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DRACULA
E SCANDERBEG: GLI EROI MITICI DELLA NUOVA EUROPA.
di Gigi Trilemma
Ci
sono grandi editori in Italia
che pubblicano piccole cose; ci sono piccoli editori che pubblicano grandi
cose.
E'
il caso di Costanzo D'Agostino, operante in Roma, il quale, con pochi
mezzi ma tanta bravura, sta
attuando un'operazione editoriale davvero notevole come qualità e
significato politico. Egli ha editato
Domineddracula. Vita, gesta, morte
e resurrezione
di Vlad
Tepes l'impalatore(Roma, dicembre 2002)
e sta per pubblicare Scanderbeg multimedial hero, due
pregevoli opere del giudice scrittore Gennaro Francione.
Domineddracula,
con prefazione del Direttore dell'Accademia di Romania a Roma, prof. Eugen
Uricaru, è un romanzo storico-biografico, descrivente gli orrori
draconiani di Vlad Tepes l'Impalatore, voivoda rumeno ertosi
coraggiosamente col suo piccolo popolo contro i turchi di Mohammed il
Conquistatore. L'operazione di scrittura vampirica è rovesciata rispetto
al Dracula di Stoker: non più dalla realtà di Vlad al mito del Vampiro,
ma dal sanguinario dell'inconscio collettivo leggendario alla storia
reale.
Scanderbeg
multimedial hero è,
in parallelo, un'opera
multimediale su Giorgio Castriota Scanderbeg l'imbattibile piccolo grande
principe che nel '400 salvò il suo paese dai continui tentativi
d'invasione dei turchi. L'opera drammaturgica finale La scala di
Scannerebecco, descrive la rinascita dell'eroe grazie all'amore
rievocativo e ritualizzato delle generazioni a venire, che non lo
dimenticano e pregano per il suo riemergere dal mondo dell'aldilà.
Il
dramma è preceduto da una
serie di saggi introduttivi: la storia di Scanderbeg e le meraviglie della
sua strategia alla luce dell'arte della guerriglia del maestro cinese Sun
Tzu; le tradizioni giuridiche e focloriche skipetare; l'anima islamica
dell'Albania soprattutto attraverso la tradizione dei dervisci Bektashi;
l'introduzione didascalica alla costruzione dell'opera teatrale.
Dracula
e Scanderbeg. Due piccoli sovrani, due grandi eroi che nello stesso tempo
(siamo nel '400) difesero la cristianità ovvero l'Europa dalla più
potente armata del mondo all'epoca, quella turca, dopo essere stati
educati nell'infanzia proprio dagli uomini del Divan.
Spiega
Francione in un'intervista che questi due personaggi mitici, al di là
degli scontri sanguinari tra le varie culture, proprio nella loro
capacità di fondere nella loro stessa persona
l'anima cristiana e quella mussulmana, rappresentano il seme del
nuovo mondo di pace che andremo a costruire.
Emblematica
è la profezia lanciata da Bektashi Zyko, il maestro sufi, a Castriota
morente. Egli predice che conquisteremo una pace giusta
in cui mussulmani, cristiani e fedeli d'ogni altro rito
rinunceranno all'uso della violenza per dirimere qualunque controversia.
L'indovino così preannuncia la futura imminente unione europea di cui
incredibilmente faranno parte turchi, rumeni e albanesi.
Due
eroi. Due popoli nel cui sangue è maturato tanto tempo fa, in sincronia,
il seme di una pace duratura e di benessere per il nostro continente.
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Il ritorno di Scanderbeg
A Roma, non a Tirana
( Scanderbeg e Vlad pionieri della UE)
di
Ylli Polovina
pubblicato
sulla Gazeta Ballkan Tirana,
10.01.2003 Traduzione dall’albanese degli studenti del Corso di Laurea
in Studi linguistici e filologici, Facoltà di Lettere e Filosofia,
Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Non sono pochi i miei
connazionali che sanno dell’esistenza di una statua di Giorgio Castriota,
il nostro grande eroe nazionale, in una delle piazze più grandi di Roma.
Ma solo una modesta parte sa che adiacente al Quirinale, accanto alla
famosa Fontana di Trevi, si trovano un vicolo che porta il nome di
Scanderbeg, un ristorante (per i turisti) e anche un edificio con una
targa in bronzo , dove si legge che il nostro eroe ha pernottato lì
durante la sua permanenza a Roma a metà del XV secolo. E nella parte
superiore del portone un dipinto di antica fattura che raffigura il volto
dell’eroe albanese.
