LUDVIG HOLBERG
(tratto da “Varie Storie
ed Imprese di Grandi Eroi”)
Giorgio Castriota
Skanderbeg
Un tempo, molto prima
dell’occupazione di Costantinopoli e la caduta dei principati
dell’est, in Epiro governava un principe di nome Gjon Castriota, il
quale aveva quattro figli. Il più giovane di loro si chiamava Giorgio,
l’eroe, la vita del quale vorrei raccontare. Alla sua nascita, si dice,
che siano successi tanti strani eventi; si racconta che nacque con un
segno sul braccio che assomigliava ad una spada. Quando il sultano Murati
occupò quasi tutte le regioni attorno alla Grecia, anche Gjon Castriota
fu costretto ad arrendersi dando in ostaggio suo figlio Giorgio e gli
altri suoi fratelli. Murati, come nella tradizione ottomana, li
circoncise, e diede a Giorgio un altro nome, quello di Scanderbeg. Giorgio
imparò durante l’infanzia con una velocità ammirevole le scienze e le
lingue straniere: il turco, l’arabo, il greco, l’italiano e l’illiro
e mentre diventava grande, espresse il grande desiderio di imparare a
combattere, al chè il sultano gli diede come titolo Sanxhak, che aveva lo
stesso valore del Pascia. All’età di 19 anni andò in guerra in Asia e
dopo un breve periodo, gli fu dato il comando di un esercito con il quale
dimostrò un grande coraggio e il suo nome divenne noto.
Quando dopo tante vittorie
tornò ad Adrianopoli, dove viveva il sultano, fu organizzata una
battaglia da parte di un albanese, il quale per dimostrare a tutti la sua
forza, sfidò in un duello una delle persone più vicine al sultano.
Nessuno voleva avere a che fare con questo selvaggio albanese, escluso
Scanderbeg, il quale con coraggio andò e vinse questa grande battaglia.
Dopo un breve periodo, questi intraprese una campagna aperta contro i
persiani e alla presenza del sultano, li fece arrendere. Questo fatto
piacque molto al sultano che gli diede l’ordine di combattere contro i
cristiani in Ungheria e in Grecia. In questa guerra Scanderbeg, cercò di
risparmiare per quanto poteva i cristiani, perché si sentiva un loro
amico. Durante questo periodo, muore il padre di Scanderbeg, Gjon
Castriota, così che Murati occupò tutto il suo paese inclusa la
capitale, Kruja, che circondò rafforzando le guardie. Inoltre, decise di
uccidere i fratelli di Scanderbeg, perché pensò che la morte del loro
vero padre avrebbe fatto loro
ricordare la patria. Aveva bisogno dei servizi di Scanderbeg, quindi cercò
di promettergli le terre più importanti dell’Epiro. Scanderbeg finse di
esserne contento per non avere la stessa sorte dei suoi fratelli, ma
comunque il sultano dubitava di lui e decise di eliminarlo. Scanderbeg
godeva del rispetto dell’esercito, quindi il sultano non poteva
ucciderlo, ma fece in modo di mandarlo nelle battaglie più pericolose
contro i cristiani, in modo che potesse rimanere ucciso.
Per prima, lo mandò nella guerra contro la Serbia. Durante questa
guerra, Scanderbeg cercò il modo di liberarsi e di riprendere le terre
ereditate dal padre.
Il re ungherese
Vladislausi, lottava nello stesso periodo nella battaglia della Serbia, e
con il suo eroe Huniada, riuscì a vincere contro i turchi. Si racconta
che Scanderbeg, si fosse accordato con Huniada già prima della battaglia.
Alcuni dei suoi seguaci dicono che una cosa simile è infondata.
Scanderbeg, dopo questa sconfitta, continuò la sua missione segreta
costringendo colui che scriveva per il pascia turco, a scrivere in nome
del sultano alle guardie di Kruja, che il sultano stesso affidava Kruja
nelle sue mani. Così Scanderbeg divenne il capo di una delle regioni più
importanti dell’Epiro. Non appena prese il potere, uccise tutti gli
occupanti turchi e liberò le altre città dell’ Epiro. Si racconta che
Scanderbeg per molto tempo, non dormì che due ore ogni sera, finchè non
convinse tutti gli epirioti a seguirlo.
