DIRITTO MEDICINALE E GIUDICE DI
PROSSIMITA’
Di Gennaro Francione
1)DIRITTO MEDICINALE VS DIRITTO PENITENZIALE. IL
GIUDICE DI PROSSIMITA’
Il giudice-avvocato
drammaturgo Gennaro Francione ha creato il Movimento per il
Neorinascimento della Giustizia. Esso si batte per una nuova giustizia
che sostituisca al medioevale diritto
penitenziale, il nuovo
diritto medicinale, basato su cura, sanzioni e misure di sicurezza per
la repressione dei reati con l'ausilio delle nuove tecnologie, della
psicoterapeutica, e grazie all'estensione del controllo dei devianti
direttamente sul territorio.
In Economia e
società Max Weber attribuisce a grande importanza storica, ma anche
teorica al processo di passaggio da quella che lui chiama la giustizia
del Kadì, il giudice di quartiere o di città musulmano, alla giustizia
formale di quello che lui chiama il Paragraphenautomat, una
macchina in cui si infila la causa e da cui si può raccogliere poi la
sentenza.
E’ l’attuale sistema
giudiziario, cieco e antiumano, spesso volto più a reprimere, a contare
i morti dei delitti e il tempo della punizione da infliggere che a
cercare forme idonee e salutari di soluzione ai problemi.
Una chiave per
realizzare il nuovo indirizzo del diritto medicinale è il Giudice di
prossimità, stile neokadì, un giudice di prossimità cioè a stretto
ridosso delle zone dove sorgono le situazioni sociali conflittuali.
Questa figura, secondo diverse modalità, è già realizzata in alcuni
paesi europei e corrisponde alla necessità della realizzazione di una
più efficiente “giustizia di prossimità”.
Si tratterebbe in
Italia di creare questa figura autonoma e valorizzata appieno in tutte
le sue potenzialità, facilmente accessibile dal cittadino per risolvere
sia conflitti civili che penali di minimo rilievo.
Nella prima linea si
propone il Giudice Conciliatore di Quartiere.
Nella prima linea si
propone il Giudice Penale di Quartiere.
Le figure esistenti
che oggi più si avvicinano a questa nuova prospettiva di giustizia
alternativa e medicinale sono il giudice di pace, il conciliatore,
l’arbitro.
L’art. 14 della legge
istitutiva del Giudice di Pace prevede che gli uffici di questo
giudice di pace siano ubicati nei locali delle preture, o in adeguati
locali apprestati dai comuni. L’altra figura di giustizia alternativa
esistente è il conciliatore che una direttiva europea ha reso ancora più
efficace. Infine c’è l’arbitro, un vero giudice parallelo cui le parti
ricorrono per risolvere la loro controversia.
Partendo da questi
due modelli elaboreremo la nuova figura del giudice di quartiere, con
riserva di verificare la possibilità di creare nuove figure di giudici
di prossimità ancora più microstrutturate che realizzino una giustizia
veloce, leggera, competente equa e soprattutto risolutiva e medicinale.
2)IL GIUDICE DI PACE
A partire dal 1°
maggio 1995 il Giudice di Pace ha iniziato la sua attività in
sostituzione del Giudice Conciliatore il cui ufficio è abolito.
Rispetto al vecchio Giudice Conciliatore ha una competenza in materia
civile
molto più ampia oltre ad una competenza in materia penale per fatti
lievi e che non richiedono accertamenti complessi.
Il Giudice di Pace ha
iniziato a svolgere le funzioni di giudice
penale
a partire dal 1° gennaio 2002.
Il Giudice di Pace è un
magistrato onorario
al quale temporaneamente sono assegnate funzioni giurisdizionali. Dura
in carica quattro anni
e alla scadenza può essere confermato una sola volta.
Al compimento del 75° anno d'età cessa dalle funzioni.
Egli è tenuto ad osservare i doveri previsti per i magistrati ed è
soggetto a responsabilità
disciplinare.
