MOTIVI
DELLA DECISIONE
Paolini
Gabriele è stato tratto a giudizio, chiamato a rispondere dei reati di
cui alla rubrica.
La RAI -
Radiotelevisione Italiana S.p.A. in data 5-3-2003 presentava esposto al
Procuratore della Repubblica del Tribunale di Roma, per il tramite del
Commissariato di Pubblica Sicurezza presso la Direzione Generale della
RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A.. L'atto a firma del direttore
Affari legali avv. Rubens Esposito, acquisito su accordo delle parti,
richiamava una serie di esposti-denunzia nei confronti del Paolini per
disturbo all'attività dei giornalisti RAI.
In parallelo
Roberto Valentini, parte offesa, all'epoca capo servizi TG 2 cultura,
presentava querela il 20 luglio 2004.
Gabriele
Paolini veniva, quindi, incriminato e citato a giudizio per rispondere
di quattro azioni di disturbo nel corso di collegamenti in diretta,
soprattutto dei telegiornali. Precisamente era chiamato a rispondere del
reato di cui agli artt. 81 cpv., 660 c.p. perché, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, in occasione di collegamenti
televisivi esterni in diretta del TG RAI, disturbava l'attività dei
giornalisti stessi. In particolare in data 25.09.2002 alle ore 23,04
mostrava un fallo di legno; in data 3.11.2002 alle ore 13 lanciava
epiteti contro Bruno Vespa; il 28.01.2003 gridava più volte "Berlusconi
in galera"(fatti di cui all'esposto). Infine, in data 05.06.2004 sbucava
all'improvviso alle spalle del telecronista con un cartello in
mano(querela Valentini).
In
dibattimento venivano prodotte dal P. M. dott. Gianluca Mattei n. 3
cassette VHS, recanti rispettivamente copia della registrazione dei
servizi giornalistici afferenti ai fatti di causa, ovvero ai
collegamenti esterni in diretta per TG RAI con gl'interventi del Paolini
denunziati nell'esposto.
Si provvedeva
a visionare le cassette degli episodi contestati; si raccoglievano le
testimonianze dei denunzianti e dei giornalisti; s'interrogava il
Paolini.
Si acquisivano
altresì:
- una sentenza
di assoluzione per fatti analoghi a quelli per cui è processo del
Giudice Monocratico di Parma - sezione distaccata di Fidenza in data 8
nov. 2000, irr. il 3.12.2000;
- una sentenza
di condanna per analoghi fatti del Giudice Monocratico di Roma in data
17.02.2005, con conferma in Cassazione il 19 gennaio 2006;
- i libri del
Paolini Il profeta del condom, Napoleone-ERS Roma 2000; Io,
pagina ribelle, Fabio Croce Editore, Roma 2007;
- la
Garzantina-Televisione, a cura di Aldo Grasso, Garzanti, Torino
2002;
- l'articolo
di Philip Willan sul giornale The prophylactic prophet del 27
settembre 2002;
- rilievi
auditel da cui risulta che lo share aumenta con l'intervento del
Paolini;
- cassetta di
Aldo Grasso Senza vergogna sulla carriera di Paolini.
La parti
concludevano chiedendo il P. M. e il difensore l'assoluzione; la parte
civile chiedeva la condanna del Paolini con risarcimento dei danni.
1))GLI EPISODI
CONTESTATI.
Si
analizzeranno di seguito gli episodi di disturbo contestati al Paolini
seguendo le testimonianze dei telecronisti, correlate con la visione
delle cassette.
1.1)EPISODIO
IN DATA 25.09.2002 ALLE ORE 23,04.
Secondo
l'accusa il Paolini disturbava la messa in onda di un servizio della
giornalista Giuseppina Paterniti in prossimità di Palazzo Chigi - sede
del Governo, andato in onda durante il TG3 del 25.09.2002 h. 23,
sbandierando in particolare un fallo di legno.
Giuseppina
Paterniti (ud. 13 marzo 2007) ha riferito che stava per effettuare un
collegamento in diretta per TG3 a Palazzo Chigi per seguire l'incontro
del governo con le parti sociali in occasione della finanziaria.
Si era
all'inizio del telegiornale. La telecronista dispose con l'operatore di
mettersi con le spalle a una colonna per stringere il campo, servendosi
anche delle persone come scudo. Invitò gli operatori a fare in fretta.
