Storia Futura
Un programma di Fabio Andriola
Produttore esecutivo: Alessandra Giorgi
Regia: Andrea Della Ventura e Giancarlo Russo
Settima puntata (trasmessa giovedì 23 dicembre 2004 sul canale digitale
terrestre Rai Doc)
Nel servizio di apertura del programma Storia Futura l'avvocato Gianluca
Barneschi ha presentato in anteprima il risultato delle sue ricerche sul
disastro del treno 8017.
[intervista all'avvocato Gianluca Barneschi]
Balvano 1944
Un disastro ignorato
Il
3 marzo del 1944 in provincia di Potenza, nel comune di Balvano, più di
600 persone morirono in quello che può essere considerato il più grave
incidente della storia della ferrovia.
La cosa più sorprendente è che questo incidente, dopo sessanta anni,
è pressoché sconosciuto alla moltitudine delle persone e anche agli
organi di stampa.
Uno dei motivi della mia indagine, uno dei fattori che più mi ha
indotto in questa indagine decennale sul disastro del treno 8017, in
Balvano, è stato quello di scoprire non solo perché questo incredibile
incidente ferroviario avvenne, ma anche, e soprattutto, perché nel corso
degli anni e dei decenni si calò sull'incidente stesso un incredibile e
sorprendente oblio.
Era l'anno 1944, forse il peggior anno della storia dell'Italia
post-unitaria. In effetti nel 1944 non esisteva neanche l'Italia:
esistevano due nazioni nelle quali, dietro governi formalmente italiani,
in realtà agivano e comandavano eserciti e nazioni straniere.
Nell'Italia meridionale c'era il regno del sud di Vittorio Emanuele III
e del suo capo di governo Pietro Badoglio, che tentavano di continuare, di
dare una continuità istituzionale al Regno d'Italia dopo la fuga del 9
settembre a Brindisi. Nell'Italia centro-settentrionale invece c'era la
Repubblica Sociale di Benito Mussolini, alleata con i nazisti di Hitler.
Nell'Italia meridionale, nonostante il passaggio del fronte bellico, la
situazione era gravissima, soprattutto quella alimentare. Così, dai primi
mesi del 1943, dalla zona del napoletano e anche dalla provincia di
Salerno, persone con ogni mezzo di trasporto, preferibilmente assaltando i
treni, anche quelli merci, si recavano negli agri della Calabria, della
Basilicata e della Puglia, in cerca di generi alimentari.
Con l'arrivo degli Alleati questa specie di commercio, questa specie di
baratto di sussistenza, in realtà ebbe una grossa evoluzione perché
nella zona di Napoli era facile approvvigionarsi, in maniera anche
illecita, di materiali di ogni genere che poi venivano barattati appunto
con i generi alimentari della zona della Basilicata, della Puglia e della
Calabria.
Questo è il motivo per cui centinaia di persone partirono dalla
stazione di Napoli con un treno merci nonostante il controllo delle forze
dell'ordine. Il treno merci si mosse dalla stazione di Napoli nelle prime
ore del pomeriggio del 2 marzo 1944 e, nel corso del suo viaggio verso la
Basilicata, incrementò la sua composizione, ma soprattutto incrementò il
numero dei suoi passeggeri.
Centinaia e centinaia di persone erano sul treno 8017 nonostante fosse
un treno merci, composto prevalentemente da carri scoperti. Queste
persone, uomini, donne ma anche bambini, adolescenti e ragazze,
viaggiavano allocati in ogni luogo possibile, anche sui predellini dei
carri e sul tetto dei carri merci coperti.
Ci
fu l'intervento della polizia militare alleata, molto violento, a base di
colpi di sfollagente e anche di colpi di mitra alla stazione di
Battipaglia, ma ciò non impedì che, pochi minuti dopo la mezzanotte del
3 marzo 1944, il treno 8017 entrasse in stazione a Balvano, carico di più
di 600 persone.
Il treno era partito da Napoli in trazione elettrica ma a Salerno era
avvenuto un mutamento decisivo, in quanto la linea non elettrificata
necessitava della trazione a vapore. E qui si concretizzò un elemento
decisivo per la costituzione della tragedia perché, per motivi mai
spiegati, vennero utilizzate non una ma due locomotive a vapore e, del
tutto incongruamente, queste due locomotive a vapore vennero posizionate
ambedue in testa al treno 8017.
Nonostante il treno stesso fosse molto lungo e la linea molto tortuosa
e in salita, e nonostante il fatto che, non solo le prescrizioni della
regolamentazione ferroviaria, ma la logica e il buon senso imponessero, in
quelle condizioni, di utilizzare la cosiddetta "trazione
simmetrica" con una macchia a vapore in testa e l'altra in coda.
