ERZSEBET
BATHORY LA CONTESSA SANGUINARIA
di Gennaro
Francione
"Tutti
possiamo essere vampiri, oggi; bramiamo la longevità, l'immortalità,
ed esse ci vengono offerte sotto forma di chirurgia estetica e di
criogenia" (Tony Thorne, La contessa Dracula, Mondadori,
Milano 1998, pp. 13-14)
"La fatica
fiorisce o danza dove il corpo
non si
tortura mai per compiacere l'anima,
né la
bellezza nasce dalla sua disperazione,
né la
saggezza degli occhi cisposi
dalla
lucerna di mezzanotte"
(William
Burter Yeats)
PERSONAGGI
ERZSEBET
BATHORY: la contessa del Castello Csejthe (Cachtice)
ILONA JOO:
la vecchia balia
FERENC
NADASDY: il marito della contessa
JANOS
UJVARY (DETTO FICZKO): il factotum maggiordomo nano
ANNA
DARVULIA: la fattucchiera, iniziatrice alla magia nera
THORKO:
il servo di Darvulia, aiuto stregone
POLA: la
prima serva
DOROTTYA:
la seconda serva
KATALIN
BENECKA: la terza serva (lavandaia)
GYORGY
THURZa:
il conte cugino di Erzsébet e governatore della provincia,
inquisitore
DUE
SOLDATI
DUE
PREFICHE
IL GIUDICE
IL
CARCERIERE
ATTO PRIMO
LA MOGLIE INFRANTA
1
SCENA
PROLOGO
LA VAMPIRA SOLA
Buio.
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Una
cella. Dalla quinta di destra un flebile spiraglio di luce.
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Al
centro scena su una sedia Erzsébet Bathory, la bella proprietaria
del castello di Csejthe, nella contea di Nyitra, in Ungheria.
Indossa
un corpetto squadrato su una gonna ampia. Gli occhi castani sono
grandi, la fronte alta, il naso finemente cesellato, le labbra
volitive ed ostinate a dimostrare una personalità da sirena e un
cuore selvaggio. Ha i capelli nero brillante e una pallida
carnagione con le mani bianche. E' debole, emaciata, sofferente.
Tra le
mani giocherella con una chiave, inutile visto che la porta è stata
murata.
ERZSEBET
BATHORY:
Mi hanno
murato viva in questa cella. Perché non uccidermi invece di
infliggermi la beffa di un ergastolo ostativo alla vita? Meglio
morire che vivere in questa condizione disumana, peggio di un gallo
in un pollaio che almeno non ha coscienza della sua cattività.
Mi hanno
rinchiusa dichiarandomi colpevole di atrocità immonde in capo a 650
ragazze! Puah! 650! Cosa non fa il potere pur di sbarazzarsi di una
donna diventata potente, ricca, ingombrante...
Ma sarò
stata davvero un'assassina seriale? Sono da due anni rinchiusa qui
dentro e ormai non so più quale la verità e quale la menzogna...
Talora penso che quanto mi hanno ascritto sia tutto vero... Ma poi
basta un soffio (fa un soffio) e tutto si ribalta. Potrebbero
aver costruito talmente bene la mia responsabilità che ho
cominciato nella follia dell'obnubilamneto a crederci anch'io.
Se tutto
fosse falso, il vero mostro non sarei io ma si anniderebbe nella
mente degl'inquisitori i quali, sobillati dal potere, hanno
costruito attorno a me una vergine di Norimberga. Il sarcofago in
cui mi hanno rinchiusa viva l'hanno armato di mille lance acuminate
per trafiggermi la mente con prove false, testi subornati, chiamate
di correità svestite, coi corpi dei presunti complici marcati col
sangue della tortura per far dire loro quello che i giudici volevano
dicessero... Tutto pur di affermare la mia colpevolezza in maniera
così irrefragabile che il mio ricordo d'innocenza vacilla.
Si
porta vicino allo spiraglio di luce e sembra voglia cibarsene.
ERZSEBET
BATHORY:
Già alla
luce la vita è piena di ombre. Ora in questa cella dove mi hanno
murata e ristretta, le ombre si aggiungono alle ombre e vivo
l'apocalisse della memoria.
Perciò non
ricordo più se quanto rievoco alla mente è verità o falsità.
Fui io
davvero un'assassina truce e seriale o solo una padrona severissima
come tanti, talora anche crudele coi servi su cui ogni proprietario
ha oggi potere di vita, tortura, morte. Potere di cui non ricordo di
aver abusato.
Davvero
sono una pluriomicida sanguinaria o le prove a mio carico sono solo
il furto di uno stratagemma del potere che mi ha cucito addosso
crimini, numerosi, truci, ridondanti per liberarsi di me?
Rumori di
pipistrelli.
Con le
mani Erzsébet scaccia via animali che sembrano vogliano assalirla.
ERZSEBET
BATHORY:
Maledetti
vampiri! Andate via! Lasciatemi in pace!
Rumore
dei pipistrelli che si attenua fino a scomparire.
ERZSEBET
BATHORY:
Sono tre
anni che vivo qui... vivo? Ah! Vivo?! Muoio in questa cella e
l'unico mio contatto col mondo esterno sono le ore segnate dal canto
del gallo, le campane che rintoccano nel passaggio del tempo
ricordandomi la gioia della festa o il dolore della morte.
Rintocco delle campane a morto.
Si apre
una fessura ai piedi del muro da cui filtra la luce. Una mano si
allunga.
LA VOCE
DEL CARCERIERE:
Contessa,
il cibo.
Erzsébet si porta come una belva a toccare la mano quasi più
interessata che al cibo. La mano si divincola e il carceriere chiude
in fretta lo spioncino.
Erzsébet prende la ciotola e se la porta al centro scena ove si
accovaccia.
ERZSEBET
BATHORY:
L'unico
contatto che mi è rimasto con un essere vivente è quella mano.
Quella meravigliosa, unica, benedetta mano...
Si
butta sul cibo e mangia disperata con le mani.
ERZSEBET
BATHORY:
Ora mangio
come un bestia. Peggio! Ma un tempo non fu così.
Dissolvenza lenta verso i buio.
Musica nostalgica slovena.
2
SCENA
IL TEMPO DELLA BALIA
Luce.
Anno 1595.
Una
stanza del castello con pareti, formate da spessi muri bianchi.
Una
porta massiccia sulla quinta di destra. Un'altra più piccola a
sinistra con a fianco un piedistallo con catino per lavarsi e uno
specchio.
Un
piccola finestra in alto sul fondale a sinistra da cui filtra una
luce crepuscolare. Sotto una cassapanca di legno levigato, con
un'elaborata serratura asiatica in metallo. Sulla cassapanca un
liuto.
Alle
pareti sul fondale un arazzo fiammingo; a quelle laterali quadri di
antenati e trofei di caccia.
Erzsébet è seduta, faccia al pubblico, a un tavolino al centro
destra riccamente imbandito con piatti (gallo cedrone, vitello,
pesce persico), brocca e coppe in argento.
Al dito
mignolo la contessa porta un anello vistoso; addosso perle, a
indicare nobiltà di carattere e ricchezza.
Sulla
sua testa pannelli di ceramica dai colori brillanti con ai lati due
angeli gotici in pietra.
Accanto
a sinistra una sedia.
Per
terra un tappeto turco.
La
vecchia fedelissima balia Ilona Joo le versa del vino.
Ilona è
alta, robusta, intraprendente, amorevole.
ILONA JOO:
Bevete
signora, bevete. Così vi riprendete (Erzsébet fa solo un sorso)
Oggi vi vedo triste... Avete mangiato poco e neppure avete voglia di
bere come al solito. (Si siede) Voi che pure il mezzo
litretto ve lo fate (Sghignazza ma la contessa non reagisce,
assente) Erzsébet cosa vi cruccia?
