva trasformarsi in un laboratorio di conoscenza
crescita e creatività per tutti (alcuni di) noi.
Così nacque l'orto
Zona-Kolture....nacque come un esperimento....visto che nessuno di
noi-figli della grande città- si era mai cimentato a fare l'ortolano o
aveva avuto a che fare con vanghe pale e zappe.
E' stato interessante lavorare la terra, concimarla , vedere i suoi frutti
nascere e crescere...
E' stato illuminante scoprire - mentre ci si impegnava a zappare seminare
curare le piante immagazzinare e scambiare informazioni su come farlo in
modo adeguato - quello strano sentimento di concentrata euforia che cresce
dentro quando ci si dedica a fare con amore qualcosa che ci appassiona e
ci riempie il cuore!!!
Il primo raccolto ci ha reso coscienti della capacità di autoprodurre il
proprio cibo, avere un rapporto diretto con quello che poi andrà a finire
nella nostra tavola;dell'importanza di un alimentazione sana, genuina,
alla ricerca di una maggiore qualità gustativa, nutrizionale e sanitaria
dei prodotti;
della possibilità di poterci nutrire senza dover sempre acquistare e
spendere.
Senza imboccare in quei squallidi supermercati dove il cibo rappresenta
uno status, dove la qualità è direttamente proporzionale alla capienza
del tuo borsellino: se hai tanto denaro a disposizione puoi usufruire di
prodotti di marca ben confezionati e di ottima qualità…se invece le tue
tasche non permettono grandi lussi eccoti prodotti scadenti insapori
inodori incolori…. mozzarelle gommose e spaghetti che non cuociono mai!
Per non parlare della grande "trovata" dei prodotti
biologici…più cari perché alleggeriti da certi veleni, che,
attenzione, non sono del tutto assenti ma presenti in quantità minore,
non così sani come ci vogliono far credere……. proposti come
alternativa da una prospera industria del "disinquino" a la
stessa industria alimentare che "inquina", e che pretende di
portare i suoi soccorsi "BIO" a un mondo che lentamente si
guasta!
Se coltivi tu stesso una parte delle cose di cui hai bisogno (ognuno con
le sue possibilità) sei sicuro che la tua dispensa può essere arricchito
di prodotti qualitativamente superiori in assoluto a costo zero!!!!
Zero-Kosto J Quello che il mercato ci vuole far acquistare
bell'impacchettato pronto per l’uso..... porta noia…. rende sterile la
tua fantasia, la tua voglia di conoscenza di ricerca di sperimentazione.:
Tutto quello che ci fa gioire veramente è ciò che cercano di
nasconderci…la “parte ludica” che sta dietro ad ogni cosa che
cercano di appiopparci in ogni occasione ………
La voglia di fare musica e non solo di ascoltarla da un
costoso CD prodotto da una stra-pagata superstar. La voglia di far
crescere un pomodoro e non l'atto di assaporare quella ricetta di polpa
"fresca" che sorridenti facce da idioti ti invitano a consumare
in una pubblicità la notte prima di dormire.
L'atto di fare un disegno e non solo di ammirarlo.
Lo scervellarsi a montare PC e non acquistarlo bello e pronto da un avido
commerciante.
Ordinare un kit per fare la birra in casa e non stappare una Forst!
Incontrare un amico e non avere il contratto più conveniente di telefonia
mobile per parlargli più a lungo -a distanza- a basso costo.
Per l'individuo, il dominio
incarna l'universale della sua realtà e lo libera così della sua
perplessità davanti alle imbarazzanti ricchezze e scelte della vita.
Autoprodurre ! Per restare lontani dai loro mercati di noia! Per non
vedere il mondo marcire mentre i colpevoli si palleggiano le responsabilità
. Super-corazzati per non essere attaccati! Perché il poco non ci basta!