Cinquanta minuti dopo la mezzanotte del 3 marzo 1944 il treno 8017 si
mosse dalla stazione di Balvano: era composto di 45 carri e, appunto, di
due locomotive in testa. La successiva stazione di Bella-Muro si trovava a
meno di otto chilometri da quella di Balvano, e il treno 8017 avrebbe
dovuto impiegare un tempo oscillante tra i venti minuti e gli ottanta
minuti per raggiungere la stazione di Bella-Muro.
Il treno 8017 non giunse mai alla stazione di Bella-Muro. Infatti, dopo
aver imboccato la galleria delle armi, una galleria di circa due
chilometri, la più lunga del tratto ferroviario tra Battipaglia e
Potenza, inspiegabilmente il treno perse velocità e si immobilizzò
all'incirca cinquecento metri all'interno della galleria.
A questo punto le testimonianze inevitabilmente diventano contrastanti
e contraddittorie, anche perché soltanto il fuochista della macchina di
testa sopravvisse tra tutto il personale di macchina.
In ogni caso pare che il treno tentò di riavviarsi, prima in una
direzione e poi nell'altra, e che fatalmente si fermò, bloccandosi
praticamente tutto all'interno della galleria delle armi con soltanto due
carri e mezzo fuori dal portale sud della galleria.
E qui evidentemente emerge un aspetto decisivo della tragedia: poiché
la linea in quel punto era in salita, evidentemente qualcuno del personale
di bordo frenò il treno, anche perché altrimenti il treno stesso sarebbe
scivolato per gravità.
Seicento persone rimasero inerti mentre le due locomotive continuarono
a eruttare gas venefici dalle loro ciminiere. Il destino di questo oltre
seicento persone era inevitabilmente segnato.
Ma cosa accadde dunque, dopo che il treno 8017 si fermò
improvvisamente all'interno della galleria delle armi?
Finalmente, dopo più di sessanta anni possiamo ricostruire tutti gli
eventi. Questo grazie agli atti della segretissima indagine della
commissione alleata, commissione che venne costituita immediatamente dopo
l'incidente e che svolse delle approfondite indagini, ascoltando anche
molti testimoni oculari dell'incidente.
Gli atti di questa inchiesta fino a poco tempo fa erano appunto
segretissimi, e solo dopo la loro desecretazione è stato possibile
consultarli, e chi vi parla per la prima volta ha potuto analizzarli e
acquisirli.
Una cosa emerge in maniera molto chiara dalla lettura di questi atti e
da una analisi incrociata di tutti gli eventi e di tutti i documenti: le
responsabilità di quanto accadde al treno 8017 il 3 marzo 1944 sono molto
chiare, però è altrettanto chiaro che nonostante queste responsabilità
fossero evidenti non ci fu alcuna volontà di perseguire i reali
responsabili di questo disastro.
Eppure qualche colpevole c'era: basti pensare che i primi soccorsi
arrivarono ben quattro ore dopo l'arresto del treno 8017 all'interno della
galleria delle armi.
Ma anche gli italiani, anche gli organi italiani svolsero delle
indagini. Il verbale della riunione del consiglio dei ministri del 7 marzo
1944 è emblematico, e spiega anche per quale motivo poi, nel corso dei
decenni successivi, sulla tragedia di Balvano calò l'oblio.
Infatti il verbale del governo Badoglio non trova meglio che definire
le povere vittime del treno 8017 come viaggiatori di frodo.
Ma neanche questo è vero perché, proprio dagli atti dell'inchiesta
americana, emerge che costoro non erano viaggiatori di frodo, nonostante
si trovassero a viaggiare in maniera incredibile su un treno merci, perché
proprio da questi verbali emerge che il personale ferroviario aveva
chiesto e preteso il pagamento di biglietti per il viaggio.
Effettivamente la strage di Balvano può essere considerata la prima
della lunga, purtroppo, serie di stragi post-belliche rimaste impunite: più
di seicento persone morirono e, a quanto pare, non si trovò un
responsabile per tutto questo.
L'inchiesta del procuratore del Re di Potenza identificò quale unico
responsabile il carbone fornito dagli alleati: evidentemente non era così.
Però ci fu ancora una volta chi, nonostante l'inerzia delle
istituzioni, non si dette per vinto. I parenti di alcune delle vittime
attivarono contenzioni civili presso il tribunale di Napoli e, dopo una
vicenda ultraventennale in cui non mancarono ancora una volta episodi
sconcertanti, ricevettero un indennizzo assai modesto.
Questa vicenda, con tutti i suoi particolari, è narrata nel mio libro
di prossima pubblicazione, nel marzo 2005, per l'editore Mursia. Il titolo
del libro sarà "Balvano
1944. I segreti di un disastro ferroviario ignorato".
www.trenidicarta.it,
autore Alessandro Tuzza