Calabuscia
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CALABUSCIA - Pag. 270 - £. 25.000 Aetas Internazionale - Roma

 

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E' il racconto di una guerra inedita, quella di una fuga dopo l'armistizio lungo tutto la penisola di due napoletani, padre e figlio,alla ricerca di una salvezza che si rivela una mera chimera.

"Calabuscia" è la trasposizione partenopea di calaboose(in americano "gattabuia") e indica il precipitare continuo, in guerra come in pace, da un carcere all'altro fino all'esito finale dell'ultima prigione,la morte.

I personaggi parlano in dialetto napoletano. Questo contribuisce a dare un'atmosfera da filosofia di vita partenopea ad avvenimenti ora decisamente burleschi in sé ora tragici.

*Al libro, scritto col sistema ipertestuale Teseo, sono state aggiunte nel marzo 1996 schede di supporto per la diffusione nelle scuole medie inferiori e superiori. Adottato come libro di testo nell'Istituto Platone di Casalpalocco, dove l'autore ha tenuto conferenze per spiegare il nuovo romanzo storico del 2000("Da Manzoni al computer").

*Vincitore nel maggio 2001 del premio letterario "Il Telescopio" con un racconto tratto dal romanzo.

http://digilander.iol.it/lucioleo/zeus51/51verro.html

*Citato nell'articolo di Simone Navarra, Balvano, la tragedia dimenticata, su "Il Nuovo" 2 marzo  2002

http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,108993,00.html

 

 

 

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MOTIVI D'INTERESSE

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In occasione delle celebrazioni del cinquantenario della liberazione il libro per la sua capacità rievocativa di suggestioni dell'epoca(si opera talora una minuziosa ricostruzione di oggetti, mode, costumi etc.) e di fatti realmente accaduti, è adatto sia a un pubblico anziano che quegli avvenimenti vissero, sia ai giovani per far conoscere situazioni in fui furono coinvolti i lorro padri.

 

 

 
 

 

       PREFAZIONE

L'idea di scrivere questa storia sulla Seconda Guerra Mondiale nasce da un gesto di affetto verso i miei genitori,i quali hanno voluto raccontarmi le loro memorie di quei tempi terribili.

La mia generazione è sorta appena pochi anni dopo quella disastrosa guerra.Rispetto ai figli veri e propri del conflitto faccio parte della schiera dei nati un momento dopo,di quelli che pur venuti fuori in tempi di pace sentono ancora addosso la casualità di un'esistenza,dove la nascita dei singoli è stata più che mai appesa a fili di vicende orrende.

Ho sempre avvertito fin da piccolo,come tanti ragazzi della mia generazione,un'idiosincrasia viscerale nel vedere e leggere fatti di guerra,che mi davano quanto meno un senso di noia e di cupezza.

A quarant'anni ho posto fine a quell'esorcismo che,rovesciandosi,nella consacrazione mi riforniva di una nuova gioia di vivere.Mi sono messo allora a registrare i ricordi dei miei cari,a raccogliere qua e là testimonianze vere di amici e conoscenti che vissero quegli anni da civili,da soldati,da deportati,sicché dall'avversione al genere,percependo il sentimento che animava quelle storie,è nato come per incanto l'entusiasmo di un narrare.

Ho potuto constatare in quei racconti una sorta di enigmatico enantiodroma.Notavo infatti che i più non avevano piacere a raccontare,vittime anch'essi di un esorcismo della memoria,che rinnegava il vissuto per dimenticare per sempre il dolore del tempo catastrofico.Quando però prendevano il via, notavo che divenivano preda di una meraviglia,prima per me che chiedevo di quel tempo,e poi per se stessi animati da uno spirito superiore su fatti,che ormai lontani,sembravano essere entrati nel dominio di una superiore coscienza.Quella coscienza del saggio che sa,accetta e racconta,sempre ha dato felicità agli anziani di tutte le latitudini.

Mi sono chiesto anche quale significato avesse per un figlio raccontare la guerra vissuta dai padri e ho trovato nell'impresa un valore profondo.Fondere la mia emozione letteraria e culturale con le vicende brute raccontate dal trovatore genitoriale,permetteva un trasfert veramente eccitante con le generazioni passate e alla fine,in un'unione di comprensione senza sforzo,generava una nuova comprensione che annullava il tempo.