Il Giudice di Pace è un magistrato onorario e
non di carriera
e non ha un rapporto di impiego con lo Stato. Egli percepisce una
indennità
cumulabile con i trattamenti pensionistici e di quiescenza.
2.1) IL GIUDICE DI PACE CIVILE
Attualmente sono di
competenza esclusiva del Giudice di Pace in materia civile:
le cause relative ad
apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla
legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi
e delle siepi;
le cause relative
alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case;
le cause relative a
rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile
abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni,
rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale
tollerabilità.
Sono di competenza
del Giudice di Pace le cause relative ai beni mobili di valore non
superiore a 2.582,28 Euro, quando dalla legge non sono attribuite alla
competenza di altro Giudice, e le cause concernenti la circolazione di
veicoli e di natanti purché il valore della controversia non superi i
15.493,71 Euro
Per cause civili di valore fino a 1.100,00 Euro, se le parti interessate
ne fanno richiesta, il Giudice di Pace decide secondo equità.
Il Giudice di Pace ha
anche una funzione conciliativa su richiesta delle parti interessate,
senza alcun limite di valore e per tutte le materie purché non siano di
competenza esclusiva di altri giudici come è per le cause di lavoro e
per le cause matrimoniali.
Il cittadino può
rivolgersi al Giudice di Pace secondo le regole stabilite dal codice di
procedura civile
– se ha interesse a
far giudicare una questione purché rientri nelle materie di sua
competenza;
– se vuole conciliare
una controversia insorta o che potrebbe insorgere;
– se vuole chiedere,
nei limiti della sua competenza per valore, un decreto ingiuntivo per
ottenere il pagamento di una somma;
– se vuole chiedere,
prima dell'inizio di una causa, la tutela preventiva dei diritti che si
faranno valere, mediante provvedimenti d'urgenza o accertamenti
immediati.
2.2)Il
Giudice di Pace penale
Il Giudice di Pace
dal 1º ottobre 2001 è anche un giudice penale (ma entra effettivamente
in funzione dal 1º gennaio 2002): il
decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274, ha attribuito alla sua
cognizione, tra gli altri, alcuni reati di notevole diffusione, contro
la persona, quali le percosse e le lesioni, l'omissione di soccorso;
contro l'onore, quali l'ingiuria e la diffamazione; contro il patrimonio
quali il danneggiamento e l'ingresso abusivo nel fondo altrui.
Nello specifico
i reati principali di competenza, oltre ad altre fattispecie di reato
previste da normative speciali, sono (art. 5 D.Lgs. 274/00):
• Percosse (art. 581
c.p.)
• Lesione personale
(art. 582 c.p.)
• Lesioni personali
colpose (art. 590 c.p.)
• Omissione di
soccorso (art. 593 c.p.)
• Ingiuria (art. 594
c.p.)
• Diffamazione (art.
595 c.p.)
• Minaccia (art. 612
c.p.)
• Furti punibili a
querela dell'offeso (art. 626 c.p.)
• Sottrazione di cose
comuni (art. 627 c.p.)
• Usurpazione (art.
631 c.p.)
• Deviazione di acque
e modificazione dello stato dei luoghi (art. 632 c.p.)
• Invasione di
terreni o edifici (art. 633 c.p.)
• Danneggiamento
(art. 635 c.p.)
• Introduzione o
abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo (art. 636 c.p.)
• Ingresso abusivo
nel fondo altrui (art. 581 c.p.)
• Uccisione o
danneggiamento di animali altrui (art. 638 c.p.)
• Deturpamento e
imbrattamento di cose altrui (art. 639 c.p.)
• Appropriazione di
cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito
(art. 647 c.p.)
• Somministrazione di
bevande alcooliche a minori o a infermi di mente (art. 689 c.p.)
• Determinazione in
altri dello stato di ubriachezza (art. 690 c.p.)
