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                            Luigi Quaratino
La notte  della sciagura era in servizio nella stazione inferiore di Potenza,  dove svolgeva le mansioni di telegrafista.

                                             Luigi Quaratino fu il primo ad apprendere la notizia, a Potenza. Nell'ufficio del telegrafo, aveva nove apparati da controllare: ad un  certo punto di quella notte ("non ricordo più l'ora"), la sua attenzione fu attratta da un S.O.S. trasmesso sul "circuito omnibus" di Baragiano, che collegava Baragiano con le stazioni di Franciosa, Picerno, Tito e Potenza. 

 

 

 

 

 


   All'epoca, gli apparati di trasmissione avevano circuiti più o meno  lunghi denominati, rispettivamente, "diretti" ed omnibus", in  relazione alla funzione alla quale erano destinati: i "diretti" per le  comunicazioni di servizio fra stazioni più importanti; i circuiti "omnibus", invece, per la circolazione dei treni e per la corrispondenza di servizio. 

   Il telegrafista potentino, preoccupato da quell'insolito segnale di allarme, chiese spiegazioni e seppe, sempre dal telegrafo, che l'8017 era fermo in galleria tra Balvano e Bella-Muro per "insufficiente forza di trazione" e che aveva bisogno di soccorso. La procedura fu rispettata e furono informate le autorità.
   "Successivamente - racconta Quaratino - sapemmo che la cattiva qualità del carbone era stata la causa principale della sciagura".

(testimonianza raccolta  da  Mario Restaino.  Un treno, un'epoca: storia dell'8017,, pp. 39-40). 9-

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Treno 8017 in galleria, 70 anni fa 520 morti
In Basilicata più grave sciagura ferrovie. Telegrafista racconta

05 gennaio 2014
 

                                