Contemporaneamente il cronotopo zero,che è proprio della dimensione atavica,introiettava il rapporto in una dimensione mitica,là dove il senso di grande antiquatezza della Seconda Guerra Mondiale,così nuova,ma già così vecchia, permetteva alfine di ricevere quella fabulazione metafisica di cose che mai più ritorneranno.

Dopo essermi dilettato a descrivere fantastiche catastrofi sociali,raccontarne una vera mi sembrava ancora più elettrizzante.E questo nell'esaltante consapevolezza che la Seconda Guerra Mondiale è stata anche l'ultima grande guerra internazionale combattuta dall'uomo.O forse la penultima,perché la prossima,se ci sarà,durerà lo spazio di 48 ore e ognuno se la potrà godere stando comodamente sprofondato in poltrona in attesa che i raggi atomici brucino le nostre carni.

                      * * *

Un'ipotesi agghiacciante? Va bene. Ma intanto le schiere di mortali, con o senza guerre, continuano a salire lassù come notava l'ingegnere Luciano De Crescenzo in un nostro dialogos sull'argomento.

Lui, maestro di narrativa nella napoletanità, ha voluto dilettarsi a parlare con me di questo mio quasi isolato tentativo di esplorazione nel labirintico slang partenopeo. E, filosofeggiando, mi ha prospettato l'ipotesi che anche i miei avi, come i suoi in Oi dialogoi, chiedano notizie su di me alle fresche anime arrivate.

Eccoli là nonno Gennaro e nonna Giulia(eroi popolari della storia che vi apprestate a leggere) "sulla soglia del Paradiso, che chiedono informazioni a tutti i napoletani in arrivo" e in particolare a una giovane coppia morta in un incidente stradale.

    "Da dove venite?".

"Da Torre del Greco...Abitavamo a Montedoro...vicin'a Casina Rosa...proprio sott'o Vesuvio".

"Sapete niente di un certo Gennaro Francione, amico di Luciano De Crescenzo?".

"Luciano De Crescenzo lo conoscono tutti come scrittore. Gennaro Francione... è noto tra i delinquenti!".

"I delinquenti?!" chiede interdetto il nonno indurendosi, mentre la consorte buonanima mette l'indice piegato in bocca e diventa più pallida di quello che di solito è.

"Certo! Fa il giudice!" risponde l'anima maschia.

"Aah...". Il nonno si rilassa e osserva sfiatando la mogliera che molla il dito. Poi, impettendosi fiero del nipote rivestito di una carica così nobile, continua: "Ma ci avevano detto che vuleva fa' 'o scrittore... è bravo...comm' a De Crescenzo!".

"Ci dispiace. Non sappiamo davvero nulla di questo".

"Allora ve lo dico io. Ha scritto una bellissima storia su quella seconda maledetta guerra che io e la mia famiglia abbiamo vissuto...".

"Ce l'ha la prefazione di un autore famoso?".

"No. Per quelle cose ci vuole un santo in Paradiso... Anche se si è bravi...".

"Perché non vi rivolgete là sopra?", fa la spiritella. "Lassù... è un'idea. Il nostro Superiore ha fatto quello splendido volume tradotto in tutte le lingue del mondo che è la Bibbia e una mano ce la darà".

E fu così che i due vecchi per aiutare il nipote scrittore chiesero udienza nientemeno che al Sommo. Molto dovettero faticare per superare le non poche difficoltà frapposte dalla burocratica schiera di San Pietro. La coorte sanpietrina aprì loro con mille grimaldelli le infinite porte, con non poco dispendio di tempo, proprio per superare i centomila trabocchetti frapposti agl'imbroglioni di mezzo mondo(con in testa quelli di Forcella) che, per essersi pentiti per tempo, pure hanno accesso in paradiso.

Alfine la Luce esplose fortissima innanzi a loro, ma dopo la prima gioia i due vecchiarelli se ne tornarono con la testa ciondolante in spalla.

