Ciao Nicola
Il progetto originario mi ricorda le banche del tempo
Vero. Sono energie da banche del tempo canalizzate nel nummario
non mi attira particolarmente come
impostazione, anche perché mette un freno alla trattativa
Con l'euro ci hanno rovinato praticamente dimezzando il valore della
lira(se prima serviva una lira per comprare un'unità di prodotto poi ne
servivano due; l'aveva già spiegato Copernico che era anche un economista
nummario). Qusto Scec permette in qualche modo di recuperare il valore
monetario in sé(perduto) della lira < euro.
Avevo invece pensato ad una sorta di banca del tempo (anche mondiale)
in cui attraverso il mezzo telematico e una moneta virtuale era possibile
mettere a frutto il proprio lavoro
cognitivo.
Bellissimo! Me la spieghi meglio?
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L'art. 27 della legge 8 marzo 2000, n. 53 ha introdotto la figura della
Banca del Tempo. [1]
Così, in questi ultimi anni si stanno diffondendo anche in Italia, a
livello locale, le banche del tempo. Esse sono esempi concreti di
quell'economia del dono di cui parla Alain Caillé nel suo saggio (una
lettura che mi sento di consigliare come sorta introduzione a quella
che
io chiamo "dorosofia") "Il terzo paradigma" [2],
oppure Jacques T.
Godbout in "Lo spirito del dono" [3].
Vediamo un esempio di funzionamento di una banca del tempo.
La Banca del Tempo è un sistema in cui le persone scambiano
reciprocamente attività, servizi e saperi.
Parte dall'idea che è possibile uno scambio paritario fondato sul
fatto
che gli individui sono portatori di bisogni ma anche di risorse.
La banca del tempo propone di dare valore e organizzazione a ciò che
esiste nella comunità come forma di auto aiuto tra le persone.
Il tipo di prestazione oggetto degli scambi permette alla banca del
tempo di essere un'associazione libera da vincoli morali, etici o anche
solo affettivi.
Ad esempio non è ammessa la tradizionale assistenza e cura alle
persone
e non è richiesto neppure un volontariato attivo come accade ad
esempio
nelle associazioni ambientaliste.
- Chi aderisce specifica quali attività e/o servizi intende svolgere,
accende un proprio conto corrente, al posto degli euro, si depositano
ore.
- Chi ha offerto un servizio acquisirà un credito di ore e sarà in
grado
di spenderle ricevendo altri servizi.
- Nella Banca del Tempo non è necessario restituire un servizio
esattamente a colui che l'ha fornito: è un sistema aperto e non si
contraggono debiti con qualcuno in particolare.
- La Banca del Tempo si basa sullo scambio, cioè si dà per ricevere,
si
chiede tempo per restituirlo, infatti il proprio conto corrente deve
tendere ad avere saldo zero.
- Il tempo è l'unità di misura: il valore della prestazione è
determinata dal tempo impiegato nello scambio (tutti gli aderenti sono
uguali tra loro).
- Un'ora è sempre un'ora indipendentemente dall'età, dalla
scolarità,
dal ceto sociale di chi l'ha scambiata ed indipendentemente dal tipo di
prestazione offerta/richiesta.
Ora, come ti dicevo, la realtà delle banche del tempo è limitata a
piccole porzioni di ulespazio e quasi confinata ad attività ricreative
per anziani o fanciulli (e non esiste la possibilità di convertire
tempo/lavoro in moneta, nemmeno virtuale).
Niente di male, anzi, ma io credo che le potenzialità delle banche del
tempo vadano ben oltre questi confini e possano trovare un terreno
fertile nel cyberspazio, in cui non esistono limiti spaziali ed il
lavoro cognitivo (c'è una bella intervista di Enzo Rullani su
"Scarichiamoli!":
http://www.scarichiamoli.org/main.php?page=interviste/rullani) può
diventare una fonte di ricchezza (spirituale e materiale) a portata di
tutti.
Sulla base di tutto ciò ho immaginato una "WTTB" una
"World Telematic
Time Bank" (da costruire anche grazie all'aiuto delle banche del
tempo
ulespaziali presenti nei vari Paesi: perché ogni banca ulespaziale ha
già forza lavoro disponibile e catalogata).