ERZSEBET
BATHORY:
Sono
infelice Ilona...
ILONA JOO:
Confidatevi con me padrona. (Toccandosi il seno) Fidatevi di
questo seno che vi allattò e parlate liberamente affinché io vi
aiuti o, se ciò che vi sia di ausilio non è in mio potere, quanto
meno possa alleviarvi l'ambascia ascoltandovi...
Erzsébet fa un altro sorso e si leva.
ERZSEBET
BATHORY:
Forse mi
farà bene, Ilona, ripercorrere con voi la mia vita fino ad ora.
Oltre alla resa dei conti ultima, quella con la Signora del Libro e
della Falce, è utile un rendiconto periodico della vita di ciascuno
fatto a persona vivente e fidata come voi. Sì, Ilona. Partirò dalla
mia infanzia...
Va
"Hungarian lullaby".
Erzsébet si inginocchia e, languida, mette la testa sulle gambe
della balia.
ERZSEBET
BATHORY:
Beato il
tempo, mamma Ilona, in cui suggevo dai vostri capezzoli, ebbra di
latte puro e priva ancora della memoria che ti dilania l'anima, come
fa coi corpi, a sangue, lo staffile a nove code uncinate.
Si
ferma "Hungarian lullaby".
Erzsébet leva il busto.
ILONA JOO:
Tutta la
vostra infanzia fu felice, Erzsébet.
ERZSEBET
BATHORY:
Non tutta.
Si leva
e viene in proscenio.
ERZSEBET
BATHORY:
Papà, il
conte Gyorgy, era un brav'uomo e cercò di assicurarmi una pargolezza
tranquilla. E mamma Anna... provvide a darmi con l'aio Imre Balogh
un'ottima educazione: a undici anni conoscevo la Bibbia e la storia
d'Ungheria. Sapevo leggere e scrivere in ungherese, latino e greco.
ILONA JOO:
Sì come
nessuna fanciulla vostra pari riusciva a fare...
ERZSEBET
BATHORY:
Eppure
Ilona non era tutto oro quel che luccicava. Mi tenevano nella
bambagia, chiusa nel castello, quasi a volermi tenere lontana dai
mali del mondo. Eppure quei mali non stavano fuori le mura, ma
insinuavano tra i merli, entravano nelle nostre stanze, si
nascondevano negli alti soffitti a mo' di pipistrelli capovolti
pronti a scattarti addosso e a succhiarti il sangue...
ILONA JOO:
Quali
mali?
ERZSEBET
BATHORY:
Potevo
avere sei anni quando fui testimone di un fatto il cui ricordo mi
segna ancora come una ferita che non si rimargina. Un gruppo di
zingari fu invitato al castello per intrattenere la corte e uno di
essi venne condannato a morte per aver venduto i figli ai turchi.
Urla
agghiaccianti.
ERZSEBET
BATHORY:
Le sue
grida lamentose echeggiarono nel castello attirando la mia
attenzione. Avevo sentito da papà che doveva essere giustiziato ed
ero animata da una morbosa curiosità. Vedere com'era fatta la morte.
All'alba fuggii dal castello per vedere la condanna.
Ilona
si alza e viene in proscenio ad ascoltare meglio.
ERZSEBET
BATHORY:
Alcuni
soldati tagliarono il ventre di un cavallo legato a terra, il
condannato venne preso e infilato nella pancia della bestia. Rimase
fuori solo la testa e (Urla ripetutamente) urlava urlava
urlava fin quando un soldato gli spinse il cranio dentro e, aiutato
dagli altri che lo tenevano ben fermo, ricucì il ventre del cavallo.
(Fa un urlo in forma progressivamente attenuata) Le urla si
attutirono e pian piano si spensero all'interno di quello strano
mostro, centauro equino con uomo in pancia.
ILONA JOO:
E'
orribile!
ERZSEBET
BATHORY (ride istericamente):
Sì, da
allora io temo quella prigione: essere sepolta viva mi atterrisce.
Piuttosto, meglio morire subito!
ILONA JOO:
Un incubo
reale, signora, che si aggiunge a quelli notturni. Liberatevene non
pensandoci. Io così faccio.
ERZSEBET
BATHORY:
Sì, ci
proverò. E forse ci riuscirò un giorno. Ma giammai potrò scacciare
l'incubo del nonno.
ILONA JOO:
Il nonno?!
ERZSEBET
BATHORY:
Sì, il
nonno... Ora posso dirtelo, Ilona. Quand'ero piccola mi mise le
mani addosso.
ILONA JOO
(con le mani alla bocca):
Cosa dite,
signora?
ERZSEBET
BATHORY:
Sì più
volte, ho subito da lui violenze sessuali.
Va a
rincantucciarsi nella porta di sinistra, tallonata da Ilona.
ILONA JOO:
Perché non
parlaste? Perché non lo denunziaste a vostro padre?
ERZSEBET
BATHORY:
E come
potevo? Ero piccola, indifesa. Non mi avrebbero mai creduta, anzi
papà avrebbe potuto reagire violentemente contro di me. Quando si
raccontano questa cose è sempre la bambina che le inventa!
E poi... avevo vergogna. Quasi fosse una mia colpa.
3
SCENA
DISILLUSIONE D'AMORE
Entra
da destra Janos Ujvary, detto Ficzko, il fido maggiordomo nano, con
una lettera in mano.
Indossa
un giubetto di velluto verde, pantaloni lunghi e stretti, scarpe a
punta. Ha occhi vivaci, baffetti ispidi e una barba riccioluta.
Va
incontro alla contessa che si riporta al centro proscenio.
FICZKO (consegnando
la missiva):
Contessa.
Una lettera per voi.
ERZSEBET
BATHORY:
Chi la
manda?
FICZKO:
La signora
contessa Orsola.
ERZSEBET
BATHORY (masticando tra i denti):
Quella
maledetta di mia suocera!
Ilona
fa per uscire a sinistra ma Erzsébet le fa cenno di restare.
Apre la
lettera e legge.
ERZSEBET
BATHORY:
Domani
arriverà il conte Ferenc.
ILONA JOO
(avvicinandosi):
Siete
contenta contessa?
ERZSEBET
BATHORY:
No. (Carezza
Ficzko che chiude gli occhi, gradendo, mentre Ilona mette la mano
sulla bocca) Io odio mio marito!
ILONA JOO:
Attenta
signora! (Con un cenno a Ficzko) Orecchie indiscrete
potrebbero sentirvi.
ERZSEBET
BATHORY (sorniona):
Intendete
forse (carezzando le orecchie a punta di Ficzko come se fosse un
cucciolo, tant'è che il maggiordomo mette la lingua fuori e respira
ansimando compiaciuto) le orecchie di Ficzko?
ILONA JOO:
Anche...
ERZSEBET
BATHORY (sorridendo):
Io mi fido
del mio maggiordomo più di me stessa. Dopo di voi, naturalmente mia
tata amata. E poi (mette le mani alla gola di Ficzko) se il
mio amato nanerottolo (gli da un bacio in bocca) mi tradisse
prima che il conte Ferenc mi trafiggesse il cuore col suo pugnale,
taglierei io stesso questa testolina con le mie stesse mani! (Spinge
via Ficzko che quasi scodinzola spaventato).
ILONA JOO:
Un tempo
era la vostra letizia, Erzsébet, la venuta dello sposo che
perpetuava la gloria della vostra stirpe...