"Avete domandato allora grazia a Dio?" chiese la coppietta di Montedoro che la cosa se l'era presa a cuore.

"Abbiamo chiesto ma Egli nulla può".

"Ma come?! Possibile?! E che vi ha detto?".

E' la Giulia a parlare, perché a lei, indubbiamente più devota come lo sono tutte le pie donne di Napoli, il marito lasciò il sublime compito di elevare l'altissima prece.

"Egli disse: 'Signora se è amico di De Crescenzo dovrebbe bastare... Lui con quei capelli grigi e la barba bianca sembra un santone indocristiano. E' gentile, educato e di buon cuore. Ma soprattutto sa apprezzare quello che vale. Se la prefazione la fa quello là sotto...".

E così fu. Il gatto si morse la coda e il galantuomo ingegnere, il padreterno della scrittura terrena napoletana, una mano ce la diede.

A nome anche di quelle pure e translucide anime trapassate, davvero grazie, ingegnere.

I pezzi di Oi dialogoi(ott. '85) in originale e parafrasati sono stati riportati per gentile concessione dell'autore Luciano De Crescenzo e della Arnoldo Mondadori Editore.

 

 
 

DALLA PRESENTAZIONE DI "CALABUSCIA" AL WHITHE SHIVER DI PAOLO PROCACCINI

"Calabuscia" è un romanzo che somiglia molto al suo autore. E' infatti frizzante, umano, ironico, ricco di proposte e citazioni di varia cultura, senza essere inutilmente saccente.

In esso si narrano le vicende umane di una famiglia, in chiave autobiografica, nel periodo a ridosso della fine dell'ultimo drammatico conflitto mondiale.

La tragedia narrata è quella del popolo italiano, preda dei dissidi delle parti politiche in lotta(fascisti ed antifascisti), ma soprattutto delle violenze materiali e morali degli invasori nazisti. Un falso barlume è l'avvento degli Alleati, perché anch'essi sotto camuffata veste di liberatori impongono al popolo rinnovate sofferenze morali.

Un intero paese dilaniato viene dipinto da Francione, con mano leggera, ma non per questo meno rigorosa nella condanna.

Lo stile del narratore è sobrio, asciutto. Pur nel dramma in alcuni punti le vicende, come è nella vita anche nei peggiori momenti, sanno suscitare il sorriso. Ma la valutazione delle responsabilità oggettive, delle scelte umane contrarie a qualunque idea di rispetto dell'umanità, è ferma e motivata. Come si può immaginare che accada nelle sentenze che l'autore emette, nella sua altra veste di giudice penale.

Il romanzo è molto attento nella immedesimazione con l'espressività popolare, con i sentimenti e le aspirazioni della gente semplice, presa nell'ingranaggio di eventi epocali. L'uso del linguaggio dialettale nelle conversazioni si articola nei vari idiomi delle regioni attraversate nel fluire del racconto.

Ci troviamo letterariamente nell'ambito del genere dei libri di viaggio, in quanto tutta la prima parte descrive la "grande fuga" degli eroi maschili, per scampare la prigionia, attraverso il nostro paese preda degli eserciti occupanti.

In seguito il viaggio continua ed è una serie di piccoli viaggi della fame, alla ricerca di sostentamento, per far campare la numerosa famiglia. Un viaggio tragico che lascia il segno sugli eventi: è quello nel quale perde la vita e i faticati risparmi la madre courage della storia, l'infaticabile donna Giulia, contrabbandiera forzata per procurare cibo ai suoi nove figli.

E' un forte simbolo del gusto per il calembour drammatico del nostro autore, che il titolo del suo libro sia in assoluto contrasto con il movimento che caratterizza il raccontare. Infatti "Calabuscia" è la deformazione di calaboose, gattabuia, luogo di detenzione, arresto d'ogni moto libero.

Paolo Procaccini 30 Gennaio 1995

 

 
 

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                  GIUDIZIO DEL PROF. HARALD KANHEMANN

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Il libro non è indice di napoletanità, anche se si avvale del mondo partenopeo per creare situazioni pittoresche,ma è emblema di italianità. Io che sono tedesco e vivo da trent'anni in Italia l'ho letto e mi ha fatto penetrare nella psicologia di questo popolo.

