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LUTHER BLISSET: SUI
RAPPORTI ARTE E GIUSTIZIA
CHI
E' LUTHER BLISSET
E' un nome dietro cui in Rete
si nascondono personaggi multipli.
"Luther Blissett è un
singolo, ma è anche una moltitudine", [è un nome collettivo che]
"rappresenta una soluzione pratica ai problemi dell'identità, del
rapporto tra singolarità e collettivo, della dialettica tra individuo e
comunità", "rappresenta la potenza della comunicazione e
dell'intelligenza collettiva, e non c'è copyright che tenga".
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da
RAPPORTO ITALIA 1999, Capitolo Quinto Menzogna/Verità, Scheda 41, L'insurrezione
invisibile: il caso Luther Blisset,
Si consideri poi che negli
ambienti artistici Luther Blissett è accolto come una raffinata opera
d'arte impalpabile, come una performance in network permanente, fatto,
questo, che non dovrebbe stupire poi tanto visto che una personalità come
Giulio Carlo Argan, autore di una delle più importanti storie dell'arte
italiana, ha scritto: "La contestazione dell'oggetto non ha, in si,
nulla di teoricamente insostenibile: per fare arte non è assolutamente
necessario fare oggetti artistici". In effetti un filosofo come
Socrate non ha certo dovuto scrivere per essere filosofo.
COME
OPERA LUTHER BLISSET
Lo traiamo da un articolo in
rete
RAPPORTO
ITALIA 1999
Capitolo
Quinto
Menzogna/Verità
Scheda
41
L'insurrezione
invisibile:
il
caso Luther Blisset
<....OMISSIS>
E' interessante rilevare che
nel '97, in marzo, all'Art Gallery Internet di Roma si tenne una mostra di
opere d'arte firmate Luther Blissett, e che si trattava di riproduzioni di
due metri quadrati, esposte su tutte le pareti, degli atti di un processo
a quattro ragazzi accusati di rifiuto di generalità e oltraggio a
pubblico ufficiale. In queste gigantografie i quattro ragazzi venivano
descritti come seguaci di un movimento sovversivo e pericoloso per
l'ordine pubblico, un progetto di "autonomi" capeggiato da un
misterioso signor Blissett il cui fine era dimostrare al mondo l'immoralità
della carta d'identità!
Si trattava di un fatto
realmente accaduto riportato in cronaca nazionale da pressoché tutti i
giornali; Luther Blissett come sempre faceva incrociare e cortocircuitare
diversi livelli comunicativi, diversi piani di realtà, risolvendo a suo
modo un'altra classica dicotomia: arte/forze dell'ordine. Una
contraddizione, quella fra arte e controllo sociale, che potrebbe non
essere immediatamente chiara o risultare addirittura arbitraria.
In realtà si tratta di uno
dei temi del dibattito artistico più ricorrente dagli inizi del
Novecento, si tenga conto ad esempio dell'affermazione di Franco
Ferrarotti: "L'artista e il criminale si pongono al di fuori dei
ruoli della normalità quotidiana, ma ben presto hanno a che fare in prima
persona con i rigori del controllo sociale". Ma è sicuramente ancor
più interessante il fatto che i rapporti delle forze dell'ordine
riportati da quegli atti processuali, rapporti che costituiscono a loro
modo un sottovalutato "dispositivo culturale" che produce
interpretazioni della realtà non prive di conseguenze, abbiano dato un
ulteriore nuovo senso al nostro s/oggetto di ricerca, quello di folk
devil, rendendoci ancor più evidente come ogni disciplina non fa che
coglierne un aspetto parziale, lasciando completamente irrisolta la
questione della sua reale identità e del senso compiuto delle sue attività.
Tanto è sfuggente che un antropologo della comunicazione l'ha definito
addirittura come "un gioco che intacca il cuore del Logos al
singolare dell'intero Occidente" (Massimo Canevacci) e un filosofo
come esperienza della "desogettivizzazione", di "una
singolarità che non è un soggetto" (Giorgio Agamben), ovvero come
una soluzione sperimentale della dicotomia soggetto/oggetto.
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Di
fatto oggi da più parti si può
sentir parlare di politica-spettacolo, di arte-spettacolo, di
informazione-spettacolo, di giustizia-spettacolo, ma è appunto diventato
un modo di dire senza conseguenze, una banalità. Una delle frasi riguardo
allo Spettacolo maggiormente conosciuta è la nona tesi debordiana:
"Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del
falso". Il falso, cioh, utilizzato per il controllo e la
manipolazione della società, dalla disinformazione mediale, passando per
il linguaggio burocratico degli specialisti della cultura, della politica,
dei tribunali, fino alla menzogna organizzata dei servizi segreti deviati
e alla seduzione pubblicitaria, diviene necessario alla sopravvivenza
stessa dell'ordine pubblico, un antidoto alle situazioni d'emergenza
e d'eccezione, diviene reale, vero a suo modo, e il mondo
realmente rovesciato. Il vero cosl non è più il contrario del falso, ma
ci convive e il discernimento si è fatto di conseguenza sempre più
difficile, l'attribuzione di senso alla vita più sofferto, paralizzando
la capacità di prendere decisioni. Oggi il risultato è ben visibile: le
trasformazioni sociali, poggiandosi sulla falsificazione come mezzo per
garantire la stabilità, e per accelerarne il progresso, a lungo andare
hanno ottenuto l'esatto contrario; in ogni ambito - esistenziale,
istituzionale, mediale, accademico e cosl via - si riscontra una grave
crisi di senso che blocca una nuova trasformazione sociale che sembra da
tempo incombente, ma che rimane eternamente incompiuta.