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UN DISASTRO DIMENTICATO
DALL'INVIATO A BALVANO
ANTONIO MANZO
pubblicato in "Il Mattino", 29 febbraio 2004
Un disastro dimenticato con la stessa velocità con la quale ufficiali
inglesi e americani intimarono di scavare tre grandi fosse comuni nel
cimitero di Balvano per seppellire le centinaia di cadaveri, che non
sarebbero mai stati conteggiati né fra i morti di guerra né tra quelli
della pace da riconquistare. Erano i morti della miseria, da dimenticare.
Da seppellire in fretta, come i giorni dell'Italia di Badoglio,
sopravvissuta, stremata e distrutta.
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Gialli & rivelazioni
Il treno della morte nella Galleria
delle armi
Lunedì 31 Maggio
2004
Nino Masiello
«Partito». Il segnale fu lanciato dalla stazione di Balvano, provincia
di Potenza, cinquanta minuti dopo la mezzanotte tra il 2 e 3 marzo del
1944, appena il treno 8017, proveniente da Napoli, si rimise in movimento
per raggiungere la stazione di Bella-Muro, altra tappa sulla via di
Potenza. Come da regolamento il capostazione di Balvano avrebbe dovuto
ricevere quello di «Giunto» una volta arrivato il convoglio nella
stazione successiva - due locomotive e quarantasette vagoni, per una
lunghezza complessiva di 500 metri -, ma quell’atteso segnale non arrivò.
Sicchè, due ore dopo il tempo previsto per la percorrenza Balvano -
Bella-Muro, il ferroviere cominciò a preoccuparsi. Una dimenticanza del
collega? Ma, alle 5 del mattino, vide arrivare, stravolto dall’affanno e
dallo sgomento, Michele Plato, frenatore dell’ultimo vagone dell’
8017: un sopravvissuto. Il primo che racconterà la strage in galleria,
entrando nei verbali del Procuratore del re a Potenza, testimone di quello
che, per molti aspetti, è ancora un giallo dopo sessant’anni.
Mario Restaino, responsabile della sede regionale dell’Ansa a Potenza,
ha coronato un lungo, difficile impegno certosino con un libro appena
ristampato, a cura del Consiglio Regionale della Basilicata (Un treno,
un’epoca: storia dell’8017, Arti grafiche Vultur,
pagg. 141). La ricostruzione di Restaino propone più di un inquietante
interrogativo sulle cause di quella tragedia della quale non è possibile
conoscere nemmeno il numero esatto delle vittime, non già le cause che la
determinarono. L’unica certezza, probabilmente, è che la gran parte dei
viaggiatori era rappresentata da uomini e donne della Campania che si
erano avventurati su quel treno partito da Napoli per andare a barattare o
comprare, a Potenza e dintorni, vettovaglie da scambiare con indumenti
usati, calze da donna, tabacco sfuso, sigari toscani, fiammiferi di zolfo,
scarpe, spago, lana grossa per materassi: merce da povericristi. Una fauna
che il viaggiatore Pasquale Festa Campanile raccontò nel suo romanzo
d’esordio Nonna Sabella.
I pendolari della fame, furono definiti anche così, non riuscirono, come
centinaia di loro compagni di viaggio, a vincere il fumo che si impossessò
della lunga galleria in salita nella quale, nonostante le due locomotive
in testa al convoglio, il treno si arrestò. La «galleria delle armi»,
poco meno di due chilometri, è la più lunga delle 37 che si attraversano
sulla tratta Battipaglia - Potenza. Lì, da quando era stata costruita la
linea ferroviaria, il fumo del treno in corsa rendeva sempre difficile,
per pochissimi istanti, il respiro dei viaggiatori. Ma quella notte,
fermatosi il convoglio, il fumo prodotto dalle due immense locomotive e
prodotto dalla combustione di pessimo carbone, evidentemente pieno di
zolfo e proveniente da una partita importata dai Balcani, sicuramente
inadatto alla bisogna, portava la morte, non già una breve difficoltà di
respirazione.
«Come è possibile - si chiede e chiede, poi, Restaino - che quei due
bestioni di locomotive da montagna, adatte, cioè, a quel percorso, a quel
tipo di treno, a quel peso, non riuscirono a superare la galleria?». Il
libro offre, anche uno spaccato del modo in cui, in quel 1944, circolavano
le informazioni, controllate dallo speciale reparto militare PWB,
Psycological Malfare Branch i cui quadri erano prevalentemente formati da
giornalisti americani e inglesi, molti con una diretta conoscenza
dell’Italia di prima della guerra. «Una censura che non funziona - o
agisce in modo più blando con i giornali locali, il cui atteggiamento
verso l’incidente sorprende, però, per la scarsità di notizie e per
l’attenzione posta verso alcuni particolari, trascurandone altri».
L’Ordine, periodico della Democrazia Cristiana, parla del fatto nel
numero del 5 marzo 1944. Testo glaciale: «Mentre andiamo in macchina
apprendiamo che tra Piperno e Baragiano un treno viaggiatori proveniente
da Napoli, per il sovraccarico non ha potuto superare una galleria.
Conseguenza: ben quattrocento persone morte di asfissia! Ci sono mille
motivi per pensare che quel sovraccarico era di contrabbandieri e
contrabbando. Imploriamo, a nome delle vittime, che ci si decida una buona
volta a regolare il traffico dei viaggiatori».
Nel museo di Pietrarsa è conservata una delle due locomotive di quella
tragedia immane, che ha provocato la morte di 517 persone nella galleria
delle Armi, tra le stazioni di Balvano e Bella - Muro.
http://ilmattino.caltanet.it/hermes/20040531/CIRC_NORD/26/PIPPO.htm
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