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La Fratellanza è
generosità, dare spontaneo; perciò offrite gratis i vostri servigi, la vostra
conoscenza. Senza aspettare ritorni. Se
proprio siete utopisti utilitaristi, ricordate che va bene comunque offrirsi per la
massima evangelica "Date e vi sarà dato"
In caso di mercato inevitabile preferite la permuta,
ovvero lo scambio alla pari di cose e di servizi.
Infine abbandonatevi alla Rete e scoprite la meravigliosa
Fratellanza Utile della New Economy
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LA PAROLA GRATIS IN RETE
Per la gioia degli utenti, la parola gratis è sempre stata abbastanza di moda nel mondo
digitale e probabilmente lo sarà sempre di più. Anche oggi che il Web ha preso una
strada molto più affaristica, per così dire, rispetto ai suoi esordi, continua comunque
a essere un luogo piuttosto economico. La stragrande maggioranza dei siti, e tutte le
informazioni che contengono, continuano a essere del tutto gratuiti. Sul Web viene
distribuito moltissimo software, sempre gratuito. E proprio in una puntata di
Mediamente.it abbiamo parlato delle freenet, cioè le società che regalano ai propri
utenti l'accesso alla rete e una casella di posta elettronica. Il fatto è che la
strategia del regalo è uno dei punti centrali nel mondo digitale, tanto che si parla di
"free economy", economia del gratis appunto, o di "gift economy",
economia del regalo. E la tendenza alla gratuità comincia a non riguardare più solo beni
immateriali, come le informazioni o il software, ma ad estendersi anche all'hardware.
Per gli utenti, insomma, c'è di che essere felici. Ma spesso anche chi regala, se ha
saputo regalare bene, ha fatto soldi a palate. Ricordate Marc Adreessen, l'inventore del
browser Netscape? È diventato miliardario regalando quante più copie possibile del suo
programma.
La società di Andreessen ha dominato il mercato dei browser finché qualcuno, Bill Gates,
non ha cominciato a regalare un programma concorrente, Explorer, a ritmi ancora più
veloci erodendo il bacino d'utenza di Netscape. La guerra dei browser, alla fine, è stata
vinta da chi ha potuto regalare meglio il proprio prodotto.
Anche Jerry Yang e David Filo, i due fondatori di Yahoo!, sono diventati nababbi senza che
nessun utente abbia mai pagato un centesimo per i loro servizi. In Italia Tiscali di
Renato Soru è esplosa quando è diventata la prima freenet italiana e oggi non a caso è
la prima ad offrire i rimborsi per le telefonate fatte per navigare. E potremmo continuare
a lungo. Ma come è possibile fare soldi regalando i propri prodotti, cioè un'idea che
solo fino a una decina d'anni fa sarebbe sembrata del tutto suicida a qualsiasi
amministratore di un'azienda?
Se per chi ama navigare attraverso i mari digitali del Web questi sono tempi felici,
grazie al fatto che molto di quello che vi si trova è gratuito, dalle informazioni, ai
giochi, alle notizie, alla musica, anche per coloro che regalano le cose non vanno affatto
male, visto che comunque fanno soldi a palate. Offrire gratis il frutto del proprio
lavoro, nel vulcanico mondo dell'economia digitale, è infatti stata spesso la chiave per
costruire imperi miliardari. La ricetta del successo sembra essere quella di raccogliere
attorno al proprio marchio la più vasta comunità possibile di utenti, conquistarne e
mantenerne la fiducia, imparare a conoscerne i gusti, le esigenze e le aspettative. E poi
bombardarli con pubblicità altamente mirata e venduta, questa sì, a caro prezzo. Oppure
invitarli in ogni modo a effettuare acquisti online o proporgli servizi aggiuntivi a
pagamento. Il tesoro non sta più nel magazzino, ma nel network. Ogni utente registrato
nel proprio database è un potenziale consumatore e un sicuro destinatario di pubblicità
personalizzata e secondo gli analisti di borsa vale attorno ai mille dollari.
Quindi il contatto con un utente e una entry nel proprio database sono oro puro. Sono una
merce talmente preziosa che regalare non basta più. Ci sono società che addirittura
pagano i loro utenti affinché entrino a fare parte del loro network. E naturalmente siano
disposti ad accettare una buona dose di pubblicità. Non solo accesso gratis, dunque, ma
una forma di rimborso proporzionale al tempo passato on line o un gettone per ogni e-mail
pubblicitaria che viene aperta. E negli USA tutto questo è già molto avanti.
..\..\..\docs/biblioteca/biblioteca.asp?id=363&tab=int
..\..\..\docs/biblioteca/biblioteca.asp?id=363&tab=intFin dove arriverà tutto questo?
