Il Tempio della Luce
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   IL TEMPIO DEL TRENO DELLA LUCE  A BALVANO

   

                         

                           Balvano

                 (foto tratta da http://www.basilicata.cc/lucania/balvano/)

        Balvano, 2480 abitanti, 32 chilometri da Potenza, 425 metri d'altitudine, è un paesino povero e bello, fra querce e ulivi, incassato fra le montagne. Un paese di emigranti (più di mille persone se andarono via dal '44) e di gente generosa.  

        Adesso nel cimitero di Balvano c'è una cappella di marmo fatta costruire, per tutte le vittime, da un uomo generoso.

       Si chiamava Salvatore Avventurato, per antonomasia chiamato don Salvatore. Gestiva un negozio di abbigliamento all'ingrosso.

       Su quel treno, Avventurato aveva  perso il padre Agostino, il fratello Vincenzo e uno zio, Antonio Luna. Anche loro erano saliti sul merci 8017 per sfamare le famiglie.

        Salvatore Avventurato era uno che la fame l'aveva sofferta davvero. E dopo la guerra aveva fatto mille mestieri, lavorando giorno e notte. A sua madre aveva promesso la tomba per quei poveretti. L'ha costruita un po' per volta, fra mille difficoltà. "Si posavano i fiori in terra, si camminava sui morti, era straziante. Almeno riposino in pace...".  Molti ne ricordano la generosità, l'attaccamento al paese, la tenacia con la quale decise di costruire un "asilo di pace" per quelle povere vittime e l'ostinazione con la quale portò a termine il progetto

        Questa cappella di Avventurato è un luminoso simbolo di eticità dell'uomo, il quale, in vita come in morte, lavora, opera, dona non solo ai suoi familiari ma a tanti altri uomini sconosciuti che identifica come suoi fratelli di dolore su questa terra.

       Chiudiamo, ricordando la dedica scritta sulla cappella:

 

   In memoria della sciagura ferroviaria

   accaduta nella notte dal 3 al 4

   marzo 1944 sotto la galleria

   delle armi ove furono presi da

   gas carbonici e persero la vita 509

   persone di cui 408 uomini e 101 donne.

   In virtù del Signor

   SALVATORE AVVENTURATO

   in memoria degli stessi

   al ricordo dei posteri

   fece erigere questo asilo di pace

   ove ricompose i miseri resti

   tra i quali giace il suo caro padre

     e il fratello Vincenzo

   Anno 1972

   Salvatore".

               

                                                  Cappella a Balvano.

Da un servizio fotografico di Gennaro Francione di Carlo, nipote di Giulia Brancaccio, perita nel disastro

A sinistra della porta d'ingresso c'è una targa di marmo: raffigura la morte che ghermisce il treno.

 

 

 

 
     

                            

          L'affresco che ricostruisce la tragedia nella volta della cappella è stato eseguito dal pittore Giuseppe Beato, di Portici. 

    "Un'opera a olio, che stupì i cittadini di Balvano non meno di quella che Beato ha dipinto di  fronte: un angelo che porta l'acqua. L'artista arrivò una mattina con don Salvatore e annunciò che avrebbe eseguito i due dipinti: uno raffigura la tragedia, l'altro il desiderio di una condotta idrica nel cimitero, a quell'epoca inesistente. Beato, inoltre, ha partecipato sia all'ideazione architettonica della cappella, sia alla sua costruzione".

 

 

A Salvatore Avventurato va riservato un posto speciale in questa storia. A Balvano, intanto, chi lo ha conosciuto parla semplicemente di "don Salvatore".
Ne ricordano la generosità, l'attaccamento al paese, la tenacia con la quale decise di costruire un "asilo di pace" per quelle povere vittime e l'ostinazione con la quale portò a termine il progetto. Visto in un primo tempo con comprensibile sospetto (altri, infatti, avevano cercato di speculare su quella tragedia e sul dolore dei parenti delle vittime), piano piano don Salvatore si conquistò la fiducia dei cittadini di Balvano e la loro amicizia. Ora una sua foto, che lo ritrae sorridente, l'espressione sincera e aperta, sta sull'altare del1a cappel1a.

Don Salvatore non la considerò mai un'opera conclusa perché -mi hanno raccontato Ciro e Agostino, due suoi figli -non gli piaceva che il prete, per dire messa, dovesse indossare i paramenti sacri davanti ai fedeli. Perciò stava studiando per realizzare una piccola sacrestia. La morte glielo ha impedito.

La cappella dedicata ai morti dell'8017 è meta di un continuo pellegrinaggio: i fiori freschi non mancano mai. E ciò, cinquant'anni dopo la sciagura, è un fatto straordinario. Vengono da ogni dove, specialmente a novembre e a marzo: vecchi, giovani, ragazzi, bambini, persino qualche neonato in braccio ai genitori. Un culto dei morti che si tramanda di generazione in generazione, senza incertezze. Così si tiene vivo un ricordo che, altrimenti, sarebbe già  stato cancellato.

 

(L'opera di don Salvatore continua per l'interessamento dei figli Agostino e Ciro che vivono a Torre del Greco)

da Mario Restaino, Un treno, un'epoca: storia dell'8017, Aprile 1944, "Arti Grafiche Vultur" Melfi.,  rip. su

 www.trenidicarta.it"

 

 
 "La cappella dedicata ai morti dell'8017 è meta di un continuo pellegrinaggio: i fiori freschi non mancano mai. E ciò, cinquant'anni dopo la sciagura, è un fatto straordinario. Vengono da ogni dove, specialmente a novembre e  marzo: vecchio, giovani, ragazzi, bambini, persino qualche neonato in braccio ai genitori. Un culto dei morti che si tramanda di generazione in generazione, senza incertezze. Così si tiene vivo un ricordo che, altrimenti, sarebbe stato già cancellato"(M. Restaino).