Quando il sultano ebbe
notizia della sconfitta del suo esercito, il tradimento di Scanderbeg e la
perdita dell’Epiro, decise di vendicarsi. Sotto la direzione di Ali
Pascia, creò un esercito enorme per costringere l’Epiro ad arrendersi.
Ma Scanderbeg, non si arrese. Con un esercitò di Epirioti, vinse contro i
Turchi. Riuscirono a uccidere 22000 turchi e altri 2000 furono fatti
prigionieri. Gli epirioti persero soltanto 120 soldati. Questa sconfitta
sconvolse il sultano che non riuscì a vendicarsi immediatamente, perché
nello stesso periodo doveva prepararsi alle battaglie che si stavano
facendo contro di lui in Ungheria ed in Polonia. Nel frattempo, gli
ungheresi ed i polacchi avevano chiesto
aiuto a Scanderbeg, per unirsi nella battaglia contro i turchi.
Scanderbeg, non poteva rifiutarsi e assieme a 1000 epirioti andò ad
aiutare gli ungheresi ed i polacchi. Mentre il suo esercito stava
dirigendosi verso la Serbia, Hospodar Georgius, tentò di non lasciarlo
passare nel suo paese e lo trattene così tanto che Scanderbeg non fece in
tempo, quindi gli ungheresi furono costretti a combattere da soli. Durante
la grande battaglia di Varna, gli eserciti ungheresi e polacchi furono
sconfitti e il giovane re Vladislau rimase ucciso. Scanderbeg, ebbe
notizia di questa disgrazia, mentre aspettava in Serbia, dove si infuriò
con Hospodar, e distrusse tutto attorno a lui.
Anche se i turchi vinsero
una grande battaglia a Varna, ebbero tante perdite. Murati non se la
sentiva di intraprendere un'altra battaglia, così cercò di convincere
Scanderbeg scrivendogli una lettera, dove lo accusava di mancanza di
rispetto nei suoi confronti e gli prometteva tante cose in cambio della
sua sottomissione. Ebbe una risposta non piacevole, così inviò un’
esercito composto da 9000 soldati contro l’Epiro allo scopo di
sorprendere Scanderbeg. Ma
Scanderbeg, era sempre pronto, così, attaccò l’esercito turco e vinse
la battaglia.
Immediatamente, il sultano
mandò un nuovo esercito che non ebbe migliore sorte, anzi molti
fuggirono. Uno di quelli che fuggirono, fu il comandante Mustafai, il
quale consigliò il sultano di avvicinarsi ai confini con prudenza, fin
quando non fosse il momento più opportuno per intraprendere una battaglia
più importante. Nel frattempo, ci fu un’incomprensione tra Scanderbeg e
Venezia e seguì una guerra. In questa guerra Scanderbeg ebbe la meglio,
distruggendo l’esercito dei veneziani. Non usò questa vittoria, anzi,
cercò di accordarsi con la repubblica un'altra volta per unire le loro
forze contro i turchi. Il governo di Venezia lo accolse molto bene,
offrendogli molti regali.
Approfittando dalle
incomprensioni tra i cristiani, il comandante turco Mustafai, chiese al
sultano di dirigere un altro esercito contro gli epirioti. Anche questa
volta, i turchi persero 10000 soldati e Mustafai assieme ad altri 12
comandanti rimasero prigionieri nelle mani di Scanderbeg. Il sultano fu
costretto a pagare un riscatto per liberarlo.
Il mondo era sorpreso che
la grande potenza dei turchi veniva battuta da una piccola provincia e da
un unico uomo. Murati notò la grande importanza che aveva il fatto che
Scanderbeg fosse suo nemico, quindi decise di dirigere la guerra in un
altro modo, creando l’idea che Scanderbeg rappresentasse tutto il
cristianesimo e la Persia. Quindi creò un grande esercitò portando in
Turchia tutti i soldati che si trovavano in Asia ed in Europa, da
comandare lui stesso, contro questa piccola provincia. Tutto il
cristianesimo si spaventò; soltanto Scanderbeg non si spaventò, ma si
preparò a porre una dura resistenza.