FICZKO (portandosi
in proscenio):
In
Erzsébet Bathory c'era l'orgoglio gioioso della sua dinastia
guerriera. Un tempo l'ineguagliabile Vid Bathory uccise a mazzate
un drago nelle paludi di Ecsed. E, oltre un secolo fa suo zio
Stephen Báthory, l'ex re di Polonia, combatté valorosamente al
fianco di Vlad l'Impalatore, aiutandolo a riconquistare la Valacchia
in sanguinosi e violenti massacri. Oggi lei è nientemeno la cugina
del primo Ministro Gyorgy Thurzó!
ILONA JOO
(in proscenio):
E come
poteva Erzsébet non andare orgogliosa di suo marito, "l'eroe nero
d'Ungheria", per il suo coraggio durante le battaglie contro gli
invasori turchi?
ERZSEBET
BATHORY (facendosi strada tra la balia e il servo, in proscenio):
Sì un
tempo gioivo quando rientrava da una campagna di guerra il
castellano Ferenc coi suoi soldati.
Ficzko
prende il liuto dalla cassapanca e suona.
FICZKO:
Fremeva
d'amore la bella Berenice,
novella
sposa di Tolomeo d'Egitto,
al che
promise agli dei dono della chioma,
se il
marito ritornato fosse salvo
e vincitor
dalla guerra d'Asia.
ERZSEBET
BATHORY:
Vi
proferisco, o numi, la mia chioma,
se sorte
date che mio marito torni vivo,
e in
picciol tempo riposi sul mio cuore.
FICZKO (venendo
in proscenio):
Tolomeo
non solo ritornò vivo, ma vincitore. In adempimento del voto la
chioma fu appesa al tempio di Venere, ed indi a poco nottetempo
involata. Prendeva il re gravissimo dolore di questo sacrilegio,
quando Conone astronomo disse, per consolarlo, che la chioma era
stata traslocata in cielo... (Alzando il dito verso la finestra
e descrivendo un triangolo) E verso la coda del leone indicò
sette stelle in figura triangolare, che prima si appellavano
costellazione della spiga, che egli novellamente nominò Chioma di
Berenice.
ILONA JOO:
Che
romantico!
ERZSEBET
BATHORY:
Sì. Un
tempo fremevo per la sorte di Ferenc.
Erzsébet si porta accanto alla porticina dove prende lo specchio.
ERZSEBET
BATHORY (guardandosi allo specchio e ravviandosi i capelli):
Mi faccio
bella, marito mio. Tu torni dalla guerra ed è giusto che ti prepari
io stessa un pasto stravagante con squisitezza. Lo farò venire da
Vienna... E poi... (Levando in alto lo specchio) Evviva! La
festa ritorna al castello!
Va in
escalation una ballata medioevale, con Ficzko al liuto.
ILONA JOO:
Si
ballava, si mangiava in abbondanza, ci si ubriacava col vino che
scorreva a fiumi.
ERZSEBET
BATHORY:
Sì, si
faceva baldoria nella gioia della vittoria e della vita salva dei
nostri cari tornati dal fronte. Il ritorno dei guerrieri era fonte
di gioia che ci resuscitava dalla monotonia del maniero. (Pausa
lunghissima) Ora non più.
Va in
décalage la ballata medioevale.
Erzsébet si porta vicino a Ficzko che depone il liuto e lo bacia.
Poi lo spinge via e sbatte lo specchio sul tavolo.
ILONA JOO:
Bei tempi.
FICZKO:
Tempi
d'oro!
ERZSEBET
BATHORY:
Tempi che
non ci sono più. Il vecchio Tamás è morto... Almeno era simpatico.
Sua moglie, l'odiosa suocera Orsola, è insieme strega e badessa
acida. E anche il ritorno dello sposo dalla guerra ha la stanchezza
dei passi ripetuti cento, mille volte che non danno più gioia...
ILONA JOO:
Rimane
l'amore Erzsébet. Rimangono i quattro figli avuti dal conte Ferenc.
ERZSEBET
BATHORY:
L'amore? I
figli?
Ilona ora
mi confesso: io non ho mai amato quell'uomo. Ero piccola, avrò
avuto undici anni quando mio padre mi promise ufficialmente in
sposa a lui tredicenne. (Si porta sotto la finestra a guardare
di spalle al pubblico un punto lontano)
ILONA JOO
(in a parte):
Durante la
permanenza nella casa dei suoceri, a circa 14 anni, Erzsébet ebbe un
rapporto d'amore col nobile Laszlo Bende. Nobiltà minore, uno di
quei signori dei sette prugni che - ahimè - la ingravidò. Per
evitarle lo scandalo le fu sottratto il bambino alla nascita.
Nessuno ha mai saputo se il piccolo fu ucciso o dato alla famiglia
di un contadino...
ERZSEBET
BATHORY (girandosi):
Il
matrimonio con Ferenc venne combinato dai nostri padri affinché la
favolosa eredità della famiglia Dragffy non andasse dispersa. Nella
dote anche questo castello di Cachtice, con i diciassette villaggi
circostanti, una rocca sinistra immersa nell'oscurità dei boschi
d'Ungheria.
ILONA JOO:
Qualunque
donna, nobile o popolana, invidierebbe un matrimonio come il vostro,
signora. Il giovane e valoroso Ferenc Nadasdy è il rampollo di una
delle famiglie più potenti e ricche d'Ungheria!
ERZSEBET
BATHORY:
Invidia? (Al
pubblico) Nobili e popolane, ve lo regalo io il buon conte
Ferenc! (Tra sé) Il matrimonio è stato l'inizio dell'inferno
coniugale in terra. Io sposata vedova a un marito morto essendo
ancora vivo. Non lo amavo ma almeno speravo di avere una persona, un
vero marito che mi fosse vicino. Neppure quello... Partiva,
tornava, partiva, ritornava e ripartiva per la guerra... Ancora,
ancora, ancora...
ILONA JOO:
Egli vi
amava...
ERZSEBET
BATHORY:
Amare? E
lo chiamate amore la voglia di possedermi come una cosa sicura, a
distanza. Talvolta è vero dal fronte mi mandava incantesimi di
magia per rinforzare il mio amore.... disincantato! Malgrado la
ricchezza, la gloria e la nobiltà non sono stata mai felice,
Ilona.
FICZKO:
Il potere
del denaro è tollerabile finché con esso si può comprare la terra ma
non quanti la abitano.
ERZSEBET
BATHORY:
E, se non
c'è vero amore, giammai una donna può essere felice.
ILONA JOO:
I figli! I
figli! Gioite, signora, di questi fiori radiosi!
ERZSEBET
BATHORY:
Figli?! Io
li amo i ragazzi e li proteggo (Sghignazza) Ma quanto al
consorte, quattro strappi alla mia vagina per un desiderio che
giammai ho avuto di lui.
(Girando
come forsennata in scena, isterica)
Detesto
l'atmosfera cupa e opprimente di questo castello! Non sopporto la
vecchia petulante Orsola! I figli che piangono quando ho sonno li
ammazzerei a uno a uno! E quanto a Ferenc, animalesco e brutale nel
quotidiano e nell'amplesso veloce che mai mi soddisfa, se potessi
liberarmi di lui una volta per tutte sarei l'essere più felice del
mondo!
ILONA JOO:
Oh!
Ilona
si mette la mano alla bocca e si fa il segno della croce.
Erzsébet si avvicina ancora a Ficzko, lo abbraccia, lo stringe forte
a sé chiudendo gli occhi e godendo.
Rivà la
ballata medioevale.
Buio.
4
SCENA
IL RITORNO DELL'EROE NERO
Luce.
In
scena Erzsébet tra le braccia del marito che la bacia mentre lei se
ne sta fredda con la faccia di lato a lasciarsi fare.
Il
conte, nero di barba, di occhi e di pelle, è un grassone, ricoperto
da un caffettano scuro. Ha lo sguardo inquieto del guerriero
impaziente di ritornare nella mischia.
