L'articolo 34 dice: "I capaci e meritevoli anche se privi di
mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi". E
se non hanno mezzi? Allora nella nostra Costituzione c'è un articolo che
è il più importante di tutta la Costituzione, il più impegnativo,
impegnativo per noi che siamo antenati, ma soprattutto per voi giovani che
avete l'avvenire davanti a voi. Dice così: "È compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che,
limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica economica e sociale del
paese" È compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno
sviluppo della persona umana, quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta
retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini
dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto si potrà
veramente dire che la formula contenuta nell'articolo1° " La
Repubblica d'Italia è una Repubblica democratica fondata sul
lavoro", questa formula corrisponderà alla realtà perché fino a
che non c'è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e
di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non
solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma
non si potrà chiamare neanche democratica, perché una democrazia in cui
non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto
un'uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una
democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di
concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior
contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano
messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta
la società. E allora voi capite da questo che la nostra Costituzione è
in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà; in parte è
ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da
compiere. Quanto lavoro avete da compiere, quanto lavoro vi sta dinnanzi!
È stato detto giustamente che le costituzioni sono delle polemiche,
che negli articoli delle costituzioni, c'è sempre, anche se dissimulata
dalla formulazione fredda delle disposizioni, una polemica. Questa
polemica di solito è una polemica contro il passato, contro il passato
recente, contro il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime.
Se voi leggete la parte della Costituzione che si riferisce ai rapporti
civili e politici, ai diritti di libertà, voi sentirete continuamente la
polemica contro quella che era la situazione prima della Repubblica quando
tutte queste libertà che oggi sono elencate e riaffermate solennemente
erano sistematicamente disconosciute. Quindi polemica nella parte dei
diritti dell'uomo e del cittadino contro il passato. Ma c'è una parte
della nostra Costituzione che è una polemica contro il presente, contro
la società presente, perché quando l'articolo 3 vi dice "è compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che
impediscono il pieno sviluppo della persona umana", riconosce con
questo che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto, e che bisogna
rimuoverli. Dà un giudizio la Costituzione, un giudizio polemico, un
giudizio negativo contro l'ordinamento sociale attuale che bisogna
modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione
graduale, che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini
italiani; ma non è una Costituzione immobile che abbia fissato un punto
fermo, è una costituzione che apre le vie verso l'avvenire. Non voglio
dire rivoluzionaria perché per rivoluzione nel linguaggio comune
s'intende qualche cosa che sovverte violentemente, ma è una Costituzione
rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa società
in cui può accadere che, anche quando ci sono le libertà giuridiche e
politiche, siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche e dalla
impossibilità per molti cittadini di essere persone, di accorgersi che
dentro di loro c'è una fiamma spirituale che, se fosse sviluppata in un
regime di perequazione economica, potrebbe anch'essa contribuire al
progresso della società. Quindi, polemica contro il presente in cui
viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa
situazione presente.
Però, vedete, la costituzione non è una macchina che una volta messa
in moto va avanti da sé. La costituzione è un pezzo di carta: la lascio
cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno metterci
dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l'impegno, lo spirito, la
volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per
questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l'indifferenza
alla politica, l'indifferentismo, che è non qui, per fortuna, in questo
uditorio, ma spesso in larghe categorie di giovani, è un po' una malattia
dei giovani, l'indifferentismo. "La politica è una brutta cosa, che
me ne importa della politica". Quando sento fare questo discorso mi
viene sempre in mente una vecchia storiellina che qualcheduno di voi
conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversavano l'oceano
su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e
l'altro stava sul ponte e si accorgeva che c'era una gran burrasca con
delle onde altissime, e il piroscafo oscillava. Allora questo contadino,
impaurito, domanda a un marinaio "ma siamo in pericolo?" e
questo dice "se continua questo mare tra mezz'ora il bastimento
affonda". Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno e dice
"Beppe, Beppe, Beppe! se continua questo mare il bastimento
affonda" e quello risponde "che me ne importa, l'è mica
mio!". Questo è l'indifferentismo alla politica.
È così bello, è così comodo, la libertà c'è, si vive in regime di
libertà, c'è altro da fare che interessarsi di politica - eh lo so
anch'io - il mondo è così bello, ci son tante belle cose da vedere a da
godere oltre che occuparsi di politica e la politica non è una piacevole
cosa però la libertà è come l'aria, ci s'accorge di quanto vale quando
comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini
della mia generazione hanno sentiti per vent'anni e che io auguro a voi,
giovani, di non sentire mai e vi auguro di non trovarvi mai a sentire
questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le
condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai.
Ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare,
dando il proprio contributo alla vita politica.
La Costituzione, vedete, è l'affermazione scritta in questi articoli,
che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l'affermazione
solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte
comune che se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento. È la
carta della propria libertà, della propria dignità d'uomo.
Io mi ricordo le prime elezioni dopo la caduta del fascismo, il 6
giugno 1946. Questo popolo che da venticinque anni non aveva goduto le
libertà civili e politiche, la prima volta che andò a votare: dopo un
periodo di orrori, il caos, la guerra civile, le lotte, le guerre, gli
incendi, andò a votare. Io ricordo, io ero a Firenze, lo stesso è
capitato qui. Queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni,
disciplinata e lieta, perché avevano la sensazione di avere ritrovata la
propria dignità: questo dare il voto, questo portare la propria opinione
per contribuire a creare questa opinione della comunità, questo essere
padroni di noi, del nostro paese, della nostra patria, della nostra terra,
disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro paese.
Quindi voi giovani, alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la
vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro
il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto - questa è una delle
gioie della vita - rendersi conto che ognuno di noi al mondo non è solo,
che siamo in più, che siamo parte di un tutto, nei limiti dell'Italia, e
del mondo.
Ora, vedete, io ho poco altro da dirvi.
In questa costituzione di cui sentirete fare il commento nella prossime
conferenze c'è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato,
tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti
sfociati qui, in questi articoli e, a sapere intendere dietro questi
articoli, ci si sentono delle voci lontane.
Quando io leggo nell'articolo 2 "L'adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale", o quando
leggo nell'articolo 11 "L'Italia rifiuta la guerra come strumento di
offesa alla libertà degli altri popoli, la patria italiana in mezzo alle
altre patrie", ma questo è Mazzini, questa è la voce di Mazzini!
O quando io leggo nell'articolo 8 "Tutte le confessioni religiose
sono ugualmente libere davanti alla legge", ma questo è Cavour!
O quando io leggo nell'articolo 5 "La Repubblica unica e
indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali", ma questo è
Cattaneo!
O quando nell'articolo 52 io leggo, a proposito delle forze armate
"L'ordinamento delle forze armate s'informa allo spirito democratico
della Repubblica, esercito di popolo", ma questo è Garibaldi!
E quando leggo all'articolo 27 "Non è ammessa la pena di
morte", ma questo, o studenti milanesi, è Beccaria!
Grandi voci lontane, grandi nomi lontani, ma ci sono anche umili nomi,
voci recenti. Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa
Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi
dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati,
torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia,
morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze,
che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere
scritte su questa carta.
Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no! non è
una carta morta: questo è un testamento, un testamento di 100.000 morti.
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra
Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle
carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati,
dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità.
Andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra
Costituzione.
NOTA: GRAZIE, PIERO, DELLE TUE IMMENSE LEZIONI. NON LE DIMENTICHEREMO
MAI . NON PASSERANNO.
Comitato per la salvaguardia della Cultura Europea