Non
molti di noi sanno che in Italia oltre ai numerosi libri, scritti dagli
arbëreshë(gli albanesi d’Italia), agli stemmi, ai distintivi, agli
stendardi, alle statue grandi e piccole, sono circa centocinquanta i club
letterari, i circoli o le associazioni culturali, i premi artistici e
perfino i ristoranti e gli alberghi nelle zone abitate da italo-albanesi
che portano il nome di Scanderbeg.
Qualcuno
di noi avrà perfino dimenticato che il valido e bel libro Skënderbeu
(Scanderbeg) di Sabri Godo è stato tradotto e pubblicato nella lingua del
popolo vicino, ormai da anni, ed è stato anche bene accolto.
Pochi
invece sanno che il libro dal titolo La moto di Scanderbeg di
Carmine Abbate, pubblicato solo due anni fa, ancora continua a ricevere
premi nazionali.
Ancor meno persone sanno che
il regime comunista, una dittatura da noi giustamente condannata, ha
donato a tutte le comunità arbëreshe in Italia, che sono circa
cinquanta, un grande busto da collocare nella piazza principale del paese.
Ma
essi sicuramente ignorano che presto ci sarà un evento che riguarda
Giorgio Castriota: a Roma, Gennaro Francione sta per dare alle stampe il
libro Scanderbeg, eroe multimediale. A qualcuno questa notizia
potrebbe sembrare normale e non suscitare l’ interesse
della novità perché sul
nostro eroe nazionale sono stati scritti tanti libri in molte lingue del
mondo, non solo in italiano. Infatti il numero dei volumi col tempo ha
superato la cifra mille.
Ma
la novità sta nel fatto che il libro Scanderbeg, eroe multimediale
contiene un messaggio che non deve essere attratto nella routine.
L’autore
Gennaro Francione e l’editore Costanzo D’Agostino hanno ideato e
scritto il libro, che sarà messo in vendita a marzo di quest’anno
(specialmente per i tanti turisti che visitano Roma), con un ben preciso
motivo. Essi pensano che Giorgio Castrista sia un
pioniere dell’Unione europea.
Dopo
queste affermazioni il lettore a pieno diritto può dire: “Ferma la
penna, amico! Stai esagerando!”.
Sapendo perfettamente che i
pionieri dell’Unione europea, i sognatori, i suoi ideatori e fondatori
si trovano al centro del continente e non nella sua parte sud-orientale più
profonda e ancor meno in Albania, il lettore perderà la fiducia in questo
nostro scritto. Sicuramente si sentirà vittima dell’informazione, come
avviene con quelle fandonie frequenti, che riferiscono di alcune mostre,
libri o concerti di autori albanesi che meravigliano Londra, scuotono
Parigi, sorprendono Berlino e stupiscono New York.
Ma noi, sempre per rispetto
del lettore, saremo più precisi nello spiegare che in verità l’editore
Costanzo D’Agostino (due anni fa il giornale Rilindja Demokratike
ha dedicato all’intervista da lui rilasciata ben due pagine speciali) è
conosciuto dalla cerchia dei suoi amici e dalla nostra Ambasciata a Roma
come un entusiasta amico dell’Albania. Mettiamolo pure per un momento da
parte anche come autore del libro L’Albania diventerà il miracolo
del dopo 2000.
Occupiamoci
adesso dell’autore del libro Gennaro Francione. Questo è uno dei più
noti giudici italiani. Le sue
sentenze a favore degli immigrati sono state seguite da articoli polemici
apparsi sui principali giornali italiani, compreso il Corriere della
Sera, quotidiano con una tiratura di un milione di copie. Francione è
anche un noto scrittore, è autore di più di 100 libri e vincitore di
molti premi. Egli è anche il Presidente dell’Unione Europea dei Giudici
Scrittori.
Eccoci
riallacciati all’UE, e, dunque, ad un uomo rappresentante di questa
grande comunità dei paesi sviluppati del continente, dove noi albanesi
desideriamo un giorno entrare a fare parte con pieni diritti e doveri.
Certamente
Gennaro Francione non è Doris Pack, le cui dichiarazioni sono
attentamente seguite da tutti i politici albanesi e alle quali tutti i
nostri mass media concedono senza risparmio i loro spazi d’informazione.
Noi
abbiamo il diritto di attribuire la giusta importanza e rendere pubblica
la dichiarazione, al momento confidenziale, dello scrittore dell’UE.
Tale dichiarazione apparirà probabilmente, a primavera di quest’anno,
nell’introduzione al libro.
Secondo Gennaro Francione il
generale e il re albanese Giorgio Castriota Scanderbeg, essendo stato un
famoso e fedele difensore dell’Europa, ha il diritto morale di essere
considerato anche uno dei suoi antichi pionieri.