La guerra non è stata mai sentita dagl'italiani. Essa è deprecabile in ogni caso ancor più se imposta.

Lo spirito è ellenistico. Ricorda la stoà, non quella degenere attuale,ma la vera, quella in bilico tra una fatale rassegnazione e un lume di speranza che alita sempre, anche nei momenti più bui.

Lo stile ricorda quello dei cronachisti romani alla Sallustio o alla Cesare nel De Bello Gallico. Sallustio, anch'egli giudice(pretore propriamente) era uno storico capace di dare un quadro vivo, drammatico delle vicende umane, infine di creare una letteratura su base storica dove era importante più l'interesse della vicenda che non la precisione cronachistica del narrare.

Asciutto eppur profondo, incisivo, è lo stile di Calabuscia tale da accattivare il lettore. Le immagini sono cinematografiche, plastiche.

E' usato l'humor nero, l'ironia, la struttura del dire a metà, tutte forme del poetico che valgono per quel che dicono ma ancor di più per quanto non dicono. E' lasciato al lettore continuare il senso, interpretarlo, intuirlo,acuirlo.

(Dr. Harald Kanhemann, Agente letterario di Eulama,30.1.92 giorno dell'orologio tricipite e lunare. Malgrado il giudizio esaltante, dirà che l'opera non è accettata dal mercato italiano:non sono conosciuto, la guerra non interessa, il libro richiede concentrazione).

*Per Sallustio la conoscenza dei luoghi doveva aiutare la conoscenza dei fatti.

 

 
 

           EMOZIONI DI STEFANO LOCONTE, PRESIDENTE DELL'ANTIARTE

Questo libro è una culla.

Sottolinea la metafora del mondo in sfacelo:

Questa città ha la bellezza insopportabile di un cadavere ancora caldo, o comatoso, tutto perfetto, troppo, con la pulizia scolpita del corpo immoto un'attimo prima della decomposizione finale.

La voce fresca del bambino:

Un passione senza limiti mi veniva poi dal teatrino dei burattini.Pulcinella mi mandava in sollucchero, ma fu una vera estasi quando per due soldi un burattinaio venuto a esibirsi a Torre mi propose di muovere la morte perché suo figlio era malato. Sì dovevo muovere la morte velata.

"Mamma mia che paura!" diceva Pulcinella vedendo là sopra il mio pupazzo."Chi site?".

"Song' 'a morte" facevo io."'A morte!".

"E chi v'ha chiammata?".

"Vuje...".

"Io?!Io....".

Pulcinella prendeva a tremare al che veniva per me il momento più elettrizzante. Afferravo un bastone e scatenavo paraccoliate schioccanti sulla sua testa fino a farlo stramazzare.

 

 
 

 

 

