LuogoTeatro
dell'Angelo
Via Simone de Saint
Boin 19
Rome, Italy
lunedì 21 febbraio ·
21.00 - 23.30
Associazione Culturale Centrarte Mediterranea e Teatro91
presentano
Frati, Mafia e
Delitti. Il convento del Diavolo
...Tratto
da "La Terribile istoria dei frati di Mazzarino" di Giorgio Frasca
Polara
e dagli atti del processo di Lucia Nardi,
Gennaro Francione, Luigi di Majo
con
Narratore Roberta Palmisano
Presidente del Tribunale Chiarenza
Millemaggi
Pubblico Ministero Luigi di Majo
Avvocato Difesa Antonio Buttazzo
Padre Agrippino Eugenio Mele
Padre Venanzio Valter Tulli
Padre Vittorio Filippo Chiricozzi
Padre Carmelo Giuseppe Chiaravalloti
Padre Costantino Ferdinando Abbate
Rosalia Verdigiglio Lucilla Tamburrino
Maresciallo De Stefano Giuseppe Rombolà
Suor Elena Marina Binda
Ernesto Colajanni Alessandro Lunetta
Signora Cannada Maria Teresa Condoluci
Giovanni Stuppia Ferdinando Abbate
Filippo Nicoletti Alessandro Lunetta
Giuseppe Salemi Corrado Sabellico
Gerolamo Azzolina Fabio Risi
Regia: Luigi di Majo;
Aiuto regia: Mafalda Guarente Mastrocola
Coordinamento generale: Lucilla Tamburrino;
Pubbliche relazioni: Beatrice Sciarra e
Antonella Michieletto
Trasposizione teatrale di un clamoroso
processo ad un gruppo di frati che, negli anni 50, a Mazzarino, in
Sicilia, si trovarono al centro di un giro di estorsioni, ricatti,
suicidi, delitti e stupri.
La vicenda ha dato origine ad un clamoroso
processo, sul finire degli anni '50, che ha diviso l'Italia in
colpevolisti e innocentisti, aprendo un aspro dibattito sul problema
"Mafia e Religione"
Non si è trattato solo di gravi episodi
isolati che hanno interessato determinati religiosi ma di una più vasta
ed estesa mentalità e diffuso costume, ormai secolare, tendente ad
eludere, ostacolare e violare i cardini e i principi dello stato laico e
democratico. Ciò spiega in parte le ragioni storiche e culturali della
tolleranza, dell'ambiguità e a volte della connivenza di una parte del
clero e del ceto altolocato nei confronti del fenomeno mafioso.
La vicenda, tragica ma anche grottesca e
con alcuni spunti inevitabilmente comici, sarà rappresentata da giudici
ed avvocati a simboleggiare un'unione artistica ed umana tra categorie
contrapposte nelle aule di giustizia.
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TEMA: Mafia e Religione
Processo ai Frati di Mazzarino (CL)
Caltanissetta 1960
Quattro monaci del convento di Mazzarino,
vicino Caltanissetta vengono arrestati nel febbraio 2960 insieme ad
altri laici.
I quattro frati, padre Agrippino (37
anni), padre Carmelo(81) anni, padre Vittorio (41 anni) e padre Venanzio
(44 anni) sono accusati di associazione a delinquere, concorso in
estorsione e omicidio.
La vicenda prende avvio da una lettera
minatoria, inviata nel 1957 dal farmacista di Mazzarino, Dott. Colajanni
con la quale veniva richiesta una tangente di tre milioni di lire onde
evitare l’incendio della sua farmacia.
Il Colajanni non si lascia intimidire e
dopo circa dieci giorni la farmacia va a fuoco. Dopo l’incendio due dei
quattro frati si recano dal dott. Colajanni per scongiurarlo di pagare
la somma richiesta dai banditi dai quali hanno avuto, senza conoscere la
loro identità, l’incarico di fare da intermediari, sotto minaccia di
morte.
Padre Agrippino, infatti, subito dopo
l’incendio della farmacia, viene intimiditi con alcuni colpi di lupara
esplosi dentro la sua cella, da ignoti.
I giudici ritengono che il tutto è stato
architettato da alcuni malviventi identificati ed arrestati che erano
concordi con i frati. Un attentato, quello della cella di Padre
Agrippino, chiaramente simulato dai frati di concerto con i malviventi,
per giustificare il particolare clima di terrore che stavano vivendo a
causa delle minacce ricevute, a parer loro, da ignoti personaggi di
malaffare.
Nel frattempo, il Colajanni intimorito
dall’accaduto, cede alle minacce dei criminali, pagando in più riprese
la somma di tre milioni. Il danaro viene consegnato ai monaci avvolto in
un giornale, dalla moglie del farmacista, che lo fa recapitare
puntualmente nel confessionale del convento.
Successivamente viene preso di mira un
altro possidente del paese, il Cavalier Angelo Cannada- Bartoli, il
quale oppone decisa resistenza alle ripetute minacce pervenutegli dai
malviventibche lo uccidono brutalmente il 25 maggio 1958, in presenza
della moglie e del figlio minore che successivamente diventano anche
loro oggetto di minacce da parte degli assassini del cavaliere.
Conseguentemente all’accaduto la moglie del Cannada-Bartoli,
terrorizzata ed indifesa, cede ai malviventi e consegna loro la somma di
due milioni di lire attraverso i frati.
Nel frattempo una guardia comunale che era
venuta a conoscenza di alcuni elementi che collegavano i malviventi ai
frati, veniva fatto oggetto di tentato omicidio.
Viene ritrovato dai carabinieri il fucile
da caccia usato per l’attentato alla guardia, nascosto nell’orto del
convento. Si perviene così all’arresto di Salvatore Lo Bartolo ortolano
del convento, considerato dai giudici l’anello di collegamento trai
frati ed i banditi.
Il Lo Bartolo poco prima di essere
interrogato dai giudici in carcere, viene trovato impiccato nella sua
cella di isolamento. Il Suicidio-Omicidio dell’ortolano accade in un
momento di distrazione delle guardie carcerarie. I frati vengono prima
assolti e poi ritenuti colpevoli poiché i giudici d’appello ritengono
che le lettere minatorie inviate al Colajanni ed a Cannada-Bartoli, sono
state scritte con la macchina da scrivere di padre Vittorio, anche se la
perizia di ufficio non ne stabilisce con assoluta certezza la
provenienza. I frati hanno sempre protestato la loro innocenza,
sostenendo di essere stati succubi dei banditi e di aver dovuto
intermediare perché minacciati di morte.
Altre accuse pendono nei confronti di
alcuni cappuccini del convento, come la violenza carnale nei confronti
di una ex suora, stuprata in un locale attiguo alla sacrestia del
convento.
Informazioni: 06-37513571- 06- 37514258
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