Scanderbeg in Molise Articoli Foto Progetto Aquila Sapiente
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IL
REGISTA CIARFEO METTE IN SCENA LO SCANDERBEG DI FRANCIONE NEI PAESI
ARBERESHE
Sabato 26 febbraio 2005 a URURI,
nella sala consiliare gremita di pubblico e di giornalisti, moderatore
l’ottimo Carlo D'Angelo, è stato presentato il libro “SCANDERBEG –
Un eroe moderno” del giudice drammaturgo Gennaro Francione, in vista
della messinscena dell’opera teatrale contenuta nel libro ad opera del
regista Ugo Ciarfeo.
Dopo il caloroso saluto del Sindaco
di Ururi Luigi Plescia, hanno preso la parola l’Ass.re alla cultura
Anna Di Michele e il Consigliere
Regionale del Molise Pino Gallo, quest’ultimo
in veste anche di Presidente della Commissione per le minoranze
linguistiche, i quali hanno sottolineato l’importanza del progetto
“Scanderbeg” per la lingua e la tradizione arbereshe molisana.
Francione ha poi sottolineato le
ricerche storiche, antropologiche, etniche che, fondando il libro, hanno
permesso la costruzione dell’opera su Scanderbeg. L’eroe è evocato
dall’Ade dalla popolazioni arbereshe per ascendere, attraverso una serie
di purificazioni e memorie rievocative delle sue gesta, al paradiso degli
eroi.
I dati storici sono stati
arricchiti dalla ricca bibliografia su Scanderbeg offerta dalla dottoressa
Fernanda Pugliese, direttrice della rivista “Kamastra”, la
quale ha in particolare ricordato l’opera
Scanderbeide
di
dMargherita
Sarrocchi.
Infine è stata la volta del
maestro Ugo Ciarfeo, il quale ha illustrato il progetto-evento per la
messinscena dello Scanderbeg di Francione.
L’opera sarà realizzata
dalla Compagnia Teatro Moissi*, avvalendosi di attori professionisti e di
masse di attori anche non professionisti al fine di coinvolgere allo
spettacolo l’intera popolazione molisana.
Il progetto prevede una continuità
nel tempo e nello spazio.
Ogni anno si rifarà lo
spettacolo coinvolgendo volta a
volta attori e comparse diverse, attraverso un bando con cui si procederà
alla loro ricerca e scritturazione attraverso provini.
In una prima fase lo spazio
primario per la rappresentazione saranno i comuni arbereshe molisani: Ururi, Portocannone, Montecilfone, Campomarino, Chieuti.
In una seconda fase si cercherà
di portare lo spettacolo in altri paesi arbereshe del centro-sud Italia
per poi contattare direttamente le autorità albanesi per trasferire lo
spettacolo nel paese delle Aquile.
Infine, va ricordato che il
progetto sarà sostenuto dalla Comunità Europea grazie alla legge
che protegge le minoranze
linguistiche in Italia.
Operazione, questo Scanderbeg, in
paradoxo di carattere locale ma anche di grande respiro nazionale (si
contano in Italia almeno 100 comunità arbereshe) e internazionale, visto
che Castriota è stato
inserito emblematicamente da Francione nel novero dei “vecchio eroi
della Nuova Europa”
Si invitano tutti i siti
interessati a dare massima diffusione a
questo messaggio
Gigi Trilemma
INFO. 0875704873 *
0874830130 * 3407162987
* Per Moissi clicca su
http://www.arcipelagoadriatico.it/bio_ven_giu/moissi.htm
-
ADRAMELEK THEATER: Il TEATRO
MAGICO E UROBORICO DI GENNARO
FRANCIONE:
http://www.antiarte.it/adramelekteatro
-
UNIONE EUROPEA GIUDICI SCRITTORI(EUGIUS): LA NUOVA
UNIONE DEI GIUDICI UMANISTI D'EUROPA:
http://www.antiarte.it/eugius
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http://www.dramma.it/stampa/stampa49.htm
http://www.circolokubrick.it/index.php?iddoc=34
http://www.macchianera.it/Files/html/eventi.html
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Scanderberg: un eroe in
cerca di verità
Data: Martedì, 01 marzo
@ 02:15:33 CET
Argomento:
di Caterina
Sottile
Un
momento della manifestazione
Presentato ad Ururi il
libro "Scanderberg, un eroe moderno"
che diventerà un'opera teatrale con la regia di
Ugo Ciarfeo: "Sarà comunque una
rappresentazione in lingua italiana, perché il
teatro è la sola opportunità che i nostri
giovani hanno di sentir parlare
l'italiano".