FERENC
NADASDY (staccandosi):
Cara mi
sei mancata.
ERZSEBET
BATHORY (spingendo via delicatamente il consorte):
Troppo
tempo e troppe volte state via dal castello, conte. (In proscenio)
Un vuoto di voi impregna queste stanze, pesante per vostra moglie e
i vostri figli. Là fuori sembrano non passare mai le torride estati
coi campi bruciati dal sole infuocato. E danno il senso di un
sudario di morte il bianco e il nero dell'inverno, quando il gelo
stringe in una morsa le foreste desolate e i villaggi muti, rotti
talvolta dagli ululati sinistri dei lupi che reclamano carne umana.
(Pausa sognante, poi si riavvicina a Ferenc) Siamo felici che
il vostro corpo sia tornato salvo ma noi reclamiamo la vostra anima
e il vostro affetto quotidiano, marito conte!
FERENC
NADASDY:
La guerra
coi turchi depone a nostro favore e spero che la prossima campagna
sia l'ultima.
ERZSEBET
BATHORY:
Dite
sempre così. Ma ogni volta mostrate il desiderio di ripartire quasi
che fuggiste dalla famiglia...
FERENC
NADASDY:
Cosa dite,
Erzsébet? Vi ha dato di volta il cervello? (Spinge via la moglie
in malo modo ed esce da destra)
Erzsébet si riporta in proscenio.
ERZSEBET
BATHORY:
Sì forse
mi salta la testa con la mancanza d'amore di quest'uomo freddo, rude
e... vero guerriero solo sul campo di battaglia ma non tra le mie
braccia.
Vorrei un
rimedio... Non posso vivere così infelice per il resto della vita.
Mi rivolgerò un'altra volta a Darvulia. Sì. Lei è un'esperta megera
capace di affatturare uomini, bestiami e campi. Già mi aiutò con una
pozione miracolosa quando, dopo dieci anni di matrimonio, non
riuscivo ad essere incinta di Ferenc. Chissà che non sia in grado
per me di produrre un intruglio d'amore per lui. (Pausa
meditabonda) Per un ultimo tentativo d'amarlo è necessario che
egli ami me e stia vicino a me. Giorno dopo giorno e per sempre.
Ballata
medioevale inquietante fino allo stop e al buio.
5
SCENA
IL CERCHIO DEL DEMONIO
Luce.
La catapecchia di Darvulia.
Sul
lato sinistro una cucina-camino con dentro fuoco e un pentolone
fumante. A terra di lato un paio di brocchette.
Anna
Darvulia, la fattucchiera, è bella e selvaggia.
Thorko, il servo di Dravulia, è l'aiuto stregone. Un uomo di
mezz'età, non bello ma virile, con barba incolta, occhi grandi, naso
lungo e labbra sensuali.
Sono
seduti i due con Erzsébet attorno a un tavolaccio pieno di aggeggi
magici (bambolina con spilloni, erbe, mortaio con pestello, una
rana morta, un ricettario sgualcito, un bottiglione con dentro
liquido color ambra).
ANNA
DARVULIA:
Potete
parlare tranquillamente contessa. Torko è il mio servo: fidatissimo.
Lui ed io siamo la stessa cosa.
ERZSEBET
BATHORY:
Due corpi
in uno!
ANNA
DARVULIA (lanciando a Torko uno sguardo sensuale che ricambia
sornione):
Proprio!
Allora qual è il vostro problema signora?
ERZSEBET
BATHORY:
Mio marito
è tornato gravemente turbato dalla guerra. S'infuria continuamente e
non mangia nulla. Non vuole più vivere con me come un tempo in tutti
i sensi... capite?
ANNA
DARVULIA - THORKO (in coro):
Capiamo!
ERZSEBET
BATHORY:
Potete
darmi una pozione per renderlo di nuovo gentile e affettuoso?
ANNA
DRAVULIA:
Posso fare
questo per voi, signora, ma mi occorre uno speciale ingrediente.
ERZSEBET
BATHORY:
Quale?
ANNA
DARVULIA:
I peli
dell'orso della luna crescente.
ERZSEBET
BATHORY:
I peli
dell'orso della luna crescente? E dove li prendo?! Voi non ne avete?
ANNA
DARVULIA:
Purtroppo
li ho esauriti.
THORKO:
E in ogni
caso è chi vuole la fattura d'amore a doverseli procurare.
ANNA
DARVULIA:
Bravo! (A
Erzsébet) Dovete, dunque, arrampicarvi su per la montagna,
trovare l'orso nero e portarmi un pelo della luna crescente che ha
sulla gola. Allora potrò fare la pozione magica e darvi quello che
vi occorre. Vedrete: la vita tornerà ad essere bella.
ERZSEBET
BATHORY:
Mi
chiedete una cosa impossibile, Anna. Come potrei mettermi in cerca
dell'orso nero? Io fragile donna...
ANNA
DARVULIA:
Voi volete
riavere l'amore di vostro marito? Volete far sì che colui che è un
topolino a letto diventi un leone come lo è in battaglia?
ERZSEBET
BATHORY:
Certo! Ho
anche provato i rimedi della... nonna!
ANNA
DARVULIA:
E
sarebbero?
ERZSEBET
BATHORY:
Una
vecchia serva mi ha suggerito prima di insaporire i piatti con erba
rossa e vischio e poi di mescolare lucciole al suo cibo...
ANNA
DARVULIA (con aria disgustata):
Puah!
THORKO:
Quella
strega è solo una magheronzola che scambia lucciole per lanterne!
ANNA
DARVULIA:
Ben detto!
ERZSEBET
BATHORY:
Per la
verità un poco funzionava. Anche se poco soddisfacente mi
accontentavo di quel che Ferenc, frettoloso, mi dava e in qualche
modo mi sentivo donna. Ora anche quel po' di sesso mi nega e mi
sento svuotata di ogni femminilità.
ANNA
DARVULIA:
Allora c'è
una via più radicale da seguire che è doppia.
ERZSEBET
BATHORY:
Quale?
ANNA
DARVULIA:
Una è
l'elisir di lunga giovinezza per restare bella in eterno,
desiderata da vostro marito e dagli altri uomini.
(Darvulia
prende dell'erba dal tavolo e la dà alla signora) Prendete
questa e passatela sul volto ogni mattina quando vi svegliate. La
pelle rimarrà fresca e giovane.
Erzsébet strige l'erba tra le mani.
ERZSEBET
BATHORY (delusa):
Solo
questo? Un altro rimedio della nonna?
THORKO:
Calma. E'
per cominciare...
ERZSEBET
BATHORY:
E l'altra
via?
ANNA
DARVULIA:
Bisogna
risvegliare il sesso che è in voi prima che in vostro marito.
Vedete, contessa, voi avete scelto la via di Dio, del sacro coniugio
e del sesso impotente. Ora il demonio vi può salvare.
ERZSEBET
BATHORY:
Il
Demonio?!
ANNA
DARVULIA:
class=Section5>
Non vi
spaventate: il diavolo non è mai così brutto come lo si immagina.
Thorko
fa delle facce spaventose.
ERZSEBET
BATHORY:
Cosa
intendete dire?
ANNA
DARVULIA:
Vedete
Torko?
ERZSEBET
BATHORY:
Sì.
ANNA
DARVULIA:
Vi piace?
Thorko
fa un'espressione dolce.
ERZSEBET
BATHORY:
Molto
virile, simpatico, interessante.
ANNA
DARVULIA:
Toccatelo!
ERZSEBET BATHORY:
Toccarlo!?
ANNA
DARVULIA:
Sì
carezzatelo, palpatelo, fate quel che volete...