• Somministrazione di
bevande alcooliche a persona in stato di manifesta ubriachezza (art. 691
c.p.)
• Atti contrari alla
pubblica decenza. Turpiloquio (art. 726 c.p.)
• Inosservanza
dell'obbligo dell'istruzione elementare dei minori (art. 731 c.p.)
In caso di
condanna il Giudice di Pace non applica pene detentive, ma pene
pecuniarie o, nei casi gravi, può applicare la pena della permanenza
domiciliare o su richiesta dell'imputato, la pena del lavoro di pubblica
utilità.
3) LA NUOVA FIGURA: IL GIUDICE DI PROSSIMITA’
Intendiamo ora
affrontare il problema di una figura nuova di kadì quartierale deputato
a conciliare in materia civile e applicare più che mai diritto
medicinale in materia penale.
3.1)Il Giudice Conciliatore di Quartiere
A questo
neokadì civilista si affida una funzione conciliativo-mediatoria nei
casi più comuni come per le controverse di condominio, le liti di
vicinato etc..
Si tratta di
situazioni talora esplosive acuite dalla lentezza della procedura
ordinaria che porta all’impossibilità pratica di rivolgersi a un giudice
ordinario. Proprio la tensione protratta e il senso di non giustizia
portano spesso questi contrasti a degenerare creando “reati di
cortile”(ingiurie, minacce, lesioni etc.) talora sfociati in veri e
propri omicidi come nel caso di Erba dove Olindo Romano e Angela Rosa
Bazzi hanno confessato il delitto dovuto al fatto che i vicini facevano
troppo rumore.
E’ la ricetta per
evitare la paralisi già in atto della Giustizia secondo una nota
dell’Organismo Internazionale di Conciliazione & Arbitrato dell’ANPAR,
iscritta nel registro presso il Ministero di Giustizia al n. 24, inviata
dal presidente Giovanni Pecoraro al Ministro e al Consiglio Superiore
della Magistratura.
I provvedimenti
conseguenti sarebbero:
1. fuori i circa
4.000 magistrati onorari in materia civile dai Tribunali, sostituiti da
conciliatori specializzati che non costano nulla allo Stato e che
operano in Camere Conciliative dell’Organismo;
2. rinvio da parte
dei giudici ad un tentativo di conciliazione alle parti in causa, anche
per liti penali minori, come adesempio querele, offese, oltraggio ecc,
3. passaggio di
magistrati togati dai Tribunali alle Procure per l’accelerazione di
processi penali.
4. affidamento
obbligatori ad Organismi di Conciliazione iscritti nel Registro del
Ministero di Giustizia, della lite per un primo tentativo di risoluzione
conciliativa.
3.1.2) Le
fonti normative della conciliazione.
Il Parlamento
Europeo, in data 23 aprile 2008, ha approvato definitivamente una
direttiva che intende promuovere la composizione amichevole delle
controversie transfrontaliere,in materia civile e commerciale
incoraggiando il ricorso alla mediazione. La direttiva, già esecutiva in
Italia, chiede inoltre agli Stati membri di favorire l'elaborazione di
codici volontari di condotta e la formazione dei mediatori per garantire
la qualità del loro operato. Dovranno poi assicurare l'esecutività degli
accordi raggiunti e la riservatezza dei mediatori.
In
Italia l'istituzione del Registro degli organismi di conciliazione è
previsto dagli articoli 38-40 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5
"Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di
intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in
attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366".
Corrisponde a una più generale linea di tendenza del nostro ordinamento
rivolta a individuare e disciplinare strumenti alternativi di
definizione delle controversia, capaci di offrire, quando possibile,
soluzioni più spedite, agevoli ed economiche alle liti e, d'altra parte,
di ridurre il contenzioso giurisdizionale, senza naturalmente rinunciare
al carattere universale della relativa tutela, in conformità dei
precetti costituzionali.