La lunga esperienza teatrale di Ciarfeo promette
un allestimento importante, una "fatica"
che ha la responsabilità di documentare un
tassello essenziale della storia albanese. Scritto
da Gennaro Francione, magistrato e scittore
nato a Torre del Grego, attualmente
giudice presso la sezione penale del Tribunale di
Roma, Consigliere di Corte di
Cassazione, é un libro scritto "su
commissione", come lo stesso Francione ha
dichiarato, con la novità di non provenire da un
autore " arbëreshe".
Personalità vulcanica, come il Vesuvio della sua
terra, pittore, compositore di musica classica e
folk, oltre che scrittore, peraltro
fondatore della Associazione Europea
dei Giudici Scrittori e con l' incarico
onorifico di consulente del M.I.C.S. - Museo
Internazionale del Cinema e dello Spettacolo,
Gennaro Francione è un oratore vivace, con
una naturalissima teatralità tipicamente
partenopea che hanno reso la conferenza stampa
moderata dal giornalista Carlo D'Angelo del
giornale telematico "primonumero.it" e presentata
nella Sala Consiliare di Ururi particolarmente
briosa.
Presenti Fernanda
Pugliese, direttrice della rivista
Kamastra, rivista delle
minoranze linguistiche degli arberesce e croati
in Molise, il
regista Ugo Ciarfeo, l'assessore alla Cultura al
Comune di Ururi, Anna De Michele, il
Sindaco, Luigi Plescia, particolarmente
frizzante e spiritoso ed il
consigliere regionale Pino Gallo, presidente
della Commissione regionale per le
minoranze linguistiche e convinto sostenitore
della ricchezza della cultura arberesh e della
necessità che le comunità albanesi in Molise
hanno di preservare le proprie origini, non
tanto per fomentare improponibili
campanilismi ma per acquisire una consapevolezza
storica che è fondamento della convivenza. La
cultura spegne i pregiudizi che provengono quasi
sempre dall'ignoranza. Lo ha sottolineato con
grande lucidità anche il professor
Nicolino Iavasile, Preside della Scuola di Ururi:
"Il rischio è di passare dalla totale
assenza di interesse per le nostre origini ad un
eccesso di promozione superficiale che diventa
retorica e non certo istruttiva. Dunque ben
venga tutto ciò che aggiunge conoscenza e
cultura, e che ci fornisca elementi di studio
che mettono al riparo da pericolosi parallelismi
dettati da una lettura inadeguata della Storia e
dal pressapochismo". In tal senso,
Gennaro Francione ha "riscritto" la
biografia dell'eroe albanese aggiungendo alla
storia elementi di letteratura pura e,
paradossalmete, restituendoci un dimensione
umana e politica di Scanderberg che la
storiografia ufficiale aveva trascurato. Presentato
per la prima volta presso l'Ambasciata d'Albania
di via Asmara a Roma il 17 gennaio 2004,
in occasione dell'anniversario della morte di
Giorgio Castriota Scanderbeg, "Scanderbeg,
un eroe moderno" (Multimedial hero),
con prefazione di Alessandro e Giulio Castriota
Scanderbeg d'Albania, riapre un capitolo
irrisolto della storia d'Albania; irrisolto e
inconcluso, come, secondo l'autore,
deve essere sempre l'opera d'arte. Ma non come
deve esserlo la ricostruzione storiografica, che
per quanto riguarda Scanderberg è sicuramente
carente. Personaggio complesso e mitico, il cui
valore storico è stato probabilmente travolto
proprio dalla dimensione leggendaria che lo
avvolge. Fernanda Pugliese ne ha ripercorso la
vita, secondo i documenti disponibili,
sapendo suscitare interesse inaspettato anche in
chi non ha grande conoscenza della cultura
arberesh.
-
Giorgio Castriota ,
secondo il Barlezio (Historia de Vita et
Gestis Scanderbegi, Epirotarum principis),
fu preso in ostaggio dai Turchi all’età di
nove anni ma anche qui la data è
controversa. Dai turchi gli fu imposto il nome
di Scanderbeg (Iskander = Alessandro
e bey = signore). Il sultano Murat
II disposeper lui una rigida
educazione che lo preparasse al ruolo di
condottiero. Giorgio andò oltre ogni
aspettativa e prevalse presto su
tutti gli altri principi della corte
per temperamento e per astuzia. Dotato di
una rara intelligenza strategica
divenne una delle più temibili
spade dell’Islam ed ebbe la nomina di sangiacco-bey. La
sua fama raggiunse anche il popolo
albanese, prostrato alla tirannia.