Murati si preparava a
occupare la regione più importante di Sfetigrad, ma gli abitanti si
difesero con una forza incredibile, così 1000 turchi furono uccisi. Nel
frattempo, Scanderbeg attaccò i turchi con un altro esercito e, quando
uno dei comandanti turchi Ferit Pascia, chiese un duello a Scanderbeg, lui
lo uccise con un unico colpo. Quando Murati notò che non avrebbe potuto
avere con la forza la regione, cercò di promettere regali
ai cittadini, fin quando uno dei soldati di Scanderbeg decise di
vendersi per soldi, spingendo anche gli altri a ribellarsi. Lui sapeva
bene che gli abitanti della regione si sarebbero uccisi, piuttosto che
bere l’acqua sporca. In città c’era solo un pozzo, che forniva tutti
di acqua. Durante la notte, portò un cane morto dentro il pozzo che fu
trovato la mattina successiva. Tutto questo creò confusione tra i
soldati, che cominciarono a ribellarsi. Il loro comandante, cercò di
tranquillizzarli e, alla loro presenza, bevve un intero bicchiere di
acqua. Ma i soldati non accettarono di bere. Non c’era altro modo per
salvare la città e i suoi cittadini, quindi i soldati accettarono di
arrendersi al sultano. Il sultano diede molto denaro al traditore, che però
sparì molto presto. Si pensa che il sultano stesso lo fece uccidere.
Appena Murati con il suo
esercito si allontanò dall’Epiro, Scanderbeg decise di prendere con la
forza Sfetingrad. La città
fu circondata immediatamente da parte degli epirioti e dallo stesso
Scanderbeg, che uccise molti turchi. Comunque, l’esercitò di Scanderbeg,
non riuscì nell’impresa. Dopo aver perso 500 uomini, decisero di
lasciare la città. In realtà, la decisione di rinunciare fu presa perché
Scanderbeg, ebbe notizia dell’arrivo di un nuovo esercito dalla Turchia.
Il sultano, appena ebbe notizia dell’avanzata di Scanderbeg, anche se
poi il suo esercito rinunciò alla città, decise di andare lui stesso con
un grande esercito in direzione dell’Epiro per attaccare Kruja. Kruja
era ben protetta sotto il
comando di Uranaconte. Questa era la seconda volta che il sultano Murati,
con tutto il potere del suo esercito, partiva per combattere contro
Scanderbeg. Questo dimostrava la paura che aveva di lui. In tutte le
guerre fatte prima, contro la Persia o i cristiani, aveva mandato i suoi
generali, mentre contro Scanderbeg, decise di andare lui stesso, anche se
ormai era un uomo anziano di ottant’anni.
La città di Kruja fu circondata e si fece di tutto
per riprenderla. Lo dimostra il fatto che morirono 8000 turchi. Scanderbeg
era sempre in movimento attaccando i turchi. Siccome Kruja era circondata
da troppo tempo e si era versato troppo sangue, si aveva l’impressione
che l’esercito turco ne sarebbe uscito distrutto. Murati, ormai molto
anziano, divenne molto magro dal dolore e quindi morì. Si racconta che
all’ultimo momento prima di morire, Murati, maledì il Fato che lo aveva
fatto vivere molto a lungo da poter vedere che tutti i suoi successi erano
oscurati da un piccolo stato che lui aveva a lungo disprezzato. Suo figlio
Muhameti, non trovò necessario continuare a circondare Kruja, quindi tornò
assieme ai sopravissuti in Adrianopoli, dove ereditò tutto dal padre.
Muhameti segnò la fine dell’impero dell’est e rafforzò
Costantinopoli, dove i sultani turchi avevano mantenuto il titolo di
imperatori. Lui era senza ombra di dubbio, il più forte guerriero di
tutti i sultani, ma anche il più tiranno. Aveva comunque anche delle
buone qualità: era un uomo di larga cultura, conosceva bene la storia,
era in grado di parlare molte lingue, il greco, il persiano, l’arabo;
conosceva le stelle e altre scienze.
Appena prese il posto del
padre, offrì a Scanderbeg la pace, ma con una condizione. Avrebbe potuto
tenersi le sue terre, ma doveva pagare alla Turchia una tassa annuale.
Scanderbeg, rifiutò l’offerta, così Muhameti mandò due eserciti
contro l’Epiro. Il primo esercito era comandato da Hamza. Questo
esercito venne distrutto velocemente e il suo comandante cadde nelle mani
di Scanderbeg. Il secondo esercito, comandato da Debrea, ebbe la stessa
sorte. Scanderbeg riuscì a uccidere il suo comandante e ad allontanare
l’esercito.