D'improvviso
Paolini ruppe il cerchio di persone e urlò alle sue spalle. La Paterniti
andò avanti al che da dietro il disturbatore estrasse un fallo e lo mise
sulla sua spalla. L'operatore strinse e rimase la faccia della
telecronista col fallo di lato. Malgrado tutto la Paterniti proseguì nel
servizio.
Il
contraccolpo fu pesante. La teste riferisce che venne intralciata nel
suo lavoro e gli spettatori non sentirono nulla.
In questo tipo
di servizi non si usa transennamento perché c'è diritto di cronaca e
chiunque si piazza dove vuole.
Sul giornale
inglese "The Guardian" andò la notizia facendo scalpore ma la teste non
ricorda il nome del collega estensore del pezzo.
E' stata
visionata la cassetta dove si assiste alla scena descritta dalla
Paterniti. E' da rilevare che il fallo non era facilmente distinguibile
tant'è che l'operatore ha continuato la ripresa e non ha coperto
assolutamente l'immagine con servizi di repertorio come in altre ipotesi
di cui andremo a dire.
1.2)EPISODIO
IN DATA IN DATA 3.11.2002 ALLE ORE 13.
Secondo
l'accusa il Paolini disturbava il servizio del giornalista Paolo Cantore
- sempre in prossimità di Palazzo Chigi-sede del Governo -, andato in
onda durante il TG2 del 3.11.2002 h. 13, pronunciando in particolare
varie volte un determinato epiteto nei confronti del conduttore di
"Porta a Porta".
Paolo
Cantore(ud. 13 marzo 2007) ha riferito che era crollata la scuola di San
Giuliano Di Puglia. Ci fu collegamento per dar conto delle decisioni
d'urgenza da parte del Governo in materia.
All'esterno
della Galleria Colonna aveva scelto una posizione per avere alle spalle
una balaustra. Partirono col collegamento e vide una persona che
riprendeva la scena con una telecamerina. Talvolta Paolini si fa
accompagnare da qualcuno che lo riprende.
Avuta la
linea, il telecronista fu spintonato dal lato sinistro e venne
interrotto, avendo la sensazione che si tentasse di strappargli il
microfono.
Invitò la
regia a mandare la dichiarazione del Presidente del Consiglio.
Il
disturbatore era il Paolini che lanciò epiteti contro Bruno Vespa.
Non sa il
teste di un autore di Blob, che sarebbe avanzato come operatore della
telecamerina notata insieme al Paolini.
Il giorno
successivo, in conseguenza di questo episodio, il direttore del TG2
Mauro Mazza comunicò che avrebbero ridotto collegamenti in diretta.
Invitò quelli che volevano comunque effettuarne di chiamare il
commissariato per un ausilio, potendo almeno gli agenti richiedere i
documenti al Paolini.
E' stata
visionata la cassetta del programma dove afferma il teste che fu spinto.
La visione è assai parziale e, comunque, il telecronista non completò il
servizio per evitare il disturbo.
1.3)EPISODIO IN DATA 28.01.2003.
Secondo
l'accusa il Paolini disturbava il servizio del giornalista Oliviero
Bergamini in prossimità del Palazzo di Giustizia di Roma, andato in onda
durante il TG3 del 28.01.2003 h. 19, gridando, tra l'altro, più volte la
frase "Berlusconi in galera".
Oliviero
Bergamini (ud. 13 marzo 2007) ha riferito che effettuava un servizio in
diretta su alcuni processi per cui la Cassazione doveva stabilire se
dovessero rimanere a Milano oppure no.
Proprio
all'inizio del collegamento entrò il pervenuto che disturbava con la sua
presenza. Urlò frasi come "Berlusconi in galera". Il telecronista fu
costretto a spostarsi, correndo per la piazza. Interruppe il flusso
delle notizie, avvertendo il pubblico che il Paolini gl'intralciava il
lavoro. L'intero servizio andò in onda disturbato.
A discrezione
del telecronista a fronte di interferenze si può interrompere o no la
trasmissione.
Il Bergamini,
interrogato sul come il Paolini riesca a sapere del posto delle dirette,
risponde che probabilmente interviene in loco per logica, non
sapendo il teste se abbia fonti specifiche per conoscere i punti precisi
delle trasmissioni.
Dopo il
collegamento il telecronista subì una reprimenda per la trasmissione
fatta.
Più volte,
oltre il caso de quo, fu disturbato dal Paolini.
C'erano
immagini a copertura utilizzate per coadiuvare il giornalista. Nella
fattispecie in esame vennero utilizzate non a fine di documentario ma
per limitare i danni.