Del
resto, aggiungiamo noi, l’UE di oggi non è che l’Europa di ieri, è
l’antico continente che sta completando di anno in anno la propria
geografia con l’accettazione di Stati storicamente suoi, accomunati non
solo dalle costanti condizioni di far parte dello stesso spazio, ma dagli
alti livelli della democrazia
e dello sviluppo.
Scanderbeg
combatté proprio per questo tipo di futuro del vecchio continente e non
per un’alternativa che non avrebbe mai dato vita nei secoli a venire a
qualche UE. Questa è la ragione per cui egli impegnò per un quarto di
secolo tutte le energie del proprio popolo in un sacrificio sublime e
plasmò in questo scenario le vite di migliaia di nostri avi.
Per
non stare a dipingere il promotore della coraggiosa e provocatoria idea,
secondo cui Scanderbeg può essere considerato uno dei pionieri antichi
del nostro forte e prospero continente, aggiungiamo che, diversamente dal
suo amico, l’editore D’Agostino, Gennaro Francione non soffre di
particolari entusiasmi per l’Albania. L’opera Scanderbeg, eroe
multimediale sarà pubblicato dopo l’altro suo libro, che ha visto
la luce a dicembre dello scorso anno, dal titolo Domineddracula.
Nelle più di seicento pagine
del volume è raccontata la vita e la lotta del principe rumeno Vlad Tepes,
chiamato dal proprio popolo L’indomabile. Il condottiero rumeno,
come anche Scanderbeg, combatté per la difesa dell’identità
occidentale dell’Europa dal dominio orientale ottomano.
Francione
pensa che anche i rumeni abbiano il diritto di considerare il principe
Vlad Tepes come uno dei pionieri dell’UE.
Certamente
l’UE rappresenta un progetto e una realtà recenti, nessuno né in
Romania né in Albania ha l’intenzione di sostituire Chuman, il Ministro
degli Affari Esteri francese, riconosciuto su scala mondiale come
l’ideatore del progetto dell’Unione europea, né con l’eroe Giorgio
né con il principe Vlad.
Rendendo
pubblica quest’amichevole idea del Presidente dell’Unione Europea dei
Giudici Scrittori su Il
ritorno di Scanderbeg, dunque sulla risonanza della sua opera
(pensiero formulato a Roma alla fine dello scorso dicembre), si vuole solo
trasmettere a Tirana una sollecitazione per la
importante missione di integrazione nell’UE.
Formuliamo
alfine una proposta: anche noi possiamo ritornare a Scanderbeg.
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Per la serie Eroi della Nuova Europa continua il cantiere della
casa editrice D’Agostino di Roma.
Il giudice-scrittore Gennaro Francione
ha già scritto Diario segreto di Atatürk
nel controcanto del Poeta Ottomano
in questo momento presso Università di Ankara per la prefazione.
Mustafa Kemal, detto Atatürk ovvero Padre dei Turchia, è stato un
eroe moderno ma già passato alla leggenda. Dopo aver vinto innumerevoli
battaglie per scacciare dal suo paese nemici interni ed esterni, ha
conosciuto il valore della pace e, durante la sua presidenza, ha fatto il
suo massimo per assicurarla e rinforzarla nel suo paese ma soprattutto nel
mondo intero, lanciando il messaggio profetico della Nuova Europa.
Il giudice sta scrivendo in questo
tempo Copernico, La rivoluzione del Sapere(La
via doppia). La Via Umida, quella acquea e graduale, la Via Secca,
creativa ed esplosiva, fanno da contrappunto al binomio
Scienza-Immaginazione per
attuare il senso occulto della Rivoluzione Copernicana realizzata sulla
Via delle Bilance Congiunte. La prefazione sarà
a cura di studiosi polacchi e
astronomi italiani per esplicitare il senso attuale del Sapere,
chiave di volta per un’autentica rifondazione dell’Uomo.
(Raul Karelia)
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Circolo Arci Matilda
via lungo canale est, 4
55049 Viareggio
martedì 26 aprile ore 22
tel. 0584-383238
http://www.matilda-osteria.com/matilda_home.htm
IL GIUDICE-SCRITTORE GENNARO FRANCIONE
presenta
DRACULA, SCANDERBEG, COPERNICO: I VECCHI EROI DELLA NUOVA EUROPA.
Nel corso della serata saranno presentati i libri di Francione editi da
Costanzo D'Agostino
- DOMINEDDRACULA (Vita, gesta, morte e resurrezione di Vlad Tepes l'Impalatore),
Roma 2002 con la prefazione del Direttore dell'Accademia di Romania a Roma
prof. Eugen Uricaru.
http://www.antiarte.it/cyberomanzofrancione/domineddracula.htm
- SCANDERBEG, UN EROE MODERNO(Multimedial hero), Roma 2003, con la
prefazione dei principi Alessandro e Giulio Castriota Scanderbeg.
http://www.antiarte.it/adramelekteatro/scannerebecco.htm
- COPERNICO, LA RIVOLUZIONE DEL SAPERE (LA VIA DOPPIA), Roma 2005, I
volume, con la presentazione della dottoressa Marinella Calisi,
Conservatore del Museo Astronomico e Copernicano di Roma.
http://www.antiarte.it/cyberomanzofrancione/copernico.htm
Successivamente saranno letti passi poetici delle tre opere
sull'alchimia resurrettina del sangue, della guerra e del cielo.