Il sultano cercò di
convincere Moses, il quale era secondo a Scanderbeg come guerriero. Gli
promise il regno dell’Epiro, in cambio della sua fedeltà. Lui accettò
e da quel momento cominciò a tramare per la caduta di Scanderbeg.
L’eroe dell’Epiro, era da tempo che, assieme agli altri cristiani,
desiderava circondare la città importante di Beograd e voleva al suo
fianco Moses. Moses, cercò di giustificare la sua permanenza
nell’Epiro, con il fatto che questa permanenza era necessaria, perché
era molto probabile che il sultano avrebbe provato di nuovo a mandare il
suo esercito, e quindi Scanderbeg accettò volentieri la sua proposta.
Scanderbeg fece tutti i preparativi e partì verso Beograd assieme ad un
forte esercito. La città fu subito attaccata e i suoi abitanti
cominciarono a discutere per un eventuale resa, ma prima chiesero un mese
di pace. Se nel frattempo, non avessero avuto rinforzi, la città si
sarebbe arresa. Scanderbeg, non accettò questa proposta, ma fu convinto a
dare loro 16 giorni. Immediatamente il sultano ebbe la notizia di questa
sospensione. Aveva già un esercito pronto e così
partì verso Beograd. Fecero tutto di nascosto e il comandante
turco Sebelia arrivò di sorpresa davanti ai cristiani. Fu una vera
catastrofe. Hamza fu ucciso assieme a 1000 altri cristiani, molti erano
italiani. Alfonso, il re di Napoli aveva mandato i suoi uomini in aiuto
degli epirioti. Scanderbeg con i suoi uomini combatterono in lontananza,
in modo da potersi anche ritirare, ma i turchi si accontentarono della
vittoria contro i cristiani. Scanderbeg riuscì a uccidere due forti
comandanti turchi in questa battaglia. Questa era la prima volta che
doveva lasciare la vittoria nelle mani dei suoi nemici, perché i
cristiani persero 5000 uomini. Muhameti era contento, perché l’esercito
di Scanderbeg aveva perso molti uomini.
Quando la notizia arrivò
in Epiro, Moses, pensò che era arrivato il momento del tradimento. Non
ricevendo alcun sostegno, fu costretto a fuggire dall’Epiro con pochi
uomini verso Costantinopoli. Chiese un esercito promettendo che avrebbe
fatto arrendere l’Epiro. All’inizio Muhameti rifiutò di aiutarlo,
perché sapeva bene che non c’era da fidarsi dei traditori, ma poi,
vedendo la sua serietà, gli affidò un esercito di 15000 uomini. Moses
partì verso l’Epiro. Scanderbeg, non riusciva a capire come un amico,
che aveva dimostrato tanta fedeltà verso di lui e il proprio paese, si
fosse accordato con i nemici del cristianesimo. Scanderbeg non pensava che
Moses avesse realmente delle cattive intenzioni ma, quando capì che era
una cosa seria, andò a combattere contro di lui, vincendo una grande
battaglia. Prima di partire, Moses aveva promesso al sultano che avrebbe
sfidato Scanderbeg al duello e per questo durante la battaglia, cercò di
attirarlo verso di lui. Quando Scanderbeg gli venne davanti, lui si
spaventò al solo suo sguardo. La maggior parte dell’esercito turco fu
disfatto in questa battaglia. Moses, assieme ai 4000 uomini, disperato,
tornò a Costantinopoli. Il sultano decise di ucciderlo ma, quando ebbe
notizia che Moses aveva combattuto come un grande guerriero in questa
battaglia, decise di non farlo. Allora questo uomo distrutto, fuggì da
Costantinopoli e tornò di nuovo in Epiro dove scongiurò Scanderbeg di
perdonarlo. Scanderbeg, non solo lo perdonò, ma gli diede di nuovo il suo
posto accanto a lui.
Dopo poco tempo, si ebbe
notizia di un altro tradimento che colpì fortemente Scanderbeg. Suo
nipote Hamza, era fuggito con la moglie e i bambini verso Costantinopoli.
Lì aveva tenuto un discorso accusando suo zio e promettendo la
sottomissione dell’ Epiro. La forza militare di 50000 uomini fu affidata
a Isa Pascia. Scanderbeg preparò il suo esercitò di 11000 uomini e partì
contro il nemico. Nel momento che l’esercito turco avanzò, l’esercito
di Scanderbeg si ritirò, aspettando un po’ lontano, nelle sue terre.