Dalla visione
della cassetta risulta che c'è un salto nella trasmissioni ma alla fine
il servizio continua.
1.4)EPISODIO
IN DATA 05.06.2004
Secondo
l'accusa il Paolini disturbava la messa in onda di un servizio di
Roberti Valentini del 5 giugno 2004, sbucando all'improvviso alle spalle
del telecronista con un cartello in mano.
Valentini
Roberti(ud. 16-2-2007), caposervizio dei servizi cultura e spettacolo,
ha riferito sul 5 giugno 2004. C'era un collegamento del TG2 per la
camera ardente di Nino Manfredi. Come RAI effettuarono il collegamento
con il giornalista alle spalle della scalinata.
Operavano per
la redazione cultura-spettacolo dopo le notizie politiche.
Ci si preparò
per il discorso. Iniziò il collegamento e dal monitor il telecronista
vide qualcuno, il Paolini, dietro le spalle con un cartello in mano.
Non sa il
teste cosa ci fosse scritto sul cartello.
Arrivando Bush,
c'era una certa tensione in giro. Bruscamente Valentini si girò fermando
l'intruso. Il collegamento venne interrotto e non diedero più la linea.
L'azione di
disturbo durò 4-6 secondi.
E' prassi
consolidata che non ci sia polizia per questi interventi del pubblico.
In quel caso arrivò un vigile.
Le RVM[1]
sono immagini fatte prima e mandate a copertura del momento in cui il
giornalista legge.
2)ESAME
DELL'IMPUTATO.
Il prevenuto
(dichiarazioni spontanee all'ud. 13-3-2007) si è difeso asserendo che
nei suoi interventi esprime il diritto di un cittadino di parlare.
Citando
Fellini, ha ricordato che la televisione è la più grande enciclopedia
del sapere umano e deve essere utilizzata in modo degno in quanto
portatrice di quel sapere.
Ha criticato
il sistema televisivo che oggi gioca sulla speculazione.
E' dal '97
che sa dove si fanno servizi perché ha amici tra chi opera con RAI,
Mediaset, SKY, La7.
Ha affermato
ma non dimostrato (poiché lo liquiderebbero in nero) che i collaboratori
di programmi importanti dei più forti sistemi televisivi, soprattutto
quelli che operano in riassemblaggio di immagini, gli pagano i pranzi,
i viaggi, i soggiorni.
Si giudica un
"fenomeno mondiale". Per le sue "intrusioni" detiene il Guinnes con
20.000 presenze.
Nella
Garzantina del 12 ottobre 2002 ci sono 17 righe a lui dedicate.
Quanto
all'articolo citato del "The Gardian" fu pagato 850.000 lire.
All'udienza
del 13 aprile 2007, sottoposto ad interrogatorio, ha riferito quanto
segue sui singoli episodi contestati.
Quanto
all'episodio in data 25.09.2002 alle ore 23,04 mostrava un fallo di
legno per ironia(cita De Curtis). Si riferiva all'uso ironico del
termine "membro parlamentare" per prendere in giro la politica che non
è di esempio ai giovani, ponendo in essere nelle aule addirittura azioni
di violenza.
In data
3.11.2002 alle ore 13 lanciava epiteti contro Bruno Vespa. Ha stima del
professionista ma lo considera in senso buono "violentatore
dell'informazione" come rilevato da un noto professore(citato). Una
volta Vespa gli disse "lei è vivo" e lo rimbrottò per aver fatto una
birichinata.
Il 28.01.2003
gridava più volte "Berlusconi in galera" ma non intende rispondere sul
punto.
Infine, in
data 05.06.2004 sbucava all'improvviso alle spalle del telecronista con
un cartello in mano. Non intende rispondere sulla scritta sul cartello
non vista in cassetta.
3)CONCLUSIONI.
In via
preliminare va rilevato che il processo verte unicamente sull'azione
formale di disturbo del Paolini al di là dei contenuti delle singole
azioni, per le quali si sarebbe potuto procedere eventualmente a parte
soprattutto dietro querela delle persone che si sia ritenute
eventualmente offese.
Le intrusioni
di Paolini nelle dirette televisive sono da scriminare in primis
in base alla teoria dell'anablabe (dal greco ana +
blabe = senza danno) ovvero dell'ancoraggio della punizione di un
reato a un concreto danno arrecato, secondo gl'insegnamenti della
giurisprudenza massiccia soprattutto in ipotesi di falso innocuo o
grossolano non punibile.
