Holberg
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La Casa Editrice D'Agostino nell'autunno 2007 riprenderà la pubblicazione dei Vecchi Eroi della Nuova Europa partendo dal libro su Holberg del professor  Nicola Bietolini .

Anticipiamo qui un'appendice con un saggio che l'autore danese dedicò a Scanderbeg.

 

LUDVIG HOLBERG

(tratto da “Varie Storie ed Imprese di Grandi Eroi”)

 

 

Giorgio Castriota Skanderbeg

 

Un tempo, molto prima dell’occupazione di Costantinopoli e la caduta dei principati dell’est, in Epiro governava un principe di nome Gjon Castriota, il quale aveva quattro figli. Il più giovane di loro si chiamava Giorgio, l’eroe, la vita del quale vorrei raccontare. Alla sua nascita, si dice, che siano successi tanti strani eventi; si racconta che nacque con un segno sul braccio che assomigliava ad una spada. Quando il sultano Murati occupò quasi tutte le regioni attorno alla Grecia, anche Gjon Castriota fu costretto ad arrendersi dando in ostaggio suo figlio Giorgio e gli altri suoi fratelli. Murati, come nella tradizione ottomana, li circoncise, e diede a Giorgio un altro nome, quello di Scanderbeg. Giorgio imparò durante l’infanzia con una velocità ammirevole le scienze e le lingue straniere: il turco, l’arabo, il greco, l’italiano e l’illiro e mentre diventava grande, espresse il grande desiderio di imparare a combattere, al chè il sultano gli diede come titolo Sanxhak, che aveva lo stesso valore del Pascia. All’età di 19 anni andò in guerra in Asia e dopo un breve periodo, gli fu dato il comando di un esercito con il quale dimostrò un grande coraggio e il suo nome divenne noto.

Quando dopo tante vittorie tornò ad Adrianopoli, dove viveva il sultano, fu organizzata una battaglia da parte di un albanese, il quale per dimostrare a tutti la sua forza, sfidò in un duello una delle persone più vicine al sultano. Nessuno voleva avere a che fare con questo selvaggio albanese, escluso Scanderbeg, il quale con coraggio andò e vinse questa grande battaglia. Dopo un breve periodo, questi intraprese una campagna aperta contro i persiani e alla presenza del sultano, li fece arrendere. Questo fatto piacque molto al sultano che gli diede l’ordine di combattere contro i cristiani in Ungheria e in Grecia. In questa guerra Scanderbeg, cercò di risparmiare per quanto poteva i cristiani, perché si sentiva un loro amico. Durante questo periodo, muore il padre di Scanderbeg, Gjon Castriota, così che Murati occupò tutto il suo paese inclusa la capitale, Kruja, che circondò rafforzando le guardie. Inoltre, decise di uccidere i fratelli di Scanderbeg, perché pensò che la morte del loro vero padre  avrebbe fatto loro ricordare la patria. Aveva bisogno dei servizi di Scanderbeg, quindi cercò di promettergli le terre più importanti dell’Epiro. Scanderbeg finse di esserne contento per non avere la stessa sorte dei suoi fratelli, ma comunque il sultano dubitava di lui e decise di eliminarlo. Scanderbeg godeva del rispetto dell’esercito, quindi il sultano non poteva ucciderlo, ma fece in modo di mandarlo nelle battaglie più pericolose contro i cristiani, in modo che potesse rimanere ucciso.  Per prima, lo mandò nella guerra contro la Serbia. Durante questa guerra, Scanderbeg cercò il modo di liberarsi e di riprendere le terre ereditate dal padre.

Il re ungherese Vladislausi, lottava nello stesso periodo nella battaglia della Serbia, e con il suo eroe Huniada, riuscì a vincere contro i turchi. Si racconta che Scanderbeg, si fosse accordato con Huniada già prima della battaglia. Alcuni dei suoi seguaci dicono che una cosa simile è infondata. Scanderbeg, dopo questa sconfitta, continuò la sua missione segreta costringendo colui che scriveva per il pascia turco, a scrivere in nome del sultano alle guardie di Kruja, che il sultano stesso affidava Kruja nelle sue mani. Così Scanderbeg divenne il capo di una delle regioni più importanti dell’Epiro. Non appena prese il potere, uccise tutti gli occupanti turchi e liberò le altre città dell’ Epiro. Si racconta che Scanderbeg per molto tempo, non dormì che due ore ogni sera, finchè non convinse tutti gli epirioti a seguirlo.