Nocopyright
(cutup)
Tutti, nelle nostre attività quotidiane, veniamo
continuamente a contatto con il concetto di copyright (diritto di copia);
tuttavia, non sempre si ha ben chiaro cosa ciò significhi. Difatti, per
copyright si intende il diritto, appartenente al possessore della proprietà
intellettuale di un oggetto, di controllarne la riproduzione e la
diffusione, con qualsiasi mezzo esse vengano effettuate. La proprietà
intellettuale spetta, all'atto della creazione di un oggetto, all'autore,
ossia a colui che, sfruttando le proprie capacità, lo ha realizzato; egli
può tuttavia vendere questa proprietà, ad esempio - per i testi - ad un
editore, in cambio di vile denaro, e perdendo da quel momento il possesso
del copyright.
Il possessore del copyright, quindi, ha sempre e
comunque il diritto di impedire la diffusione del proprio prodotto: è
l'unica persona che decide in tal senso.
È di dominio pubblico che la protezione ed il
monopolio offerti dalla Proprietà Intellettuale, permette la protervia
delle case farmaceutiche mondiali che negano, per scopi di profitto, le
medicine a milioni di persone condannate a morte dall’ADS, tubercolosi,
ed altre malattie endemiche; permette l’assalto alla genetica,
trasformando dei beni e dei valori naturali, come con i prodotti
transgenici, in profitto e dominio economico mondiale; permette alle
multinazionali del software di creare un clima soffocante attorno alla
libera creatività dei programmi per elaboratori.
Procediamo con ordine. Nel 1967, il 14 luglio, sotto
l’egida dell’ONU, si costituisce il WIPO allo scopo di “promuovere
la protezione della proprietà intellettuale nel mondo” (art.3 § i);
esso unifica in un’unica categoria i brevetti ed diritti d’autore che
erano regolati da due giurisdizioni separate, i primi dalla convenzione di
Parigi del 20 marzo del 1883 ed i secondi dalla Convenzione di Berna del 9
settembre 1886. La nuova realtà industriale, formatasi nel secondo
dopoguerra, genericamente definita come post-fordismo, vede nella nuova
nozione di proprietà intellettuale l’opportunità d’espandere
l’area delle protezioni date dalla proprietà industriale e dai diritti
d’autore a tutto lo spettro delle attività intellettuali e di
trasformare in profitto il general intellect, ovvero il lavoro
intellettuale ed i processi cognitivi, fin’anche le scoperte
scientifiche (art 2, § viii).
La rivoluzione introdotta dal Wipo si sviluppa in
sordina, nei ristretti ambienti del nuovo capitalismo, finché trova la
sua grande stagione coi Trips, (Trade-related aspects of intellctual
property rights), lanciati dal Wto nel 1994. Cos’era avvenuto nei
trent’anni che separano questi dalla nascita Wipo? Si afferma il mercato
capitalista mondiale (globalizzazione), esplodono le biotecnologie e
l’informatica, i computer ed i software; e poiché questi ultimi
ricadono, necessariamente, entro l’area dei diritti d’autore, la
Proprietà Intellettuale si presta a promuovere la loro mutazione in
prodotti industriali.
Quali le implicazioni sociali, culturali ed infine
giuridiche che la nozione di proprietà attribuita all’attività
intellettuale comporta? L’attività intellettuale, ossia il pensiero, è
immateriale tanto che il Wipo nella presentazione del suo sito
(http//www.wipo.int/) assume d’avere la «vocazione a promuovere
l’utilizzazione e la protezione delle opere dello spirito». La pretesa
è quanto mai ambiziosa poiché le opere dello spirito sono senza limiti;
ecco che, tramite la proprietà intellettuale, una nuova immensa frontiera
è acquisita al diritto di proprietà. Questo disegno, calato nella prassi
industriale e commerciale del capitale, ha conseguenze sconvolgenti;
qualsivoglia manifestazione del pensiero o dello spirito, sia prettamente
intellettuale sia materiale, è ora potenzialmente trasformata in merce,
vendibile e commerciabile.