BIBLIOGRAFIA

STORIA

STORIA DELLA RESISTENZA ITALIANA-R. BATTAGLIA-EINAUDI- TORINO,1964

SULL'ARMA SI CADE MA NON SI CEDE!(I MARTIRI DI CEFALONIA E DI CORFU')-CAPP. MIL. LUIGI GHILARDINI-GENOVA,1965

IL QUALUNQUISMO-G. PALLOTTA-BOMPIANI-MILANO,1972

STORIA D'ITALIA-P. ROSSI-MURSIA-TORINO,1973

GUERRA PARTIGIANA-D. L. BIANCO-EINAUDI-CASARILE(MI),1973

L'ITALIA DELLA DISFATTA(1940-1943)-I. MONTANELLI/M. CERVI- RIZZOLI-MILANO,1983

STORIA DELLA REPUBBLICA ITALIANA-G. BOCCA-EDIZIONE CDE- CLES,1984

L'ARTE DELLA GUERRA-SUN TZU-GUIDA EDITORI-NAPOLI,1988

CRONACA

IL GAZZETTINO DEL MEZZOGIORNO-III TRIMESTRE 1943

IL RISORGIMENTO-

OGGETTI D'EPOCA

IL MONDO(Catalogo flash di oggetti anni '30='40)-G. GANDINI- RIZZOLI-MILANO,1974

MUSICA

GLI ARNESI DELLA MUSICA-L. PINZAUTI-VALLECCHI-FIRENZE,1973

LA CANZONE NAPOLETANA-P. GARGANO/G. CESARINI-RIZZOLI-MILANO, 1984

DIALETTO E MODI DI DIRE E DI FARE NAPOLETANI

MOTTI E PROVERBI DIALETTALI DELLE REGIONI ITALIANE-OSCAR MONDADORI-VERONA,1977

VOCABOLARIO NAPOLETANO-ITALIANO ITALIANO-NAPOLETANO-A. SALZANO.EDIZIONI DEL GIGLIONAPOLI,1979

TRADIZIONI E COSTUMI D'ITALIA-ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI- TORINO,1983

NAPOLI-TOURING CLUB ITALIANO-1985

 

 
Balvano, la tragedia dimenticata

Oggi ricorre l'anniversario del disastro ferroviario del '44 in cui morirono oltre 600 persone. E ancora ci sono dubbi sulle responsabilità. Colpa degli americani che sovraccaricarono il treno o inevitabile fato?
di Simone Navarra

ROMA - Una tragedia dimenticata e che per molti non ha ancora una spiegazione. Oggi è l'anniversario di uno dei più gravi incidenti della storia ferroviaria d'Italia eppure ancora non si riesce a individuare un responsabile certo per quanto accaduto all'espresso 8017 nella tratta Napoli-Potenza, nella galleria di Balvano, alle prime ore del mattino del 3 marzo 1944. L'unico dato certo, dopo 57 anni, sono le 526 persone morte per aver respirato i gas venefici della vecchia locomotiva a vapore, rimasta bloccata nel tratto in salita, poco prima dell'arrivo alla stazione del paesino della Basilicata. Tutto il resto è un interrogativo senza risposta. Una congettura carica di dolore su cui si possono al massimo lambiccare gli storici interessati.

Secondo quanto scriveva "Il Giornale del Sud", martedì 7 marzo la causa di tutto è da attribuire al gran numero di clandestini che avevano preso d'assalto quello strano convoglio, con dodici vagoni a carico normale e 33 ufficialmente vuoti. Ma non sembra così certa questa verità. Più di uno tra i superstiti parlò chiaramente di ordini dati dai soldati americani di aggiungere vagoni in almento quattro stazioni intermedie. Così da allungare, in modo innaturale, la sequenza di carrozze. E si aggiunge subito dopo altre domande: possibile che i macchinisti non si rendessero conto di creare una camera a gas? E se sì, perché continuarono ad alimentare le caldaie?

A partire da questi interrogativi Gennaro Francione, giudice e scrittore, ha costruito un romanzo dal sapore d'inchiesta, "molto intriso di ricordi", Calabuscia. E' la storia semplice e pulita di donna Giulia (la nonna di Francione ) che faceva da corriere per il ricco mercato nero partenopeo e che prendeva spesso quel treno. "Era una signora eccezionale, con un grande coraggio. In un periodo tanto difficile riuscì a procurare il mangiare per i suoi figli e ad essere punto di riferimento per tutte le persone che la conoscevano. In calce al mio libro invito tutti coloro che sono in grado di riferire su questo tragico fatto con ricordi, testimonianze di scrivere alla redazione che provvederà a stilare un libro bianco. Purtroppo l'oblio però rischia di mangiarsi la memoria e di far scomparire questa ferita tutta italiana".

L'ossido di carbonio uccide, secondo i manuali, in cinquanta o sessanta secondi eppure non c'è ricordo di allarmi o di allerta. I primi soccorritori si trovarono di fronte allo spettacolo allucinante di una massa compatta di corpi l'uno sopra all'altro. "Sulle prime nei vagoni - si legge nel romanzo - tutti i passeggeri si sono accorti che il convoglio si è fermato e sono inquieti, anche se non sanno bene cosa stia succedendo. Nell'oscurità totale degli antri metallici ricolmi di uomini e cose volano borbottii, commenti,lamenti, bestemmie. Solo alla fine, quando il fumo invade l'ambiente in maniera sempre più fitta e la gente prende a tossicchiare, il panico comincia a diffondersi, anche se ancora nessuno osa muoversi. Il non sapere cosa stia succedendo impedisce d'intuire il cosa fare". E' l'inattività fatale. "Spero che un giorno venga sollevato il velo - conclude Francione - su un fatto tanto grave. E forse alle famiglie delle vittime dopo tanto tempo basterebbe che le Ferrovie e il ministero della Difesa deponessero un mazzo di fiori. Basterebbe quello".