In attuazione alle disposizioni normative dell'art. 38 sono stati
emanati:
ai sensi dell'art. 38, co. 2, il d.m. 23 luglio 2004, n. 222,
"Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di
iscrizione nonché di tenuta del registro degli organismi di
conciliazione di cui all'art. 38 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5";
ai sensi dell'art. 39, co. 3, il d.m. 23 luglio 2004, n. 223
"Regolamento recante approvazione delle indennità spettanti agli
organismi di conciliazione a norma dell'art. 39 del decreto legislativo
17 gennaio 2003, n. 5".
La procedura di conciliazione disegnata da tali fonti normative
tende oggi a rappresentare un primo standard di riferimento per il
legislatore, quando interviene a prevedere specifiche ipotesi di
conciliazione regolata: così nell'art. 141 del Codice del consumo -
d.lgs. 206/2005 - si rinvia alla procedura prevista dall'art. 38 d.lgs.
5/2003, nella recente norma istitutiva dei c.d. "patti di famiglia"
(art.
768 octies c.c.).
3.1.3) Contenuti e forme della conciliazione
La conciliazione è
un mezzo non contenzioso di composizione delle controversie. La sua
funzione è quella di condurre le parti a una definizione della lite
prescindendo dall'azione in giudizio. I vantaggi della conciliazione
sono evidenti, sia per l'interesse dei soggetti che vi ricorrono, in
considerazione del risparmio di costi e di tempi che la conciliazione
consente, sia per l'interesse generale, dato che alla diffusione degli
strumenti alternativi di risoluzione delle liti consegue una
semplificazione dell'amministrazione della giustizia.
La conciliazione è governata da regole semplici. La definizione della
lite è atto riconducibile direttamente alla sfera delle loro volontà e
non, come nel processo civile e nell'arbitrato rituale, alla decisione
autoritativa di un organo terzo (il giudice, l'arbitro).
Il conciliatore
assume, tuttavia, un ruolo estremamente sensibile, perché deve essere
capace di chiarire alle parti gli aspetti della controversia che esse
devono considerare per pervenire o meno alla conciliazione, i vantaggi e
le soluzioni che possono valorizzare nella conciliazione della lite. Il
compito del conciliatore è pertanto, principalmente, quello di orientare
le parti nella ricerca di un accordo che si riveli soddisfacente per gli
interessi di entrambe. Il conciliatore, quindi, è prima di tutto un
mediatore, che guida le parti nella negoziazione promovendo e favorendo
il raggiungimento dell'accordo. Egli, oltre a ricevere le eventuali
proposte conciliative delle parti, può anche procedere a formularne una
propria, che possa poi essere tratta a base contenutistica del
definitivo atto transattivo della lite.
Il conciliatore, peraltro, non assume alcuna decisione né emette alcun
provvedimento dotato di autonoma efficacia giuridica.
La conciliazione
presenta le seguenti caratteristiche.
L'incoercibilità:
la parte non è obbligata a concludere la conciliazione né a partecipare
alla trattativa, benché in caso di recesso dalle trattative l'art. 40,
2° co., in fine, d.lgs. 5/2003, contenga la seguente disposizione: "il
conciliatore dà altresì atto, con apposito verbale, della mancata
adesione di una parte all'esperimento del tentativo di conciliazione".
L'imparzialità: il
conciliatore deve essere un terzo imparziale e indipendente rispetto
alle parti. Se esistono ragioni anche remote e indirette di conflitto di
interessi, il conciliatore deve astenersi dall'assumere l'incarico ed è
responsabile del mancato assolvimento del dovere di imparzialità.
L'equità: l'accordo
conciliativo dovrà sempre tendere a contemperare gli interessi di
entrambe le parti, senza disparità e assicurando un reciproco grado di
soddisfazione.