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IL CIRCOLO ARCI MATILDA
http://www.matilda-osteria.com/matilda_home.htm
Cinema
Gran Palco
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Situazioni
di comunicazione e cultura presso il circolo Arci Matilda (Viareggio)
Dal
febbraio 2003 il circolo Arci Matilda ha ospitato una serie di letture
poetiche a cura dell’associazione L’onda
dei cani. I testi scelti appartengono a tradizioni letterarie le più
disparate, argomentando discorsi tematici che facessero comunicare
l’alto ed il basso, l’oscuro e il luminoso, l’edito e l’inedito,
il noto e l’ignoto. Il gruppo di poeti locali che hanno animato
l’iniziativa si è raccolto nell’idea di costruire una situazione, per
quanto possibile durevole, di confronto critico della prassi poetica
contemporanea. Il lavoro ha prodotto la pubblicazione di una raccolta
collettanea di versi (L’ora
d’aria dei cani, Baroni 2003) e numerose letture pubbliche,
corredate da accompagnamento musicale e videoproiezioni, all’interno del
circolo ed in diverse occasioni itineranti. L’accoglimento della
proposta nell’ambiente culturale autoctono ha vissuto fasi alterne,
sebbene mai scoraggianti. Il gruppo ha goduto della collaborazione
dell’associazione culturale BAU, che ha fornito contatti e opportunità
di incontri e esperienze euristiche. Abbiamo avuto come ospiti Arrigo Lora
Totino, poeta e performer cubo-futurista, Angelo Tonelli, ideatore del
ritomodernismo e cultore di studi filologico-sapienziali; ci accingiamo ad
ospitare, ad Aprile, Nanni Balestrini.
I poeti versiliesi che hanno dato vita ed incremento
all’iniziativa sono:
Pierfrancesco Biasetti
è nato a Rapallo il 22 novembre del 1979. Attualmente frequenta la facoltà
di Filosofia all’Università di Pisa. Si interessa di letteratura,
poesia e teatro.
Luca Checchi ha trentaquattro anni (Viareggio, 1969). Fin
da piccolo ama scrivere, mangiar bene, bere molto, la natura e la
compagnia degli amici. Autore di canzoni negli anni Novanta partecipa
all’esperienza musicale e teatrale del gruppo Stramonio. Oggi scrive
poesie e testi per il gruppo LesOndesMartenot, al quale dà la voce.
Giardiniere, è specializzato in potature di olivi, alberi da frutto e
vigne. Quasi un altro lavoro è la cucina, dove si cimenta in preparazioni
classiche e sperimentali, anche con i prodotti del proprio orto.
Allevatore avicolo per passione, sta selezionando una razza di medie
dimensioni con attitudine alla “cova” e dalle carni saporite.
Lorenzo Mazza è nato a Pietrasanta il 4 ottobre 1981.
Attualmente frequenta la facoltà scienze della comunicazione a Bologna e
si occupa di vjing. Suoi interessi principali sono la ricerca
nell’ambito degli stati di coscienza, la semiotica di strada e
l’esplorazione delle donne. In passato ha partecipato alla prima
rassegna del movimento alterativista (Maggio 2001), recentemente approdato
in alterazione.net. Nei momenti liberi da tutto prova a costruire
personali linee di fuga per lo scorrere dell’energia, attraverso la
psicogenealogia e la psicomagia.
Giancarlo Micheli
è nato a Viareggio il 3 febbraio 1967.
Si dedica alla scrittura, in versi e in prosa, da circa
vent’anni, tra trasilienti entusiasmi e artigiano indugio. Ha pubblicato
il suo primo racconto (Fucking fist,
2002) nella collana Jazz Mediterranea
per l’editore Baroni di Viareggio. Ha collaborato alla realizzazione
della mostra-evento La vita agra
l’arte del resistere dal 1943 al 2003 (Viareggio 2003, Massa 2004).
Nell’autunno del 2004 è stata edita la sua prima raccolta di versi (Canto
senza preghiera, Baroni editore). Coltiva passioni non inessenziali nell’ambito del
teatro e del cinema.