Questa strategia era per rendere il nemico più insicuro. Hamza stesso,
che conosceva bene le strategia di guerra di suo zio, questa volta, non
riuscì a capire. Tutti pensarono che l’esercito di Scanderbeg si fosse
ritirato per paura. I turchi, festeggiarono questo successo e Isa Pascia
proclamò Hamza, re dell’Epiro. Mentre i turchi festeggiavano,
Scanderbeg li attaccò all’improvviso e vinse. In questa battaglia
morirono 30000 turchi, gli altri, assieme a Isa Pascia, scapparono.
Insieme ai prigionieri c’era anche Hamza. Scanderbeg aveva chiesto ai
suoi uomini di non ucciderlo.
Questa vittoria portò
grande entusiasmo in tutto il paese. In mezzo ai prigionieri c’era anche
Hamza che camminava con le mani legate dietro la schiena, con grande
sorpresa degli abitanti che lo conoscevano come uomo onesto e grande
combattente. Scanderbeg lo mandò immediatamente dal suo amico Alfonso, re
di Napoli, dove Hamza rimase prigioniero fino alla morte del re. Dopo la
morte di Alfonso, fu portato nella prigione di Kruja. Scrisse
continuamente a Scanderbeg di liberarlo, promettendogli che lo avrebbe
servito fino alla fine dei suoi giorni. Aveva deciso di procedere in
questo modo: avrebbero fatto in modo che fuggisse dalla prigione, così
Hamza sarebbe partito verso Costantinopoli dove c’era la sua famiglia e
avrebbe chiesto di nuovo la protezione del sultano. Scanderbeg si convinse
di lasciarlo andare e finse di turbarsi davanti alla fuga di
Hamza. Hamza tornò per la seconda volta a Costantinopoli dove fu
accolto molto bene. Morì poco tempo dopo. Si racconta che il sultano lo
avvelenò lasciandolo morire.
Dopo aver provato con la forza, i turchi decisero di provare a
chiedere l’amicizia di Scanderbeg. Questi si accordò con il sultano per
un anno di pace. Poi, partì con un esercito verso Napoli in aiuto del nuovo re Ferdinando, figlio di Alfonso.
Ferdinando era stato costretto ad arrendersi dal duca Anzhout, che diceva
di avere più diritti di lui su Napoli. Scanderbeg fu talmente fortunato
che, dopo aver distrutto completamente l’esercito francese, riuscì a
portare tutti i territori di Napoli sotto il dominio di Ferdinando. Dopo
aver rinforzato il potere di questo re, Scanderbeg tornò in Epiro.
Mentre stava ancora in
Italia, il sultano preparò un altro esercito contro l’Epiro, anche se
l’anno di pace non si era ancora concluso. Il primo esercito era di
20000 uomini, sotto il comando di Sinan Pascia. Prima che l’attacco
potesse cominciare, Scanderbeg, era già tornato. Aveva già preparato
8000 uomini e attaccò l’esercito turco durante la notte, così riuscì
a vincere ed a uccidere il comandante. Dopo un po’ di tempo, riuscì a
fronteggiare un altro esercito comandato da Hasanbeu. Vinse uccidendo la
maggior parte dei soldati turchi e Hasanbeu si arrese insieme ad altri.
Partì un altro esercito con 18000 uomini, questa volta comandato da
Jonuzbeu, ma anche questa volta Scanderbeg riuscì a vincere.