Emissari della sua famiglia lo
raggiunsero di nascosto nel quartiere generale
del sultano e gli chiesero
aiuto. Ciò svegliò in lui
l'orgoglio ed il senso di appartenenza al suo
popolo e, soprattutto, la sua identità
di cristiano cattolico. Tornò
nella sua patria dopo aver saputo della
morte del padre ed ebbe inizio un lungo
periodo di lotte e di vittorie che di fatto
scongiurarono l'avanzata turca in Europa e
preservarono i cristiani d'Europa dalle mire
musulmane. La sua prima battaglia vittoriosa
risale al 20 giugno 1444 e nel 1450
sconfisse il poderoso esercito osmano guidato
personalmente dal sultano Maometto II. Quattro
anni dopo rifiutò la pace offertagli dai
Turchi, detentori di un vasto e potente
impero, e la piccola Albania rimase l’unico
paese cristiano in armi contro i musulmani.
Kruja rappresentava l’obiettivo principale
dei Turchi che, però furono sempre sconfitti
dagli albanesi Scanderbeg, nel frattempo,
teneva ben saldi i rapporti con i regnanti d’oltre
Adriatico. Nel 1457 venne in Galatina, nelle
Puglie, in aiuto di Ferrante d’Aragona, per
combattere gli Angioini. Anche i rapporti con
i Papi Pio II e Callisto III furono
stretti che per la sua indomita lotta contro i
turchi gli conferirono il titolo di "Atleta Christi".
Nel 1468,
ad Alessio, durante l'ennesima battaglia, si
ammalò per una febbre malarica e morì,
pianto dei suoi fedelissimi e dal popolo.
Elisa Amoruso, Danilo Rana e Annibale Mastrangelo,
allievi della Scuola di teatro di Ugo Ciarfeo,
hanno dato una struggente interpretazione di
un brano ispirato alla morte di Scanderberg,
rendendo percettibili lo strazio e la stanchezza
di un eroe vinto soltanto dalla Tempo. Con la
sua morte, ebbe inizio la rovina della Grande
Albania. Dopo dieci anni Kruja cadde
definitivamente sotto
l'invasione ottomana ed ebbe inizio l’esodo
più consistente di albanesi che si stanziarono in
Italia. Un "atleta di Cristo", difensore
della Cristianità, a cui la storia
ufficiale non ha dato il giusto rilievo ma che
richiede uno studio obiettivo, privo di qualunque
tentazione mistificatoria proprio per evitare
parallelismi con il nostro momento storico che
nulla ha a che vedere con quel contesto e con la
scientificità della ricerca storiografica.
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Riscoprire
Skanderbeg, eroe d’Europa e genio della guerra
Le avvincenti gesta e l’affascinante figura di Giorgio Castriota
Skanderbeg in un libro di Francione presentato a Ururi. Il lavoro diventa
un’opera teatrale che il regista Ciarfeo metterà in scena durante
l’estate
di Carlo D’Angelo
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Ururi 26.02.2005: presentazione
del libro dedicato a Skanderbeg |
Un nome che ricorda gesta eroiche, che evoca le doti militari di
un’abile condottiero: Skanderbeg. Quell’eroe nazionale albanese che ha
lottato per 25 anni contro l’avanzata turca in Europa. Un nome che
incuteva timore e riverenza, una figura che con la sua spada era avvolta
da un alone magico. Tanto da essere Iskander, Alessandro e Bey, generale.
Skanderbeg era tanto esperto nel guidare l’esercito, nel motivarlo e
tenerlo unito, e tanto abile nel conquistare nuovi territori, da essere
paragonato dai turchi ad Alessandro Magno.
Di Skanderbeg esistono centinaia di testi, antichi come moderni, che ne
ripercorrono le gesta: tanto la sua figura è stata importante per
l’Europa del XV secolo. Per la Chiesa innanzitutto, ma anche per i Re
che vedevano nel principe di Croja, in Albania, un alleato importante,
fondamentale per le sorti dei regni europei. L’unico che finché è
stato in vita è riuscito a contrastare ed arrestare l’avanzata del più
grande esercito della storia dell’epoca. L’esercito del sultano
Mehemed, che prese Costantinopoli e decretò la fine dell’Impero romano
d’oriente nel 1453, e del padre Murad, che avrebbe voluto
diffondere la parola di Maometto nel cuore dell’Europa.
