Parenti
Home Up Viaggianti Soccorritori Parenti Amici

 

 

                              Pietro Princigalli.

   Era sfollato a Canosa di Puglia insieme alla famiglia. Nel disastro perse la moglie e un figlio. 

  Nella dichiarazione il 15 maggio 1944 al Procuratore del Re  Princigalli  presso il Tribunale di Potenza racconta: "... sotto la galleria titolò il treno alle ore 24 si fermava. Sotto la detta galleria per il troppo fumo tutti i viaggiatori che erano in detto treno morivano asfissiati per il  troppo fumo. Tra di esso vi erano compreso mia moglie e mio figlio. Giunse la sola notizia di morte..."

  Spiega poi che la moglie era andata a Napoli il 25 febbraio, accompagnata dal figlio Donato, per consegnare al municipio un certificato medico che attestava l'impossibilità per il marito di tornare a lavorare nel servizio nettezza urbana della città partenopea, "dato il caso di mia malattia che non era in condizioni di prendere servizio". 

    Aggiunge  che la moglie "presso di sé portava una valigia di colore marrone e all'angolo della valigia vi era un buco che faceva da chiusura per un cordetto e un pacchetto bianco salvo che portava altre cose. Prego la S.V. Ill/ma voler compiacersi informare quale autorità a rintracciare tale bagaglio e se questo non è possibile indennizzarlo del contenuto valore della valigia e del pacchetto detto esposto deve essere trasmesso alla P.S. di Potenza il quale indosso alla morte hanno rinvenuto la somma di lire 520 a loro impossesso e si comanda il benevolo accoglimento tenuto presente che sono un poveraccio che mi trovo ancora ammalato e con altri cinque figli a carico che nessuno di essi sono adatti al lavoro e prego la S.V. che mia moglie portava una valigia e la borsa della Spesa e mio figlio portava un sacchetto scuro e uno bianco".
   La richiesta è del 10 maggio 1944, da Canosa. Il 22 agosto, Pricigalli ottiene "un portamonete contenente L. 5029, nonché oggettini e documenti vari; due paia di scarpe da donna di pelle nera; due paia di scarpe da ragazzo di pelle nera".

(rip. da  Mario Restaino,  Un treno, un'epoca: storia dell'8017,, pp. 6;  65-66 ).

 

"Sono una nipote di due persone perite nel tragico incidente della notte del 2-3 marzo 1944, precisamente ricordate al numero 346 e 347 della lista dei martiri.A tal proposito voglio precisare che al punto 347 viene erroneamente indicato Renise Michele e non Renis Michele.Infatti Renis Michele e Renis Carmine indicati rispettivamente ai punti 347 e 346 della lista dei martiri erano padre e figlio. Sono di Torre Annunziata e ho letto stamattina l'articolo su un giornale locale dal quale ho preso il sito. Fin da piccola ho sentito mio padre , mia nonna e i miei zii parlare di questa tragedia in cui erano morti mio nonno e mio zio, che chiaramente non ho mai conosciuto. Dello zio non abbiamo neanche una foto.

Mi ha fatto piacere leggere l'articolo e quando lo dirò a mio padre e ai miei zii,ormai diventati tutti ultrasettantacinquenni, sono sicura che per loro sarà una grande gioia sapere che il ricordo dei loro cari è ancora vivo non solo nei loro cuori

(e-mail  fatta pervenire al sito giovedì 18 marzo 2004 13.45.02)

 

sabato 16 ottobre 2004 19.44.18

Mi chiamo Catuogno Raimondo sono di Torre del Greco,nella tragedia di Balvano
è morto mio zio Amato Rosario fratello di mia madre Maria che oggi ha 83 anni.
Ho sempre sentito parlare fin da piccolo di questa sciagura (ho 46 anni) , e da quanto sono stato assunto nelle "Ferrovie dello Stato" nel 1983 ho sempre ricordato la tragedia ai miei colleghi ignari di ciò. Ora sono Capo Treno
lavoro al deposito di Udine e spero che la mia Azienda faccia qualcosa per i morti di Balvano anche solo partecipare alla prossima commemorazione. Vi seguo 

saluti raimondo catuogno

Giuseppe Russo ricorda il nonno morto sul treno 8017.