L'ingresso della Galleria delle Armi e Luigi Quaratino Guarda le foto 1 di 4 L'ingresso della Galleria delle Armi e Luigi Quaratino
Treno 8017 in galleria, 70 anni fa 520 morti
"Capo Stazione Potenza Inferiore, treno 8017 fermo in linea tra Balvano e Bella Muro per insufficienza forza trazione, attende soccorso": così era scritto nel dispaccio di servizio trasmesso con il telegrafo dalla stazione di Baragiano (Potenza) a quella di Potenza Inferiore.
"Ero telegrafista di turno a Potenza - racconta all'ANSA Luigi Quaratino, oggi quasi 91enne - in quella notte di 70 anni fa, tra il 2 ed il 3 marzo 1944, quando l'8017 si fermò nella galleria 'delle Armi' tra le stazioni di Balvano e Bella Muro della linea Battipaglia-Potenza-Metaponto" e consegnò, con il suo carico di morte, il più grave disastro della storia ferroviaria italiana: oltre 520 vittime (bilancio ufficioso, quello ufficiale non è mai stato fatto) soffocate dal fumo delle locomotive.
I morti furono frettolosamente sepolti in una fossa comune del piccolo cimitero di Balvano (Potenza), incapace di accogliere tante salme. Era il tempo della seconda guerra mondiale: i treni, molti dei quali composti dai cosiddetti "carri arredati" (ossia da vagoni merci allestiti con panche di legno), erano pochi e non sufficienti a soddisfare le esigenze delle popolazioni.
I viaggiatori, con o senza biglietto, prendevano d'assalto ogni tipo di treno e si arrangiavano nel miglior modo possibile, viaggiando sull'imperiale dei vagoni, nelle ritirate e addirittura sui respingenti. Si trasportava di tutto, finanche animali vivi, e lo scambio delle merci era regolato unicamente dalle leggi del "mercato nero".
"Quel 2 marzo 1944 - racconta Luigi Quaratino - iniziai alle 20 il mio turno di servizio; dalle consegne del collega che aveva lavorato nel pomeriggio seppi che durante la notte vi sarebbero stati due treni straordinari, entrambi da Battipaglia a Potenza Inferiore: una locomotiva ad orario libero e l'8017. Quest'ultimo treno sarebbe dovuto arrivare a Potenza intorno alle 2 di notte. Tra le ore 21 e le 22, sempre della stessa sera, la stazione di Battipaglia con dispaccio di servizio, comunicò l'ora di partenza dell'8017, la doppia trazione (cioé due locomotive), il peso che le due locomotive trainavano, nonché il numero dei carri (47, per quel che ricordo). Iniziò così il viaggio dell'8017 che si avviò verso il tragico destino che si compì nella salita della galleria 'delle Armi'. Era una notte fredda ed io, come sempre, controllavo i nove apparati di cui era dotato l'ufficio. Seguivo con particolare attenzione la marcia dei treni presenti sulle tre linee che facevano (ed ancora oggi fanno) capo alla stazione di Potenza Inferiore per mettere in condizione il capostazione, dirigente il movimento, di regolare la circolazione dei treni incrocianti. Verso l'una cominciai a seguire la marcia dell'8017 e chiesi notizie alla stazione di Baragiano che, al telegrafo, rispose: 'treno partito da Balvano ore 00.50'. Col trascorrere delle ore tutto sembrava regolare, ma dell'8017 nessun'altra notizia oltre a quella già ricevuta. Intorno alle tre, mentre ero impegnato in altra corrispondenza telegrafica, la mia attenzione fu attirata da un sos lanciato sul solito circuito dalla stazione di Baragiano; quest'ultima m'invitava a ricevere un urgente dispaccio di servizio che diceva dell'8017 'fermo in linea tra Balvano e Bella Muro per insufficienza forza trazione, attende soccorso'".
Il messaggio - ricorda l'allora telegrafista - non lasciava trasparire la gravità di quel che stava accadendo nella galleria "delle Armi" e tutto lasciava pensare "ad una normale richiesta di soccorso dovuta ad un guasto tecnico ad una delle due locomotive".
Il capostazione di Potenza Inferiore si adoperò per allestire nel più breve tempo possibile il mezzo di soccorso: la locomotiva partì da Potenza poco dopo le 5 del 3 marzo, per fornire la forza necessaria per trainare l'8017 fuori dalla galleria. "Ma la situazione era ben diversa da quella che si pensava", ricorda Quaratino.

"Le notizie che man mano giungevano e i testi dei telegrammi di servizio diretti ai vari indirizzi, comprese le Autorità istituzionali della Provincia che mi toccava transitare, misero in luce la tragicità di ciò che era accaduto nella galleria. Oltre 520 viaggiatori, avvelenati dai gas tossici sprigionati dalle due locomotive, erano morti". Nelle ore che seguirono la tragedia, appena la galleria si liberò dal fumo e dai gas tossici, il treno 8017, col suo carico mortale, fu retrocesso e ricoverato sui binari del piccolo scalo merci e le salme allineate sul marciapiede e nelle zone circostanti la stazione di Balvano.

Dopo quel gravissimo incidente, furono adottati provvedimenti restrittivi per salvaguardare la sicurezza: "fu ridotta - ricorda l'allora telegrafista - la prestazione dei mezzi di trazione con l'assoluto divieto della doppia trazione e della spinta in coda; furono istituiti dei posti di vigilanza ai due imbocchi della galleria per accertare la regolarità della ventilazione intervallando di sessanta minuti la circolazione dei treni a trazione a vapore. I provvedimenti restarono in vigore per diversi anni e furono rivisti solo nel 1959 in seguito all'entrata in servizio delle locomotive diesel. Perché l'8017 si fermò nella galleria? Fu a causa dell'eccessivo peso trainato o di un guasto ad una delle due locomotive? E, con il convoglio fermo, perché i macchinisti di due locomotive di così elevata potenza (una 480 e una 476) non riuscirono a rimuovere il treno? Malinteso fra di loro o con i frenatori che, serrando i freni, inchiodarono il treno alle rotaie? Domande alle quali non si è mai riusciti a dare una risposta e che lasciano tuttora insoluto il mistero sulle cause della più grave sciagura ferroviaria avvenuta in Italia.
 