La sagacia di Giorgio Castriota detto Skanderbeg nell’osteggiare per
anni truppe di 200 mila e più uomini con un manipolo che nei momenti
migliori non superava le 16 mila persone, è stata stimata e
ricordata per secoli. E il suo mito, probabilmente un po’ sbiadito, è
arrivato fino ai giorni nostri. Lo ricordano, per esempio, la
toponomastica dei paesi fondati dagli albanesi in Molise, come in Abruzzo
e in tutte le regioni del sud Italia o a Venezia. Ma anche statue, dipinti
famosi (un preziosissimo Rubens rubato alcuni anni fa), palazzi e, forse
solo un poco, anche gli anziani di quelle comunità albanofone stanziatesi
in Italia quando l’eroe era in vita e poco dopo la sua morte, avvenuta
per cause naturali a 63 anni (secondo alcune fonti), nel 1468.
Ciò che rimane ancora oggi sta nella tradizione orale fatta di
“Vallje” (danze e canti coreutici), in onore di colui che superò
l’Adriatico per proteggere il regno dei D’Aragona minacciato dai
baroni e dai D’Angiò. A Giorgio Castriota vennero donati interi
possedimenti in Italia, come il latifondo di Monte Sant’Angelo, uno dei
più importanti santuari dell’Europa, e San Giovanni Rotondo. E ai suoi
soldati-contadini vennero concesse terre in Calabria e Sicilia (anche in
altre aree del Regno di Napoli), e ai profughi scacciati dai turchi dopo
la sua morte, zone da ripopolare e coltivare, come in Molise.
Trattato da pari a pari dai Re, dai Dogi di Venezia (nonostante i loro
continui tradimenti dettati dal timore di entrare in contrasto con i
turchi che avevano già occupato tutte le colonie della Serenissima nel
Mediterraneo orientale), e ampiamente sostenuto dalla Chiesa, Giorgio
Castriota venne educato alla guerra e alla religione proprio dagli
Ottomani. Da giovane, infatti, il padre Giovanni Castriota fu costretto a
cederlo ai Turchi come pegno di fedeltà. Ma dopo le prime battaglie e la
morte del padre, Giorgio Castriota si riconvertì e divenne il simbolo
dell’indipendenza della sua terra, e colui che volle riunire sotto
un’unica bandiera tutti i principati. La sua bandiera, quell’esemplare
di aquila nera, che nidifica solo sulle impervie montagne albanesi, con
due teste su uno sfondo rosso, fu il suo stendardo - oggi è il vessillo
dell’Albania. E se la sua spada era una sciabola come quelle ottomane,
il suo elmo era a forma di testa di capra. Perché il principe si
identificava con la sua gente, i pastori, e perché era un abile stratega.
Con delle capre, infatti, riuscì a ingannare e a vincere l’immenso
esercito nemico durante l’assedio della sua città-forezza, Croja.
Ciò che per secoli ha stupito gli studiosi è stata la capacità del
generale albanese di tenere testa al grande esercito ottomano con qualche
manipolo di soldati. Le sue strategie belliche e le tattiche di guerriglia
sono passate sotto esame dal saggio di Gennaro Francione, “Skanderbeg,
un eroe moderno. Multimedial hero” pubblicato da Costanzo D’Agostino
Editore e presentato a Ururi.
Nel saggio del magistrato romano, strutturato in tre parti, si passano in
rassegna le imprese del condottiero convertito alla causa albanese e
cristiana, alla luce dell’importante testo di strategia militare cinese
“Sun Tzu, l’arte della guerra”: un manuale del VI secolo avanti
Cristo i cui precetti oggi sono fondamentali per la tattica militare e
politica (per Sun Tzu la vera arte della guerra consiste nel vincerla
prima di iniziarla) ed è una pietra miliare negli studi di management e
marketing. Probabilmente, sostiene Francione, Skanderbeg non conosceva il
manuale, ma le sue vittorie militari sono state possibili proprio perché
rispondenti ai principi e alle tecniche stabilite dall’antico testo
cinese.