Daniele
Poletti è nato a Viareggio nel mese dei morti del 1975. Da
diversi anni si interessa di poesia e cinema. Suoi testi sono stati
pubblicati su riviste di poesia (Risvolti, Il Baretti, etc.). E’
presente in alcune raccolte di poesia visiva, tra cui Geiger 10 e Ixidem.
E’ ideatore con l’artista Antonino Bove del progetto artistico DE
ARTIS CORPORE ACCADEMIA AUTOPTICA.
Numerosi
musicisti si sono avvicendati nell’accompagnare i readings con
improvvisazioni tematiche, coordinati da
Leonardo
Palmerini è nato a Pietrasanta l'01/02/1974 e vive a Viareggio.
Si è diplomato presso l'istituto d'arte A. Passaglia di Lucca
e,successivamente, presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara,nel corso
di pittura. Ha studiato il basso come autodidatta,lavorando con orchestre
da Balera e con alcuni gruppi jazz e rock della Versilia, fino ad arrivare
agli Stramonio, un'esperienza molto importante. Dopo aver eseguito un
corso di formazione,lavora in un centro per ragazzi portatori di handicap,
dove insegna pittura e teatro e impara a dipingere e a recitare. Ha
composto alcuni commenti sonori per cortometraggi e installazioni,
collabora con l'associazione culturale "l'onda dei cani" e suona
il basso nel gruppo musicale Les Ondes Martenot.
Ha
collaborato inoltre in qualità di attrice e di lettrice
Paola Lazzari
è nata a Viareggio il 19 aprile 1954. Negli anni ’70 ha frequentato la
scuola del Piccolo Teatro di Pontedera. La sua esperienza con il Piccolo
Teatro di Pontedera si conclude con un laboratorio nell’ospedale
psichiatrico di Volterra. Prosegue la sua ricerca teatrale in varii stages
con gli attori dell’Odin Teatret (‘79) e con Alain Maratrat e Mamadou
Dioume (2000-01), attori di Peter Brook.
Ha
recitato in Il camaleonte del pastore di Eugène Ionesco (regia di Massimo
Vignali Gritti, 1990), La speranza
di Nello Saito (regia di Massimo Vignali Gritti, 1991). È stata
cofondatrice e attrice della Compagnia Teatro dell’Accadente di Lucca.
Con questa compagnia ha recitato nelle seguenti rappresentazioni: Nell’altra
stanza di Elio Pecora (regia di Dino Boccaccini, 1992), La
governante di Vitaliano Brancati (vincitrice del Premio S.Miniato,
regia di Dino Boccaccini, 1993), Il
profondo mare azzurro di Terence Rattigan (regia di Dino Boccaccini,
1994), Ancora Addio di Vittorio
Calvino (regia di Dino Boccaccini, 1994), Un’anima
per Giulia (regia di Dino Boccaccini, 1996), L’ultimo
degli amanti infuocati di Neil Simon
(regia di Dino Boccaccini, 1998), Delitto
all’isola delle capre di Ugo Betti (regia di Dino Boccaccini, 1999).
Nel 2003 ha lavorato nello spettacolo Circo
Faber (regia di Emiliano Galligani). Nello stesso anno ha messo in
scena, come autrice e regista, E si
leva la luna. Attualmente lavora alla messa in scena di Parti
di guerra di Giancarlo Micheli.
A partire
dall’autunno del 2004 il circolo ha accresciuto la sua generosa offerta
culturale con appuntamenti dedicati al teatro, offrendo spazio per la
presentazione di laboratori o per messa in scena di lavori teatrali di
varia sperimentazione. Fino ad oggi abbiamo ospitato le compagnie:
Fuori centro di
Lucca
Teatro della Sorte di Viareggio
Laboratorio teatrale della stazione Leopolda di Pisa
Teatro degli Instabili di Viareggio
Teatro iniziatico Athanor di Lerici
Piccolo teatro della Versilia di Seravezza
Ultima iniziativa, sebbene non per ordine di
importanza, è quella che ha coinvolto alcuni artisti, locali e non, col
proposito di arricchire la scenografia naturale del locale, che oggi è
principalmente un’osteria ed è stato nel tempo trascorso il magazzino
del sale della città. Hanno realizzato installazioni o esposizioni nelle
sale del circolo
Gianluca
Cupisti, Alain Fiorillo, Mirco Mugnaini, BAU collettiva, Glauco Ordavo e
altri
chi fosse
interessato a farci proposte o fornirci suggerimenti può contattarci
scrivendo a:
waltersavagelandor@virgilio.it
oppure
Circolo
Arci Matilda
via
lungo canale est, 4
55049 Viareggio
tel.