Nel caso di
specie solo formalmente l'intrusione del Paolini si traduce in
"un'azione di disturbo che altera le normali condizioni di tranquillità
delle persone che stanno lavorando attraverso un'azione impertinente,
indiscreta, invadente". In effetti quell'azione solo virtualmente è
riconducibile nella nozione di petulanza, ché anzi le incursioni
del Paolini portano ad aumento dello share(vedi documentazione prodotta)
cui è legata la vita dell'azienda RAI, il che non solo non arreca un
danno ma si risolve in un evidente beneficio per l'ente.
La RAI è un
servizio pubblico e più volte è stata soggetta al suo interno, in
programmi in studio, a queste intrusioni (talora anche volgari e
diseducative) che non solo portano a un aumento di indice di ascolto ma
consentono di creare programmi replicanti, di assemblaggio delle scene
forti, ciò a dimostrazione che la televisione accetta quelle
digressioni spettacolari e le utilizza a piene mani.
Ciò, quanto al
Paolini, accade persino in forma esplicita ovvero in complicità tra lo
stesso e programmatori di trasmissioni come Blob, come dimostrato
ampiamente dai molteplici interventi di un collaboratore di Blob per
riprendere le azioni di inquinamento di Paolini. Il dato è riportato in
maniera inequivocabile dal prevenuto che richiama anche documenti
visivi nel Profeta del condom[2].
Può ritenersi, pertanto, accertato l'intervento di Blob come
asserito nell'episodio 3.11.2002, visto che lo stesso telecronista
Cantore ha confermato la presenza di una signore con la telecamerina,
situazione che spesso annuncia l'arrivo del Paolini.
Ergo la RAI
stessa si avvale di Paolini per fare spettacolo e creare altri programmi
e, quindi, non solo non subisce danno ma talora provoca quelle
incursioni e se n'avvantaggia per cui, quanto meno, imputet sibi.
La
televisione, più in generale, è diventato il regno dell'infotainment.
Questo neologismo di provenienza inglese non è altro che la fusione
delle parole information e entertainment (informazione ed
intrattenimento) ed indica una mutazione del sistema informativo
televisivo che non deve scandalizzarsi quando nella diretta subisca
degl'inquinamenti che, comunque, innalzano l'indice di gradimento tanto
"gradito" al sistema.
Già il
situazionista Guy Debord aveva profetizzato questa commistione
affermando che "Fine e menzogna della società lo spettacolo è... ormai
totalmente multiforme, insieme concentrato e diffuso"[3].
Tale mélange,
essendo connaturato all'attuale apparato dei media forti alla ricerca
di sponsor e share, si verifica, al di là del Paolini, a dispetto del
"contenuto palesemente serio e severo dei servizi in discorso, diffusi
vieppiù nell'ambito dell'informazione radiotelevisiva pubblica" (così
nell'esposto del 5-3-2003).
Leggiamo in
Io, pagina ribelle: "Gabriele Paolini è caso-limite della
nostra era, la sua azione è concettuale e può essere proposta come metro
di lettura del sistema dei mass-media: il grado-zero della
televisione. Il suo è senz'altro un modo nuovo di affermarsi... ma è
mutuato dai meccanismi di funzionamento propri del sistema mediatico
stesso. Il tanto disprezzato (ma è anche un personaggio culto) Paolini
altro non è se non una summa di dinamiche, caratteri e standards del
sistema dei media stesso, alchimizzate con precisione tale da sfiorare
il paradosso"[4].
La RAI (ma
anche le altre televisioni), quando vanno in strada sono naturalmente
soggette a quello che nel gergo teatrale si chiama happening. E
proprio dal teatro si può trarre l'insegnamento che "tutto fa
spettacolo".
Quanto al
Paolini "La spiccata fantasia del protagonista applicata a situazioni
ogni volta inevitabilmente diverse e live genera una serie di
gags mai uguali. C'è uno sfondo comune che è il personaggio, con le
sue caratteristiche e il suo stile, il cui potenziale di spettacolarità
risiede nell'abilità di adattarsi alle circostanze con prontezza di
riflessi, che genera ogni volta un risultato sorprendente"[5].
Il noto
opinionista televisivo Gianni Ippoliti, nella prefazione al Profeta
del condom, sottolinea con humour non scevro da ficcante
efficientismo realistico: "Il collegamento in diretta è tale e,
soprattutto credibile, se nell'inquadratura compare anche la testa di
Paolini"[6].