Durante la presentazione del libro l’autore ha illustrato i contenuti
dell’avvincente pubblicazione ed l’opera teatrale che ha inserito
nell’ultima parte del volume. Un’opera drammaturgica, “La scala di
Scannerebecco” (Skanderbeg in dialetto napoletano), in cui si rievoca la
figura dell’eroe e si ripercorrono le gesta. E proprio quest’opera sarà
il cavallo di battaglia dell’estate culturale dei paesi di antica
tradizione linguistica albanese, e non solo, attraverso un progetto
supportato dal Comune di Ururi e dal Dipartimento per la valorizzazione e
la tutela delle minoranze linguistiche e storiche della Regione Molise,
presidetuto dal consigliere Pino Gallo, presente al convegno.
La messa in scena e il progetto saranno curati dal noto regista teatrale
Ugo Ciarfeo, il cui intento è quello di coinvolgere quanti più cittadini
possibili in un allestimento ricco di emozioni e spettacolarità. Potranno
infatti recitare e partecipare alla preparazione gli attori, o aspiranti
tali, dei paesi arbëreshë, in particolare quelli di Ururi. Per
riscoprire l’incanto e il fascino di un eroe, il suo valore e quello del
suo popolo.
(Pubblicato il 19/03/2005)
http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=1856
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Gli "Arbëreshë", ossia gli Albanesi
d'Italia
by w l'albania Sunday, Jun.
19, 2005 at 1:28 PM
http://www.arbitalia.it/katundet/ http://www.arbitalia.it/
ANNO 2005
Albanesi in Molise, evocazione di un mito
di Caterina Sottile
URURI. In un incontro con il pubblico moderato dal giornalista di
primonumero.it, carlo D'Angelo, è stato presentato ad Ururi il
libro "Scanderberg, un eroe moderno" che diventerà
un'opera teatrale con la regia di Ugo Ciarfeo: "Sarà comunque
una rappresentazione in lingua italiana, perché il teatro è la
sola opportunità che i nostri giovani hanno di sentir parlare
l'italiano". La lunga esperienza teatrale di Ciarfeo promette
un allestimento importante, una "fatica" che ha la
responsabilità di documentare un tassello essenziale della storia
albanese. Scritto da Gennaro Francione, magistrato e scittore nato a
Torre del Grego, attualmente giudice presso la sezione penale del
Tribunale di Roma, Consigliere di Corte di Cassazione, é un libro
scritto "su commissione", come lo stesso Francione
dichiara, con la novità di non provenire da un autore " arbëreshe".
Personalità vulcanica, come il Vesuvio della sua terra, pittore,
compositore di musica classica e folk, oltre che scrittore, peraltro
fondatore della Associazione Europea dei Giudici Scrittori e con l'
incarico onorifico di consulente del M.I.C.S. - Museo Internazionale
del Cinema e dello Spettacolo, Gennaro Francione è un oratore
vivace, con una naturalissima teatralità tipicamente partenopea che
hanno reso la conferenza stampa presentata nella Sala Consiliare di
Ururi particolarmente briosa. Rimangono aperte alcune curiosità, ma
anche questo è Cultura. Presenti Fernanda Pugliese, direttrice
della rivista Kamastra, rivista delle minoranze linguistiche degli
arberesce e croati in Molise, il regista Ugo Ciarfeo, l'assessore
alla Cultura al Comune di Ururi, Anna De Michele, il Sindaco, Luigi
Plescia, particolarmente spiritoso, ed il consigliere regionale Pino
Gallo, presidente della Commissione regionale per le minoranze
linguistiche e convinto sostenitore della ricchezza della cultura
arberesh e della necessità che le comunità albanesi in Molise
hanno di preservare le proprie origini, non tanto per fomentare
improponibili campanilismi ma per acquisire una consapevolezza
storica che è fondamento della convivenza. La cultura spegne i
pregiudizi che provengono quasi sempre dall'ignoranza. Lo ha
sottolineato con grande lucidità anche il professor Nicolino
Iavasile, Preside della Scuola di Ururi: "Il rischio è di
passare dalla totale assenza di interesse per le nostre origini ad
un eccesso di promozione superficiale che diventa retorica, e non
certo istruttiva. Dunque ben venga tutto ciò che aggiunge
conoscenza e cultura, e che ci fornisca elementi di studio che
mettono al riparo da pericolosi parallelismi dettati da una lettura
inadeguata della Storia e dal pressapochismo". In tal senso,
Gennaro Francione ha "riscritto" la biografia dell'eroe
albanese aggiungendo alla storia elementi di letteratura pura e,
paradossalmete, restituendoci un dimensione umana e politica di
Scanderberg che la storiografia ufficiale aveva trascurato.