0584-383238
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IL PALADINO D’EUROPA. SCANDERBEG E LA CULTURA
UMANISTICA-RINASCIMENTALE (1444-1468)
di
NICOLA
BIETOLINI
Il processo lungo e laborioso che segna il
passaggio graduale dal’età medioevale al rinascimento si svolge
attraverso la fondamentale fase del trapasso storico dalla cultura
prettamente teologica e metafisica alla nuova corrente umanistica, laica
e protesa a rivalutare gli aspetti terreni dell’uomo.
Il periodo storico quattrocentesco segna il
trapasso istituzionale dall’ordinamento feudale alla aggregazione urbana
fondata sull’unità comunale vera e propria, ulteriormente rinvigorita
successivamente alla pace di Lodi del 1454, che pone fine alle contese
tra i principati, instaura una situazione di equilibrata distribuzione
territoriale e di convivenza diplomatica tra le varie potenze italiane e
sancisce l’affermarsi di una prosperità economica e di un benessere
sociale diffuso, seppur circoscritto ai ceti superiori. La relativa
intesa di massima sulla base del comune interesse e della
interdipendenza strategica fra le numerose realtà statali in cui si
fraziona il territorio italiano rafforza la omogeneità della cultura
politica e sociale comunale, basata sulla trasformazione interna del
governo locale dalla forma municipale al principato, che determina il
monopolio del potere pubblico e del dominio territoriale alla famiglia
detentrice per meriti economici e blasone nobiliare della egemonia
cittadina, concentrato nelle mani di un singolo individuo di nobili
natali: il Signore.
Questa epoca rifulge di uno spirito vivificatore ed
innovatore che non solo fa progredire notevolmente le discipline
liberali esistenti, quali la filosofia teoretica e la metafisica, ma
elabora campi di ricerca e metodi di indagine inediti e destinati ad
avere ampio risalto nei secoli a venire, come appunto la filologia
moderna, la storiografia, e promuove uno straordinario sviluppo in
ascesa vertiginosa delle arti meccaniche, cioè delle materie relative
allo studio scientifico della natura e dei fenomeni fisici. Tale
rilevante stagione di rifioritura della civiltà umana è tuttavia tenuta
sotto scacco dalla minaccia costante della invasione ottomana, che
incombe come una spada di Damocle sulla prosperità e soprattutto sulla
indipendenza della intera Europa, insidiandone lo sviluppo culturale e
mettendo a repentaglio l’autonomia delle istituzioni politiche e
sociali, gettando un sinistro cono d’ombra sul progresso degli studi e
sulla libertà di espressione artistica ed attentando pericolosamente al
primato della laicità del sapere filosofico, che faticosamente viene
dibattuto e conquistato attraverso i cenacoli platonici ed aristotelici
fioriti nelle università italiane all’insegna del contrasto simbolico,
immortalato nelle espressioni figurative e nelle disquisizioni
speculative dei maestri dell’umanesimo, da Giotto a Ficino, tra le
tenebre dell’oscurantismo teocratico e dogmatico di matrice medievale
alla luce rischiarante della conoscenza che si concentra sulla
promozione della ecdotica medievale, legata al culto letterale della
grammatica, alla filologia, metodo avvincente di confronto critico e di
esplorazione investigativa delle radici culturali antiche ricreato ex
novo su basi epistemologiche dotate di spessore storiografico e di
acribia nello studio delle fonti dai maestri dell’umanesimo moderno:
Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla ed altri minori.
Esaminiamo il lasso epocale compreso tra il 1444,
anno in cui Scanderbeg, l’eroe nazionale albanese, prende il comando
della armata allestita dalla coalizione europea contro i Turchi e gli
Arabi, e viene investito del ruolo effettivo ed emblematico di
plenipotenziario difensore della civiltà continentale dalle mire
egemoniche e dagli intenti di colonizzazione non solo territoriale, ma
anche e soprattutto religiosa e culturale che permeano l’offensiva
ottomana, e il 1468, termine mortale del suo mandato. Si svolgono in
questa porzione ridotta della storia quattrocentesca numerosi eventi
cruciali, che attraversano tutti i campi della espressione umanistica,
dalla edizione critica e commentata dei classici, alla nascita di opere
filosofiche significative per i successivi sviluppi rinascimentali, ad
imponenti creazioni artistiche in ambito figurativo, fino a rilevanti
scoperte scientifiche. Tutta questa rigogliosa proliferazione di
progressi civili, umani, creativi, intellettuali sarebbe stata stroncata
e vanificata sul nascere nel malaugurato caso che l’Europa avesse dovuto
soccombere all’invasione di un Impero condizionato da tendenze
teocratiche ed arroccato su posizioni antisecolari ed astoriche.