 

Ringrazio il cielo che qualcuno si sia ricordato di quella tragedia avvenuta il 3 marzo del 44...

Per anni e anni è rimasta celata... Tutti a Balvano si ricordavano del terremoto dell'80 ma mai nessuno della tragedia ferroviaria avvenuta quella notte tra il 2 e il 3 marzo 44.

Ero piccolo e mio padre mi raccontava di suo padre morto sotto una galleria in provincia di Potenza. Aveva appena ventisette anni e lasciava tre bambini a casa con la moglie in preda alla disperazione. Mio padre all'epoca aveva due anni, e si ricorda poco del padre "morto in guerra"... tranne che ha trovato la morte per portare un po' di cibo ai suoi piccoli... Da piccolo gli chiedevo del nonno e lui con le lacrime agli occhi riusciva solo a dire due parole: - È lassù in cielo che ci sta guardando! -. Quando ero più grandicello mi aveva poi detto che era morto su un treno militare mentre stava andando a Potenza per prendere un po' di cibo, (farina, formaggi, etc.) in cambio di qualcos'altro. Riuscì poi a sapere il paese dell'accaduto ed un bel giorno mio padre decise di partire alla ricerca di quel paese e di quella maledetta stazione.

Visto che mio nonno si chiamava Giuseppe, proprio come me (suo nipote), e che il 19 marzo ricorreva il suo onomastico partimmo nella speranza di trovare il luogo dov'era sepolto.

Era dunque una domenica mattina del mese di marzo del 1992 quando ci recammo in questo paesino di Potenza di nome Balvano per cercare qualcosa che ci riportasse indietro a quel 3 marzo 1944.

Ci recammo così in questo paesino giù alla valle e chiedemmo a dei vecchietti del posto se si ricordavano della tragedia avvenuta nel '44. Parlando nel loro dialetto riuscimmo a capire che conoscevano tanto sull'accaduto del terremoto dell'80 ma della tragedia del '44 capimmo solo che dovevamo recarci al cimitero ed era lì che avevano deposto tutti i cadaveri: avevano scavato tre fosse comuni a forma di pi greco, ai lati gli uomini e in capo le donne.

Ed il posto dov'erano sepolti era riconoscibile da una grossa croce proprio al centro del cimitero e tutt'intorno fiori e lumini... non potevamo sbagliare.

Fu così che per la prima volta sono andato a trovare mio nonno al cimitero a Balvano... un piccolo cimitero, come avevano descritto, dove nel mezzo c'era una grande croce e dove abbiamo deposto una pianta di margherite bianche.

Nei vari loculi c'erano tante persone morte per il terremoto dell'80 ma dei nostri cari solo quella grossa croce.

Dopo chiedemmo delle indicazioni per la vecchia stazione dei treni dove era successo l'accaduto per vedere almeno il luogo della strage e dove, se non per altro, ripercorrere le tappe di quel 3 marzo '44.

Con le indicazioni avute ci recammo alla stazione... ormai abbandonata... ma aperta forse dai vandali... ricordo ancora che legata sulla stazione c'era una pecora e all'interno dei vecchi uffici c'erano tanti documenti e cartacce ancora con vecchi timbri... mi chiedevo:

- Come mai è stato lasciato tutto in stato di abbandono senza nessun controllo da allora?
- Come mai il caso è stato chiuso?
- Come mai tutti questi morti da allora sono stati dimenticati?
- Possibile che questa storia non interessi a nessuno?.

... e così tutto è andato nel dimenticatoio: solo il ricordo vivo dei nostri morti tramite le narrazioni per quel che si sapeva della loro morte e qualche foto ancora in bianco e nero, per chi aveva la fortuna di averla.