Quando il sultano ebbe notizia della sconfitta del suo esercito, il tradimento di Scanderbeg e la perdita dell’Epiro, decise di vendicarsi. Sotto la direzione di Ali Pascia, creò un esercito enorme per costringere l’Epiro ad arrendersi. Ma Scanderbeg, non si arrese. Con un esercitò di Epirioti, vinse contro i Turchi. Riuscirono a uccidere 22000 turchi e altri 2000 furono fatti prigionieri. Gli epirioti persero soltanto 120 soldati. Questa sconfitta sconvolse il sultano che non riuscì a vendicarsi immediatamente, perché nello stesso periodo doveva prepararsi alle battaglie che si stavano facendo contro di lui in Ungheria ed in Polonia. Nel frattempo, gli ungheresi ed i polacchi avevano chiesto  aiuto a Scanderbeg, per unirsi nella battaglia contro i turchi. Scanderbeg, non poteva rifiutarsi e assieme a 1000 epirioti andò ad aiutare gli ungheresi ed i polacchi. Mentre il suo esercito stava dirigendosi verso la Serbia, Hospodar Georgius, tentò di non lasciarlo passare nel suo paese e lo trattene così tanto che Scanderbeg non fece in tempo, quindi gli ungheresi furono costretti a combattere da soli. Durante la grande battaglia di Varna, gli eserciti ungheresi e polacchi furono sconfitti e il giovane re Vladislau rimase ucciso. Scanderbeg, ebbe notizia di questa disgrazia, mentre aspettava in Serbia, dove si infuriò con Hospodar, e distrusse tutto attorno a lui.

Anche se i turchi vinsero una grande battaglia a Varna, ebbero tante perdite. Murati non se la sentiva di intraprendere un'altra battaglia, così cercò di convincere Scanderbeg scrivendogli una lettera, dove lo accusava di mancanza di rispetto nei suoi confronti e gli prometteva tante cose in cambio della sua sottomissione. Ebbe una risposta non piacevole, così inviò un’ esercito composto da 9000 soldati contro l’Epiro allo scopo di sorprendere  Scanderbeg. Ma Scanderbeg, era sempre pronto, così, attaccò l’esercito turco e vinse la battaglia.

Immediatamente, il sultano mandò un nuovo esercito che non ebbe migliore sorte, anzi molti fuggirono. Uno di quelli che fuggirono, fu il comandante Mustafai, il quale consigliò il sultano di avvicinarsi ai confini con prudenza, fin quando non fosse il momento più opportuno per intraprendere una battaglia più importante. Nel frattempo, ci fu un’incomprensione tra Scanderbeg e Venezia e seguì una guerra. In questa guerra Scanderbeg ebbe la meglio, distruggendo l’esercito dei veneziani. Non usò questa vittoria, anzi, cercò di accordarsi con la repubblica un'altra volta per unire le loro forze contro i turchi. Il governo di Venezia lo accolse molto bene, offrendogli molti regali.

Approfittando dalle incomprensioni tra i cristiani, il comandante turco Mustafai, chiese al sultano di dirigere un altro esercito contro gli epirioti. Anche questa volta, i turchi persero 10000 soldati e Mustafai assieme ad altri 12 comandanti rimasero prigionieri nelle mani di Scanderbeg. Il sultano fu costretto a pagare un riscatto per liberarlo.

Il mondo era sorpreso che la grande potenza dei turchi veniva battuta da una piccola provincia e da un unico uomo. Murati notò la grande importanza che aveva il fatto che Scanderbeg fosse suo nemico, quindi decise di dirigere la guerra in un altro modo, creando l’idea che Scanderbeg rappresentasse tutto il cristianesimo e la Persia. Quindi creò un grande esercitò portando in Turchia tutti i soldati che si trovavano in Asia ed in Europa, da comandare lui stesso, contro questa piccola provincia. Tutto il cristianesimo si spaventò; soltanto Scanderbeg non si spaventò, ma si preparò a porre una dura resistenza.