La salvezza: se le parti non raggiungono l'accordo, mantengono intatti
le loro pretese e il diritto di promuovere l'azione in giudizio o dare
avvio a un procedimento arbitrale: tuttavia a norma dell'art. 41, co. 5,
d.lgs. 5/2003, la mancata comparizione di una delle parti e le posizioni
da esse assunte dinanzi al conciliatore sono valutate dal giudice
nell'eventuale successivo giudizio ai fini della decisione sulle spese
processuali, anche ai sensi dell'art. 96 c.p.c., potendo il giudice
decidere sulle spese in termini diversi dal criterio della soccombenza,
escludendo la ripetizione delle spese da parte della parte vittoriosa o
addirittura condannandola a rimborsare le spese al soccombente.
L'autonomia: le
parti possono condurre la trattativa nei modi che ritengono più
opportuni e decidere il grado di incidenza dell'attività del
conciliatore sulla formazione dell'accordo. Possono determinare
liberamente il contenuto dell'accordo, secondo quella che ritengono
essere la maggiore rispondenza ai loro interessi.
La rapidità: la
conciliazione non ha tempi minimi di durata. L'accordo può essere
raggiunto anche al primo incontro.
L'economicità: le parti saranno tenute a corrispondere soltanto
l'onorario del conciliatore, che è fisso e predeterminato in ragione del
valore della controversia, nonché le spese (anch'esse fisse) di
segreteria (al riguardo si v. d.m. 23 luglio 2004, n. 223); a norma
dell'art. 39 d.lgs.5/2003 "gli atti i documenti e provvedimenti relativi
al procedimento di conciliazione sono esenti dall'imposta di bollo e da
ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura" (1° co.), ed
inoltre che "il verbale di conciliazione è esente dall'imposta di
registro entro il limite di valore di venticinquemila euro" (2° co.).
La riservatezza: il conciliatore ha l'obbligo di non rivelare alcuna
informazione relativa all'incarico ricevuto, sia con riguardo alle
parti, sia con riguardo allo svolgimento della procedura conciliativa,
sia con riguardo ai contenuti dell'eventuale accordo. Analogo vincolo
ricade sulle parti, atteso che le dichiarazioni rese dalle parti nel
corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio
promosso a seguito dell'insuccesso del tentativo di conciliazione, né
possono essere oggetto di prova testimoniale (art. 41, co. 3, d.
lgs.
5/2003);
La responsabilità. Il conciliatore abilitato ai sensi dell'art. 38
d.lgs.5/03 deve essere assicurato dall'organismo di conciliazione di cui
fa parte con una polizza conformata a uno standard assicurativo che
fornisce sufficiente garanzia agli utenti in ordine ad eventuali pretese
derivanti dallo svolgimento del servizio.
3.2. L’arbitro di quartiere
L'istituto dell'arbitrato è previsto dal
Codice di
Procedura Civile (libro quarto) al titolo VIII (artt.
806-840), che vieta di ricorrervi per materie relative al
diritto di
famiglia e per quelle "che non possono formare oggetto di
transazione".
L’arbitrato è un mezzo di risoluzione delle controversie commerciali
alternativo alla giurisdizione ordinaria, più rapido e meno costoso.
Può essere utilizzato solo se le parti lo hanno preliminarmente previsto
inserendo nel contratto, già al momento della conclusione, una specifica
clausola compromissoria.
Anche dopo il verificarsi della lite è comunque possibile
optare per il ricorso all’arbitrato, sottoscrivendo un apposito
compromesso.
In entrambi i casi le parti possono fare riferimento ad una istituzione
arbitrale, che garantisce la trasparenza dei costi e il rispetto dei
tempi e vigila su ogni aspetto del procedimento arbitrale.
Gli arbitri,
poiché possono essere più d'uno, devono sempre essere in numero dispari
affinché si abbia esito determinato dell'arbitrato (sia sempre
possibile, cioè, una pronuncia presa a maggioranza semplice) ed anche
nel caso che il contratto ne preveda un numero pari, spetta al
presidente del tribunale nominarne un altro aggiuntivo.