Fu ritenuto un evento bellico e da alcuni articoli di giornali si evince che i parenti delle vittime hanno ottenuto un risarcimento (circa trecentomila lire) con una sentenza che ha inserito la vicenda del treno n. 8017 tra gli "eventi bellici" e ha fatto valere la legge speciale (n. 10, del 9 gennaio 1951) di cui è competente il Tesoro e in base alla quale "viene concessa un'indennità per danni immediati e diretti causati da atti non di combattimento, dolosi o colposi, delle Forze armate alleate".

Tutte queste persone sono solo rimaste vive nella memoria dei loro parenti ed è stata narrata la storia, o quel che si sapeva, ai posteri ma mai niente è stato fatto per le proprie famiglie.

Sull'autostrada durante il viaggio di ritorno verso casa avemmo un problema con l'auto, iniziammo a spingerla almeno fino ad arrivare al successivo autogrill...

Dopo un po' ci si presentò una persona tanto gentile da trainarci fino all'autogrill.

Arrivati che fummo all'autogrill parlando del più e del meno eravamo tutti interessati alla stessa cosa: dare un luogo di riposo decente a tutti quei caduti e lui, Salvatore Avventurato, ci disse che aveva fatto costruire nel 1972 una cappella per dare sepoltura dignitosa ai poveri resti delle fosse comuni e se volevamo potevamo anche noi contribuire per dare anche se simbolicamente una degna sepoltura a mio nonno.

Quindi per iniziativa di Salvatore Avventurato, con l'aiuto del Comune di Balvano, ci tassammo anche noi per far riesumare poche ossa, che ora si trovano in uno dei loculi della cappella.

Ringrazio ancora tutt'ora questa persona che ha fatto sì che tutto ciò che è accaduto non rimanga solo un ricordo ma una foto, una lapide, una cappella... e forse chissà, un giorno, il 3 Marzo sarà dedicato alla memoria di tutte quelle persone che per potersi sfamare e poter sfamare le proprie famiglie erano costrette a viaggiare come carico di bestiame ed hanno dato la vita per gli altri.

Grazie a tante testimonianze adesso conosco la storia di mio nonno Russo Giuseppe anche lui morto in quella tragedia.

Poiché anche lui come tanti altri avevo preso posto a bordo del merci 8017 con altri seicento passeggeri, dei quali 521 compirono in quel treno l'estremo viaggio della loro vita, un viaggio la cui stazione d'arrivo aveva il nome "Morte".

Parlando con mia zia, mi raccontava di come gli era arrivata la notizia di quel treno... "sono morte moltissime persone asfissiate nella galleria di Potenza" si diceva il giorno dopo in Paese e mia nonna saputo questo è partita subito, lasciando a casa i suoi figli e andando verso il luogo della tragedia... arrivata lì ha assistito all'orrore più cruento... centinaia di corpi ammassati l'uno sull'altro e ormai era arrivata troppo tardi, quando stavano dando la gettata di cemento... ha provato a guardare, a cercare fra tutti i corpi ma quello di mio nonno era troppo in basso per essere tirato fuori e ormai tutti i corpi stavano andando in putrefazione... ha dovuto abbandonarlo lì, armarsi di tanto coraggio e lasciare alle spalle tutto l'accaduto, ritornando al paese dove c'erano ad aspettarla i suoi tre figli...

Nessuno ha mai raccontato le loro storie. Un disastro dimenticato con la stessa velocità con la quale ufficiali inglesi e americani intimarono di scavare tre grandi fosse comuni nel cimitero di Balvano per seppellire le centinaia di cadaveri, che non sarebbero mai stati conteggiati né fra i morti di guerra né tra quelli della pace da riconquistare. Erano i morti della miseria, da dimenticare, da seppellire in fretta, da nascondere... Era il 1944.

Solo queste furono le notizie che riuscirono ad avere...

L'inchiesta condotta dalle Ferrovie e dalle Forze Armate Alleate non è mai stata ritrovata.

Forse alle famiglie delle vittime dopo tanto tempo basterebbe solo che le Ferrovie e il ministero della Difesa deponessero un mazzo di fiori. Basterebbe solo quello. Almeno il ricordo di loro, che sono in ognuno di noi.

Grazie

Giuseppe Russo

http://users.libero.it/alessandro.tuzza/8017/20040501ilsaggio.html