Murati si preparava a occupare la regione più importante di Sfetigrad, ma gli abitanti si difesero con una forza incredibile, così 1000 turchi furono uccisi. Nel frattempo, Scanderbeg attaccò i turchi con un altro esercito e, quando uno dei comandanti turchi Ferit Pascia, chiese un duello a Scanderbeg, lui lo uccise con un unico colpo. Quando Murati notò che non avrebbe potuto avere con la forza la regione, cercò di promettere regali  ai cittadini, fin quando uno dei soldati di Scanderbeg decise di vendersi per soldi, spingendo anche gli altri a ribellarsi. Lui sapeva bene che gli abitanti della regione si sarebbero uccisi, piuttosto che bere l’acqua sporca. In città c’era solo un pozzo, che forniva tutti di acqua. Durante la notte, portò un cane morto dentro il pozzo che fu trovato la mattina successiva. Tutto questo creò confusione tra i soldati, che cominciarono a ribellarsi. Il loro comandante, cercò di tranquillizzarli e, alla loro presenza, bevve un intero bicchiere di acqua. Ma i soldati non accettarono di bere. Non c’era altro modo per salvare la città e i suoi cittadini, quindi i soldati accettarono di arrendersi al sultano. Il sultano diede molto denaro al traditore, che però sparì molto presto. Si pensa che il sultano stesso lo fece uccidere.

Appena Murati con il suo esercito si allontanò dall’Epiro, Scanderbeg decise di prendere con la forza Sfetingrad.  La città fu circondata immediatamente da parte degli epirioti e dallo stesso Scanderbeg, che uccise molti turchi. Comunque, l’esercitò di Scanderbeg, non riuscì nell’impresa. Dopo aver perso 500 uomini, decisero di lasciare la città. In realtà, la decisione di rinunciare fu presa perché Scanderbeg, ebbe notizia dell’arrivo di un nuovo esercito dalla Turchia. Il sultano, appena ebbe notizia dell’avanzata di Scanderbeg, anche se poi il suo esercito rinunciò alla città, decise di andare lui stesso con un grande esercito in direzione dell’Epiro per attaccare Kruja. Kruja era ben protetta  sotto il comando di Uranaconte. Questa era la seconda volta che il sultano Murati, con tutto il potere del suo esercito, partiva per combattere contro Scanderbeg. Questo dimostrava la paura che aveva di lui. In tutte le guerre fatte prima, contro la Persia o i cristiani, aveva mandato i suoi generali, mentre contro Scanderbeg, decise di andare lui stesso, anche se ormai era un uomo anziano di ottant’anni.

La città di Kruja fu circondata e si fece di tutto per riprenderla. Lo dimostra il fatto che morirono 8000 turchi. Scanderbeg era sempre in movimento attaccando i turchi. Siccome Kruja era circondata da troppo tempo e si era versato troppo sangue, si aveva l’impressione che l’esercito turco ne sarebbe uscito distrutto. Murati, ormai molto anziano, divenne molto magro dal dolore e quindi morì. Si racconta che all’ultimo momento prima di morire, Murati, maledì il Fato che lo aveva fatto vivere molto a lungo da poter vedere che tutti i suoi successi erano oscurati da un piccolo stato che lui aveva a lungo disprezzato. Suo figlio Muhameti, non trovò necessario continuare a circondare Kruja, quindi tornò assieme ai sopravissuti in Adrianopoli, dove ereditò tutto dal padre. Muhameti segnò la fine dell’impero dell’est e rafforzò Costantinopoli, dove i sultani turchi avevano mantenuto il titolo di imperatori. Lui era senza ombra di dubbio, il più forte guerriero di tutti i sultani, ma anche il più tiranno. Aveva comunque anche delle buone qualità: era un uomo di larga cultura, conosceva bene la storia, era in grado di parlare molte lingue, il greco, il persiano, l’arabo; conosceva le stelle e altre scienze.

