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il
Prete Gianni
un
personaggio non solo leggendario
ricerca
dello studente liceale
Parliamo un poco del mondo
e delle cose che vi si trovano.
Molte ve ne sono che conosciamo
e molte di più che non capiamo,
eppure sono numerosi coloro
che credono solo alla realtà
di ciò che hanno visto
e direttamente sentito.
Ma vi è molto di più, per chi sa ben cercare;
più andrà per il mondo, più lo apprenderà.
(dal prologo di una
versificazione anglo-normanna della "Lettera del Prete Gianni")
Nel corso del Medioevo, e soprattutto nell'età trobadorica (XII-XIII
sec), vennero scritte numerosissime opere letterarie di stampo fantastico,
a proposito di immaginari viaggi nei “Paesi della Cuccagna”, terre in
cui l’umanità vive felice e incontaminata, immersa in una natura
prodigiosa. Molti di questi sono incentrati su una figura emblematica, il
cosiddetto "Prete Gianni". Questo leggendario personaggio è
descritto come un re cristiano di un grandissimo regno dell'Estremo
Oriente, nel quale vengono protetti i poveri, vengono tollerati tutti gli
stranieri, compresi i Saraceni, ma non i bugiardi, che sono messi a morte;
dove i beni sono di tutti e dove si vuole riconquistare la Terrasanta.
Altre composizioni includerebbero nel regno del Prete Gianni anche la
Terra delle Pulzelle (“fanciulle nobili e belle”, dove nessuno è
sposato né tantomeno malato, dove si innalzano splendidi palazzi e
vengono organizzati grandi banchetti in cui siedono assieme uomini di
diverse religioni, arcivescovi ed emiri).
Questa figura non è però soltanto un topos letterario della poesia
medievale: recenti studi filologici hanno infatti dimostrato, al contrario
delle tesi tradizionali, che si tratta di un personaggio storico realmente
esistito, di cui parlano molte fonti storiche attendibili.
Cerchiamo di delineare sinteticamente il suo profilo; prima di tutto il
suo nome: Prete Gianni nasce da una traduzione in francese (più
precisamente in lingua d'Oc) del veneziano "Preste Zane", nome
importato in Europa da Marco Polo, e a sua volta storpiamento del titolo
in lingua originale "Mencan").
Ricaviamo delle prime informazioni da Giovanni da Hildesheim, che nella
sua "Historia Trium Regum" (Storia dei Tre Magi), attingendo a
fonti apocrife di probabile origine manichea, afferma che i tre Magi, di
ritorno dal loro viaggio a Betlemme, “assegnarono in perpetuo il
Patriarca Tommaso e il Prete Gianni a tutti i re, principi, vescovi, preti
e popoli, come loro signori e reggitori nello spirituale e nel
temporale”.
Se la tradizione riportata da queste fonti vede nei Magi, molto
probabilmente sacerdoti della religione di Zarathustra, coloro che hanno
messo a capo delle regioni d’Oriente la figura del Prete Gianni, allora
si può affermare con sicurezza la sua origine manichea, legata quindi al
culto tipicamente zoroastriano della contrapposizione tra Bene e Male e a
quello del Sole (la leggendaria religione cristiana del Prete Gianni,
potrebbe quindi nascere qui, a causa delle affinità religiose e
dogmatiche tra cristianesimo e zoroastrismo).
Il Prete Gianni, non era quindi una persona ben precisa: nasce piuttosto
come figura istituzionale della Chiesa Manichea, e aveva il compito di
curare le relazioni politiche e diplomatiche con le istituzioni delle
nazioni in cui la Chiesa della Luce agiva.
Solo successivamente divenne un titolo politico; più precisamente nel 763
d.C., quando il re dell’Orkhon, un regno di ceppo Uiguro, si convertì
alla religione manichea e ne divenne la guida religiosa, assumendo quindi
anche la carica religiosa di “Prete Gianni”.
Il Prete Gianni storico da cui nacque la leggenda molto probabilmente fu,
basandosi sugli studi del dottor Oppert, un re di nome Yeliutashe della
dinastia Liao, che regnò nella Cina Settentrionale dal 906 al 1125, e
fondò l'Impero del Kara Khitai, che si estendeva a un tempo dall'Altai al
Lago Aral, assumendo il titolo di Korkhan.
Secondo la narrazione di Marco Polo, in origine anche i Mongoli sarebbero
stati tributari del Prete Gianni: temendone la potenza, questi avrebbe
tentato di suddividere quella popolazione in gruppi minori e di deportarne
una parte; al che i Mongoli sarebbero emigrati verso nord, sottraendosi al
suo dominio.