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/speciali/2014/01/05/-Treno-8017-fermo-galleria-70-anni-fa-520-morti_9853550.html

 

                                      Mario Motta
Di professione deviatore.

  Quel giorno, per Motta era cominciato come gli altri, con una camminata da Balvano a alla stazione, intorno alle ore 6.30, per prendere servizio. 

   Arrivato allo scalo ferroviario, insieme ad un collega, Motta seppe che l'8017 non era arrivato a Bella-Muro. Il capostazione di Balvano aveva appena ottenuto di far -avanzare dalla stazione di Romagnano la locomotiva di un altro treno: la vaporiera cominciò il suo viaggio verso Bella-Muro, alla ricerca dell'8017. Racconta Motta: "Io ero seduto sulla parte anteriore della locomotiva, il capostazione stava con il macchinista; sulla linea, davanti a noi, camminava il cantoniere Giuseppe Fotia, così si chiamava se la memoria non mi tradisce. Fra le due gallerie dei tre e dei 14 finestroni trovammo il frenatore che occupava l'ultimo veicolo dell'8017 e che stava camminando verso Balvano. Alla galleria "delle armi", gli ultimi tre carri dell'8017 erano fuori".
I "soccorritori" erano muniti di maschere e ciò permise loro di entrare nella galleria: dovettero farlo perché - mi ha spiegato Motta - fu necessario "sfrenare", cioè sbloccare i freni di 13 veicoli...<omissis>

Un altro particolare Motta mi ha riferito: il macchinista della locomotiva fatta avanzare da Romagnano andò a controllare le leve della 480.016 e della 476.038: erano nella posizione di retromarcia. E' confermato il fatto che la galleria era invasa dal fumo ancora diverse ore dopo l'incidente: "L'aria - racconta Motta - era gialla fino a un'altezza di circa venti centimetri da terra. Chi, dei viaggiatori, era caduto sulla massicciata era vivo perché a quell'altezza vi era un minimo di ventilazione. Comunque in quella galleria non vi erano mai stati problemi e su quel tratto di linea non si trovano segnali di alcun tipo".

Il problema - e il mistero, in qualche modo - è dunque rappresentato dai freni. Motta ha ricordato di aver sentito parlare di alcuni fischi partiti dalla locomotiva quando l'8017 era già nella galleria. Lo ha sentito dire da qualcuno che deve averlo appreso da qualche superstite. Questo particolare, da solo, non significherebbe nulla se non collegato allo stato delle ruote dei veicoli, notato da Motta quella mattina erano appiattite, sfaccettate. 

(testimonianza raccolta  da  Mario Restaino.  Un treno, un'epoca: storia dell'8017,, pp. 41-44). 9-

                                Vincenzo Pacella
                                                                                       Di professione artigiano, oggi ultraottantenne, all'epoca 22 anni, un giovanotto dal fisico possente. E'  rientrato a Balvano dopo l'armistizio dell'8 settembre, dalla Jugoslavia. Ha  visto morire un soldato italiano, ucciso dai tedeschi, solo perché aveva gridato viva l'Italia.

Nel '44 eravamo tutti sbandati», ricorda. "La notizia arrivò in paese intorno alle 7 del mattino. Andammo e alla stazione, un po' perché obbligati dal podestà e dai carabinieri, un po' anche per curiosità. 

Il treno era stato trainato nella stazione di Balvano e una parte del convoglio fu  sistemata sulla linea cosiddetta "piccola velocità", dove cioè stavano i carri adibiti al trasporto del materiale scavato in una piccola cava.

    Fui uno dei primi a giungere sul posto. Poi altri si aggiunsero e   cominciammo a scaricare.

   Cosa ho visto? Sul tender appena dietro la prima locomotiva, sul carbone, c'erano quattro donne e due uomini. 

