Stefano Loconte nasce a Roma Il 20 giugno
1956 ove tutt'oggi risiede.
Sin dalla più tenera età, è stato
partecipe di esperienze sovrasensibili: sogni dai contenuti ancestrali, spesso sotto forma
di incubi spaventosi, reminiscenze per luoghi e persone mai conosciute prima.
Irregolare negli studi, di natura irrequieta
e solitaria, il Loconte approfondisce tematiche che spesso contraddiranno le regole
esteriori di una corretta vita sociale a favore di un'autenticità interiore che è il
vero valore dell'uomo. Si occupa di spiritismo, scienze occulte, esoterismo, senza
ritenersi però seguace né vincolato a nessuna scuola o movimento.
Tenta di esprimersi scrivendo racconti
prevalentemente sul genere misterioso-fantastico, ispirandosi al romanzo gotico inglese da
Walpole ad Anna Radcliffe per poi approfondire Edgar Allan Poe. Sono questi per il Loconte
gli anni della giovinezza sbalordita dai moti sessantottini ancora in auge, lasciando
definitivamente la forma narrativa in quanto non la sente un mezzo espressivo capace di
rappresentare la sua natura percettiva in continuo movimento. Loconte si chiude, quindi,
in una crisi che lo terrà per molto tempo perduto nell'oceano della corrente psichica.
Freud, poi Jung lo accompagneranno in questo viaggio-naufragio inconscio quando
riemergendo in una dimensione più "normale" sente di poter esprimersi in forma
poetica.
Misticismo della preghiera, magia della
parola, ritualità nel recitare versi è il modo di esprimersi del Loconte che darà alla
stampa nel 1978 Le follie dell'anima e nel 1981 Lo specchio e l'illusionista(Lo
Faro editore).
L'apertura al mondo, alla cosiddetta vita
quotidiana, che andrà a trovare l'equilibrio con la dimensione onirica, lo porterà a
conoscere Rudolf Steiner e a frequentare componenti romani della sua scuola. Sono i tempi
della rivisitazione della cultura e religione orientale in chiave moderna e occidentale
che vede nel "Maestro dei nuovi tempi", Steiner un suo grande interprete.
L'esigenza di concretizzare la sua vita
anche a livello espressivo porterà il Loconte a scrivere commedie,e ad adattare programmi
radiofonici presso emittenti locali, ad organizzare dibattiti e a lavorare come regista
teatrale mettendo in scena a Roma in un teatro parrocchiale La locandiera di Carlo
Goldoni. Nel 1994 restaura, sempre Roma, un teatro in disuso, con un recital di monologhi
da Euripide a Pirandello.
Le spirito libero, sempre alla ricerca di
mezzi espressivi nuovi, favorevoli ad interpretare la vita interiore nelle forme della
realtà oggettiva, lasciano spesso l'artista come avvolto in un incantamento che
apparentemente non lo rendono produttivo. In quei periodi, anche di lunga durata, si può
cogliere in lui oltre il particolarissimo stato di silenzio vergine, un modo di
essere e di esprimersi che potremmo definire un "Rimestare e attendere",
una perenne incursione sulla vita, sulla cultura, una continua contraddizione, ed una
attesa aperta verso invisibili contatti impossibili.
Nel dicembre 1998 Stefano Loconte incontra
il giudice drammaturgo Gennaro Francione. E' una rivelazione.
L'oceano della corrente pensante confluisce
in una miriade di possibili forme espressive, senza che questo processo di
materializzazione possa corrompere la sua natura incontaminata. Fra i due nasce una
profonda affinità intellettiva.
Il contatto ormai è stabilito...
L'intero universo è in comunicazione
diretta.
I contenuti e le forme appaiono in continua
trasformazione, si susseguono a velocità impressionante.
E' difficile per non dire assurdo per
Loconte e il suo amico di viaggio Francione isolare tutta quella corrente
"Creatrice"...
E' l'ANTIARTE 2000, LA RIVOLUZIONE
DELL'ESTETICA, annunciata dal giudice drammaturgo Gennaro Francione, a parlare dell'uomo
moderno, a liberarlo dalle prigioni mentali riconquistando la sua potenza creativa
ed espressiva, perduta ma non certo morta.
Roma 15 - 12 - '99
STEFANO LOCONTE