(2 MARZO 2002; ORE 17:00)

 

http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,108993,00.html

 

 
http://www.diario.it/cnt/iniziative/memoria_lunga/elenco.htm

http://www.diario.it/index.php?offset=&page=ini.memorialunga.view&id=ML000000&iniziale=A

 

 

Questa nuova opera del giudice-scrittore Gennaro Francione, ispirata da un profondo sentimento di umanità, consiste nel racconto che il padre fa al figlio, che è l’autore del libro, delle esperienze drammatiche affrontate nel viaggio da Venezia a Torre del Greco verso la fine della Seconda Guerra Mondiale. Un viaggio che è piuttosto una fuga disperata verso la salvezza, in un’Italia sconvolta dal lungo conflitto e occupata da eserciti stranieri. [...] Questo libro mi richiama alla memoria due opere letterarie notissime e molto diverse tra loro: “La Certosa di Parma” di Stendhal e “La pelle” di Curzio Malaparte. Nel romanzo francese si narra la vicenda di Fabrizio Del Dongo che aveva combattuto la guerra di Waterloo, in cui si erano decisi i destini dell’Europa. Egli tuttavia non riusciva a rendersi conto di quello che stava accadendo. Proprio questo senso di smarrimento psicologico (riflesso degli avvenimenti confusi) accompagna i due fuggiaschi di Francione. [...]
Il linguaggio di Francione è elegante ma anche generoso di espressioni tipicamente napoletane, che servono a sottolineare con immediatezza atmosfere e vicende.
“Calabuscia”, oltre che per i pregi letterari e l’interesse intrinseco della vicenda raccontata, si può anche raccomandare come lettura sussidiaria di storia nei licei. Il libro infatti non solo mette a contatto con un modus vivendi scomparso e per noi inusuale (e che è purtroppo attuale in tutte le guerre che si combattono nel nostro globo) ma non trascura gli avvenimenti della nostra nazione, in quanto vengono opportunamente ricordati i bollettini radiofonici più significativi e alcune brevi ma incisive cronache tratte dai pochi giornali che era allora possibile trovare.

                                                             Eugenio Ballabio

http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/aetas/libri.htm

 

 
 
Molti dati sulla tragedia di Balvano li potete trovare su                                         

                         http://treno8017.trenidicarta.it/

 

curato da 

alessandro.tuzza@iol.it

Qui in particolare è riportato

Elenco delle vittime identificate tratto dal libro di Mario Restaino "Un treno, un'epoca: storia dell'8017"
(Melfi, Arti grafiche Vultur, 1994)
pagine 102-122

tra cui

al n. 59 Brancaccio Giuletta, 44 anni, di Boscotrecase

vale a dire la nonna di Francione

 

 
Un bel dossier sulla vicebda  a cura di Salvatore Argenziano [salvatore.argenziano@fastwebnet.it]

lo potete trovare su

http://www.torreomnia.com/Testi/argenziano/argenziano_treno/set_fra_treno.htm

 

 
Il dossier curato dallo stesso Francione  lo trovate su


TRENO DI LUCE 8017: L'INNO ALLA PACE DEI 521 MORTI DELLA TRAGEDIA DI BALVANO
http://www.antiarte.it/trenodiluce

 

http://www.torreomnia.com/novita/francione_calabuscia/calabuscia.htm

http://www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=9543

 

 

Recensione a G. Francione, "Calabuscia" su Gazzetta di Casalpalocco (nov. 2009) di Sara Morina

 

 
Rosanna Carpentieri
Eccoli là nonno Gennaro e nonna Giulia(eroi popolari della storia che vi apprestate a leggere) "sulla soglia del Paradiso, che chiedono informazioni a tutti i napoletani in arrivo" e in particolare a una giovane coppia morta in un incidente stradale.