Appena prese il posto del padre, offrì a Scanderbeg la pace, ma con una condizione. Avrebbe potuto tenersi le sue terre, ma doveva pagare alla Turchia una tassa annuale. Scanderbeg, rifiutò l’offerta, così Muhameti mandò due eserciti contro l’Epiro. Il primo esercito era comandato da Hamza. Questo esercito venne distrutto velocemente e il suo comandante cadde nelle mani di Scanderbeg. Il secondo esercito, comandato da Debrea, ebbe la stessa sorte. Scanderbeg riuscì a uccidere il suo comandante e ad allontanare l’esercito.

Il sultano cercò di convincere Moses, il quale era secondo a Scanderbeg come guerriero. Gli promise il regno dell’Epiro, in cambio della sua fedeltà. Lui accettò e da quel momento cominciò a tramare per la caduta di Scanderbeg. L’eroe dell’Epiro, era da tempo che, assieme agli altri cristiani, desiderava circondare la città importante di Beograd e voleva al suo fianco Moses. Moses, cercò di giustificare la sua permanenza nell’Epiro, con il fatto che questa permanenza era necessaria, perché era molto probabile che il sultano avrebbe provato di nuovo a mandare il suo esercito, e quindi Scanderbeg accettò volentieri la sua proposta. Scanderbeg fece tutti i preparativi e partì verso Beograd assieme ad un forte esercito. La città fu subito attaccata e i suoi abitanti cominciarono a discutere per un eventuale resa, ma prima chiesero un mese di pace. Se nel frattempo, non avessero avuto rinforzi, la città si sarebbe arresa. Scanderbeg, non accettò questa proposta, ma fu convinto a dare loro 16 giorni. Immediatamente il sultano ebbe la notizia di questa sospensione. Aveva già un esercito pronto e così  partì verso Beograd. Fecero tutto di nascosto e il comandante turco Sebelia arrivò di sorpresa davanti ai cristiani. Fu una vera catastrofe. Hamza fu ucciso assieme a 1000 altri cristiani, molti erano italiani. Alfonso, il re di Napoli aveva mandato i suoi uomini in aiuto degli epirioti. Scanderbeg con i suoi uomini combatterono in lontananza, in modo da potersi anche ritirare, ma i turchi si accontentarono della vittoria contro i cristiani. Scanderbeg riuscì a uccidere due forti comandanti turchi in questa battaglia. Questa era la prima volta che doveva lasciare la vittoria nelle mani dei suoi nemici, perché i cristiani persero 5000 uomini. Muhameti era contento, perché l’esercito di Scanderbeg aveva perso molti uomini.

Quando la notizia arrivò in Epiro, Moses, pensò che era arrivato il momento del tradimento. Non ricevendo alcun sostegno, fu costretto a fuggire dall’Epiro con pochi uomini verso Costantinopoli. Chiese un esercito promettendo che avrebbe fatto arrendere l’Epiro. All’inizio Muhameti rifiutò di aiutarlo, perché sapeva bene che non c’era da fidarsi dei traditori, ma poi, vedendo la sua serietà, gli affidò un esercito di 15000 uomini. Moses partì verso l’Epiro. Scanderbeg, non riusciva a capire come un amico, che aveva dimostrato tanta fedeltà verso di lui e il proprio paese, si fosse accordato con i nemici del cristianesimo. Scanderbeg non pensava che Moses avesse realmente delle cattive intenzioni ma, quando capì che era una cosa seria, andò a combattere contro di lui, vincendo una grande battaglia. Prima di partire, Moses aveva promesso al sultano che avrebbe sfidato Scanderbeg al duello e per questo durante la battaglia, cercò di attirarlo verso di lui. Quando Scanderbeg gli venne davanti, lui si spaventò al solo suo sguardo. La maggior parte dell’esercito turco fu disfatto in questa battaglia. Moses, assieme ai 4000 uomini, disperato, tornò a Costantinopoli. Il sultano decise di ucciderlo ma, quando ebbe notizia che Moses aveva combattuto come un grande guerriero in questa battaglia, decise di non farlo. Allora questo uomo distrutto, fuggì da Costantinopoli e tornò di nuovo in Epiro dove scongiurò Scanderbeg di perdonarlo. Scanderbeg, non solo lo perdonò, ma gli diede di nuovo il suo posto accanto a lui.