Le incursioni
del Paolini, autodefinitosi inquinatore televisivo, da fermo o in
movimento, appaiono intrise di grande carica ironica(che fortunatamente
caratterizza anche politici e giornalisti da lui "disturbati"[7]),
talora d'intelligenza creativa, volte sempre allo scopo serio di mandare
un messaggio altrimenti impedito.
Al riguardo
interessante è la sentenza del tribunale di Parma - sez. dist. di
Fidenza in data 8 nov. 2000, irr. il 3.12.2000. In quel caso ci fu
un'interruzione di Miss Italia ad opera del Paolini con tentativo di
consegna di un preservativo al conduttore Frizzi. Il giudice assolse
l'"intruso" con formula piena perché utilizzava il media per trasmettere
un messaggio di uso del profilattico contro l'AIDS, definendo la
sentenza la televisione una "vetrina di messaggi che toccano la gente(si
pensi all'intervento del cantante Bono degli U2 e di Jovanotti sul
problema dell'azzeramento del debito dei paesi poveri")".
Venendo alle
intrusioni contestate nel presente processo Paolini ha invocato il
diritto di un cittadino di parlare e di manifestarsi attraverso la
televisione, motivando con l'ironia la fallofania e con la sana critica
l'attacco a Vespa.
Quanto
all'articolo richiamato dalla Paterniti sul giornale inglese "Gardian"
si tratta del pezzo scritto da Philip Willan The prophylactic
prophet del 27 settembre 2002, dove si dà atto della serietà
dell'intervento di Paolini in diretta, sottolineando la vicenda con
sottile humour inglese senza porre assolutamente la telecronista
italiana in luce cattiva o ridicola.
L'articolo
sottolinea che Paolini, in quanto sostenitore del sesso sicuro, si è
fatto pubblicità nella sua crociata brandendo e mostrando un piccolo
fallo roseo in plastica. Ricorda che questo gatecrasher[8] a
tempo pieno ha il primato delle incursioni televisive ed è stato visto
da circa 2 miliardi di persone. Ne rievoca le vicende. Figlio di un
generale pensionato, ha cominciato la sua carriera di inquinatore
televisivo pro condom quando un suo amico di 22 anni morì di
AIDS, male contratto come conseguenza del sesso non protetto con
prostitute.
Quest'articolo
del "Guardian" non è isolato ma si allinea ad altri due pezzi precedenti
dello stesso giornale ad opera del corrispondente a Roma Rory Carroll (As
seen on TV - lunedì 22 maggio 2000[9] e
TV jester crashes the election party - sabato 28 aprile 2001[10]).
In tutti e tre il giornale inglese sottolinea la serietà sociologica e
massmediale degl'interventi di Paolini, la cui eco ha superato i confini
nazionali come fenomeno di costume e di modo di fare la televisione ad
opera di un cittadino comune, senza che ciò porti discredito ai
telecronisti incrociati, che anzi ne ricavano vantaggio nella citazione.
D'altro canto
quelle incursioni possono a buon titolo essere inserite nel novero di
altre similari delle avanguardie artistico-culturali come si può leggere
nei volumi del Paolini Io, pagina ribelle. Fenomenologia
dell'artista e Il profeta del condom. Un rompiscatole in
televisione per una battaglia civile.
Nel primo
saggio viene evidenziata la natura artistica delle performance di
Paolini, rievocanti le incursioni dei ioculares nelle fiere medioevali[11]
e - venendo a tempi più recenti - dei futuristi e dei situazionisti
(filtrate attraverso la teoria di Andy Warhol) in parallelo con l'arte
estrema di Orlan; entrambi agiscono sul proprio corpo e col proprio
corpo, in riferimento a tecnologie diverse, specificamente al sistema
dei media il Paolini[12].
Questi viene identificato addirittura come il precursore dei
"Newbrakers" un gruppo di attivisti newyorkesi, costituitisi nel 2005,
che organizza degli interventi mirati su dei canali televisivi per poi
rivendicare le azioni su un proprio sito[13].
Da entrambe le
pubblicazioni emerge l'assoluta serietà degl'interventi del Paolini,
volti a manifestare idee nuove e battaglie civili attraverso il media
televisivo, catturandolo nell'unica fase di accesso altrimenti
impeditogli: quella della scesa in strada dei telecronisti.
Le incursioni
del Paolini vanno considerate, in ogni caso legalmente attinenti al
sistema, trovando il loro appoggio nella Costituzione che garantisce
l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e la libertà di
espressione in tutti i media. Le intrusioni dell'imputato sono, infatti,
frutto di una libera espressione del pensiero da parte di un cittadino,
impedito di utilizzare il mezzo pubblico nelle forme canoniche per
portare avanti le sue idee.
