Un saggio
stimolante di teoria politica: gli hacker come classe dei lavoratori
immateriali che lottano contro i padroni dell'industria della produzione
culturale.
Wark McKenzie è un
sociologo americano, docente di "Cultural and Media Studies"
al Lang College della New School University, e ha scritto un saggio,
appena uscito in Italia, per i tipi di Feltrinelli, che farà discutere
molto: "Un Manifesto Hacker. Lavoratori immateriali di tutto il
mondo unitevi!"
Il testo, già nel titolo,
riecheggia i famoso "Manifesto del Partito Comunista" di Marx
e Engels; peccato che sia ancora di più difficile lettura, spesso
oscuro e criptico.
Il messaggio, però, in
sintesi è abbastanza chiaro: la classe subordinata della società
contemporanea è quella dei lavoratori immateriali, gli "hacker"
come li definisce McKenzie, dove per hacker si intende in senso lato,
non un pirata informatico, un esperto di computer o uno smanettone
super: al contrario, secondo il "Jargon File", il dizionario
specialistico dell'hacking, curato da Eric Raymond, è: "Una
persona che trae piacere dalla sfida intellettuale di scavalcare o
aggirare creativamente dei limiti". L'hacker è,
quindi, il protagonista dell'innovazione per le sue capacità di
astrazione, invenzione e sintesi.
Per McKenzie questi
lavoratori immateriali, in cui egli stesso si include, sono "gli
hacker dell'astrazione. Produciamo nuovi concetti, nuove percezioni e
nuove sensazioni, che hackeriamo da dati non ancora elaborati. Qualunque
sia il codice che hackeriamo, sia esso linguaggio di programmazione,
lingua poetica, matematica o musica, curve o colori, noi siamo coloro
che astraggono i mondi nuovi. Qualunque sia il modo in cui scegliamo di
rappresentarci, come ricercatori o autori, artisti o biologi, chimici o
musicisti, filosofi o programmatori, ognuna di queste soggettività è
un frammento di una classe che diviene, a poco a poco, consapevole di sé
in quanto tale."
Dunque i lavoratori
immateriali come furono gli operai, durante la Rivoluzione industriale,
sono la classe rivoluzionaria che deve acquisire la coscienza di sè,
della propria funzione, della propria alienazione e liberarsi e lottare
contro lo sfruttamento, per arrivare ad una nuova società. Questo viene
così espresso dall'autore: "Gli hacker creano la possibilità
per l'ingresso di nuove cose nel mondo. Non sempre grandi cose, e
neanche necessariamente buone, ma nuove. Nell'arte, nella scienza, nella
filosofia e nella cultura, in ogni produzione di conoscenza in cui
possono essere raccolti dei dati, e da cui si può estrarre
un'informazione, e in cui da quell'informazione si producono nuove
possibilità per il mondo, esistono degli hacker che hackerano il nuovo
dal vecchio. Mentre creiamo questi mondi nuovi non li possediamo. Ciò
che creiamo viene ipotecato da altri, e nell'interesse di altri, di
stati e corporation che monopolizzano i mezzi per produrre i mondi che
scopriamo da soli. Non siamo noi a possedere ciò che produciamo ma il
contrario."
Nemica
della classe degli hacker è la "classe vettoriale" (ossia i
proprietari dell'industria dei media, del software e della conoscenza),
che prende il posto della borghesia capitalista nell'analisi marxista: "A
differenza dei contadini e degli operai, gli hacker non sono stati,
ancora, privati interamente dei propri diritti di proprietà
intellettuale, ma devono comunque vendere la propria capacità di
astrazione a una classe che possiede i mezzi di produzione. La classe
vettoriale (che possiede i vettori della comunicazione e informazione,
n.d.r) scatena una lotta senza esclusioni per privare gli hacker della
loro proprietà intellettuale. I brevetti e il copyright finiscono tutti
nelle mani non dei loro creatori ma di una classe vettoriale che
possiede gli strumenti per realizzare il valore di queste astrazioni. La
classe vettoriale combatte per il monopolio dell'astrazione.
Per la classe vettoriale la politica è
finalizzata al controllo assoluto sulla proprietà intellettuale
attraverso strategie di comunicazione, controllo e comando di tipo
militare. Gli hacker si trovano espropriati sia come individui sia come
classe".
"A mano a mano che
la classe vettoriale consolida il proprio monopolio sui mezzi per
realizzare il valore della proprietà intellettuale, essa si confronta
sempre più con l'hacker in quanto classe antagonista. Gli hacker
finiscono per lottare contro le tariffe da usurai che la classe
vettoriale estorce loro per l'accesso alle informazioni che essi stessi
producono collettivamente, ma di cui la classe vettoriale si appropria.
Gli hacker finiscono per lottare contro le forme particolari in cui
l'astrazione viene mercificata e trasformata in proprietà privata della
classe vettoriale."
Per questo, sempre secondo
McKenzie, i lavoratori della conoscenza devono unirsi a contadini e
operai per creare forme di associazione che possano lottare contro la
mercificazione e privatizzazione della conoscenza che si regge sul mito
della scarsità delle risorse materiali e immateriali e non invece sul
fatto che, attraverso la condivisione e cooperazione, queste stesse si
possano allargare, possano crescere e soddisfare i bisogni.
Si tratta di una riflessione
che ha molto in comune con le teorie di Carlo
Formenti, espresse in "Mercanti di Futuro" e del ruolo
fondamentale che i lavoratori della conoscenza possono avere nel
cambiamento degli assetti economici, sociali, culturali, recependo
le istanze più creative e libertarie che la stessa new economy, sia
pure in mezzo a contraddizioni, eccessi, degenerazioni, illusioni, ha
saputo esprimere, facendo emergere questa nuova classe di programmatori,
web workers, creativi.
Scheda
Titolo: Un Manifesto Hacker
Sottotitolo: Lavoratori mmateriali di tutto il mondo unitevi!
Autore: Wark McKenzie
Editore: Feltrinelli
Prezzo: 11 Euro