È la lenta soppressione della libertà di pensiero
ottenuta ed accelerata dai monopoli dell’informatica e della mediatica;
ma è anche una contraddizione ove mentre da un lato aumenta la capacità
di produrre rappresentazioni del mondo più articolate e complesse,
dall’altro il monopolio di questi strumenti ne condiziona le capacità.
È questo il senso della ribellione che anima il modo di coloro che si
dedicano alla ricerca scientifica ed alla produzione dei programmi
dell’informatica; questo è anche il senso della ribellione contro la
poliziesca applicazione del diritto d’autore a fronte delle grandi
possibilità, anche individuali, di riproduzione delle opere.
Nessun inventore o creativo, produce dal nulla ma
sempre a partire da un background di cultura e di mezzi strumentali, da un
patrimonio culturale che è sociale. A questo, egli aggiunge il suo
personale contributo che, per quanto grande, è pur sempre una parte della
sua opera; ma poiché la proprietà intellettuale gli attribuisce
l’intera opera lo rende anche usufruttuario della parte collettiva.
Inoltre, ancora più grave, per circa un secolo (tanto dura, di fatto,
oggi il diritto d’autore) può impedire ad altri di usare, se non a
fronte di un compenso, sia del suo contributo sia di quello sociale
appropriato.
LA
FINE DELL'INDUSTRIA DISCOGRAFICA
di
Wu Ming 1
"Si vagheggia d'una idea furtiva che passerà
attraverso tutte le reti di segnalazione senza farsi individuare, per
toccare infallibilmente il suo bersaglio". Così Jean Baudrillard nel
suo taccuino d'appunti del 1991.
Oggi
una "idea furtiva" - che ci sia qualcosa di profondamente
sbagliato nella nozione stessa di "proprietà intellettuale" -
è scivolata tra le maglie del controllo e ha colpito l'industria
culturale e dell'entertainment, accortasi troppo tardi di quel che stava
succedendo. Concentrazioni di poteri, fusioni tra colossi, imperi
multimediali... Questa la facciata dell'industria culturale negli anni
Novanta. Chi ha aguzzato la vista si è però accorto delle incrinature
che la attraversavano, ramificandosi in maniera quasi impercettibile fino
al punto critico, fino a mandare in pezzi l'edificio. In particolare,
resta poco da vivere all'industria discografica come l'abbiamo conosciuta.
Non si tratta semplicemente di "pirateria": nuove tecnologie
ispirano pratiche inedite, che cambiano le modalità di fruzione e
circolazione della musica. Come fa notare l'avvocato Fulvio Fiore in
un'intervista sul Mucchio Selvaggio n.518, una vastissima fascia di
pubblico ("dai 14 anni fino ai 30-40") non conosce più il
feticismo della merce legato al supporto fonomeccanico (l'oggetto-disco):
"il contenuto, il corpus misticum, l'opera dell'ingegno, può essere
scaricato gratis [...] Non c'è più bisogno del supporto..."
E'
descritta con un certo understatement, ma è una vera rivoluzione. Su
questa base vanno formandosi nuove comunità, s'impongono nuove idee,
l'innovazione (anche imprenditoriale) prende altre strade. C'e' già chi,
come l'australiano Greg Moore, vorrebbe aprire catene in franchising di
chioschi per la masterizzazione di cd. C'è già un trademark,
"Little Ripper Kiosk". E' previsto il pagamento delle royalties,
sarebbe un nuovo modo di vendere la musica, non di regalarla, eppure trova
ostacoli nella mentalità conservatrice di molti discografici spaventati
dal processo di "smaterializzazione".
La
paura del futuro genera schizofrenia: gli stessi discografici americani
(la famigerata RIAA) ammettono a denti stretti che ci troviamo di fronte a
un processo irrefrenabile e irreprimibile, eppure (anziché cercare
sintesi, compromessi, rilanci) proseguono nella lamentazione apocalittica
e nei tentativi di arrestare e reprimere.