"Da dove venite?". "Da Torre del Greco...Abitavamo a Montedoro...vicin'a Casina Rosa...proprio sott'o Vesuvio". "Sapete niente di un certo Gennaro Francione, amico di Luciano De Crescenzo?".
"Luciano De Crescenzo lo conoscono tutti come scrittore. Gennaro Francione... è noto tra i delinquenti!". "I delinquenti?!" chiede interdetto il nonno indurendosi, mentre la consorte buonanima mette l'indice piegato in bocca e diventa più pallida di quello che di solito è.
"Certo! Fa il giudice!" risponde l'anima maschia. ... Mostra tutto
"Aah...". Il nonno si rilassa e osserva sfiatando la mogliera che molla il dito. Poi, impettendosi fiero del nipote rivestito di una carica così nobile, continua:
"Ma ci avevano detto che vuleva fa' 'o scrittore... è bravo...comm' a De Crescenzo!".
"Ci dispiace. Non sappiamo davvero nulla di questo". "Allora ve lo dico io. Ha scritto una bellissima storia su quella seconda maledetta guerra che io e la mia famiglia abbiamo vissuto...". "Ce l'ha la prefazione di un autore famoso?".
"No. Per quelle cose ci vuole un santo in Paradiso... Anche se si è bravi...". "Perché non vi rivolgete là sopra?", fa la spiritella. "Lassù... è un'idea.

(tratto da Calabuscia)
Ieri alle 18.25 · Segnala
 
Gennaro Francione
Grazie per tutto Rosanna. Sei troppo buona con me... Grazie in particolare di avermi rievocato questo raccontino... La mia memoria tra le centinaia di migliaia di pagine scritte langue e rileggere dei miei nonni in prefazione a Calabuscia è stata una meraviglia e un'emozione. Calabuscia è un esempio di antiarte. Pap... Mostra tuttoà mi ha narrato la storia dell'odissea sua e del nonno Gennaro nella seconda guerra mondiale trasmettendomi l'emozione di quel viaggio. Io ho dato forma letteraria alle vicende. Ma siamo proprio sicuri che l'autore sia io e non il mio papà con tutta le gente che si mosse attorno a lui a costruire quell'epopea reale eppur fantastica? Grazie.
Ieri alle 19.30 ·
 
Rosanna Carpentieri
Carissimo Gennaro non devi ringraziarmi di nulla.Ti sar... Mostra tuttoò sempre io debitrice Ti devo ore e ore di riflessioni tanto profonde quanto vitali, l'emozione della meraviglia dinanzi alla meraviglia ...in occhi, carne ed anima.
La tua memoria dolcissima creatura la culleranno e rievocheranno i tuoi amici d'anima.Per renderti felice e sempre più incandescente, anima pura!
Capisco perchè tu definisca Kalabuscia "antiarte": perchè l'autore sono mille autori, mille respiri e mille cuori che hanno condiviso la vita e la sua avventura e Chi la racconta è così umile e onesto da non riuscire a voler definirsi "autore".L'antiarte che tu concepisci è un segno fulgido di umiltà, di candore bambino che ti fa toccare l'azzurrità della vera humanitas e del labor intellettuale ,ludico e sempre amorevole.
Sai donare a piene mani la più intima fibra di te stesso...la tua oblatività è meravigliosa, fuori da ogni canone che non si chiami : "Gennaro Francione".Grazie a te, Maestro.Con affetto.Sintesi di ogni slancio autentico.Là dove la parola si fa timida credendosi insufficiente e di troppo, sopperisce il gesto, un sorriso che indica...questo è il mio umile pensiero per te, per presentarti ai miei amici, pochi e scelti.Un bacio morale.
 

da http://www.facebook.com/event.php?eid=214343747831&ref=mf#/notes/rosanna-carpentieri/vi-presento-il-giudice-drammaturgo-gennaro-francione-un-dono-incommensurabile-pe/219376354500