Erzsébet esegue e chiude gli occhi percorsa da un brivido.
ANNA
DARVULIA:
Vedete? Vi
dà gioia. Ebbene lui è il diavolo. Un amante bravo, appassionato,
instancabile. Amatelo!
ERZSEBET
BATHORY:
No! No!
No!
ANNA
DARVULIA:
Coraggio.
Vi do una mano io!
(Prende
un infuso contenuto in una brocchetta vicino al camino e lo dà
Erzsébet)
ERZSEBET BATHORY (esitante):
Cos'è?
ANNA
DARVULIA:
class=Section6>
Belladonna! (Levando la brocchetta) Scendi su di lei Belzebub
caldo come una lepre, cieco come un pipistrello, secco come un osso,
rosso come una barbabietola e matto come un cappellaio! (Sghignazza)
Bevete! Bevete! Farete un volo meraviglioso.
ERZSEBET
BATHORY:
Sì bevo.
Musica
estatica montante zigana con pifferi, piatti, cornamuse e koboz, le
chitarre ungheresi.
Erzsébet beve.
La
musica retrocede. Erzsébet è illanguidita.
Darvulia la aiuta a toccare Torko in parti intime con vivo piacere
della contessa.
ANNA
DARVULIA:
Così
così... (Anche Darvulia prende a baciare Torko il quale ricambia
per poi passare a baciare Erzsébet che, ad occhi socchiusi, comincia
a ricambiare)
ERZSEBET
BATHORY (riaprendo un poco gli occhi e con sforzo fermando il
gioco):
Sono
insicura.
Darvulia e Thorko incombono sulla contessa.
ANNA
DARVULIA:
Scaccia
via le ombre, Erzsébet! Cosa temi da quest'orgia col demonio? (Irridente)
Non è forse tua zia Klara, quella signora così distinta...lesbica,
orgiaiola e strega? Quella pazza prelevava i suoi amanti da tutte
le strade dell'Ungheria e sbatteva le cameriere sul suo letto per
praticare porcherie immonde! (Sghignazza)
THORKO:
E tuo zio
Zsigismond il marito, l'alchimista... Lo sanno tutti che è nato con
le mani insanguinate... Oh satanasso! Davvero egli è un servitore
del diavolo...
ANNA
DARVULIA (al pubblico):
Mentre la
nutrice lo lavava in un catino si tramutò in pesce sfuggendo alla
sua presa! Ma non sfuggì di certo alle mani fatate dell'amante di
Klara, il grande violinista di corte Mihaly Varday (Fa il rumore
del violino con la bocca per poi serrare le mani sulla bocca di
Thorko) che lo soffocò a letto, per non essere ammazzato a sua
volta una volta scoperta la tresca con la moglie...
THORKO (a
Erzsébet, canticchiando un inno religioso):
Per non
parlare di quel depravato del tuo fratellino István Ecsedy
Bathory: nessun bambino maschio o femmina che venga in contatto con
lui può essere considerato sicuro, soprattutto quando ha alzato il
gomito... (Beve dal bottiglione e riprende a canticchiare l'inno
religioso con bocca impastata e aria da sbronzo) E gli succede
spesso... e lo alza di brutto!
ANNA
DRAVULIA (a Erzsébet):
E i tuoi
nipotini adorati? Gábor, il principe Nerone della Transilvania, e la
sua sorellina Anna. Che bel rapporto d'amore incestuoso hanno messo
su... Che fine avrà mai fatto quel bambino purosangue Bathory da
loro generato? (Sghignazza. Poi dura) E' il destino della tua
famiglia, signora Erzsébet, e non vi sfuggirai!
I due
si gettano su Erzsébet che si lascia fare e la trascinano per terra
in un'orgia.
Musica
infernale che termina con un ululato da lupo mannaro.
Buio.
1
SCENA
IL CONTE BECCO
Luce.
Una strada del castello.
Erzsébet va girando in palcoscenico abbracciata a Thorko. Tutti e
due sono ubriachi e tracannano dal bottiglione.
ERZSEBET
BATHORY:
Bacco
tabacco e Venere! Dammi tutto ciò che hai Thorko.
THORKO:
Io ti darò
tutto me, contessa, ma tu lasciami gustare tutte le tue grazie!
Dalla
quinta di destra si affaccia cautamente il conte Ferenc Nadasdy che
osserva la scena.
I due
amanti cantano una canzone sconclusionata.
Il
conte interviene armato di un bastone e di un pugnale.
FERENC
NADASDY (urlando):
Maledetti!
(Prende a bastonate Thorko)
THORKO (proteggendosi
il volto):
Ah! Ah!
Ah!
Nadasdy
sfregia col pugnale la faccia di Thorko, che si tocca mentre esce
sangue. Il conte cerca di colpirlo ancora ma Erzsébet si frappone.
ERZSEBET
BATHORY:
Lasciatelo! Lasciatelo! Lasciatelo!
Il
conte si ferma. Thorko scappa a sinistra al che Nadasdy lo insegue
fino al limite della quinta.
FERENC
NADASDY:
Scappa!
Scappa cialtrone! Prima o poi t'acchiappo e ti infilzo come un
capretto! (Si porta sotto Erzsébet e le punta il pugnale alla
gola) Dannata meretrice!
ERZSEBET
BATHORY:
Uccidetemi, se avete il coraggio! Uccidete la madre dei vostri
quattro figli che commise il peccato di una sola notte d'amore
perché ubriaca!
Nadasdy
sta per colpire ma poi si ferma.
FERENC
NADASDY:
Sa nessuno
di tutto questo?
ERZSEBET
BATHORY:
No, solo
io, Thorko e voi. Perdonatemi, marito mio!
FERENC
NADASDY (passando la punta del coltello dal naso ai piedi):
La
prossima volta vi scuoio viva come una capra da capo a piedi!
ERZSEBET BATHORY:
Perdonatemi.
FERENC NADASDY:
Domani
riparto per la guerra. Ma prima ordinerò al fabbro per voi una
cintura di castità che salverà il vostro onore e il mio.
Nadasdy
getta via pugnale e bastone e da esce da sinistra.
Buio.
Rumore
del cigolare di metallo che si serra e della chiave che chiude la
cintura di castità.
2
SCENA
CERBERI INANI
Luce.
La stanza del castello.
Al
centro scena Erzsébet con una veste bianca e una cuffia in testa.
Regge in mano uno spiedo.
ERZSEBET
BATHORY (adirata):
E così
Ferenc mi ha messo alle costole il suo fidato amico, il nobile
Gasparek di Lublo. Egli sorveglia ogni mio passo...
Non pago
ha fatto costruire (alza la veste e tra talismani cuciti sulle
sottovesti scopre con orrore la cintura di castità)
quest'aggeggio per serrare le mie intimità e impedirmi di avere
contatto carnale. (Ridacchia) Ah lo stolto guerrafondaio!
Come se io non avesse altri antri in cui far entrare le bocche da
fuoco maschili (Butta giù la veste)
Comunque
egli ha chiuso la mia via primaria fisica d'amore ma il mia mente
giammai riuscirà a bloccarla! Anzi quest'aggeggio (batte con uno
spiedo contro per farne sentire il clangore) alimenta la mia
voglia di ribellione.
Ho fatto
di tutto per poterlo amare un poco ma ora basta. Io odio quell'uomo.
Un odio viscerale, profondo (batte ancora con lo spiedo contro la
cintura) e vorrei ammazzarlo!
(Con
occhi aguzzi)
Forse lo
farò... Ma intanto io voglio liberare la mia voglia d'amare e di
volare senza ali.
Oggi ho
convocato le sole persone di cui mi fido: Ilona, Ficzko e Darvulia.
Loro mi
aiuteranno a riconquistare la mia libertà d'amare.