Accadde
già con la registrazione domestica di musicassette: qualcuno si ricorderà
del logo impresso sulle copertine dei dischi, con il teschio-cassetta e la
scritta: "Home Taping Is Killing Music, And It's Illegal".
Campagna miope e grottesca, a cui alcuni replicarono con lo slogan:
"Home Taping Is Killing Business, And It's Easy".
Prive
di memoria storica (e di senso del ridicolo), le major si muovono su tre
diversi piani: quello dell'espediente tecnologico, quello dei balzelli e
quello dell'azione poliziesca e giudiziaria. Ciò non fa che alzare la
tensione e accrescere il desiderio di vendetta dei consumatori, che ormai
agiscono seguendo nuove coordinate antropologiche, quindi intepretano le
controffensive dell'industria come veri e propri attacchi alla loro
cultura.
Espedienti
All'inizio
l'industria si muove in maniera... naïve. Una casa discografica inglese,
irritata dalla disponibilità su Internet di canzoni non ancora uscite nei
negozi, conclude che i colpevoli sono i critici, che estrarrebbero le
tracce dai promo-cd ricevuti per le recensioni per poi mettere in Rete i
files. La soluzione? Distribuire alla stampa lettori cd sigillati con la
colla, dai quali non sia estraibile - e quindi nemmeno copiabile - il
disco. Scherno, pernacchie e sperpero di denari.
Poi
c'è l'infortunio dei cd "anti-copia", progettati per non essere
eseguibili su computer. Peccato che sempre più persone rinuncino all'
impianto stereo e ascoltino la musica sul loro PC. L'acquirente compra il
cd, lo porta a casa, lo mette nel computer e si accorge di essere stato
turlupinato.Proteste, richieste di rimborso, figura barbina delle major in
questione.
Fin
qui il passato (invero recente). L'immediato futuro pare essere
all'insegna di cd "ibridi" (anti-copia ma eseguibili sul
computer) con contenuti "revocabili" (non più eseguibili dopo
tot ascolti o dopo una certa data), grazie anche a Palladium, nuovo
hardware "blindato" annunciato da Microsoft e Intel. In un
bell'articolo scritto per la newsletter Apogeo on line, Paolo Attivissimo
fa notare che un'innovazione del genere - che letteralmente nega il futuro
- impedirebbe la trasmissione della cultura e della memoria:
"I
brani digitali protetti possono essere disattivati a distanza e hanno
comunque una data di scadenza intrinseca: infatti dipendono da formati
proprietari, da un sistema operativo specifico e da un hardware specifico,
che fra pochi anni saranno obsoleti e non più disponibili, e non possono
essere trasferiti ad altro supporto (se non ricorrendo alla pirateria),
perché sono cifrati... Chissà come saranno contenti gli storici del
futuro, quando non potranno studiare la musica, i film e i libri digitali
del nostro secolo perché non sarà possibile sproteggerli: i supporti
esisteranno ancora, e i singoli bit saranno perfettamente leggibili, ma
non ci sarà modo di decodificarli, perché si saranno perse le chiavi di
accesso."
(cfr.
http://www.apogeonline.com/webzine/2002/12/17/01/200212170101)
Sia
come sia, non abbiamo dubbi che l'intelligenza collettiva troverà il modo
di aggirare questi problemi.
Balzelli
Nell'agosto
2002 desta scalpore un decreto-legge che prevede un super-rincaro del
tributo SIAE sulla vendita di supporti audio (cd vergini, VHS etc.) e
apparecchi di registrazione (masterizzatori, videoregistratori), con
rincari fino all'8000% (nel caso dei DVD-R). Una politica predatoria
indiscriminata, che accusa tutti i consumatori di "pirateria"
inferendo - in base a calcoli pseudo-statistici - che utilizzo faranno di
supporti e apparecchiature. Se compro un cd per immagazzinarci dei dati,
mi tocca pagarlo di più perché la SIAE mi ha già classificato come
potenziale "pirata". Tra le altre cose, in questo modo verrebbe
leso il diritto dell'utente a farsi una copia personale dell'opera.