Dopo poco tempo, si ebbe notizia di un altro tradimento che colpì fortemente Scanderbeg. Suo nipote Hamza, era fuggito con la moglie e i bambini verso Costantinopoli. Lì aveva tenuto un discorso accusando suo zio e promettendo la sottomissione dell’ Epiro. La forza militare di 50000 uomini fu affidata a Isa Pascia. Scanderbeg preparò il suo esercitò di 11000 uomini e partì contro il nemico. Nel momento che l’esercito turco avanzò, l’esercito di Scanderbeg si ritirò, aspettando un po’ lontano, nelle sue terre. Questa strategia era per rendere il nemico più insicuro. Hamza stesso, che conosceva bene le strategia di guerra di suo zio, questa volta, non riuscì a capire. Tutti pensarono che l’esercito di Scanderbeg si fosse ritirato per paura. I turchi, festeggiarono questo successo e Isa Pascia proclamò Hamza, re dell’Epiro. Mentre i turchi festeggiavano, Scanderbeg li attaccò all’improvviso e vinse. In questa battaglia morirono 30000 turchi, gli altri, assieme a Isa Pascia, scapparono. Insieme ai prigionieri c’era anche Hamza. Scanderbeg aveva chiesto ai suoi uomini di non ucciderlo.

Questa vittoria portò grande entusiasmo in tutto il paese. In mezzo ai prigionieri c’era anche Hamza che camminava con le mani legate dietro la schiena, con grande sorpresa degli abitanti che lo conoscevano come uomo onesto e grande combattente. Scanderbeg lo mandò immediatamente dal suo amico Alfonso, re di Napoli, dove Hamza rimase prigioniero fino alla morte del re. Dopo la morte di Alfonso, fu portato nella prigione di Kruja. Scrisse continuamente a Scanderbeg di liberarlo, promettendogli che lo avrebbe servito fino alla fine dei suoi giorni. Aveva deciso di procedere in questo modo: avrebbero fatto in modo che fuggisse dalla prigione, così Hamza sarebbe partito verso Costantinopoli dove c’era la sua famiglia e avrebbe chiesto di nuovo la protezione del sultano. Scanderbeg si convinse di lasciarlo andare e finse di turbarsi davanti alla fuga di  Hamza. Hamza tornò per la seconda volta a Costantinopoli dove fu accolto molto bene. Morì poco tempo dopo. Si racconta che il sultano lo avvelenò lasciandolo morire.

 Dopo aver provato con la forza, i turchi decisero di provare a chiedere l’amicizia di Scanderbeg. Questi si accordò con il sultano per un anno di pace. Poi, partì con un esercito verso Napoli  in aiuto del nuovo re Ferdinando, figlio di Alfonso. Ferdinando era stato costretto ad arrendersi dal duca Anzhout, che diceva di avere più diritti di lui su Napoli. Scanderbeg fu talmente fortunato che, dopo aver distrutto completamente l’esercito francese, riuscì a portare tutti i territori di Napoli sotto il dominio di Ferdinando. Dopo aver rinforzato il potere di questo re, Scanderbeg tornò in Epiro.

Mentre stava ancora in Italia, il sultano preparò un altro esercito contro l’Epiro, anche se l’anno di pace non si era ancora concluso. Il primo esercito era di 20000 uomini, sotto il comando di Sinan Pascia. Prima che l’attacco potesse cominciare, Scanderbeg, era già tornato. Aveva già preparato 8000 uomini e attaccò l’esercito turco durante la notte, così riuscì a vincere ed a uccidere il comandante. Dopo un po’ di tempo, riuscì a fronteggiare un altro esercito comandato da Hasanbeu. Vinse uccidendo la maggior parte dei soldati turchi e Hasanbeu si arrese insieme ad altri. Partì un altro esercito con 18000 uomini, questa volta comandato da Jonuzbeu, ma anche questa volta Scanderbeg riuscì a vincere.