Un erede di questo Yeliutashe, intorno al 1165 d. C., spinto dalle
difficoltà politico-militari in cui versava il proprio principato,
scrisse la “Lettera del Prete Gianni” (da cui traggono spunto molte
composizioni medievali) a Manuele I Comneno, Imperatore Romano
d’Oriente, il quale la rispedì a Federico Barbarossa e a Papa
Alessandro III), probabilmente in cerca di aiuti soprattutto di carattere
militare.
E’ probabile, quindi, che testi finora considerati falsi come la
"Lettera del Prete Gianni" siano in realtà autentici.
Fonti storiche affermano che nel 1177 d. C. il papa e Federico Barbarossa
risposero alla lettera del Prete Gianni, ma “della spedizione incaricata
dell’ambasciata, non si seppe più nulla e svanì per sempre nel deserto
dell’Iraq”.
Fu quindi così che intorno al 1200, Gengis khan affrontò il Prete Gianni
in una battaglia campale, uccidendolo e conquistando il suo regno.
L’ipotesi secondo la quale questo “Presto Giovanni” di cui parla
Marco Polo sarebbe stato, come dicevamo, un principe Uiguro che aveva
assunto la carica manichea di Prete Gianni, trova un riscontro preciso
nella “Storia del conquistatore del mondo” di Djowéïnì ou Gouwaïnì,
un autore islamico che nel 1257 si recò alla corte dei re Mongoli. In
questo scritto egli riferisce che proprio Gengis Khan sottomise gli ultimi
principati Uiguri, e riporta dei passi tratti da scritti religiosi di
chiara impronta manichea, in uso presso gli Uiguri passati sotto il
dominio mongolo.
Marco Polo (poi confermato da Giovanni da Montecorvino) aggiunge che un
discendente dello sconfitto Prete Gianni, di nome Giorgio, regnava ancora
ai suoi tempi come vassallo del khan mongolo, portando ancora lo stesso
titolo.
Era questo Re Giorgio che Frate Giovanni di Montecorvino afferma di aver
convertito nel 1292.
La presenza del Prete Gianni come personaggio storico è inoltre
testimoniata in iscrizioni presenti su mappe dell’epoca, come nel
“Globo di Behaim”.
Successivamente il titolo del Prete Gianni scomparì politicamente e
religiosamente, ma continuò a vivere in Europa nell’immaginario
collettivo, dando vita a moltissimi testi fantastici.
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La leggenda del Prete Gianni e l'Oriente favoloso
Già all'inizio del XII secolo circolavano, in Occidente, numerose
leggende a proposito di un potente re indiano, chiamato "Presbyter
Johannes", poi volgarizzato come Prete Gianni, ricchissimo e
soprattutto cristiano. La prima notizia scritta ci proviene da Ottone di
Frisinga che, nella sua Chronica (1147), ci dice: "Johannes
quidam, qui ultra Persidem et Armeniam in extremo oriente habitans, rex et
sacerdos, cum gente sua Christianus est, sed Nestorianus". Il regno
del Prete Gianni sarebbe stato immenso e situato all'estremo
dell'Asia, proprio in quell'Oriente che l'Europa immaginava
misteriosamente popolato d'ogni genere di specie animali, di piante e di
razze. Inoltre, questo sovrano, dopo aver sconfitto i re selgiuchidi
dell'Asia Minore, si sarebbe diretto verso la Terra Santa per liberarla.
L'autenticità del Prete Gianni venne rafforzata dalla diffusione, nella
seconda metà del XII secolo di una sua presunta lettera indirizzata
all'imperatore di Bisanzio Manuele I Comneno (l143-l180), rispedita da
quest'ultimo al Barbarossa, lettera che dette inizio ad un capitolo
importante dell'immaginario medievale. Lo stesso Marco Polo, più di un
secolo dopo, narra di questo personaggio, come se ne avesse sentito
parlare effettivamente durante la sua permanenza dal Gran Khan:
DI CARACOM
Caracom è una città che gira tre miglia, nella quale
fue il primo signore ch'ebboro i tarteri, quando egli si partirono di loro
contrada. E io vi conterò di tutti i fatti di tarteri, e com'egliono
ebbero signoria, e com'egliono si sparsono per lo mondo. E' fu vero che
gli tarteri dimoravano in tramontana intra Ciorcia. E in quelle contrade
ha grande piagge, ove non ha abitazione, cioè di castella e di cittadi,
ma havvi buone pasture e acque assai. Egli è vero ch'egliono non aveano
signore, ma faceano rendita a un signore, che era apellato in soa lengua
"Mencan", che è a dire in nostra lengua "prete Zane",
che vale a dire in francesco "preste Giovanni"; e di sua
grandezza favellava tutto il mondo. Gli tarteri gli davano d'ogni dieci
bestie l'una.