Parlando poi di diritto "d'autore", chi esattamente verrebbe
compensato dall'introduzione di tale balzello, dato che non è possibile
prevedere quali opere verranno copiate? E' ovvio, quei soldi andranno ai
soliti noti. La rivista AF Digitale lancia una petizione on line che
raccoglie decine di migliaia di firme, mentre fioccano le interrogazioni
parlamentari. Per un punto della situazione, cfr.
http://www.dirittodautore.it/quaderni.asp?mode=3&IDQ=32
La
stessa logica da mignatte ispira la recente proposta del presidente della
RIAA Hilary Rosen: tassare i provider che forniscono connessioni Internet
a banda larga: "se c'è una forte domanda di banda larga è perché
c'è disponibilità diffusa di sistemi di file-sharing". Anche qui,
statistiche alla carlona introducono una balzana idea di "concorso
morale", ed è la stessa innovazione tecnologica a essere considerata
"cattiva". Una simile tassa costringerebbe i provider ad
aumentare i costi a scapito di tutti gli utenti, anche di quelli che non
hanno mai scaricato un mp3 in vita loro. Non occorre uno straordinario
acume per capire che con proposte del genere si allarga il gap culturale
tra le major e la società civile. Del resto, su quel versante succede
anche di peggio.
Repressione
Una
sentenza favorevole alla RIAA costringe un provider statunitense, Verizon,
a rivelare il nome di un suo utente, responsabile di aver messo in
condivisione - attraverso il network KaZaa - 600 brani protetti da
copyright. Ogni notte l'autore dell'articolo che state leggendo - usando
Soulseek e WinMx - ne mette in condivisione quasi 4000, ma non è questo
il punto: sommando gli utenti di KaZaa, WinMx, Soulseek, Grokster e altri
sistemi peer-to-peer, vediamo che sulla potenziale "lista nera"
dell'industria fonografica figurano decine di milioni di persone. Secondo
una stima dell'IFPI (federazione internazionale delle case discografiche)
risalente al maggio 2002, il volume di scambi in rete è di 500 milioni di
files "pirata", e il 99% dei download dalla Rete ha come oggetto
materiale illegale. Se un reato viene compiuto praticamente da tutti
quanti è ancora un reato? Non è più corretto dire che è un pugno di
burocrati e manager a stare sulla "lista nera" di milioni di
persone?
Sinora
le vie legali hanno riservato all'industria dell'entertainment quasi solo
sconfitte (e vittorie di Pirro come la chiusura di Napster). Assolto Jon
Lech Johansen, inventore di una tecnologia (il DeCSS) che permette di
copiare i DVD. Assolta la 321studios.com, piccola softwarehouse che allo
stesso scopo ha realizzato i programmi XCopy e Copy Plus. Assolto il russo
Dmitry Sklyarov, creatore dell'Advanced eBook Processor, programma per
copiare i libri elettronici. Tutte queste sentenze di assoluzione
riconoscevano che tali programmi non erano "cattivi" di per sé,
che la loro messa fuori commercio avrebbe potuto ledere il diritto al
cosiddetto "fair use" (copia privata, copia di sicurezza,
trasferimento da un supporto all'altro etc.), e infine che detenere un
copyright su un'opera non dà automaticamente il diritto di imporre
limitazioni più rigide alla sua "usabilità". Da poco il
senatore repubblicano Rick Boucher ha steso un progetto di legge (il
Digital Media Consumers' Right Act) che emenderebbe il famigerato Digital
Millennium Copyright Act di quattro anni fa, recependo tali indicazioni.
Vola, boomerang, vola.