  Un giovane morto  aveva una sigaretta non ancora accesa fra le dita di una mano e, fra quelle dell'altra mano, i fiammiferi. Un altro aveva la sigaretta in bocca. Un altro ancora stava succhiando un uovo.

  Sul tender della seconda locomotiva  vi erano tre uomini e due donne. 

  I cadaveri li allineammo sui marciapiedi della stazione, gli uomini  sempre divisi dalle donne: erano 523 o 533, non lo ricordo più con precisione. 

    Quelli che davano segni di vita venivano messi nella sala d'attesa. Gli altri sul marciapiede.

  La rimozione dei cadaveri finì nella tarda mattinata e nei giorni successivi lavorammo per scavare le fosse, nel cimitero. Ricordo che un uomo riconobbe fra le vittime il fratello: i carabinieri gli chiesero come poteva esserne sicuro e lui  spiegò che, in una calza, avrebbero trovato del denaro. C'era per davvero. 

   (testimonianza raccolta  da  Mario Restaino.  Un treno, un'epoca: storia dell'8017, pp. 44-45, integrata con 'intervista nell'articolo di Agostino Gramigna e Adolfo Pappalardo Casi da riaprire - La più grande catastrofe ferroviaria - CARO PRESIDENTE CIAMPI, SI RICORDA DEL TRENO DEI MORTI? pubblicato in "Sette", 4 marzo 2004, pagine 42-44)

                        

                                             * * * 

"Vincenzo Pacella, vorrebbe inanzitutto fare una precisazione, che la data del nefasto evento è da collocarsi nella notte tra il 3 e 4 di Marzo del 1944. Il treno sarebbe dovuto transitare per la stazione di Balvano intorno alle 21: 30 del 3 Marzo, ma con molta probabilità fu data la precedenza ai treni militari e l'arrivo avvenne verso le 22:00 dello stesso giorno. La notizia della sciagura giunse in paese, a Balvano, verso le 7: 30 del mattino seguente (4 Marzo).

Il capostazione di Balvano Vincenzo Maglia ha chiamato la stazione di Bella-Muro, dicendo che il treno era partito da Balvano alle 22:00, Balvano- Bella Muro sono distanti circa 14 minuti in treno.

Il capostazione, dopo aver avvisato della partenza del treno da Balvano, non si è più preoccupato di sapere se fosse arrivato alla stazione di Bella-Muro.

Il capostazione di Bella-Muro, non vedendo arrivare il treno, verso le 5 o le 6 del mattino ha mandato un operaio a controllare, che si è recato a piedi lungo il tragitto che avrebbe dovuto compiere il treno ed ha impiegato circa un'ora per raggiungere la galleria delle Armi, in cui si sentiva il rumore delle locomotive, ha chiamato i soccorsi dalla stazione di Balvano a quella di Sicignano, che si trova vicino a Vietri di Potenza.

Le macchine erano tutte e due avanti, non erano italiane.

Allora, quando i treni partivano, c'era l'ELMO 40, un servizio previsto dalle ferrovie per rilevare se sul tragitto che dovevano percorrere ci fossero lavori in corso o frane.

Tra i morti c'era anche il Dott. IURA di Baragiano, "l' ho riconosciuto perché a Balvano ho avuto per maestra la sig. ra Iura, la mamma del dottore", il suo corpo è stato posto vicino alla sala d'aspetto della stazione.

I viaggiatori che si trovavano sui vagoni in coda al treno (negli ultimi 100-150 metri della galleria, lunga quasi 3 KM) si sono salvati.

Il 4 Marzo 1944 sono state scavate tre fosse comuni, in cui sono stati seppelliti circa 550 persone, le donne separate dagli uomini.

Il 5-6 Marzo ha nevicato, Vincenzo Pacella è andato via verso l'ora di pranzo del 4 Marzo dalla stazione, erano già arrivati gli inglesi ed americani da Potenza, ma lui ha continuato a togliere le salme dai vagoni e non ha visto cosa succedeva intorno, ricorda che 8 o 10 persone sono state portate nella sala del Fascio.