Il giornalista
televisivo operante in strada deve accettare quelle intrusioni perché
sono esse stesse cronaca in diretta di quanto avviene tra la gente, che
spesso anzi utilizza quelle dirette per dire la propria nel bene
(esultanze in occasione di gare sportive ad es.) e nel male (con
striscioni, grida, slogan per contestare un avvenimento direttamente o
indirettamente connesso a quanto nel resoconto del cronista vien detto).
La nuova
"parola d'ordine" in questa televisione realmente democratica è
ovviamente interazione. Con tali intrusioni il popolo partecipa
direttamente al diritto di cronaca e critica che, riferito
specificamente al giornalista come scriminante nei reati di
diffamazione, va esteso a ogni singolo cittadino il quale esprima il suo
pensiero col media televisivo della diretta.
Il problema
della libertà di pensiero e di espressione, affrontato nei tempi e
nelle condizioni più diverse, come dai redattori della Dichiarazione di
Indipendenza americana e della Costituzione italiana, ha sempre dato la
stessa risposta: si tratta di un diritto essenziale e inalienabile.
"L'informazione è un diritto fondamentale dell'uomo ed è la pietra di
paragone di tutte le libertà" dichiara la Risoluzione n. 59 del 14
dicembre 1946 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
L'art. 2 della
nostra Costituzione sancisce che: "La Repubblica riconosce e garantisce
i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità". Tra questi diritti vi è la
libertà di pensiero, d'informazione e di espressione, richiamate come
uno dei pilastri della democrazia dagli artt. 9 e 10 della Convenzione
Europea dei Diritti dell'Uomo e dagli artt. 18 e 19 della Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani, recepiti dal nostro sistema normativo,
grazie anche alla norma di inglobamento dell'art. 10 che recita:
"L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute".
Soprattutto,
in relazione al nostro caso, la libertà di espressione del pensiero è
garantita dall'art. 21 della nostra Costituzione là dove afferma che:
"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con
la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione". Ivi
compresa la RAI, naturalmente vieppiù perché è un servizio pubblico, di
proprietà del popolo. Esprimersi, infatti, equivale a manifestare il
proprio pensiero in tutte le forme dell'ulespazio(spazio materiale) e
del cyberspazio(spazio internettiano).
Eppure,
malgrado le previsioni costituzionali della libertà di espressione tali
da assicurare sulla carta una posizione paritaria di tutti i cittadini
di fronte ai mezzi d'informazione, oggi questo diritto s'imbatte in
mille ostacoli, nel senso che la creatività viene incanalata secondo
percorsi piramidali per cui solo i più forti, nella forme e nelle
pubbliche relazioni, riescono a conquistare i media potenti,
indipendentemente dal contenuto delle loro proposte.
Il potere
massmediale nel senso esposto è tanto più forte in quanto si barrichi in
strutture chiuse; s'indebolisce quando esca all'esterno.
La telecamera
che scende in strada è essa stessa un'intrusione consentita nello spazio
urbano per cui, a parità di condizioni, deve sopportare le intrusioni
di cittadini e i loro progetti di giornalismo libero e disancorato.
I raid di
Paolini al riguardo risultano alla pari con quelli di programmi come
Le Jene, Striscia la notizia etc. e operano per creare
operazioni di riassemblaggio in diretta non dissimili da quelle attuate
da Blob, il che vieppiù dà l'idea della nuova televisione basata
sull'infotainment.
Quindi, quando
il mezzo televisivo del telecronista "canonico" scende sulla pubblica
via diventa un media strutturalmente debole e soggetto all'invasione dei
cittadini, impediti di avere accesso agli edifici-bunker tipo quelli
della RAI, cui si accede solo attraverso una rigidissima burocrazia. Ciò
in contrasto con la normativa per cui la RAI è un servizio pubblico
e come tale deve garantire diritto di accesso globale a chiunque per
manifestare il proprio pensiero, potere spesso appannaggio dei media men
con esclusione degli altri cittadini.
L'uguaglianza
dei cittadini di fronte alla loro RAI dev'essere reale e non
teorica, e l'azione del Paolini va inserita in un tentativo legittimo
del cittadino escluso di conquistarsi il suo spazio televisivo, con
procedimento analogo ad Internet dove chiunque può fare il suo giornale
e dire la sua(vedi in tal senso l'ideologia dei siti Web 2.0 che si
rivolgono all'utente, in modo che possa essere lui stesso creatore e
popolatore del sito).