Il
badile
Oggi
molti "artisti" sono solo un epifenomeno delle leggi sul
copyright: dato che un artista può vivere di rendita assoluta
infischiandosene del contatto diretto col pubblico, e che il business
riguarda soprattutto l'edizione della musica (e solo in seconda battuta la
sua esecuzione, il suonare nel senso proprio del termine), il mercato si
è riempito di gente che non sa cantare né suonare, non sa scrivere
canzoni né ha idee da esporre nelle interviste, tanto pensano a tutto il
playback, le strategie di marketing e un sistema mediatico ruffiano.
Riformando radicalmente l'idea stessa di proprietà intellettuale -
estendendo il concetto di "fair use" e allargando l'area del
pubblico dominio - profitto e reddito riguarderanno non più l'acquisto
del supporto ma l'esibizione dal vivo. Il nullafacente sarà obbligato a
fare tournées vere, cantare davvero, sottoporsi davvero al giudizio del
pubblico, insomma lavorare, se vuole riempirsi lo stomaco, come fanno i
miei amici Yo Yo Mundi (una macchina da cento concerti all'anno). Chi non
combina niente sui palchi potrà sempre cimentarsi con la zappa o il
badile. La sinistra è sempre stata contro la rendita e il parassitismo
delle classi alte, e oggi il copyright si riduce sostanzialmente all'una e
all'altro. L'industria dell'entertainment sta subendo un'inaudita
pressione dal basso, che la condanna a scegliere tra la morte e una
trasformazione irreversibile. Tra tutte le guerre attualmente in corso che
ci orbitano attorno, questa è sicuramente una guerra che stiamo vincendo
noi - noi cittadini, moltitudini, "popolo della Rete".
(continua)
* Pubblicato su L'Unità del 6 febbraio 2002,
sezione "Orizzonti" col titolo: "No Copyright / Il
divertimento blindato".
Onde
Bastarde.
(http://www.ecn.org/xm24/article/60/onde-bastarde)
Dove
temina il silenzio inizia la vita, le vibrazioni invisibili e la forma del
suono, il propagarsi promiscuo di onde sonore e il miscuglio che genera
“rumore”....
onde
bastarde per l’appunto.
Dopo
anni di attività e iniziative culturali all’interno dello spazio
sociale xm24, nasce da parte di alcuni partecipanti l’esigenza di creare
un progetto che dia dimensione e spazio al suono inteso come elemento
d’espressione artistica, tramite il riutilizzo e il recupero di
materiali per la riproduzione sonora quali : vecchie casse acustiche,
vecchi amplificatori etc. che riprendono a
vivere
in nuova concezione sonora e che le salva dall’ abbandono prodotto da un
progresso tecnologico che genera residui efficaci ma latenti.
Percepire
il suono come elemento espressivo indipendente può cambiare il contesto
in cui è inserito. Iniziative danzanti, suono legato al cinema, suoni e
rumori di spazi colettivi come stazioni ferroviare, areoporti, centri
commerciali sono sempre elementi di arrichimento o di disturbo. Vivere il
suono in maniera attiva, prendere coscienza che il suono è parte di noi,
stimola ghiandole e ormoni, fantasie e esigenze da condividere, ascoltare,
con tutti.
Ed
ecco il progetto di creare un punto fisso, tecnico e di discussione, che
sappia affrontare tutti i problemi e le dinamiche legate all’emissione
del suono nei molteplici momenti socializzanti all’interno all’xm24.
Sopperire alle esigenze di amplificazione, superate in passato con
l’affitto delle attrezzature, con la creazione di un server interno
capace di soddisfare quanto necessita alla realizzazione degli eventi, sia
interni che esterni al centro. Inoltre, costrurire con tutte le realtà
del centro percorsi e momenti da condividere insieme in forma molteplice:
suoni, immagini, giochi, teatro, musica e quant’altro. Condividere i
saperi per un crescere colettivo del centro, come punto di riferimento
sociale per il quartiere e la città.