La
statuizione finale, detta lodo, ha efficacia vincolante nei
rapporti fra le parti ed è suscettibile di ottenere efficacia di titolo
esecutivo
al pari della
sentenza emessa dall'autorità giudiziaria ordinaria. Il lodo inoltre può
essere impugnato per nullità, per revocazione o per opposizione di
terzo.
L'Arbitrato
può essere classificato secondo vari criteri.
Una prima
grande classificazione si rinviene avendo attenzione alla modalità di
svolgimento della procedura. Invero, se gli
arbitri
nel loro giudicare seguano le norme del
Codice di
Procedura Civile si di parla di
arbitrato rituale
e il lodo, pur essendo simile, per forma, ad una
sentenza,
ne può assumere la forza soltanto attraverso un procedimento
giurisdizionale: attraverso il deposito del provvedimento finale presso
la cancelleria del giudice competente per territorio e la successiva
pronunzia, da parte del giudice, di un decreto che lo dichiara
esecutivo. Ove invece gli arbitri stabiliscano loro stessi le modalità
di svolgimento della procedura l'arbitrato sarà
irrituale
e la statuizione finale avrà efficacia negoziale.
Inoltre
l'arbitrato viene distinto in
arbitrato
secondo diritto o
in equità,
a seconda che gli arbitri giudichino durante il procedimento secondo le
norme sostanziali di un certo ordinamento giuridico o secondo criteri
equitativi.
Orbene, ai fini che
qui interessano, sarebbe assai utile creare un Arbitro di Quartiere che
naturalmente, facendo salve le volontà delle parti, agirebbe in maggior
velocità utilizzando la procedura irrituale e il giudizio equitativo.
3.2) Il Giudice Penale di Quartiere
Nel crimine, in prospettiva neoumanistica, non deve più
contare quello che si è fatto, ma perché lo si è fatto e quale il
rimedio per prevenire e guarire.
La chiave di volta di un processo medicinale e
microstrutturato non è più l'individuazione del "cosa ha fatto" il
deviato, ma "chi è" e soprattutto "perché l'ha fatto". Ciò ad evitare
che urli davanti ai giudici le sue ragioni in brevi inutili frasi di
giustificazione, senza sapere, i giudici stessi, vita, morte e
miracoli del soggetto non più Avversario ma Fratello da aiutare per il
bene suo proprio e dell’intera comunità che altrimenti se lo
ritroverebbe addosso peggio e più attrezzato di prima dopo il carcere.
La
fratellanza implica che ciascun reo viene affidato al giudice-psicologo
che lo seguirà nella fase del giudizio e dell'esecuzione della
sanzione. La fase della sorveglianza sarà anticipata già a quella
della cognizione, caricando il giudice della sorte di ogni singolo
individuo sulla via per il recupero, dovendo egli seguirlo passo passo
nella sanzione eventuale e nel percorso all'esterno del carcere.
In ciò
particolarmente utile si rivela il Giudice Penale di Quartiere essendo
necessaria in primis una conoscenza capillare del territorio e di chi ci
abita per poter intervenire efficacemente.
Questo neokadì
penale si avvarrà di struttura complementari(esperti, psicologi etc.) ma
anche esterne come assistenti sociali, volontari, vigili e poliziotti di
quartiere etc.
Questo magistrato
dovrà punire con rito direttissimo reati come lo scippo, il furto e
l’estorsione. Si potrebbe porre un limite di pena per esaminare reati
la competenza con possibilità ad es. di esaminare reati per cui può
essere comminata una pena detentiva (effettiva) fino a 6 mesi.
Ma soprattutto avrà
funzioni di prevenzione dei crimini in quanto assommi in sé anche
funzioni confidenziali amministrativo-pregiurisdizionali di prevenzione
e conciliazione, attrezzato per le sue capacità comunicative e
multisciplinari ma soprattutto con l’ausilio di esperti di intervenire
sui fatti illeciti prima del loro insorgere. Un autentico Pacificatore
Sociale di Quartiere.