Si
siede al centro della stanza.
Bussano
alla porta di destra.
ERZSEBET
BATHORY:
Avanti!
Entrano
Ilona, Ficzko e Darvulia. Ilona regge sotto braccio un paniere con
biancheria all'interno.
ERZSEBET
BATHORY:
Grazie di
essere venuti.
I TRE (in
coro):
Buona sera
contessa.
ERZSEBET
BATHORY:
Buona sera
a voi! Accertiamoci che nessuno ci ascolti.
Fa un
cenno a Ficzko che si porta alla porta di destra aprendola
cautamente e si accerta. Idem fa con la sinistra.
FICZKO:
Siamo
sicuri contessa.
ERZSEBET
BATHORY:
Bravo. (Ai
tre) So che voi mi volete bene e mi fido ciecamente di voi tre.
Ilona, Ficzko voi avete potuto conoscere Darvulia e sapete che di
lei come di Thorko ci possiamo fidare. (A Darvulia) A
proposito dov'è Thorko?
ANNA
DARVULIA:
E' al
sicuro, signora, e vi manda affettuosi saluti. Egli è a riparo,
lontano in terra transilvana e tornerà quando le acque si saranno
calmate. Tornerà presto.
ERZSEBET
BATHORY:
Bene!
Allora voi sapete quali mali mi affliggono...
ILONA JOO:
Ben li
conosciamo, contessa! Il padrone è un despota feroce e vi sta
facendo un gran male. Vi ha picchiato e torturato nella mente e nel
cuore giorno dopo giorno!
FICZKO (al
pubblico):
Non è pago
di quanti, in tempi di pace, ne uccisero lui e il suo gruppo di
spadaccini.
ILONA JOO:
Quanti ne
fece fuori il Terribile Quintetto!
FICZKO:
E non è
sazio neppure dei nemici stroncati in guerra, per cui quando è al
castello ama torturare i servi allo spasimo, senza però ucciderli...
Prima che partisse per la guerra anche a me ha fatto il servizio e
ne porto ancora le tracce (Fa vedere la schiena rigata dalle
frustate)
ANNA
DARVULIA (al pubblico):
In una
delle sue torture preferite cosparge di miele una ragazza nuda e la
lascia legata vicino ai nidi delle api. E lui lì a guastarsi il
banchetto. Zzzzzzzz (Sghignazza) Guai a chi gli viene sotto!
ERZSEBET
BATHORY:
Ora è
toccato a me la sua stessa moglie. Io chiedo a voi, amici cari,
ausilio e giustizia. Liberatemi prima di tutto di quest'aggeggio! (Alza
la gonna e mostra la cintura). Ficzko ti sei procurato il
doppione della chiave?
FICZKO:
Certo
contessa!
Fiero
Ficzko mostra una chiave che tira fuori dal petto. Aiutato dalle due
donne con uno sferragliare libera Erzsébet dalla cintura alzandola
trionfante!
ERZSEBET
BATHORY:
Ah rivivo!
(Riabbassa la gonna, prende la cintura e la consegna a Ilona)
Balia custoditela voi accuratamente!
ILONA JOO
(prendendo la cintura):
Sarà fatto
signora! (Nasconde la cintura in un lenzuolo che ripone nel
paniere)
ERZSEBET
BATHORY:
Ora
bisogna liberarsi del mio sorvegliante, il nobile Gasparek.
FICZKO:
Ucciderlo
non possiamo.
ERZSEBET
BATHORY:
No.
ILONA JOO:
No.
ANNA
DARVULIA:
No?!
FICZKO (grattandosi
la testa mentre le altre aspettano la sua idea):
Corrompiamolo!
ILONA JOO:
Impossibile egli è grande amico del conte facendo parte del suo
gruppo di spadaccini!
ERZSEBET
BATHORY:
Ogni uomo
ha un punto debole.
FICZKO:
Io lo so
qual è quello di Gasparek...
ANNA
DARVULIA:
Quale?
FICZKO:
Gli
piacciono le donne. E poi...
ERZSEBET
BATHORY:
E poi?
FICZKO:
Avete
visto come guarda la contessa Erzsébet? (Fa gli occhi languidi)
ILONA JOO:
Io l'ho
visto. Sembra innamorato!
ANNA
DARVULIA:
Quanto
meno ammaliato. Ma non abbastanza...
ERZSEBET
BATHORY:
Cosa
intendete dire?
ANNA
DARVULIA (con occhi aguzzi):
Da una
parte è necessario che voi lo adeschiate...
ERZSEBET
BATHORY:
E' un bel
giovane ma io non l'amo.
ANNA
DARVULIA:
Non
importa. E' per la vostra libertà.
ILONA JOO:
E'
pericoloso. Potrebbe non abboccare. Essendo nobile e leale
cavaliere la sua voglia di avervi potrebbe soccombere all'onore
cavalleresco...
FICZKO:
Penso la
stessa cosa.
ANNA
DARVULIA:
Allora con
un bel filtro d'amore da me preparato lo ridurremo in vostra
schiavitù d'amore, contessa.
ERZSEBET
BATHORY:
Bene,
brava Darvulia. Così faremo. Aspettiamo il filtro. Ma poi rimane
l'ostacolo numero uno.
ILONA JOO:
Vostro
marito.
FICZKO:
Il conte
Ferenc Nadasdy.
ERZSEBET
BATHORY:
Sì. O me o
lui! Mi tartassa da che ha scoperto la tresca con Thorko. Mi
tormenta di continuo. Anche da lontano.
ILONA JOO
(in a parte):
Già questo
ha compromesso la salute di Erzsébet aggravando i mal di testa e le
crisi epilettiche di cui soffriva già da piccola...
ERZSEBET
BATHORY:
Fin quando
vive io non avrò pace e mi farà morire di convulsioni e di torture e
chissà quali angherie. Dobbiamo ammazzarlo!
ILONA JOO
(facendosi la croce con la mano alla bocca):
Oh!
FICZKO:
E'
terribile ma necessario... Mors tua vita mea!
FICZKO:
Il minor
male, diciamo...
ANNA
DARVULIA:
Per farlo
fuori ci penso io. Ho giusto una pozione che lo ucciderà lentamente
giorno dopo giorno...
ERZSEBET
BATHORY:
Dobbiamo
uscirne integri coi giudici.
ANNA
DARVULIA:
Non vi
preoccupate, contessa. Finanche i medici penseranno che sia morto
per causa continua e naturale in organismo che si deteriora.
ERZSEBET
BATHORY:
Procedete!
I TRE (in
coro):
Procediamo!
ERZSEBET
BATHORY:
E mi
raccomando una morte... pulita!
ANNA
DARVULIA:
Pulitissima. Ma prima vi chiedo quell'arsenico che utilizzammo per
ammazzare i topi...
ERZSEBET
BATHORY:
Non ne
abbiamo molto. Lo acquistammo dal mercante che lo portava dall'India
e lo pagammo a peso d'oro!
ANNA
DARVULIA:
Datemi
tutto quel che avete. E' l'ingrediente fondamentale Causerà una
lunga malattia che porterà alla morte!
Un
ghigno di Erzsébet.
Buio.
3
SCENA
LA MISTURA DELLA MORTE PULITA
Catapecchia di Darvulia.
Occhio
di bue sulla megera davanti a pentolone fumante, armata di mestolo e
intrugli che getta nel calderone.
Accanto
Thorko, con la faccia sfregiata, armato di bottigliette alchemiche
con dentro misture.
Thorko
solleva un librone stregonesco per far sì che Darvulia possa
leggere.
Musica
stregonesca con effetto ebollizione.
ANNA
DARVULIA (leggendo sul librone):
Hemen - Etan! Hemen - Etan! Hemen - Etan!