Come funziona questa banca? E' molto semplice: da una parte, i
cyberlavoratori, attraverso un assegno virtuale (basato su un algoritmo
a prova di falsari), si scambiano ore-lavoro arricchendo
vicendevolmente
la propria forza lavoro (es.: Tizio è un programmatore e ha bisogno di
tradurre un suo software in varie lingue, mette a disposizione la guida
che ha scritto per l'installazione di un server particolare),
dall'altra, i beni prodotti ed organizzati su vasta scala diventano,
all'interno della comunità dei cyberlavoratori, una grande risorsa
condivisa (la regola è: l'oggetto degli scambi non è più
proprietarizzabile... quindi il software di Tizio, ora più completo ed
appetibile, è bene della comunità), che può essere oggetto di
acquisti
da parte di quei soggetti economici che intendono investire nei e/o
vendere i beni cognitivi messi a frutto nella banca (es.: un negozio
che
stampa immagini su cappellini e magliette decide di utilizzare alcuni
loghi creati da alcuni correntisti).
Ma con quale moneta i soggetti economici di cui sopra possono
acquistare
i suddetti beni? Con una moneta virtuale. Ed è sempre con questa
moneta
che i beni messi in vendita dai soggetti economici potranno essere
acquistati dalla gente.
Una moneta cartacea? No. Si tratta di una carta di credito: tramite
Internet i negozianti scalano il credito dalla carta e consegnano il
bene agli acquirenti.
Ma allora cosa ci guadagnano i negozianti? *I negozianti vendono e
ricaricano le carte di credito della "WTTB": è lì che si ha
la
conversione tra moneta della "WTTB" ed euro.
Ogni prodotto ha un codice, assegnato al momento dell'"acquisto
all'ingrosso", il database è pubblico per cui il prezzo è chiaro
e non
può essere gonfiato o sgonfiato.
Il prodotto del lavoro intellettuale non è consumabile e dunque un
bene
cognitivo può essere inesauribilmente riutilizzato e/o fruito ad
libitum
da un numero indeterminato di persone, inoltre, il bene è estente da
royalties: questi sono i presupposti che determinano un costo equo
della
carta di credito.
Per restare all'esempio precedente: il negoziante non dovrà pagare i
diritti per stampare il logo, il cyberlavoratore vedrà il suo logo
distribuito (con pubblicità per lui), l'acquirente avrà un cappellino
bello quanto quelli che costano molti euro (a quel punto duplicare
illegalmente il marchio "Dolce & Gabbana" potrebbe non
apparire come
l'unica strada per vendere prodotti "alla moda").
Con una carta di credito si può acquistare in tutti i negozi
convenzionati: starà ai negozianti operare, magari con degli omaggi,
affinché un cliente vada ad acquistare e/o ricaricare la carta presso
il
proprio esercizio. Libera concorrenza.
Questa, grosso modo, era l'idea. Se hai domande sono qui.
Ciao,
Nicola
[1] Art. 27 (Banche dei tempi).
1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare
l'utilizzo dei servizi della città e il rapporto con le pubbliche
amministrazioni, per favorire l'estensione della solidarietà nelle
comunità locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi di
cittadini, associazioni, organizzazioni ed enti che intendano scambiare
parte del proprio tempo per impieghi di reciproca solidarietà e
interesse, gli enti locali possono sostenere e promuovere la
costituzione di associazioni denominate "banche dei tempi".
2. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi,
possono disporre a loro favore l'utilizzo di locali e di servizi e
organizzare attività di promozione, formazione e informazione. Possono
altresí aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse accordi che
prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto a
favore di singoli cittadini o della comunità locale. Tali prestazioni
devono essere compatibili con gli scopi statutari delle banche dei
tempi
e non devono costituire modalità di esercizio delle attività
istituzionali degli enti locali.
[2] Nell'economia classica, con un approccio condiviso anche da Marx,
si
sostiene che beni e servizi da un lato hanno un valore determonato dai
bisogni che riescono a soddisfare (valore d'uso), dall'altro valgono in
base alla quantità di denaro o di altri beni e servizi che si riescono
ad acquistare (valore di scambio). Se accettiamo il terzo paradigma,
dobbiamo allora aggiungere che esiste un altro tipo di valore, quello
legato alla capacità che beni e servizi, se donati, hanno di creare e
riprodurre relazioni sociali: un valore che potrebbe essere chiamato
valore di legame, in quanto, con tale approccio, il legame diventa più
importante del bene stesso.
[3] Definiamo dono ogni prestazione di beni o servizi effettuata, senza
garanzia di restituzione, al fine di creare, alimentare o ricreare il
legame sociale tra le persone.
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