Soddisfare
il desiderio dei molti, in maniera particolare tra i giovani, che vogliono
vivere da vicino la “magia” della creazione del suono con un servizio
informativo sulle dinamiche
elettroacustiche,
l’alfabetizzazione all’uso del mixer, la promozione e il supporto di
esperienze musicali e progetti sonori complementari alle dinamiche del
centro e di arrichimento culturale che altrimenti avrebbero con difficoltà
forma e vita, quali per esempio ‘i porci’, la nuova posse nata
all’interno dell’xm24.
ZK
ACI PROJECT
(http://www.zk.tmcrew.org/pages/aci.php)
Auto
Circolazione Indipendente
Per
una rete dei gruppi musicali al di fuori delle scene.
Non
un suono ma un'attitudine.
Fomentare
il contatto e lo scambio direttamente con chi fa la musica.
L'esperienza
dell'autoproduzione concentra i suoi sforzi essenzialmente nella
circolazione della musica al di fuori dei circuiti commerciali. L'auto
circolazione indipendente si muove per far circolare chi fa la musica.
Crediamo nella passione di chi suona, nella libera espressione, nella
possibilità di organizzare l'espressione senza ricalcare gli schemi e le
logiche tipiche di chi sulla musica vuole fare business.
Birra
gratis per i gruppi, ospitalità, impegno e qualità delle iniziative.
Sosteniamo i gruppi che vengono da fuori nelle spese ma non diamo salari
autogestiti a chi suona. No allo star system, ne' in grande ne' in
piccolo. Crediamo nella partecipazione di tutti, fuori da ogni ruolo, per
condividere al massimo le specificità delle esperienze. Crediamo nello
scambio, nell'incontro e nella condivisione di saperi ed emozioni,
soprattutto tra chi vive realtà lontane e diverse ma allo stesso tempo
comuni e parallele.
La
musica è aria in movimento.
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We
want to create a network out from the scene. Not a sound, but an attitude.
Increase contact and exchange, directely with who play music.
Self-production's target is to make music run around! The experience of
the autoproduzione concentrates its efforts
essentially in the circulation of music outside of the circuits
trades them. The ACI moves in order to make run who makes music. We
believe in the passion of who play, in the free expression, the
possibility to organize the expression without submit to who on music want
to make business. Free beer for the band, hospitality, engagement and
quality of the initiatives. We support the bands that come from outside in
expenses but we dont want to give something like do it yourself fee. We
dont like the star system, neither in large neither in small. We believe
in the participation of all, outside from every role, in order to share to
the maximum the specificities of the experiences. We believe in the
exchange, the encounter and the sharing of knowledge and emotions, above
all between who it lives far and various but at the same time common
truths and parallels.
Music
is air in motion.
Radio
Resistance la voce dell'autoproduzione.
Da un po’ di tempo autogestiamo una trasmissione
"radio" nella quale affrontiamo i temi dell'autoproduzione
dell'autogestione della repressione e del controllo.
Non trasmettiamo in modo regolare e non abbiamo una
stazione o emittente di riferimento le nostre trasmissioni vengono diffuse
attraverso il nostro sito web e sono a disposizione di chiunque volesse
ritrasmetterle o inserirle in un palinsesto.
Per il momento riusciamo a realizzare una puntata a
settimana di circa 1 ora di durata nella quale cerchiamo di approfondire i
temi trattati attraverso interviste, cronache e opinioni.
Trasmettiamo esclusivamente musica autoprodotta e
nocopyright.
Il progetto radioresistance nasce dalla necessità
di ampliare e diffondere in modo più chiaro il nostro messaggio, un
messaggio che promuove la libera circolazione dei saperi e delle
conoscenze, la rivendicazione di un esistenza non asservita alle logiche
di mercato, non vincolata ai brevetti o al diritto d'autore.