THORKO:
Hemen -
Etan!
ANNA
DARVULIA (leggendo sul librone):
El Ati Titeip Exe a El El El a hy! Hau! Hau! Hau!
THORKO:
Hau! Hau!
ANNA
DARVULIA:
Imperatore
Lucifero, padrone e signore di tutti gli spiriti ribelli siimi
favorevole... (Depone il libro per terra)
THORKO:
Imperatore
Lucifero, nostro padrone e signore!
ANNA
DARVULIA:
Aiutami
nel patto che voglio segnare col tuo gran ministro Lucifugo Rofocal.
THORKO:
Lucifugo
Rofocal, gran nostro ministro!
ANNA
DARVULIA:
Te pure
invoco, principe Belzebub, proteggimi nella mia impresa.
THORKO:
Belzebub,
il nostro principe!
ANNA
DARVULIA:
Oh conte
Astaroth, siimi propizio!
THORKO:
Astaroth!
ANNA
DARVULIA:
Rendi
efficace questa magica mistura (Tra fumi gira col mestolo nel
pentolone facendo cenni a Thorko che versa misture all'interno)
calce viva, vetro filato, aconito, arsenico giallo e mandorle amare
con miele. Fa' che l'effetto ci sia e che lentamente la pozione
porti a morte colui che si dimostrò indegno di vivere...
THORKO (ghignando):
Ciò che
per uno è cibo, per altri è un amaro veleno. (In a parte,
toccandosi la cicatrice) E lo sarà per il conte che mi segnò a
vita, maledetto lui!
Musica
stregonesca con effetto ebollizione montante.
ANNA
DARVULIA:
Nulla è di
per sé veleno, tutto è di per sé veleno, è la dose che fa il veleno.
O re di
tutte le potenze infernali, sovrintendi alla nostra opera. Nella
nostra adorazione, ora e per sempre.
Va! Va!
Va! Va! Chavajoth!
THORKO:
Chavajoth!
Musica
stregonesca con effetto ebollizione al parossismo che si chiude
quando Darvulia, aiutata da Thorko, versa la pozione in una brocca.
Buio.
4
SCENA
IL FUNERALE DI UN DESPOTA
Luce penombrata.
La
campana suona a morte.
Sul
tavolo, coperto da drappi neri e illuminato da quattro giganteschi
candelabri, è steso Ferenc Nadasdy morto.
E'
attorniato da donne velate nere: Erzsébet, Ilona, due prefiche che
levano lamenti oscillando avanti e dietro.
La
contessa appare algida e bianchissima, diafana nel suo candore di
pelle, vestita di nero, ma elegantissima.
Ai lati
esterni, come i due Bes della Porta magica di Piazza Vittorio a
Roma, Thoroc e Darvulia.
Più
avanti Ficzko.
Si
fermano i lai delle prefiche.
ILONA JOO:
E' morto
Ferenc Nadasdy. (Si fa il segno della croce) Lui fu un uomo
giusto fino a che non commise atti di oltraggio e violenza ripetuti
nei confronti della consorte. In ciò commettendo peccato mortale (Si
fa il segno della croce)
Suono a
morte della campana.
FICZKO:
E' morto
Ferenc Nadasdy. Era un buon padrone. Mi dava da mangiare e da bere
ma anche (toccandosi la schiena dolorante) tante frustate per
il solo sfizio di sfogare su un povero maggiordomo la sua rabbia.
Frequente e ingiustificata. Il mondo sa cosa fare coi violenti come
lui.
Suono a
morte della campana.
ANNA
DARVULIA:
E' morto
Ferenc Nadasdy. La morte lenì i suoi dolori tradito dal nobile
Laszlo Bende, dal plebeo Thorko, dal suo miglior amico il nobile
Gasparek di Lublo. E chissà da quanti altri e altre... Ucciso da un
male lungo che invano i medici di corte cercarono di curare...
Suono a
morte della campana.
THORKO:
E' morto
Ferenc Nadasdy, l'eroe nero d'Ungheria. Lui, reso becco da me a
ragion veduta, ha pagato il suo pegno alla vita (toccandosi la
cicatrice) per lo sfregio arrecatomi invano. Giustizia è fatta.
Suono a
morte della campana.
ERZSEBET
BATHORY:
E' morto
Ferenc Nadasdy. Ora sono vedova ma soprattutto una donna ricca e
potente e libera. (Bacia il marito)
Suono a
morte della campana.
Chiusura sipario.
ATTO SECONDO
MAGIA NERA E ROSSA
5
SCENA
FABBRICA COSMETICA
Musica
medioevale gioiosa in Danza della Morte.
Al
centro posteriore una sorta di panneggio frangiato copre quella che
si rivelerà essere una vasca da bagno sormontata da una vergine di
Norimberga da cui scola il sangue delle ragazze trafitte.
Entra
in scena Erzsébet in abito fastoso, ingioiellata, che danza con
Ficzko mentre Ilona, Darvulia e Thorko battono le mani, disposti a
cerchio intorno.
Erzsébet lascia Ficzko e prende a danzare con Thorko, mentre il
maggiordomo si unisce al battito di mani.
La
musica si ferma e con essa il battere di mani.
Thorko
bacia appassionatamente Erzsébet.
THORKO (geloso):
Prima
Erzsébet ballavate appassionatamente con Ficzko, ieri con un
contadino giovane e aitante, che porta il grano al castello, domani
forse giacerete con uno stalliere.
ERZSEBET
BATHORY:
Non essere
geloso Thorko. Godi questo momento che sto con te. Domani quel che
sarà sarà (Bacia Thorko).
ILONA JOO:
Domani
saremo tutti di un giorno più vecchi.
ERZSEBET
BATHORY:
Giusto,
Ilona. Ma tu, o Thorko, adesso come ti sentiresti se ti chiedessi di
baciare questa donna?
THORKO (con
una smorfia):
Brrr!
ERZSEBET
BATHORY (staccandosi da Thorko e afferrando lo specchio in cui si
guarda triste):
Io sono
più vecchia già oggi. Vedete questa ruga, la vedete? (Tutti,
tranne Darvulia, si portano a guardare annuendo) Domani se ne
aggiungerà un'altra e poi un'altra ancora finché io diventerò
vecchia e brutta. (Volge lo sguardo a Darvulia) Aiutami
Darvulia! Cosa succederà tra qualche anno quando la mia bocca, oggi
ancora desiderata da tutti i giovani gentiluomini, diventerà
rattrappita, sdentata e secca come quella di Ilona! Aiutami...
Darvulia ed Erzsébet si portano al centro scena.
ANNA
DARVULIA:
Un rimedio
c'è contessa. Uno stratagemma per ingannare il tempo.
ERZSEBET
BATHORY:
Quale?
ANNA
DARVULIA:
Per la
pelle del viso, per mantenerla fresca e contrastare i segni del
tempo, è importante lavarla con l'acqua molto fredda. Al mattino
appena alzati e la sera prima di andare a dormire, una bella
sferzata di acqua fredda è considerato l'ideale.
Ma poi,
per un trattamento più a fondo, usate quest'infuso.
(Prende
dal seno una sacchetta e la mostra a Erzsébet)
ERZSEBET
BATHORY:
Che cos'è?
ANNA
DARVULIA:
Camomilla,
trattata con una seria di altre sostanze preziose.
ILONA JOO
(facendosi avanti):
Date a me.
La preparo io per la signora! (Prende il sacchetto).
ANNA
DARVULIA:
Questa è
la ricetta. (Consegna la ricetta alla balia)
Preparate
un infuso con due porzioni di camomilla, mescolatela a una tazza di
latte bollito e lasciate riposare per una-due ore. Ciò almeno un
giorno prima dell'uso. Così otterrete una sorta di latte detergente
utile per pulire la pelle a fondo, con l'aiuto di uno straccetto.