Prendiamo, per cominciare, la filologia, disciplina
trasversale alle varie ramificazioni della cultura scritta che collega
il preumanesimo di Bracciolini, Petrarca e Coluccio Salutati
all’umanesimo vero e proprio. La straordinaria stagione quattrocentesca
di scritti eruditi e di edizioni critiche che mirano a ripristinare in
base a criteri ecdotici la lezione originaria dei testi classici,
recuperando fonti smarrite nel naufragio medievale o corrotte dai
copisti, si arricchisce nel 1444 del trattato Elegantiarum linguae
latinae libri sex (1435-1444) di Lorenzo Valla, celebre studioso e
cultore della latinità, già autore del cruciale opuscolo De falso
credita et ementita Constantini donatione (edito nel 1440), in cui
si prefigge lo scopo di confutare la leggendaria donazione patrimoniale
alla Chiesa, origine giuridica del potere temporale del Papato; nel
saggio dedicato alla lingua latina si tratta della ricostruzione del
sermo antico delle origini e del periodo classico, allo scopo di
emendare le forme idiomatiche letterarie dalle impurità e dalle
degenerazioni introdotte dagli amanuensi medievali. Non vi è dubbio che
siamo in presenza di un impresa meritoria che si pone in linea di
continuità con la illustre tradizione di analisi storico-grammaticale
praticata nelle scuole di retorica umanistiche e testimonia l’importanza
dello studio storicamente definito e contestualizzato culturalmente dei
classici. Questa tendenza metodologica, confermata dai successivi studi
di Valla, Emendationes sex librorum Titi Livii de secundo bello
punico (1445-1446), viene estesa ad altri campi dello scibile, ad
esempio nello scritto Adnotationes in Novum Testamentum
(1449), che inaugura la serie delle esegesi filologiche della Sacra
Scrittura, dimostrando come anche i testi religiosi possano essere
sottoposti ad una revisione interpretativa in chiave ermeneutica e
gnoseologica rigorosamente razionalistica e laica, svincolata da
ipoteche pregiudiziali dogmatiche e teologiche. Strettamente connessa
alla fervente attività filologica, è la dottrina metafisica di Marsilio
Ficino, riorientata in termini di speculazione filosofica su temi
classici e legata al platonismo cristiano, ma non priva di influssi
dell’ermetismo e del misticismo orientale, interpretati in chiave
mistica e trascendente. Il caposcuola della corrente trascendentale
platonica in seno all’alveo rinascimentale si distingue per la indefessa
opera di traduzione e di diffusione di portata europea dei testi
platonici (1462-1468), propedeutica alla comprensione del suo pensiero,
che concilia la dottrina plotiniana della emanazione dei Molti dall’Uno
con il culto dell’eros platonico reinterpretato nella duplice accezione
mondana e spirituale, ma con una predilezione per la valenza conoscitiva
ultraempirica e persino extranazionale insita nell’atto di amore
gratuito e disinteressato dell’uomo verso Dio. Definisce così la sua
nozione di pia philosophia, incentrata sulla rivelazione
progressiva del Verbo o Logos divino, che si manifesta in due
forme complementari e compatibili: la filosofia pagana, nella quale
scorge affinità trascendentali con il misticismo cristiano, e la
tradizione biblica. Tale armonizzazione tra raziocinio umano e Scrittura
divina supera le differenze tra versanti teorici e gli attriti tra fede
e ragione. La pubblicazione a stampa della Bibbia, grazie alla
invenzione di Guttemberg, nel 1455, è significativa sia per la
filologia, in quanto costituisce il primo tentativo di edizione critica
rudimentale di un testo, che ovviamente per la storia della teologia e
della filosofia, in quanto permette il diffondersi presso i ceti
alfabetizzati di un corpus scritturale di riferimento per ulteriori
edizioni e commenti ecdotici ed allarga notevolmente gli orizzonti per
una libera rilettura ermeneutica da parte dei singoli esegeti, dalla
quale scaturisce la riforma luterana.
