[Articolo di Paolo Sgroia, pubblicato in
"Il Saggio", Maggio 2004, pagine 30-31]
Balvano
Il più grave incidente ferroviario d'Europa
di Paolo Sgroia
Sono trascorsi sessanta anni da quella notte tra il 2 e 3 marzo del
1944 e i parenti delle vittime del treno merci 8017 ancora non si danno
pace. Morirono più di 500 persone in quella fredda notte nella galleria
"delle Armi", subito dopo la stazione di Balvano, in provincia
di Potenza.
Molti non si accorsero neppure della tragedia, passarono dal sonno alla
morte respirando il monossido di carbonio sprigionato dalle ciminiere
delle due locomotive a vapore, che trainavano il lungo convoglio che da
Napoli era diretto a Potenza.
Una tragedia annunciata, perché nel verbale
del 9 marzo 1944 del Governo Badoglio si legge testualmente: "La
sciagura deve attribuirsi alla pessima qualità del carbone fornito dal
Comando Militare alleato perché già si era verificato, sulla stessa
tratta, un caso di morte per asfissia del personale di macchina di un
treno dell'autorità alleata".
Era carbone proveniente dalla Jugoslavia, di quello pessimo che
sprigionava poco calore e tanto monossido di carbonio. Si era in guerra e
le ferrovie erano sotto il comando degli alleati. Sulla linea
Napoli-Potenza gli Anglo-Americani avevano istituito solo due treni alla
settimana per i viaggiatori, tutti gli altri erano treni merci che
servivano per il trasporto di materiale utile ai militari.
Ma era anche il treno che serviva alla popolazione per rifornirsi di
generi di prima necessità, materie che scarseggiavano nelle grandi città
ed erano reperibili solo nelle zone interne come le campagne di Potenza.
Ma su quel treno c'era anche chi doveva viaggiare, e per assenza di mezzi
pubblici era obbligato a salire su quei carri merci.
È il caso del prof. Vincenzo Iura, noto chirurgo, salito ad Eboli e
diretto a Potenza. Il professore, negli anni sessanta in un'intervista
fatta nell'Ospedale Civile di Eboli, era ancora ricordato da tutti come
una persona ricca di umanità che operava nella struttura sanitaria più
delle volte gratuitamente. Anche lui morirà in quella galleria. Del
personale addetto al convoglio si salveranno solo i frenatori, Michele
Palo, Roberto Mallo e Giuseppe De Venuto, e il fuochista Luigi Ronga, che
svenuto cadde dalla locomotiva e con la faccia a terra riuscì a trovare
quel poco d'aria che gli salvò la vita.
Una tragedia che fu subito seppellita nel dimenticatoio, come furono
seppelliti in fretta i 519 deceduti nel cimitero di Balvano, dopo aver
buttato della calce viva su di essi.
A quei corpi si poteva dare una sepoltura migliore, in modo tale che i
familiari ne potessero far riesumare i resti. Erano morti da poche ore non
da giorni, e non per un'epidemia.
Il treno 8017 era composto da 47 vagoni, di cui una ventina scoperti.
Solo 12 erano carichi e tutti gli altri servivano per trasporto merci.
Quando transitò per Salerno, pioveva, ed era già carico di passeggeri
che provenivano dalle zone del Napoletano. Al nodo di Battipaglia il treno
fece un'altra sosta e la polizia militare americana fece scendere molti
passeggeri abusivi. Ad Eboli transitò alle ore 19.12 e fu preso a volo da
circa cento persone come capitò anche a Persano. Il convoglio a quel
punto aveva a bordo circa 700 viaggiatori abusivi. A Romagnano per
riuscire a scalare le pendici delle montagne fu agganciata in testa una
seconda locomotiva a vapore.
Alle 23.40 il lungo convoglio partì da Romagnano e dopo circa 7 km si
fermò nella stazione di Balvano-Ricigliano, dove c'era un treno fermo in
difficoltà. Dopo 38 minuti di attesa le due locomotive allentarono i
freni e il viaggio continuò.
Erano le ore 0.50, ed il treno doveva giungere alla stazione di
Bella-Muro distante meno di 8 km in un percorso tutto in salita e con
molti trafori. Il messaggio di arrivo alla stazione successiva non arrivò
mai. Il treno s'era bloccato nella galleria che passa sotto il Monte delle
Armi. Le ruote motrici delle due locomotive slittavano sulle rotaie e dopo
aver indietreggiato qualche metro il treno si fermò definitivamente. Si
doveva decidere in una manciata di secondi cosa fare. Ma ci fu
incomprensione tra macchinisti e frenatori, le due locomotive furono
trovate nel senso di retromarcia, mentre c'erano 13 convogli frenati. Una
tragica fatalità. Gli addetti alle macchine furono i primi a morire: la
galleria era ancora satura del fumo del treno che era passato pochi minuti
prima. I passeggeri, quelli ancora svegli, incominciarono a borbottare,
non si sapeva cosa fare e nemmeno si era a conoscenza del pericolo. Solo
quando incominciarono a mancare le forze si cercò di uscire: troppo
tardi. Il monossido di carbonio è inodore e uccide nel giro di pochi
minuti.
A questo punto ci sono alcune versioni differenti su chi dei due
frenatori tornò a Balvano per dare l'allarme: Michele Palo o Giuseppe De
Venuto. Erano le ore 5.10 quando la notizia giunse al capolinea.
Staccata una locomotiva da un treno in sosta i funzionari andarono
incontro al convoglio, e solo allora si resero conto dell'immane tragedia.
Si pensava semplicemente ad un guasto delle locomotive, mai ad un evento
così tragico. Il treno fu rimorchiato e riportato indietro e sui
marciapiedi della piccola stazione furono deposti più di 500 corpi
esanimi, altri che davano segni di vita furono trasportati all'ospedale di
Potenza.
Molti di quei corpi non avevano nessun segno di sofferenza sul volto.
Erano passati dal sonno alla morte senza accorgersene.
I militari dopo aver portato i superstiti agli ospedali, ebbero
l'ingrato compito insieme a dei civili di collocare le salme sui camion e
di seppellirle in fosse comuni nel cimitero di Balvano: due per i maschi e
una per le donne.
Sul numero delle vittime ci sono discordanze: molti corpi non furono
identificati perché senza documenti. La stampa dell'epoca, sottoposta a
censura militare, riservò solo alcune righe al più grande disastro
ferroviario d'Europa. Solo dagli anni sessanta in poi furono dedicati
alcuni reportage a questa sciagura. Della tragedia si è occupata anche la
stampa internazionale e le sono state dedicate addirittura delle canzoni
da artisti stranieri, mentre in Italia è stato steso un velo pietoso di
oblio. Proprio per questo è il caso che venga approvata la proposta
di legge n. 4.798 del deputato Giuseppe Molinari, che propone
l'istituzione del Giorno della memoria e il Museo della memoria nella
stazione di Balvano, in ricordo di quelle 519 vittime decedute in quel
funesto 3 marzo 1944.
http://users.libero.it/alessandro.tuzza/8017/20040501ilsaggio.html