Ho chiesto a Vincenzo Pacella di essere più preciso, ma mi ha detto di non ricordare altro e che se gli fosse venuto in mente qualche altro particolare me l'avrebbe comunicato la prossima volta che ci saremmo visti.

(Testimonianza rilasciata e fatta pervenire da Antonella Pacella  giovedì 03/06/2004 19.14)

 

 

                          ORAZIO PACELLA
Quel mattino di marzo don Pacelli, il vecchio parroco, suonò le campane e uomini e donne scesero di corsa verso la stazione. Allinearono i cadaveri sulla pensilina, portarono i primi soccorsi a quelli che erano ancora in vita. C'era il medico condotto, Orazio Pacella, che adesso ha ottant'anni ed è malato, ma non può dimenticare quel giorno. Racconta: «Un silenzio irreale, la neve e tutti quei poveretti. Mostrai ai ferrovieri e ai contadini come si fa la respirazione bocca a bocca. Avevo solo cento fiale di adrenalina, non potevo permettermi di sbagliare. Saltavo da una vettura all'altra, cercavo un cenno di vita nei riflessi oculari, poi facevo l'iniezione al cuore. Nessun altro medico per tutta la mattinata. Poi arrivarono le autorità da Potenza con una dottoressa americana. Allontanarono tutti, anche me. Ne avevo salvati 51, mi restavano 49 fiale, avrei potuto salvarne altri. Protestai, Dio mio, fatemi salvare altre vite. Mi cacciarono. E questo è il tormento che mi accompagna da quel giorno.

(da Cenzino Mussa, E la morte scese sul treno, pubbl. su "Famiglia Cristiana" 4 marzo 1979, pag. 40-46)

cappello in mano giro qua e là
per le viuzze di Praga
sfiorando le sue pietre.
Sono ruvide,
ma un poeta le ha coperte di baci.
Tutta la vita ho amato Praga,
così come l’hanno amata
tutti i nostri poeti
UGO GENTILE: Sono il Capostazione di servizio a Baragiano 3 marzo1944
 
Sono il capostazione Ugo Gentile di servizio nella notte del 2/3 marzo 1944 presso la stazione di Baragiano, allora giovanissimo appena 19 anni, il libro scritto dal dr Barneschi è quasi corrispondente alla verità dei fatti,dovuta a qualche testimonianza inesatta evidentemente a causa del tempo trascorso per cui la memoria ha tradito l’effettivo svolgimento dei fatti. Infatti diverse esposizioni dei testimoni non trovano riscontro nell’accaduto in quanto il sottoscritto era l’unico responsabile a decidere se occorreva o meno il rinforzo in coda da Romagnano e quindi la lunga sosta a Balvano e poi prima dell’ingresso nella galleria delle Armi era sistematicamente un fatto normale perchè le inefficienze delle locomotine, bottino della guerra 15/18, e la pessima qualità del carbone era la causa principale delle lunghe soste per l’accudienza alle locomotive. Naturalmente alimentando il fuoco con carbone tipo legnite provocava un fumo denso con combustione di ossido di carbonio che andava direttamente nell’abitacolo degli agenti alla guida delle locomotive con le note conseguenze.ciò premesso il capostazione di Bellamuro da me sollecitato per telegrafo, l’unico mezzo di comunicazione, intervenne soltanto dopo l’abituale cosuetudine di attendere un congruo periodo di sosta per l’accudienza della locomotiva.Purtroppo per l’allora regolamento circolazione treni non era possibile inviare in ricognizione una locomotiva essendo semplice binari per cui era il Capotreno a prendere l’iniziativa di avvisare la stazione in caso di deficienza di trazione o per altro motivo che il capostazione di servizio non era a conoscenza.Da parte mia premevo l’arrivo del treno 8017 in quanto in stazione a Baragiano sostava il treno 8000 occupato da militari americani che dovevano raggiungere il fronte di Cassino ove era l’armata americana che combatteva contro i tedeschi. Aggiungo che di stanza a Baragiano vi erano due capistazione americani che con il principale ausilio dei ferrovieri italiani gestivano l’emergenza dopo la liberazione dai tedeschi la parte sud dell’Italia.Allo scrittore Barneschi che mi interpellò, prima della pubblicazione del libro, ho precisato la limitazione del numero degli intervenuti al soccorso, perchè se ci fossero stati più soccorritori si sarebbero potuto salvare altri viaggiatori dovuto alla difficoltà di rimuovere i cadaveri e non dare soccorso soltanto a chi dava segno di vita, anche questo fu la maggiore causa di tanti cadaveri. Per eventuali chiarimenti di chi mi vuole contattare il mio telefono 089/231299 -229732.
Inserito il: 09/02/2006

