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l 9 aprile, nella chiesa di San Severo al Pendino a Napoli,
nell'ambito di "Sintesi", il Festival delle Arti Elettroniche
giunta ormai alla sua terza edizione, è stato presentato "Creative
Commons Italia Show Case". Sono intervenuti Juan Carlos De Martin
(Public Lead Creative Commons Italia e IEIIT Consiglio Nazionale delle
Ricerche Politecnico di Torino), Lorenzo De Tomasi (Comunita' Creative
Commons Italia) e il giudice drammaturgo Gennaro Francione.
I tre hanno discusso, come a Roma in occasione della "Settimana
delle libertà digitali", delle nuove forme di tutela della
proprietà intellettuale, ma anche del libero accesso alla cultura e
della piattaforma Creative Commons Italia come "una risposta in
grado di interpretare il mutato scenario sociale con più efficacia
dell'attuale disciplina sul copyright" (www.sintesi.na.it). Le
rivoluzioni digitali hanno favorito il diffondersi di nuove libertà.
Oggi chiunque può realizzare opere anche molto complesse in tempi
davvero brevissimi. Può replicarle in milioni di copie e distribuirle
in formati di alta qualità su scala globale. Basta avere un computer
connesso alla rete. La facilità con cui le opere digitali possono
essere replicate, diffuse e usate da più di un utente, riprodotte in
maniera perfetta, modificate, manipolate, mescolate, ricombinate
rapidamente mette in crisi il diritto d'autore. La rete, in particolare,
lo dissolve "rompendo tutte le catene e i limiti che i pochi
possono porre per negare a tutti la libera circolazione delle idee e
della cultura. Quello che in tempi remoti era impossibile e in tempi
recenti era difficile o scomodo, ora per molte persone e' divenuta una
operazione estremamente banale quasi una funzione fisiologica".*
In questo nuovo scenario il libero accesso alla cultura, la
conoscenza libera e gratuita sono imperativi. Copiare, distribuire,
condividere e modificare sono le nuove libertà che l'attuale legge sul
diritto d'autore non favorisce. Impone, infatti, l'esatto contrario fino
a 70 anni dopo la morte dell'autore. Eppure qualsiasi idea, informazione
o opera intellettuale, per sua stessa natura, ben si adatta ad essere
copiata, distribuita, condivisa e modificata al punto che molte persone
considerano queste libertà dei diritti naturali. Altre, invece,
paragonano i diritti degli autori sulle proprie opere a quelli di una
persona su un bene materiale di sua proprietà. E questo è un errore.
Se regaliamo un bene materiale come un piatto di spaghetti, spiega De
Tomasi, gli spaghetti li mangia solo chi li ha ricevuti. La ricetta,
invece, può essere di tutti e chiunque può farne ciò che vuole. **
Per Lawrence Lessig, le idee sono commons e cioè dei beni comuni che
possono essere goduti da tutti. Nessuno è obbligato a chiedere il
permesso a qualcun altro se vuole accedervi. C'è però chi ritiene che
i commons portino con sé una tragedia. I beni usati in comune tendono
ad essere sfruttati fino ad esaurirsi. Ma questo può accadere ad una
strada o a un pascolo perché un loro uso incontrollato li deteriora e
l'impoverisce. Citando Maria Chiara Pievatolo "Non bisogna fare
l'errore di confondere i pascoli di erba con i pascoli delle idee: le
idee, a differenza dell'erba, crescono se vengono condivise, e il loro
valore aumenta, perché la condivisione dà loro la possibilità di
svilupparsi e di migliorarsi". Le idee, insomma, non sono soggette
alla tragedia dei commons. ***
Il copyright contrasta la libera circolazione del sapere. Ma
rinunciare a qualsiasi tutela della nostra opera, specie su internet,
comporta dei rischi. Qualcuno potrebbe sfruttarla economicamente,
modificarla fino a deformarla o mutilarla. A Napoli si è parlato anche
di questo e la domanda che si sono posti tutti (o quasi) è stata: come
è possibile proteggere l'opera da possibili abusi senza impedire le
restrizioni alla sua fruizione? Con Creative Commons. Questa la risposta
di De Martin. Queste nuove licenze, che in Italia sono divenute
ufficiali alla fine del 2004, sono state appositamente progettate per
essere applicate ai contenuti digitali pubblicati in rete (testi,
fotografie, film, musica, pagine web, weblog), ma è possibile
attribuirle anche alle opere a stampa e al software (non si fa
riferimento al codice sorgente). Esse "funzionano in seno al
diritto d'autore, per il quale "tutti i diritti sono
riservati", offrendo una rosa di possibilità alternative tramite
le quali, per scelta dell'autore, solo alcuni diritti sono
riservati" (www.creativecommons.it).
