Treno 8017
Home Up Un treno, un'epoca La nonna Sabella Frammenti di cronache Calabuscia Il verro di Baragiano Treno 8017 Treni di Carta Balvano 1944 " FRA CENSURA, OBLIO E MEMORIA : LA TRAGEDIA DEL TRENO 8017" I dimenticati La Galleria delle Armi Senza Ritorno 3 marzo '44. Storia orale e corale di una comunità affettiva del ricordo

 

[Treno 8017 di Alessandro Perissinotto, Palermo, Sellerio editore, 2003, 232 pagine]

Treno 8017 è il terzo romanzo poliziesco del torinese Alessandro Perissinotto. La vicenda si svolge nell'Italia del '46: Adelmo Baudino, ex ispettore della polizia ferroviaria, indaga su una serie di omicidi legati alla sciagura di Balvano.

Le prime due pagine del romanzo

I

Balvano (Potenza), notte tra il 2 e il 3 marzo 1944

«Pieno carico questa notte!».

«Ogni volta è così: cominciano a salire 'ncopp'o treno a Portici e a Salerno ci sta già la folla; dopo sono assalti all'arma bianca ogni volta che rallenti».

«Bisognerebbe sbatterli giù tutti; 'stu treno è un merci, ci stanno dei regolamenti».

«Eh, hai voglia coi regolamenti; ma lo sai tu quanti treni passeggeri passano su questa linea?».

«No».

«Due la settimana. E ti pare che con due treni alla settimana tutti sti cristiani possono campare?».

«Hai ragione pure tu. Io scendo a buttare dentro un po' di carbone, che mo' arriviamo alla galleria in salita».

«Galleria Dell'Armi si chiama. Ecco, ci siamo dentro».

«Ih, 'cca sta già pieno 'e fumo, si fatica a respirare».

«Resisti che è ancora lunga. Due chilometri quasi».

«Perché caspita rallenti?».

«Non ce la fa, stiamo perdendo trazione. Spala, santo dio, spala».

«Qui il focolare è pieno, controlla 'a pressione».

«È al massimo».

«Ma stiamo quasi fermi; qui si soffoca».

«Santa madonna quanto fumo. Torniamo indietro, dài il segnale a quelli della macchina davanti, fischia su».

«Speriamo che abbiano capito. Ehi, voi della 480, leva indietro! Si torna fuori, qui ci sta troppo fumo!».

«Leva indietro, forza».

«Perché non si muove?».

«È bloccato, pare frenato».

«Mi sento male, dammi una mano...»

«Arrivo, aspetta...»

© Alessandro Perissinotto - Sellerio editore Palermo

rip. da http://treno8017.trenidicarta.it/

 

 

MORTI DI SERIE A E MORTI DI SERIE ZETA.

«Era il peso dei morti a turbarlo in quel momento, il diverso peso dei morti. Nel, ’44 si moriva per un sacco di ragioni; si moriva nei campi di concentramento, si moriva per una pallottola tedesca, per una bomba alleata, si moriva impiccati dai repubblichini e tutti quei modi di morire avevano un valore differente.

«Ripensò a quando era sui monti, ai compagni che aveva visto ammazzare. Non era stato uguale per tutti: per alcuni aveva sofferto come se gli avessero strappato le carni, per altri aveva pianto, altri ancora erano finiti nelle voci in passivo di un bilancio che andava pur stilato con freddezza.

«Ma cinquecento vittime, poteva essere così per cinquecento poveri cristi? Non era l’immensità della sciagura a sconvolgerlo, ma l’oblio, il silenzio sui giornali, alla radio. Del fumo assassino di quella galleria non era rimasta traccia nella memoria del Paese. No, le morti, anche quelle di massa, non erano tutte uguali per una nazione; c’erano morti che lasciavano ferite profonde ed altre che segnavano solo graffi leggeri, pronti a scomparire dalla pelle al primo sole. Era giusto?

«Se lo chiese con forza.

«Era giusto?

«Riguardò la data sul giornale: 7 marzo 1944. Pensò ancora alle analogie e alle differenze; morire di marzo, in quello stesso marzo del ‘44, sottoterra, un sacco di cose erano uguali, ma essere fucilati a Roma, alle Fosse Ardeatine non era come crepare in un buco non ben precisato dell’Italia Meridionale. Per trecentotrentacinque persone il caso aveva scelto la morte gloriosa, ad altre cinquecento, lo stesso caso aveva preparato una fine inutile e insensata. Tu rastrellato dai nazi, tu in una galleria che diventa una camera a gas; tu per sempre nella Storia, tu dimenticato fin da ora: il caso.

«Adelmo provò un’infinita pietà per le vittime di quell’incidente ferroviario; alla loro fine, la sorte aveva negato un senso e un colpevole. Per gli altri c’erano dei carnefici e dei perché, c’era la cattiva coscienza di un’ epoca intera; c’era una causa e una ragione per morire, una colpa e una speranza. Per i morti della galleria non c’era niente, solo la morte stessa.»

 

Alessandro Perissinotto, Treno 8017, Sellerio editore, Palermo, pp. 123 –25.