La legittimità
di quest'azione va sottolineata alla luce dell'art. 3 della Cost. che al
2° co. recita: "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
In questa
linea di tutela si mosse la Commissione di vigilanza servizi
radiotelevisivi la quale nel "Documento di indirizzo sul pluralismo"
(1997) sottolineava che "con il termine di pluralismo si intende la
rappresentazione nei mezzi di comunicazione della pluralità di cui è
composta la società". Continuava affermando che: "Il pluralismo, così
inteso, è espressamente indicato dall'articolo 1 della legge 6 agosto
1990, n. 223 come uno dei principi fondamentali del sistema
radiotelevisivo, che si realizza con il concorso di soggetti pubblici
e privati". Ciò che rappresenta un dovere per l'intero sistema
radiotelevisivo diventa un obbligo per ciascun mezzo radiotelevisivo
gestito dal servizio pubblico, che motiva la sua esistenza (e il suo
finanziamento attraverso il canone) nel suo essere dalla parte di ogni
cittadino, evitando ogni subordinazione a partiti, poteri o interessi.
Questo dovere vincola parimenti la Commissione parlamentare a vigilare
sull'adempimento di questo indirizzo non in funzione di una parte o
dell'altra ma in ragione di un diritto di tutti.
Non si tratta
solo di garantire ai diversi soggetti e alle diverse idee di essere
rappresentati, ma anche e soprattutto di assicurare al cittadino il
diritto di essere compiutamente informato, e di poter avere accesso
ai mezzi di comunicazione. Il pluralismo, dunque, come diritto
dell'utente ancor prima che come diritto dei soggetti da rappresentare".
Diritto reale di accesso che si esprime soprattutto come diritto a
non essere esclusi dall'informazione attiva.
Il detto
documento fornisce elementi per assicurare il pluralismo politico,
etnico, religioso etc., ma soprattutto il pluralismo sociale: "Il
servizio pubblico deve rappresentare la autonomia e la dialettica delle
realtà sociali del nostro Paese in tutta la loro ricchezza, dando
voce anche a chi spesso voce non ha. Il tutto deve tradursi, per
ogni genere televisivo e per l'insieme degli spazi informativi, nel
richiamo esplicito e nella rappresentazione di tutte quelle realtà
sociali, a cominciare dal mondo del lavoro, e di tutte quelle
problematiche sociali e culturali emergenti (femminismo, ambientalismo,
problemi della terza età, immigrazione e rapporti Nord-Sud) che,
trovandosi in condizione di debolezza sul piano degli strumenti
informativi e nei confronti degli interessi forti, risultano largamente
penalizzate. Garantirne l'accesso al sistema informativo, anche in
forma diretta, rappresenta un dovere esplicito del sistema pubblico
radiotelevisivo".
Seguono
indicazioni per assicurare il pluralismo culturale: "In ordine alle
singole problematiche trattate devono emergere le diverse opzioni
culturali presenti nel Paese. E nella stessa scelta dei temi, il
servizio pubblico deve caratterizzarsi come capace di proporre
questioni innovative e di interesse rispetto alle mode correnti riflesse
dagli altri mezzi di informazione. Maggiore deve essere l'impegno della
Rai, ad esempio, sui temi della conoscenza, della scienza,
dell'ambiente, dell'innovazione tecnologica, dell'evoluzione dei diritti
civili, dei diritti dei consumatori, dei temi relativi all'istruzione ed
alla formazione, anche attraverso la collocazione di tali tematiche
in fasce orarie di maggiore ascolto".
Conclude il
testo, quanto alla RAI, che "essa si deve esercitare rispettando
scrupolosamente quella che è la ragion d'essere del servizio pubblico:
un servizio dalla parte di tutti i cittadini"[14].
Di recente in
risposta alle reiterate preoccupazioni espresse dal Parlamento europeo e
dalle organizzazioni non governative per la concentrazione dei media e
le sue ripercussioni sul pluralismo e sulla libertà di espressione, è
intervenuta la "Commissione sul pluralismo dei media".
Viviane
Reding, commissaria responsabile per la società dell'informazione e i
media ha affermato: "Per il processo democratico negli Stati membri e
nell'intera Unione europea è fondamentale mantenere il pluralismo dei
mezzi di comunicazione di massa, che affrontano oggi profondi
cambiamenti e riforme dettati dalle nuove tecnologie e dalla concorrenza
globale". La vicepresidente Wallström, responsabile per le relazioni
istituzionali e la strategia della comunicazione, ha aggiunto: "La
comunicazione, intesa come dibattito vivace e civile tra i
cittadini, è la linfa vitale della democrazia che i media fanno
circolare".
