Vincenzo Francione
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  "Come mai il presidente Ciampi che pure ha detto che bisogna mantenere la memoria della storia, ha dimenticato questo tragico evento?".

                           Vincenzo Francione (1924- 2011)

                      ***

          E' il figlio di Giulietta Brancaccio. Grazie  a lui il figlio Gennaro ha ricostruito tra le vicende della sua odissea di guerra quella della tragedia della mamma, che si recava a Baragiano per accudire i suoi cinque figli.

 

 
                     

      

 
   "Nella sua abitazione di Torre Del Greco, Vincenzo Francione ha un cenno di commozione. Sono passati 60 anni, ma il ricordo di sua madre, Giulietta Brancaccio, che si trovava sul treno merci, è ancora vivo. «Possibile che il capo dello Stato, che pure è molto sensibile ai temi della memoria, si sia dimenticato di noi? Possibile che questa storia non interessi a nessuno?». 

Giulietta non faceva contrabbando, come si chiamavano allora i viaggiatori che andavano in Basilicata per acquistare prodotti agricoli che poi rivendevano a Napoli e Salerno. Lei si era trasferita, con cinque dei suoi nove figli, a Baragiano (30 chilometri da Potenza), dove abitava una sua sorella, per sfuggire ai bombardamenti. Mentre Vincenzo scaricava le navi americane al porto di Napoli assieme a suo padre e agli altri fratelli. «Mia madre viaggiava su quel treno per portarci da mangiare. Purtroppo il destino l'ha chiamata». Quando il destino ha deciso di prendersi cura di lei, aveva 44 anni. Il marito riconobbe il suo corpo tra la montagna di cadaveri allineati sul marciapiede della stazione da un particolare: un foulard nero.  

(Dall'intervista nell'articolo di Agostino Gramigna e Adolfo Pappalardo Casi da riaprire - La più grande catastrofe ferroviaria
CARO PRESIDENTE CIAMPI, SI RICORDA DEL TRENO DEI MORTI?

pubblicato in "Sette", 4 marzo 2004, pagine 42-44]

 

 
                    
 
 

ODE ALL'ULTIMO TESTIMONE DELLA TRAGEDIA: VINCENZO FRANCIONE

Io sono la luce dei tuoi occhi.
Tu sei la luce dei miei occhi.
Io fui la luce dei tuoi occhi
Tu sarai la luce dei miei occhi.
Ora e per sempre, con te Babbo.
Buon viaggio angelo mio dalle ali grandi. Proteggimi fino al giorno in cui salirò con voi sul treno. Ti voglio bene
Tuo piccolo Gennaro

 

 

                          LA LUCE DEI NOSTRI OCCHI

 

“Eccomi papà!” .Sono giunto appena in tempo alla stazione della tua partenza.

 Io sono la luce dei tuoi occhi.

Tu sei la luce dei miei occhi.

Respiri forte  e rantoli  come la vaporiera laggiù del treno 8017.

“Monta dai! Monta!”

Là sopra dal finestrino nonna Giulia ti sventola il fazzoletto immacolato del primo dì di nozze. Dietro sorride e sbraita nonno Gennaro che grida: “Dai monta dai! Monta! Forza Vicenzì!”.

Il capotreno incappucciato sulla banchina già trilla il fischietto verde uscito dall’uovo di Pasqua.

Brillano come fiotti dorati d’universo al sole i tuoi occhi ebbri nel vedermi, nella gioia di avermi ritrovato accanto nell’ultimo viaggio.

Baci la mia mano e io la tua, mi carezzi  sulla testa i capelli cresciuti del tuo bambino poeta, io carezzo la tua saggezza stempiata.

Poi, nel dolore, da me aiutato,  ti giri  sul letto e già si leva elegante, il braccio rinsecchito, schiudendo con le mani nobili, dita lunghe e sinuose come a suonare un invisibile flicorno. Lo strumento già emette suoni di una melodia d’amore familiare, per poi chiudere la note e muoversi sulla cassa toracica nel segno della croce  del corpo pronto.

La locomotiva laggiù già scalpita come un puledro fiero pronto a lanciarsi sulle rotaie dell’aldilà.

“Monta Vincè! Monta! Fai presto!”.

Un ultimo bacio e un sussurro. “Sei il papà più bello, più grande e più buono del mondo!”. Ciao mio angelo e padre. Buon viaggio.

Sei salito, abbracciando i nonni ma poi restando fermo come loro a fissarvi in eterno nel vostro  scompartimento.

Ora già il treno sbuffa ansimante, entrando nella Galleria della Morte in salita, mentre anche il tuo torace ronfa forte per poi smorzarsi pian piano mentre già il treno attutisce in lontananza il suo sferragliare rugginoso sul binario.

Già non percepisco più il tuo rantolo mentre con le nari sento i vapori del fumo  frammisto  ai tuoi profumi di colonia esiziale  che hanno impregnato la stanza. [1]

Il treno ora sbuca  dalla galleria laggiù nella valle per poi, pur lungo e lento, sparire per sempre alla vista, mentre già l’immagine del tuo respiro è solo un lieve ricordo .

Io fui la luce dei tuoi occhi

Tu sarai la luce dei miei occhi.

Ora e per sempre, con te Babbo.

Buon viaggio angelo mio dalle ali grandi. Proteggimi fino al giorno in cui salirò con voi sul treno. Ti voglio bene

Tuo piccolo Gennaro


                                               Gennaro Francione