http://www.unilibro.it/find_buy/product.asp?sku=12081804

 

 

                          

 

                                 

 

                            Nelle foto Ugo Gentile al centro con due colleghi

                                  Rip. da http://www.telecolore.it/?p=32272

                                   

 

 Ugo Gentile
Sesso:
Uomo
Data di nascita:
1 ottobre 1924
Situazione sentimentale:
Sposato
Mi piacciono:
Donne
In cerca di:
Amici in rete
Orientamento politico:
attualmente nessuno ero PIUSUPPINO
Orientamento religioso:
ateo
 

 

Ex capostazione, 65 anni orsono soccorritore del disastro della galleria di Balvano e vorrei conoscere se ci sono viventi di quel maledetto treno 8017.Giocatori di calcio nel ruolo di portiere .Ho giocato: S.Sevirenese, Salernitana, Paganese, US Pollese, US Pontecagnano. Corso di allenatore di calcio anno 1955 a Napoli S.G. campo Cirio allenando successivamente la Spadaforese (Sicilia)e squadre di promozioni locali.Rappresentanza calcio ferrovieri in Svezia anno 1952, presidente Dopolavoro Ferroviario di Salerno, membro della Camera di Lavoro di Salerno, membro della segreteria del Sindacato Ferrovieri Italiani/CGIL, membro C.D. del Pisiup, Capostazione Titolare: Terzigno, Cava dei Tirreni, Ortona a Mare e Battipaglia 1° aggiunto a Salerno e Bolzano, Titolare provvisorio: San Candido, Monguelfo, Casteldarne, Dirigente Centrale a Napoli, Bolzano, Messina , Dirigente Unico: Mercato S.Severino, Campobasso, Benevento , Avellino, Lagonegro, Macomer, Sassari Isola Bianca, Gragnano.Merano. Segretario C.I. stazione Salerno, rappresenta Compartimentale SFI/CGIL Napoli, Delegato d'impianto Dirigenza Centrale Napoli. Membro della segreteria PCI ferrovieri sezione Maffei Salerno
Capostazione aggiunto: Salerno, Sicignano, Bellamuro, Tito, Baragiano Montecorvino Pontecagnano. Trsfertista: Picerno, Balvano, Contursi, Persano, Eboli, Vietri S/M, Nocera Superiore ed Inferiore, Pompei, Villabassa, Dobbiaco, Brunico, Bressanone, Fortezza, Castellammare di Stabia. Per non tediare chi legge mi astengo di elencare altri incarichi o canditature per elezioni politiche ed altre.
Pertanto vorrei contattare tutti quelli che ho conosciuto nell'esercizio della mia propfessione.

 

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Sono Ugo Gentile ex capostazione, unico vivente, che era in servizio a Baragiano la notte del disastro e successivamente intervenuto con la locomotiva di soccorso e la rimozione dei cadaveri.Se mi volete contattare al telfono: 089/231299: Naturamente mi associo a Dino per l'iniziativa.

 

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