Nessuno aveva più il
coraggio di andare contro Scanderbeg, perché il suo nome era quello che
suscitava più paura in tutto l’impero ottomano. Ci fu un altro anziano
guerriero, Karazbeu, che aveva guadagnato un buon nome durante l’Impero
di Murati e l’Impero di Muhameti, al quale venne affidato un altro
enorme esercito. Questi partì verso l’Epiro. Si racconta, che
Scanderbeg disse di avere più paura del suo comandante, che di tutto
l’esercito. Karazbeu portò con sé 4000 uomini, con l’idea di
prendere altri uomini durante il cammino. Ma, quest’esercito fu
attaccato da Scanderbeg e Karazbeu fu obbligato a tornare in
Costantinopoli. Il sultano si dimostrò misericordioso con lui. Così
Scanderbeg, in breve tempo, distrusse quattro eserciti turchi, comandati
da quattro comandanti diversi. Muhameti cercò di non provocarlo più,
bensì di guadagnare la sua amicizia scrivendo lettere. Scanderbeg si
lasciò convincere per ottenere la pace. Di questa pace, gli altri paesi
cristiani, soprattutto Venezia, non furono molto contenti. La repubblica
cercava di coinvolgerlo di nuovo in guerra, perché tutti gli altri paesi
si erano riuniti contro i turchi e non potevano lasciare lui, che era
l’anima del potere cristiano, da solo. Inoltre, speravano che nelle
future battaglie, lui li avrebbe senz’altro aiutati. Scanderbeg, il
quale era interessato a continuare la pace con il sultano, perché il suo
interesse era far crescere in ricchezza gli abitanti del suo paese,
soltanto dopo aver visto che le successive battaglie erano delle guerre
religiose, ruppe il patto con il sultano attaccando immediatamente i suoi
territori. Il Papa Pio II, prima di morire aveva portato i cristiani a
litigare, e quindi dopo tante incomprensioni, ognuno tornò nel proprio
paese, lasciando Scanderbeg da solo. Ormai Muhameti era più tranquillo,
perché i cristiani erano tra loro divisi. Il sultano mandò un nuovo
esercito in Epiro, e Scanderbeg vinse ancora, uccidendo 10000 uomini e
catturando il loro comandante.
Questa nuova perdita fece
arrabbiare ancora di più il sultano, che immediatamente provò a trovare
un altro comandante cui affidare il comando per le successive battaglie.
Nessuno fu disponibile, a parte Ballaban Badera, di origine epiriota, che
da bambino era stato al servizio dei turchi ed era stato il primo a salire
sul muro della città, quando i turchi avevano attaccato Costantinopoli.
La sua esperienza e la sua bravura erano note, quindi i turchi pensarono
di aver finalmente trovato la persona giusta che potesse sconfiggere
Scanderbeg. Ballabani fu in grado di adempiere a queste aspettative,
vincendo la prima battaglia. Scanderbeg fu costretto a ritirarsi e
Ballabani riuscì a catturare otto grandi comandati epirioti. Tra di loro
c’era anche Moses, pseudonimo di Perlati, il quale aveva dimostrato
grande abilità durante l’occupazione di Sfetingrad. Ballabani portò
tutti a Costantinopoli dove il sultano li uccise. Questa disgrazia fu
molto dolorosa per l’Epiro.
Scanderbeg, non lasciò
che il dolore per questa disgrazia durasse a lungo, ma cercò di
vendicarsi contro Ballabani, distruggendo il suo esercito completamente.
Ballabani, assieme a pochi sopravissuti, tornò a Costantinopoli. Muhameti,
all’inizio si arrabbiò molto con lui, ma siccome non aveva altri uomini
all’altezza sua, creò un altro esercito per lui. Si tenne un'altra
battaglia vicino Sfetingrado, dove Scanderbeg
dimostrò ancora una volta la sua supremazia e tutti, cristiani e
mussulmani lo presero a considerare di qualità sovrumane. In mezzo alla
battaglia a Scanderbeg fu chiesto di fare un duello con un grande
comandante turco, Soliman, il quale fu ucciso al primo colpo di spada.
Tutto questo spaventò molto i turchi che scapparono verso Costantinopoli.
Quando tornò a
Costantinopoli, cercò di difendersi davanti al sultano che lo perdonò e
volle usarlo di nuovo, in altre battaglie. Si può dire che lui aveva
adempiuto al suo compito di comandante, perché aveva combattuto bene nel
difendere il suo paese, ma nessuno in quei tempi poteva combattere contro
Scanderbeg. Ballabani partì per un'altra battaglia contro Scanderbeg,
scegliendo gli uomini migliori, che divise con il suo partner Jakupi. Provò
ad attaccare Scanderbeg con due eserciti. Ballabani arrivò per primo con
il suo esercito, mentre Scanderbeg si avvicinò con pochi uomini per
scoprire qual’era la situazione nel campo nemico. Ma fu attaccato
all’improvviso durante il cammino, da parte di alcuni turchi che lo
stavano aspettando. Avendo rischiato la vita, si allontanò con un solo
uomo, perché gli altri furono tutti uccisi. Lui pensò che l’unica cosa
da fare fosse sconfiggere l’esercito di Ballabani, prima che arrivasse
l’altro esercito. Partì immediatamente verso il suo avversario
costringendolo a combattere contro la sua volontà. La riposta di
Ballabani fu molto dura, si ebbe una lotta molto difficile, ma comunque,
Ballabani fu sconfitto ancora una volta. Il secondo esercito con il
comandante Jakupi partì velocemente verso l’Epiro, prima di ricevere la
notizia della sconfitta di Ballabani. In questa battaglia, Scanderbeg,
cercò subito di scontrarsi con il comandante e lo uccise, così tutto
l’esercito, scoraggiato, si allontanò. In questo modo furono sconfitti
due eserciti e il nome di Scanderbeg accrebbe le speranze di tutti i paesi
cristiani.