Sul fronte della speculazione teologico-filosofica
spicca la figura e la posizione storica assunta da Niccolò Cusano in
seno al dibattito in corso tra le varie correnti quattrocentesche,
aristotelismo, platonismo, misticismo. Dopo avere illustrato la sua tesi
circa la natura ed i limiti della conoscenza umana, sostenendo la che di
Dio si può parlare solo in termini di infinito ineffabile ed
inattingibile dall’intelletto umano finito nel trattato De docta
ignorantia (1440), proprio nella fase in cui si acuiscono i
conflitti interreligiosi e la minaccia dell’impero Ottomano si profila
all’orizzonte sempre più insistentemente, il teologo e filosofo
reimposta in termini assolutamente innovativi il problema del rapporto
tra le varie religioni monoteiste e rifiuta ogni posizione
assolutistica, proponendo la unita sostanziale della fede
indipendentemente dalle forme rituali e dottrinarie che essa assume
presso diversi latitudini culturali. Con singolare e profetica
coincidenza cronologica, nello stesso anno in cui l’Europa assiste
impotente alla conquista ed alla assimilazione del dissolto impero
bizantino da parte dei Turchi, culminata nella presa di Costantinopoli
(1453), Cusano scrive il De pace fidei, in cui postula una
convivenza pacifica tra le varie fedi religiose ed immagina che
esponenti significativi dell’islamismo, dell’ebraismo e del
cattolicesimo si riuniscano per dialogare su temi etici, all’insegna del
reciproco rispetto. Se l’egemonia del credo musulmano e della settaria
ed univoca monopolizzazione della sfera religiosa europea ad opera della
assolutizzante conversione islamica si fosse estesa anche al nostro
continente, avremmo assistito al vanificarsi del movimento umanistico,
all’eclissarsi del suo cosmopolitismo ecumenico e del suo spirito
critico ed innovatore, al trionfo del dogmatismo più retrivo ed
antisecolare.
La chiave di volta per comprendere appieno
l’essenza della rinascita del Quattrocento va tuttavia individuata in
una branca dell’attività che catalizza in modo immediatamente
percepibile e perspicuo tutti gli spunti molteplici dell’umanesimo: la
pittura. L’arte figurativa è infatti in grado di interpretare in forme
simboliche ed emblematiche immediatamente discernibili lo spirito di
un’epoca e di rintracciarne tutte le sfaccettature specifiche, attinenti
ai molteplici settori dello scibile, e di compendiarne gli aspetti
fondamentali, gli archetipi semantici distintivi in una diatesi
iconografica che li rappresenta e li rispecchia fedelmente ed
efficacemente. Noi moderni rimaniamo ammirati e sconcertati dalla
profusione di straordinarie opere figurative che segnano il trapasso dal
declinante ed esaurito stile neogotico all’effervescente e pulsante
culto umanistico della rivisitazione attualizzante dei modelli classici.
Passando in rassegna il catalogo di capolavori prodotti nell’ambito
dello scorcio temporale contrassegnato dalla rassicurante ed encomiabile
investitura di Scanderbeg a condottiero principe ed a guida ufficiale
della resistenza europea antiturca, ci imbattiamo in numerosi titoli
attinti dal repertorio italiano, francese, fiammingo, tedesco. La
caratteristica comune, anzi, vorremmo dire, il presupposto
filosofico-culturale imprescindibile per la loro ideazione e
realizzazione consiste proprio nella matrice tematica religiosa e
segnatamente legata al culto cristiano e mariano, ma anche espressione
della dottrina protestante. Basti citare gli affreschi del Convento di
S. Marco del Beato Angelico (1440-1447), che esemplificano il suo
spirituale ed etereo, dalle immagini soffuse e delicate, il compunto
lirismo, la delineazione aerea delle forme aggraziate e nitide, il ritmo
ampio e spazioso della composizione; il ciclo di affreschi di San
Francesco ad opera di Piero della Francesca (1452-1466), espressione di
una rigorosa ed ispirata padronanza della tecnica compositiva per piani
geometrici sovrapposti, che denota l’assimilazione magistrale della
prospettiva, straordinaria ed epocale conquista teorica quattrocentesca;
la Vergine della Misericordia (1452) e l’Incoronazione della
Vergine (1453) del maestro francese Enguerrand Charonton; per
l’area protestante, il Retablo del Giudizio Universale
(1443-1446) e il Retablo dei Sette Sacramenti (1452-1455) del
fiammingo Gorier van der Weyden e il Retablo di San Pietro
(1444) del tedesco Konrad Witz.
Spetta alla alleanza antiturca, ed in notevole
misura al suo valoroso e leale comandante Scanderbeg, avere protetto
efficacemente il fervere di attività sperimentatrici che anima l’intera
compagine culturale europea immunizzando il nascente umanesimo
dall’esiziale pericolo di un’invasione colonizzatrice, che avrebbe
sortito come diretta conseguenza lo stroncamento definitivo del processo
costruttivo della cultura rinascimentale ed avrebbe originato la
scomparsa delle cruciali conquiste ottenute nel campo della filosofia
morale ed etica, della scienza, dell’arte, della filologia e della
linguistica, accorpabili secondo il duplice comun denominatore dello
spessore critico storiografico e speculativo, che si staglia
all’orizzonte ermeneutico del suo tempo come fondamentale archetipo
valutativo per tutti fenomeni scientifici e poetici, trasversale alle
varie tematiche intellettuali ed alle distinte correnti teoretiche, e
della libertà civile ed estetica, gettando così solide basi
filosofiche per la costruzione dell’antidogmatismo sperimentale e
dell’antidispotismo pluralistico moderno.
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