Le Creative Commons, in realtà, non rivoluzionano il mondo della
produzione intellettuale. Si pongono semplicemente come "una terza
via tra persecuzioni e pirateria", "una via di mezzo tra
diritto d'autore, estremamente restrittivo e le donazioni di pubblico
dominio". Qualcuno le ha anche definite "il volto umano del
copyright". Come per il diritto d'autore, anche per le Creative
Commons ogni abuso comporta la possibilità di appellarsi al giudice. Ed
è in qualità di giudice, e allo stesso tempo in veste di artista, che
Gennaro Francione articola il suo intervento in direzione assolutamente
anti-copyright. A suo avviso le Creative Commons "danno una
soluzione parziale e riduttiva alle nuove problematiche sul fatiscente
diritto d'autore ma non risolvono la questione a monte, che richiede un
drastico abbattimento del sistema copyright".
Il suo pensiero ci ha talmente incuriosito che gli abbiamo chiesto di
dirci qualcosa di più a riguardo. Ci ha risposto così:
"Meglio le creative commons che il copyright. Per questo le
seguo con interesse, ma non credo che possano da sole risolvere il
problema perché esse, pur operando in una funzione di sgretolamento del
copyright, non azzardano il passo estremo: distruggere il copyright. Le
creative commons, tutto sommato, presuppongono la proprietà
intellettuale e con tutte le loro ramificazioni cavillose non affrontano
il cuore della faccenda. Io, da uomo di legge, diffido dei rizomi
normativi, spesso creati ad arte per fregare la gente. In Italia ci sono
300.000 leggi e vedete come (non) funzionano. Le alchimie codicillari
delle creative commons sono sicuramente in buona fede ma non risolvono
il problema a monte: quello dello sfruttamento degli artisti. Là dove
le creative commons riperpetuano il sistema di avvocati, giudici,
sceriffi per tutelare i diritti degli autori che comunque pretendono
garanzie, sia pur nelle forme attenuate, con le creative commons non si
fa che perpetuare il logos del dominio. Ecco, nel laboratorio dell'arte,
l'alchimia creative commons tra la dozzina di ampolle luccicanti crea
fumi che abbagliano l'artista, il quale pensa di aver trovato la pietra
filosofale in ognuno di quei vetri. Ciò non è, per cui, sicuramente in
buona fede, le creative commons creano un nuovo inganno. Ripetendo una
metafora che ho fatto a Napoli il 9 aprile, se il copyright è la destra
del diritto d'autore, le creative commons rappresentano il centro
moderatamente riformista"
Gennaro Francione è fondatore del Movimento Antiarte
(www.antiarte.it) ed è anche noto per una sentenza anti-copyright che
ha fatto molto discutere fuori e dentro la rete. E' autore di diversi
libri. Impossibile citarli tutti. L'ultimo ci ha però particolarmente
incuriosito: Hackers. I Robin Hood del Cyberspazio. Ma di questo, come
della sentenza anti-copyright, vi parleremo la prossima volta.
Note:
*"Rivoluzione digitale e copyright" tratto da La fine di una
decima feudale (Patrizio Agostinelli, 2004) - www.ecn.org/baz/copyriot/copyright/rivoluzione.html
**Maria Chiara Piegatolo, Linux, la GPL e le virtù dimenticate dei
beni pubblici - bfp.sp.unipi.it/~pievatolo/lm/commons.html
***Lorenzo De Tomasi, Nuove idee per un nuovo diritto d'autore -
biografica.tzone.it/lorenzodetomasi/commonscontent/media/nuove_proposte.pdf
Lorenzo De Tomasi, Sapere, bene comune: Commons, la condivisione
della conoscenza - www.aprileperlasinistra.it/aprilerivista/articolo.asp?ID=1019&n=121
http://italy.indymedia.org/news/2005/05/790022_comment.php#790096
http://italy.peacelink.org/cybercultura/articles/art_11115.html
http://www.opencontent.it/ultime_notizie/diritto_autore