Nell'approccio
Reding-Wallström il pluralismo dei media è un concetto molto più ampio
di quello di proprietà dei media e si riferisce all'accesso ad
informazioni di diverse origini, in modo che i cittadini possano
farsi un'opinione senza essere influenzati da una sola fonte dominante[15].
Nello Stato
anche il Terzo Potere, la Magistratura, ha il compito di controllare,
sia pur attraverso casi specifici, i detentori della res publica
e verificarne l'operato, sottolineando qualunque stortura, devianza,
strumentalizzazione che possa influire sul caso in esame, per far sì che
esso in trasparenza sia conforme realmente e non sulla carta alla
Costituzione.
Questa
uguaglianza non è garantita, per molti network, dall'attuale condizione
di monopolio dell'informazione, essendo il diritto di accesso della
gente all'informazione attiva (e non meramente passiva), solo sulla
carta. Oggi il diritto di accesso è stato espresso in forma sarcastica
come diritto a non essere esclusi, perché ciò che viene alla luce
è l'estromissione di intere masse dalle risorse materiali e massmediali
in particolare televisive.
Diritto di
accesso attivo con partecipazione in prima persona all'informazione
tanto più da garantire da parte della RAI, in quanto l'utente paga un
abbonamento in corrispondenza a un diritto reale e non fittizio di
condivisione nella costruzione del programma televisivo.
Attualmente la
RAI ha ancora una struttura a piramide, gerarchica e di arduo accesso al
cittadino che vuole utilizzarla per trasmettere la sua informazione,
mancando quella dimensione sferica che la Commissione di Vigilanza ha
indicato per creare, con questo strumento del media televisivo
nazionale, una reale partecipazione democratica di tutto il popolo al
mondo dell'informazione catodica.
Il libro
Io, pagina ribelle emblematicamente si chiude - a sottolineare il
senso dell'azione di Paolini - con le parole del dott. Luca Angeli
Bufalini, il quale preconizza "una trasmissione dove anche i precari,
gli umili, i non fotogenici, i risparmiatori traditi da tutti, i
lavoratori autonomi, i diversi potranno avere finalmente i loro spazi
televisivi"[16].
Per non parlare di artisti, intellettuali, professori, opinionisti etc.
immotivamente esclusi dal tubo catodico dei media forti, improntato alla
visibilità reiterata e martellante delle solite poche facce, a scapito
di una megarotazione delle intelligenze, questa sì realmente
democratica e conforme a Costituzione.
Le
ricostruzioni di tale background sociologico e delle motivazioni
specifiche dell'agire del Paolini rappresentano la chiave per decifrare
il caso sottoposto all'esame del giudice.
Nella sostanza
il Paolini non può aver disturbato le trasmissioni televisive perché
egli è la televisione.
Nella forma
egli ha esercitato il diritto costituzionalmente protetto di
deambulazione ma soprattutto di esprimere le sue idee attraverso un
media, la RAI, che è di tutti e che dovrebbe consentire l'accesso a
chicchessia, cosa che oggi non si verifica malgrado le direttive della
Commissione di Vigilanza servizi radiotelevisivi.
A fronte
dell'impossibilità di accedere agli studi televisivi per esprimere il
suo pensiero, il prevenuto, come ha dichiarato, si è avvalso della
facoltà stessa nel punto in cui il sistema televisivo è più debole:
nelle riprese per strada.
Il Paolini va
assolto dai reati ascrittigli perché i fatti sono stati commessi in
presenza di una causa di giustificazione avendo, ai sensi dell'art. 51
c. p., legittimamente esercitato un suo diritto di libera espressione
del proprio pensiero (articoli 2, 3 e 21 della Costituzione),
avvalendosi di un servizio pubblico(RAI), operante in strada con libero
diritto di accesso di tutti i cittadini al servizio stesso.
P.Q.M.
visto l'art.
530 c.p.p.
assolve
Paolini Gabriele dai reati ascrittigli perché i fatti sono stati
commessi in presenza di una causa di giustificazione ai sensi dell'art.
51 c. p., per aver legittimamente esercitato il suo diritto di libera
espressione del proprio pensiero (articoli 2, 3 e 21 della
Costituzione).
IL GIUDICE
dott.
Gennaro Francione