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  ANALISI PSICOLOGICA

                DI VLAD TEPES

    IL   DOMINEDDRACULA

Caro Gennaro,

così come ti avevo già preannunciato, spinta prima dall’ammirazione per il tuo libro, che ho letteralmente “divorato”, quindi stimolata dal desiderio di ricercare l’eziologia del comportamento di questo affascinante, crudele e tanto vituperato personaggio, ti invio questa mini perizia psicologica che ho scritto, invero, con qualche difficoltà.

Innanzi tutto, non avendo “de visu”  Vlad Tepes e non potendo avere da lui un’anamnesi precisa, mi devo basare sulle notizie che ho acquisito con la lettura. Inoltre vengono a mancarmi il suo modo di porsi, di parlare, di gestire - il tono di voce, l’abbigliamento - insomma tutte quelle caratteristiche che aiutano nel cercare di capire un paziente.

Ne farò a meno e, tanto per volersi spiegare il comportamento di Dracula, parto dalla sua nascita.

Leggo che Vlad Tepes è nato con un parto prematuro e difficile a causa della posizione neonatale. Egli  ha sicuramente sofferto nell’essere brutalmente aiutato ad uscire; viene quindi affidato ad una balia e comincia a crescere distaccato dalla madre e ad essere educato come usava fare con i principi di allora. La figura materna, non avendo con lui stretti contatti, va a porsi nello sfondo, nella sua vita e ne riemerge solo quando viene uccisa.

Questo è il primo grosso trauma di Vlad che è combattuto tra l’amore per la figura materna ed il rispetto e l’amore verso suo padre - l’uccisore - o meglio: il mandante.

Questo ripeto è il primo trauma psicologico che complica il rapporto edipico con il padre.

Secondo trauma pesantissimo è l’abbandono come ostaggio - presso i turchi - e la svalorizzazione della figura paterna che egli vive con sgomento e sicuramente anche con sensi di colpa dovuti a complicanze edipiche, incertezze e caduta del valore paterno.

Per un giovane principe, per quanto abituato alla politica di casa ed inserito in un progetto di ambizione, di guerra e di alleanza, credo sia stato sconvolgente vedere il proprio padre (il potente) in ceppi e lui stesso, con il fratello, prigioniero.

L’ambiente musulmano in cui i ragazzi vennero a vivere era sicuramente di grande opulenza e cultura, tuttavia era un mondo diverso, crudele fatto sia di speculazioni intellettuali ad altissimo livello, sia di cadute in brutture, atrocità e piaceri destabilizzanti.

Altra esperienza sconvolgente è stata la sodomizzazione. Ora, una mente brillante come quella di Vlad Tepes avrà sicuramente elaborato fortissimi meccanismi di difesa per poter continuare a sopravvivere e a reagire alle esperienze che gli erano state imposte. Non si può neanche dire che per lui sia stato agevole trovare un sostegno vero, forte, nella religione. Il suo senso religioso, legato all’etica personale, alla morale comune, al senso del trascendente, è stato destabilizzato e fuorviato, anche forse dagli studi esoterici da lui fatti, che gli hanno instillato un eccessivo senso di potenza sia di sé che sugli altri. Non per niente, oltre ad essere ortodosso, diventa poi musulmano, per poi ritornare nel seno della Chiesa di Roma. Ma forse tutto questo a parer mio è stato gestito tanto per ottenere “qualcosa”, per placare i propri sensi di colpa, per colmare incertezze o semplicemente per raggiungere scopi precisi.

Il sé di Vlad Tepes adulto è un coacervo di razionalità e follia allo stesso tempo, onnipotenza schizofrenica.

La personalità di Dracula si manifesta con una modalità di crudeltà ed efferatezza mai viste. Freudianamente parlando il suo sadismo denuncia la sua fissazione alla fase anale ed anche il suo comportamento sessuale risente di questa regressione.

Non riesce ad avere piacere se non fa del male ed anche quando non vorrebbe farlo, il destino gli fornisce le vittime. Solo l’ultima donna della sua vita, lo riscatta.

Il culmine della sua ferocia, che io definisco “sadismo colto”, poiché egli non fa che migliorare ciò che ha imparato dai turchi, è l’uccisione  con impalamento di migliaia di persone e non bisogna neanche dimenticare il rogo fatto con i mendicanti, i disoccupati, gli ammalati.

La sua giustificazione era quella di una pulizia, di una soluzione totale di ciò che non andava nella sua terra.

Si arroga l’onnipotenza di un dio gestendo una mentalità “salomonica” e divenendo giudice dei suoi domini, dispensando però la sua legge, con una ironia malvagia, pretendendo comunque dal popolo il riconoscimento di una saggezza e di una equità inesistenti.

Questa è l’espressione di una personalità disturbata, psicopatica che nella sua vita ha tuttavia mostrato capacità organizzative, cultura, acutezza d’ingegno, ma grosse falle e alterazioni nel rapporto con il sé e gli altri, scompensi nel sistema affettivo e nei rapporti con il sesso.

Una personalità che ha presentato ossessioni e talvolta falsa identità di sé, che si è servita di molti meccanismi di difesa e che quasi sicuramente viveva una sorta di ciclotimia presentando alternativamente periodi di onnipotenza e periodi di frustrazioni depressive.

Vlad Tepes è un paziente psichiatrico ideale. Raccoglie in sé una serie di sindromi disparate, manifestate anche in modo eclatante.

Stupisce l’ultimo periodo della sua vita, in cui invero si manifesta in tutta la sua signorilità e cultura; periodo anche di recupero di un sentimento d’amore - vero oserei dire - semplice, pulito e consolatorio.

Dracula dunque si è mostrato anche uomo normale, comunque paradigma di principe slavo-turco, machiavellico signore, capace di slanci generosi come di efferate crudeltà.

Forse poiché il sangue è stato così presente nella sua vita; ha assunto per lui una particolare valenza mistica che tuttavia è stata travisata e ingigantita dai suoi cronisti e dai suoi detrattori, fornendo così spunto per inventare quella favolistica legata alla trasformazione in vampiro.

Questo giustificherebbe in modo inesatto la supervalutazione del sangue, legandolo così ad una immortalità poco credibile. Ma tant’è, gli uomini come i bambini hanno bisogno delle paure per trasformarle e non si sono resi conto, i cronisti di allora, che ingigantendo e trasformando la storia di Dracula, hanno mutato in eroe negativo quello che forse è solo stato un infelice crudele signore che, a causa di eventi traumatici della sua vita, è diventato un caso patologico di lucida e crudele follia (altri esempi noi li possiamo anche ritrovare con Gilles de Rais e la contessa Elisabetta Bathory , che faceva il bagno nel sangue umano!).

Questo è quanto mi sento di scrivere su Dracula, certo è che non potrei io fargli una terapia della parola, ma sarebbe bene metterlo nelle capaci mani di uno psichiatra!

Con stima e simpatia, tua

 

 

Dott. Marinella Bortolini psicologa

professore di psicologia sociale

e pubbliche relazioni