Verrà il giorno in cui i provider "regaleranno" case e macchine pur di vendere
i servizi ad esse collegati? Ecco l'opinione di Jeremy Rifkin, esperto di economia
digitale:
"Nell'era economica dell'accesso a Internet, i mercati vengono sostituiti dalle reti,
mentre al posto di venditori e acquirenti abbiamo i server e gli utenti. Perciò il
concetto di proprietà è ancora presente, ma non è più oggetto di scambio: i fornitori
noleggiano la proprietà oppure la dànno in concessione, e l'utente diventa membro o
socio della loro struttura. Nell'età dell'accesso si passa da relazioni di proprietà a
relazioni di accesso. Quello di proprietà privata è un concetto troppo ingombrante per
questa nuova fase storica dominata dall'ipercapitalismo e dal commercio elettronico, nella
quale le attività economiche sono talmente rapide che il possesso diventa una realtà
ormai superata".
Per la verità non tutti sono proprio felici che la Rete favorisca in modo tanto deciso
questa libera fruizione di beni e informazioni. Se nell'economia di scala digitale
produrre numerosissime copie di un prodotto ha costi sempre minori e in genere
distribuirle al minor prezzo possibile, a volte regalarle, conviene, vi sono casi in cui
tutto ciò è visto come un'eresia. Il copyright è appunto un sistema per proteggere e
sfruttare economicamente ogni singola copia di una canzone o di un libro. Lo scontro tra
questi due modelli è feroce, come nel caso della musica in formato mp3, nemico numero uno
delle case discografiche, o dei programmi che permettono di duplicare i film su Dvd, fumo
negli occhi per le major di Hollywood. Ancora una volta, si sconta il fatto che Internet
favorisce modelli in cui il valore commerciale non risiede tanto nella copia di un bene
materiale o immateriale, ma nella creazione di una comunità e di un network. John Perry
Barlow, co-fondatore della Electronic Frontier Foundation, ha una opinione molto precisa
del valore della libera circolazione dell'informazione:
"Come autore, la cosa migliore che possa capitarmi dal punto di vista economico è
che le mie opere vengano ampiamente distribuite grazie all'intervento di altre persone che
le duplicano e le diffondono nei loro rispettivi ambienti. Ad esempio il gruppo rock
Grateful Dead, di cui ho fatto parte, decise già nei primi anni Settanta di non
allontanare dai loro concerti gli spettatori che li registravano. Quei nastri si
tramutarono in un potente motore di mercato che fece di noi il complesso più famoso e
meglio pagato degli Stati Uniti. Sicché, rinunciando alla proprietà intellettuale
avevamo instaurato un rapporto intellettuale economicamente assai più redditizio di
quanto non sarebbe stato per noi il modello della proprietà privata. Non è detto che
questo sia un caso speciale o unico. Sono convinto che lo stesso principio sia valido
praticamente per ogni tipo di attività intellettuale".
Tra i primi ad accorgersi e a descrivere la tendenza economica della freelosophy che ha
investito la Rete è stato Kevin Kelly, executive editor di Wired, la rivista cult
dell'era digitale. Già nel 1997 Kelly scrisse sul suo giornale un articolo intitolato
"New rules for the new economy". Kelly ha poi ampliato e sviluppato le idee di
quel primo articolo in un libro uscito in Italia lo scorso anno dal titolo "Nuove
regole per un nuovo mondo". Kelly descrive le regole che domineranno a suo parere la
nuova economia, tra cui naturalmente la forza del regalo.
Primo la legge della connessione. La network economy vive della risonanza di due tendenze:
l'universo in espansione delle connessioni che aumentano progressivamente in numero e
quello dei microchip che, al contrario, diminuiscono progressivamente in dimensione. Nella
network economy il valore dipende dal numero di collegamenti e non dalle capacità di
calcolo dei singoli chip collegati, ovvero l'intelligenza della Rete va considerata il
prodotto di una galassia di parti che singolarmente hanno poca rilevanza.
Secondo la legge dell'abbondanza: il valore della Rete cresce esponenzialmente con il
numero dei suoi membri. Prendiamo un classico esempio: quello del fax. Il valore del primo
fax prodotto era pari a zero perchè quel fax non era in grado di comunicare con nessun
altro. Già a partire dalla seconda macchina le cose cambiano e progressivamente più
aumentava il numero di utenti più il fatto di avere un fax aumenta in utilità e quindi
in valore. Oggi chi acquista un fax non ha in mano una macchina da 300mila lire ma una
intera rete di connessione
Terzo la legge dei circoli virtuosi. Ogni membro che entra in una rete ne aumenta il
valore, perchè finisce per attrarre nuovi membri i quali a loro volta accrescono il
valore della rete. Questo circolo virtualmente non ha fine
Quarto la legge dell'inversione dei prezzi. In una rete il prodotto migliore decresce di
prezzo ogni anno. Nell'era dell'informazione il consumatore può contare costantemente su
un incremento fortissimo della qualità a fronte di un abbassamento consistente dei
prezzi. Prezzi e qualità hanno curve progressivamente divergenti. Fino all'estremo.
Quinto la legge della generosità. Se i servizi aumentano di valore con l'abbondanza,
legge numero 2, e se il loro costo tende a diminuire, la logica conseguenza è che le cose
di maggior valore vanno concesse gratuitamente o quasi gratuitamente, ad un livello in cui
il consumatore non percepisca la differenza, ma le aziende si.
(da mediamente rai) |
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