Il regno
del Prete Gianni è dunque l'Asia, ovvero quel luogo dove si
concretizzano i sogni d'Occidente, i sogni di pace e di giustizia, ma
anche di ricchezza e potenza, d'ideale vita cristiana, ma anche di vago
peccare. Insomma un mondo assolutamente fantastico, dove tutto è grande e
terribile: dalle foreste del pepe popolate di serpenti, alle fiere
ferocissime e singolari, all'incredibile e sterminato palazzo reale, dove
tutto è oro e marmi e pietre preziose.
Le fonti letterarie di questo Oriente mitico sono da
ricercarsi negli autori della tarda antichità: da una parte le
fantastiche geografie di Plinio, la Collectanea rerum mirabilium redatta
da Solino (III sec.) e il VI libro del De Nuptiis Philologiae et
Mercurii di Marziano Capella, dall'altra gli scritti dei Padri della
Chiasa che, a partire da Agostino, tentano di riordinare in chiave
cristiana il mondo, reale o fantastico, del naturalismo pagano.
Isidoro di Siviglia, primo enciclopedista del Medioevo
sintetizza tutto questo in quella mirabile e sintetica descrizione
dell'Asia attorno al Paradiso Terrestre, nelle sue Etymologiae (XIV,
III):
De Asia.
Asia ex nomine cuiusdam mulieris est appellata, quae
apud antiquos imperium tenuit orientis. Haec in tertia orbis parte
disposita, ab oriente ortu solis, a meridie Oceano, ab occiduo nostro mare
.finitur; a septentrione Maeotide lacu et Tanai fluvio terminatur. Habet
autem provincias multas et regiones, quarum breviter nomina et situs
expediam, sumpto initio a Paradiso. Paradisus est locus in orientis
partibus constitutus (...). Est enim omni genere ligni et pomiferarum
arborum constitutus, habens etiam et lignum vitae: non ibi frigus, non
aestus, sed perpetua aeris temperies. E cuius medio fons prorumpens totum
nemus inrigat, dividiturque in quattuor nascentia flumina. (...). India
vocata ab Indo flumine, quo ex parte occidentali clauditur. Haec a
meridiano mari porrecta usque ad ortum Solis, et a septentrione usque ad
montem Caucasum pervenit; habens gentes multas et oppida, insulam quoque
Taprobanen gemmis et elephantis refertam, Chrysam et Argyren auro
argentoque fecundas, Tilen quoque arboribus foliam numquam carentem. Habet
et fluvios Gangen et Indum et Hypanem inlustrantes Indos. Terra Indiae
Favonii spiritu saluberrima in anno bis metit fruges : vice hiemis Etesias
patitur. Gignit autem tincti coloris homines, elephantos ingentes,
monoceron bestiam, psittacum avem, ebenum quoque lignum, et cinnamum et
piper et calamum aromaticum. Mittit et ebur, lapides quoque pretiosos:
beryllos, chrysoprasos et adamantem, carlbunculos, lychnites, margaritas
et uniones, quibus nobilium feminarum ardet ambitio. Ibi sunt et montes
aurei, quos adire propter dracones et gryphas et inmensorum hominum
monstra inpossibile est.
Se tutto è grande nel regno
del Prete Gianni, grande deve essere anche il suo vivere da cristiano
(seppure nestoriano): questo sovrano è infatti così umile che mentre i
suoi ministri hanno cariche ecclesiastiche supreme, lui si fa chiamare
solo "prete", il suo popolo è oltremodo casto tanto che usa il
sesso solo per generare figli mentre nel suo regno, retto con smisurata
giustizia, non ci sono ladri né criminali.
Il mondo del Prete Gianni è quindi un sogno del
Medioevo, ma certamente anche un esempio, che vale per tutti i tempi, di
come si possano popolare le terre incognitae del nostro pensiero:
ieri l'Oriente, oggi magari l'Universo ignoto, dove immaginiamo esistano
razze terribili e società perfette, alieni ed ET.
Il testo presentato si basa sull'edizione di F. Zarncke,
Des Priester Johannes, Abhaldungen der phil. Hist. Klasse d. Kgl. Sächs.
Gesell. D. Wiss., VII, Leipzig 1879 pp. 909-924.
Per una edizione moderna con versione italiana si cfr.
G. Zaganelli, La lettera del Prete Gianni, Parma 1990
Fabio
Cavalli
@ 1998, Accademia Jaufré Rudel di studi medievali
www.accademiajr.it/bibvirt/giannicom.html
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