Quando il sultano ebbe
notizia dell’ennesima sconfitta, temette che la sua reputazione fosse
rovinata, quindi si giocò un’ultima possibilità. Lui stesso con 200000
uomini circondò Kruja. Prima di arrivare a Kruja, cercò di comprare due
uomini, ai quali ordinò di uccidere Scanderbeg, oppure di avvelenarlo, ma
questi furono scoperti e uccisi entrambi. Dopo quest’altra sconfitta,
Muhameti circondò Kruja, ma gli abitanti difesero la città con grande
coraggio. Scanderbeg combatteva alle spalle dell’esercito turco.
Muhameti ebbe così tante perdite di uomini, che fu costretto a tornare a
Costantinopoli, lasciando Ballabani a Kruja.
Nel frattempo, Scanderbeg
intraprese il viaggio verso gli altri paesi per avere rinforzi. A Roma
cercò di convincere il Papa ad occuparsi dei suoi progetti. Dopo aver
riunito molti uomini, tornò in Epiro per prepararsi ad attaccare di nuovo
i turchi. Ma i turchi si ritirarono da Kruja, perché il loro comandante
morì improvvisamente. Anche
questa battaglia ebbe un brutto epilogo per i turchi.
Numerosi scrittori del
tempo si sono occupati di descrivere il viaggio intrapreso da Scanderbeg,
quando Kruja era circondata. Barleti e Kalciondylasvidne raccontano che
Muhameti era più che disperato durante questa battaglia, come in tutte le
altre e che, dopo aver fatto l’ultimo tentativo per avere Kruja e
Durazzo, tornò sconfitto. La fortuna e le vittorie di Scanderbeg durarono
fino alla sua morte, nel 1466, all’età di 63 anni, dopo aver governato
24 anni di seguito.
La sua morte portò dolore
e povertà in tutto il paese, perché era lui che aveva mantenuto la sua
libertà. Mentre stava in punto di morte, sdraiato e con la febbre, ci fu
un altro attacco da parte dei turchi. Scanderbeg, cercò di alzarsi e
prendere la spada, ma la malattia non glielo permise, e quindi si sdraiò
e morì poco tempo dopo.
Si può dire di
quest’uomo, che è stato l’eroe più grande della storia, e nessuno si
può paragonare a lui. Non c’è niente di più maestoso che vedere un
piccolo principe con un pugno di uomini comandare la guerra contro due
monarchi, che fecero tremare la Persia, l’Egitto e l’intera Europa.
Lui distrusse completamente venti eserciti e il maggior numero dei
comandanti li uccise di propria mano. Gli scrittori del tempo testimoniano
che durante le battaglie, Scanderbeg uccise 3000 uomini con la sua spada,
il che è più di quel che ha potuto fare un altro uomo sulla terra.
Era un bravo combattente,
ma anche un uomo mite. Portava molto rispetto al cristianesimo e questo si
vede nelle sue lettere, dove si autoproclamò con il titolo: Giorgio
Castriota, il combattente del cristianesimo. La sua storia è stata
descritta da molti autori, ma la migliore è quella di Marin Barleti, un
epiriota. Una storia di 13 volumi che io ho letto con molta attenzione. Il
Barleti stesso testimonia che, quando i turchi riuscirono ad occupare la
città dove Scanderbeg era stato sepolto, presero le ossa dalla sua tomba
e li divisero tra di loro mettendoli attorno al collo, usandoli come
portafortuna.
Di quest’uomo si può
dire che:
Lui era il combattente,
il principe e allo stesso tempo il più grande eroe della storia.
Ludvig Holberg