Presentato per la prima volta presso l'Ambasciata d'Albania di via
Asmara a Roma il 17 gennaio 2004, in occasione dell'anniversario
della morte di Giorgio Castriota Scanderbeg, "Scanderbeg, un
eroe moderno" (Multimedial hero), con prefazione di Alessandro
e Giulio Castriota Scanderbeg d'Albania, riapre un capitolo
irrisolto della storia d'Albania; irrisolto e inconcluso, come,
secondo l'autore, deve essere sempre l'opera d'arte. Ma non come
deve esserlo la ricostruzione storiografica, che per quanto riguarda
Scanderberg è sicuramente carente. Personaggio complesso e mitico,
il cui valore storico è stato probabilmente travolto proprio dalla
dimensione leggendaria che lo avvolge. Fernanda Pugliese ne ha
ripercorso la vita, secondo i documenti disponibili, sapendo
suscitare interesse inaspettato anche in chi non ha grande
conoscenza della cultura arberesh. Giorgio Castriota , secondo il
Barlezio (Historia de Vita et Gestis Scanderbegi, Epirotarum
principis), fu preso in ostaggio dai Turchi all'età di nove anni ma
anche qui la data è controversa. Dai turchi gli fu imposto il nome
di Scanderbeg (Iskander = Alessandro e bey = signore). Il sultano
Murat II disposeper lui una rigida educazione che lo preparasse al
ruolo di condottiero. Giorgio andò oltre ogni aspettativa e
prevalse presto su tutti gli altri principi della corte per
temperamento e per astuzia. Dotato di una rara intelligenza
strategica divenne una delle più temibili spade dell'Islam ed ebbe
la nomina di sangiacco-bey. La sua fama raggiunse anche il popolo
albanese, prostrato alla tirannia. Emissari della sua famiglia lo
raggiunsero di nascosto nel quartiere generale del sultano e gli
chiesero aiuto. Ciò svegliò in lui l'orgoglio ed il senso di
appartenenza al suo popolo e, soprattutto, la sua identità di
cristiano cattolico. Tornò nella sua patria dopo aver saputo della
morte del padre ed ebbe inizio un lungo periodo di lotte e di
vittorie che di fatto scongiurarono l'avanzata turca in Europa e
preservarono i cristiani d'Europa dalle mire musulmane. La sua prima
battaglia vittoriosa risale al 20 giugno 1444 e nel 1450 sconfisse
il poderoso esercito osmano guidato personalmente dal sultano
Maometto II. Quattro anni dopo rifiutò la pace offertagli dai
Turchi, detentori di un vasto e potente impero, e la piccola Albania
rimase l'unico paese cristiano in armi contro i musulmani. Kruja
rappresentava l'obiettivo principale dei Turchi che, però furono
sempre sconfitti dagli albanesi Scanderbeg, nel frattempo, teneva
ben saldi i rapporti con i regnanti d'oltre Adriatico. Nel 1457
venne in Galatina, nelle Puglie, in aiuto di Ferrante d'Aragona, per
combattere gli Angioini. Anche i rapporti con i Papi Pio II e
Callisto III furono stretti che per la sua indomita lotta contro i
turchi gli conferirono il titolo di "Atleta Christi". Nel
1468, ad Alessio, durante l'ennesima battaglia, si ammalò per una
febbre malarica e morì, pianto dei suoi fedelissimi e dal popolo.
Elisa Amoruso, Danilo Rana e Annibale Mastrangelo, allievi della
Scuola di teatro di Ugo Ciarfeo, hanno dato una struggente
interpretazione di un brano ispirato alla morte di Scanderberg,
rendendo percettibili lo strazio e la stanchezza di un eroe vinto
soltanto dalla Tempo. Con la sua morte, ebbe inizio la rovina della
Grande Albania. Dopo dieci anni Kruja cadde definitivamente sotto
l'invasione ottomana ed ebbe inizio l'esodo più consistente di
albanesi che si stanziarono in Italia. L'interesse storiografico per
il "personaggio Scanderberg" richiede una analisi serena e
squisitamente scientifica: un "atleta di Cristo",
difensore della Cristianità, a cui la storia ufficiale non ha dato
il giusto rilievo ma che bisogna analizzare mediante uno studio
obiettivo, privo di qualunque tentazione mistificatoria proprio per
evitare mistificazioni e associazioni improprie con il nostro
momento storico che nulla ha a che vedere con quel contesto
lontanissimo.
www.arbitalia.it/katundet/
http://italy.indymedia.org/news/2005/06/815145.php
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