Nessuno aveva più il coraggio di andare contro Scanderbeg, perché il suo nome era quello che suscitava più paura in tutto l’impero ottomano. Ci fu un altro anziano guerriero, Karazbeu, che aveva guadagnato un buon nome durante l’Impero di Murati e l’Impero di Muhameti, al quale venne affidato un altro enorme esercito. Questi partì verso l’Epiro. Si racconta, che Scanderbeg disse di avere più paura del suo comandante, che di tutto l’esercito. Karazbeu portò con sé 4000 uomini, con l’idea di prendere altri uomini durante il cammino. Ma, quest’esercito fu attaccato da Scanderbeg e Karazbeu fu obbligato a tornare in Costantinopoli. Il sultano si dimostrò misericordioso con lui. Così Scanderbeg, in breve tempo, distrusse quattro eserciti turchi, comandati da quattro comandanti diversi. Muhameti cercò di non provocarlo più, bensì di guadagnare la sua amicizia scrivendo lettere. Scanderbeg si lasciò convincere per ottenere la pace. Di questa pace, gli altri paesi cristiani, soprattutto Venezia, non furono molto contenti. La repubblica cercava di coinvolgerlo di nuovo in guerra, perché tutti gli altri paesi si erano riuniti contro i turchi e non potevano lasciare lui, che era l’anima del potere cristiano, da solo. Inoltre, speravano che nelle future battaglie, lui li avrebbe senz’altro aiutati. Scanderbeg, il quale era interessato a continuare la pace con il sultano, perché il suo interesse era far crescere in ricchezza gli abitanti del suo paese, soltanto dopo aver visto che le successive battaglie erano delle guerre religiose, ruppe il patto con il sultano attaccando immediatamente i suoi territori. Il Papa Pio II, prima di morire aveva portato i cristiani a litigare, e quindi dopo tante incomprensioni, ognuno tornò nel proprio paese, lasciando Scanderbeg da solo. Ormai Muhameti era più tranquillo, perché i cristiani erano tra loro divisi. Il sultano mandò un nuovo esercito in Epiro, e Scanderbeg vinse ancora, uccidendo 10000 uomini e catturando il loro comandante.

Questa nuova perdita fece arrabbiare ancora di più il sultano, che immediatamente provò a trovare un altro comandante cui affidare il comando per le successive battaglie. Nessuno fu disponibile, a parte Ballaban Badera, di origine epiriota, che da bambino era stato al servizio dei turchi ed era stato il primo a salire sul muro della città, quando i turchi avevano attaccato Costantinopoli. La sua esperienza e la sua bravura erano note, quindi i turchi pensarono di aver finalmente trovato la persona giusta che potesse sconfiggere Scanderbeg. Ballabani fu in grado di adempiere a queste aspettative, vincendo la prima battaglia. Scanderbeg fu costretto a ritirarsi e Ballabani riuscì a catturare otto grandi comandati epirioti. Tra di loro c’era anche Moses, pseudonimo di Perlati, il quale aveva dimostrato grande abilità durante l’occupazione di Sfetingrad. Ballabani portò tutti a Costantinopoli dove il sultano li uccise. Questa disgrazia fu molto dolorosa per l’Epiro.

Scanderbeg, non lasciò che il dolore per questa disgrazia durasse a lungo, ma cercò di vendicarsi contro Ballabani, distruggendo il suo esercito completamente. Ballabani, assieme a pochi sopravissuti, tornò a Costantinopoli. Muhameti, all’inizio si arrabbiò molto con lui, ma siccome non aveva altri uomini all’altezza sua, creò un altro esercito per lui. Si tenne un'altra battaglia vicino Sfetingrado, dove Scanderbeg  dimostrò ancora una volta la sua supremazia e tutti, cristiani e mussulmani lo presero a considerare di qualità sovrumane. In mezzo alla battaglia a Scanderbeg fu chiesto di fare un duello con un grande comandante turco, Soliman, il quale fu ucciso al primo colpo di spada. Tutto questo spaventò molto i turchi che scapparono verso Costantinopoli.

Quando tornò a Costantinopoli, cercò di difendersi davanti al sultano che lo perdonò e volle usarlo di nuovo, in altre battaglie. Si può dire che lui aveva adempiuto al suo compito di comandante, perché aveva combattuto bene nel difendere il suo paese, ma nessuno in quei tempi poteva combattere contro Scanderbeg. Ballabani partì per un'altra battaglia contro Scanderbeg, scegliendo gli uomini migliori, che divise con il suo partner Jakupi. Provò ad attaccare Scanderbeg con due eserciti. Ballabani arrivò per primo con il suo esercito, mentre Scanderbeg si avvicinò con pochi uomini per scoprire qual’era la situazione nel campo nemico. Ma fu attaccato all’improvviso durante il cammino, da parte di alcuni turchi che lo stavano aspettando. Avendo rischiato la vita, si allontanò con un solo uomo, perché gli altri furono tutti uccisi. Lui pensò che l’unica cosa da fare fosse sconfiggere l’esercito di Ballabani, prima che arrivasse l’altro esercito. Partì immediatamente verso il suo avversario costringendolo a combattere contro la sua volontà. La riposta di Ballabani fu molto dura, si ebbe una lotta molto difficile, ma comunque, Ballabani fu sconfitto ancora una volta. Il secondo esercito con il comandante Jakupi partì velocemente verso l’Epiro, prima di ricevere la notizia della sconfitta di Ballabani. In questa battaglia, Scanderbeg, cercò subito di scontrarsi con il comandante e lo uccise, così tutto l’esercito, scoraggiato, si allontanò. In questo modo furono sconfitti due eserciti e il nome di Scanderbeg accrebbe le speranze di tutti i paesi cristiani.

Quando il sultano ebbe notizia dell’ennesima sconfitta, temette che la sua reputazione fosse rovinata, quindi si giocò un’ultima possibilità. Lui stesso con 200000 uomini circondò Kruja. Prima di arrivare a Kruja, cercò di comprare due uomini, ai quali ordinò di uccidere Scanderbeg, oppure di avvelenarlo, ma questi furono scoperti e uccisi entrambi. Dopo quest’altra sconfitta, Muhameti circondò Kruja, ma gli abitanti difesero la città con grande coraggio. Scanderbeg combatteva alle spalle dell’esercito turco. Muhameti ebbe così tante perdite di uomini, che fu costretto a tornare a Costantinopoli, lasciando Ballabani a Kruja.

Nel frattempo, Scanderbeg intraprese il viaggio verso gli altri paesi per avere rinforzi. A Roma cercò di convincere il Papa ad occuparsi dei suoi progetti. Dopo aver riunito molti uomini, tornò in Epiro per prepararsi ad attaccare di nuovo i turchi. Ma i turchi si ritirarono da Kruja, perché il loro comandante morì  improvvisamente. Anche questa battaglia ebbe un brutto epilogo per i turchi.

Numerosi scrittori del tempo si sono occupati di descrivere il viaggio intrapreso da Scanderbeg, quando Kruja era circondata. Barleti e Kalciondylasvidne raccontano che Muhameti era più che disperato durante questa battaglia, come in tutte le altre e che, dopo aver fatto l’ultimo tentativo per avere Kruja e Durazzo, tornò sconfitto. La fortuna e le vittorie di Scanderbeg durarono fino alla sua morte, nel 1466, all’età di 63 anni, dopo aver governato 24 anni di seguito.

La sua morte portò dolore e povertà in tutto il paese, perché era lui che aveva mantenuto la sua libertà. Mentre stava in punto di morte, sdraiato e con la febbre, ci fu un altro attacco da parte dei turchi. Scanderbeg, cercò di alzarsi e prendere la spada, ma la malattia non glielo permise, e quindi si sdraiò e morì poco tempo dopo.

Si può dire di quest’uomo, che è stato l’eroe più grande della storia, e nessuno si può paragonare a lui. Non c’è niente di più maestoso che vedere un piccolo principe con un pugno di uomini comandare la guerra contro due monarchi, che fecero tremare la Persia, l’Egitto e l’intera Europa. Lui distrusse completamente venti eserciti e il maggior numero dei comandanti li uccise di propria mano. Gli scrittori del tempo testimoniano che durante le battaglie, Scanderbeg uccise 3000 uomini con la sua spada, il che è più di quel che ha potuto fare un altro uomo sulla terra.

Era un bravo combattente, ma anche un uomo mite. Portava molto rispetto al cristianesimo e questo si vede nelle sue lettere, dove si autoproclamò con il titolo: Giorgio Castriota, il combattente del cristianesimo. La sua storia è stata descritta da molti autori, ma la migliore è quella di Marin Barleti, un epiriota. Una storia di 13 volumi che io ho letto con molta attenzione. Il Barleti stesso testimonia che, quando i turchi riuscirono ad occupare la città dove Scanderbeg era stato sepolto, presero le ossa dalla sua tomba e li divisero tra di loro mettendoli attorno al collo, usandoli come portafortuna.

Di quest’uomo si può dire che:

Lui era il combattente, il principe e allo stesso tempo il più grande eroe della storia.

Ludvig Holberg    

 

 

 

 
Prefazione a
Ludvig Holberg


Aderire all'invito dell'Editore Costanzo D'Agostino, di inserire una breve prefazione ad un saggio di Nicola Bietolini che riguarda il più noto scrittore e letterato della cultura danese e scandinava, definibile senza ombra di dubbio anche il padre del teatro danese, Ludvig Holberg, non nascondo che, in un primo momento, mi ha lasciato, a dir poco, emozionato.

Tra le innumerevoli opere dell'Holberg, è noto vi sia anche Varie Storie ed Imprese di Grandi Eroi e sicuramente in tale avvincente contesto narratorio emerge mirabilmente l'Eroe Albanese "Princeps Epiri" Giorgio Castriota, detto Scanderbeg. Questo indomabile difensore della civiltà occidentale, di cui mi è toccato in sorte l'onore di rappresentare la continuità genealogica, è chiaramente definito come Eroe positivo, uomo che, pur se nell'agone della battaglia appare invincibile, determinato nella ricerca della vittoriosa riscossa, tuttavia è lo stesso Uomo che si avvicina ai suoi combattenti ascoltandone singolarmente le problematiche, incoraggiandoli nei momenti di sconforto, dando loro quella forza che rende invincibile un esercito e immortale un Condottiero.

Se non fosse stato l'Uomo di cui si narra, difficilmente nell'anno 1436 dalla incarnazione del Signore, nella 14/ma indizione, dal Doge di Venezia sarebbe stato attribuito all'Illustre e Magnifico Signore Giorgio, "despota del regno di Rassia e Signore di Servia ed altri" il diritto all'Onore del Consiglio Maggiore con figli ed eredi legittimi. Non crediamo che il Pontefice Pio II avrebbe espresso al Re Ferrante d'Aragona il proprio assenso ad un eventuale intervento armato dello Scanderbeg, nel regno napoletano (non tralasciando di esortare il Sovrano a ricompensare adeguatamente l'Eroe Shqiptaro, in considerazione dei bisogni della guerra del Suo popolo contro i Turchi), se le principali doti di Giorgio fossero state solo quelle di guerriero e non di Eroe positivo, strenuo difensore della cristianità. E' inoltre evidente che se un invincibile Condottiero come lui avesse rappresentato un potenziale pericolo, difficilmente avrebbe ottenuto tali attestati, che confermano indirettamente che la visione positiva dell'uomo Giorgio, non è stata solo quella dell'epoca in cui visse, in quanto estremo baluardo difensivo Europeo dall'invasione Ottomana, ma continuò ad essere tramandata anche e soprattutto per le sue doti morali, di giustizia, equità, saggezza, che a distanza di cinque secoli, sono ancora oggi commemorate e ricordate indelebilmente, non solo in Albania, dove Giorgio è idolatrato, ma, ci sia consentito, in Europa.

Grazie quindi ad uomini di enorme spessore letterario, come Ludvig Holberg, arrivano ai nostri giorni i veri significati di Eroi: si va oltre le battaglie, che comunque testimoniano la grandezza, tra tutti i valorosi Generali del XV secolo, del Principe Giorgio, analizzando l'aspetto spiccatamente umano, che, come detto prima, pone il grande Scanderbeg, non solo sul gradino più alto del podio del Secolo in cui visse, ma indelebilmente nel cuore del Popolo Albanese, dei suoi discendenti, da me qui rappresentati e, senza tema di esagerare, nelle più esemplari pagine della Storia Europea.

A nome mio ed in rappresentanza di tutta la mia famiglia, auguro a questa opera il massimo successo, onde la stessa possa costituire un viatico tra la vecchia Europa e la nuova, costituita e costituenda, dove di diritto spetta un posto alla Patria del mio grande Avo, l'Albania.
Giorgio Maria Castriota Scanderbeg