ILONA JOO:
Sembra
facile.
FICZKO:
E' facile!
THORKO:
Facilissimo!
ANNA
DARVULIA (a Erzsébet):
Un altro
espediente è lo stile di vita. Fate feste, Bathory, (prende per
la mano la contessa e la fa ruotare in danza al suono di pifferi e
viole) mangiate, bevete, amate! Vivete alla giornata,
accogliendo a corte gli artisti della vita e a letto
indifferentemente maschi e femmine!
ERZSEBET
BATHORY:
La
lussuria gioiosa!
ANNA
DARVULIA:
Proprio!
Ma, infine, c'è un estremo rimedio: il più salutare di tutti.
ERZSEBET
BATHORY:
Quale
sarebbe?
ANNA
DARVULIA:
Il sangue
purificatore.
ILONA JOO:
Oh!
FICZKO:
Salasso?
ANNA
DARVULIA:
Non alla
signora. Thorko prendi una ragazza vergine dal villaggio e portala
qua.
THORKO:
Una sola
Darvulia?
ANNA
DARVULIA:
Sì. Per
ora basterà.
Thorko
scende tra il pubblico e afferra una contadina, Dorottya,
portandola in palcoscenico.
DOROTTYA (recalcitrando):
Cosa
volete da me? Cosa volete farmi?
THORKO:
Vieni
bella che presso la contessa Bathory troverai la tua fortuna!
Thorko,
aiutato da Ilona e Fizcko, porta Dorottya sotto Darvulia ed
Erzsébet, tenendola ferma, tappandole la bocca e immobilizzandola.
Darvulia prende la mano della ragazza e la tira verso la contessa,
cui offre un coltellino.
ANNA
DARVULIA:
Incida!
Erzsébet fa un incisione sulla mano della ragazza e Darvulia fa
scolare il sangue sulla mano della contessa.
La
ragazza sviene e viene distesa là per terra.
ANNA
DARVULIA:
Vedete,
contessa? (Rivolta a Ilona, a Ficzko, a Torko, al pubblico con
tono come di professore d'accademia) Vedete tutti? Il sangue
della giovane cadendo sulla mano della contessa ha fatto sì che
questa pelle nobile abbia acquisito la freschezza della giovane
ragazza per via extravenosa!
ERZSEBET
BATHORY (osservando la mano):
Fantastico! Com'è bella, liscia, giovanile! Questa è la miglior
ricetta per un mostro maliardo che non vuole invecchiare!
ANNA
DARVULIA:
Pozione
miracolosa! E' il vero elisir di lunga giovinezza. Rinfresca la
pelle e soprattutto vi farà sparire quegli orrendi mal di testa e
le convulsioni, dando a voi e noi che vi aiuteremo, qualcosa
vicino all'estasi mistica.
ILONA JOO:
Oh
signore! Deo gratias. Erzsébet guarirà dall'aura sacra!
FICZKO:
E' un
portento!
THORKO:
Sia lodato
Belzebub!
ERZSEBET
BATHORY:
Sì, la
voglio.
Voglio provarla all'infinito.
Buio.
6
SCENA
L'AURA SACRA E LA MEDICINA DEL SANGUE
Musica
slovena inquietante montante.
Un
lamento.
Occhio
di bue su Erzsébet, vestita da maschio, che regge in mano il libro
stregonesco e si tocca la testa.
ERZSEBET
BATHORY (ad occhi sbarrati):
La testa
mi scoppia. Elì eli sabactana! Mi sento le pupille schizzar fuori
dalle orbite... Oh! Oh! Oh! Che dolore!
Lascia
cadere il librone. Ha le convulsioni da crisi epilettica. Va a
terra. Emette bava dalla bocca.
Accorre
Ilona ad aiutarla mettendole uno straccio in bocca.
Urla.
Accorrono Ficzko e Thorko trascinando due ragazze nude, coperte di
sangue.
ERZSEBET
BATHORY (riprendendosi con sforzo):
Üsd, üsd,
jobban!
Darvulia mette uno spillone in mano a Erzsébet che punge con
cattiveria le ragazze, continuando a migliorare ma guardando con
occhi fissi ed estatici quanto gli altri vanno a compiere.
Musica
horror montante inframmezzata dalle urla delle ragazze.
Sotto
una serie di flashate i quattro aiutanti si lanciano in una sorta di
danza delle torture ai danni della ragazze, inseguite, prese,
seviziate. Gli aguzzini impugnano strumenti di tortura: la cintura
spinata, la pera, lo straziatoio di seni, la cicogna di storpiatura,
una sega, uno schiacciatesta, il gatto a nove code, coltelli,
anelli spaccatesta, pinze, aghi, punteruoli, tenaglie, attizzatoi,
ferri per marcare.
Alla
fine dell'orrore Erzsébet sembra scuotersi.
ERZSEBET
BATHORY:
Satana dai
gloria a loro perché sanno quel che fanno! (Risata demoniaca)
Il bagno! Voglio il mio bagno di sangue quotidiano.
Ilona
apre il panneggio scoprendo con musica inquietante maestosa la vasca
del sangue, dove entra Erzsébet per la sua orrenda abluzione.
In
quella zona vengono spinte anche le ragazze doloranti, una serrata
nella vergine di Norimberga.
Si
richiude il panneggio e si sente l'urlo delle ragazze infilzate per
far scolare sangue nella vasca. Le grida acutissime e orrende sono
inframmezzate dalle risate sadiche degli aguzzini.
Si
riapre la tenda. Una ragazza è dentro la vergine; l'altra a terra
morta ed esangue.
ERZSEBET
BATHORY:
Oh
rigenerante plasma. O elixir longae vitae! Evviva la cosmesi di
Belzebub!
La
contessa riesce dal bagno fresca come una rosa, e rindossa i vestiti
da maschio.
Darvulia e Ilona le portano due specchi in cui può gioire
ammirandosi.
Intanto
Thorko e Fickzo trascinano fuori scena a destra i corpi delle
ragazze.
ANNA
DARVULIA:
Vedete?
Siete ringiovanita!
ILONA JOO:
Sì bella e
fresca come una rosa!
ERZSEBET
BATHORY (con occhi da pazza, ebbra):
Basta col
latte d'asina! Ho trovato la ricetta della felicità e il segreto
dell'eterna giovinezza. Il sangue di una, cento, mille vergini e la
crudeltà sulle loro carni, bere il loro sangue, non mi farà morire
mai restando io in salute e perennemente giovane!
Musica
al parossismo fino allo spegnersi improvviso.
Buio.
7
SCENA
100 GATTI E UN LUPO MANNARO
Ululato del lupo mannaro.
Penombra. Solo dalla finestra in alto a sinistra filtra una luce
lunare.
Dalla
sedia si leva Erzsébet e si porta alla finestra guardando inquieta.
Nuovo
ululato del lupo mannaro.
ERZSEBET
BATHORY:
E' un
lupo. Ma è un lupo mannaro. Qualcosa di orrendo si sta tramando alle
nostre spalle.
Va al
tavolo dove prende un piccolo orologio ornamentale poggiato su una
scatoletta preziosa e lo osserva inquieta. Indi apre la scatola
prendendovi una pergamena che legge portandosi sul proscenio a
sinistra.
ERZSEBET
BATHORY:
"Aiutami
piccola nuvola! Quando sono in pericolo mandami novantanove gatti.
Ti ordino di fare così, piccola nuvola, perché tu sei la regina dei
felini... Comanda loro e radunali dovunque siano, oltre le montagne,
oltre le acque o il mare, raduna quei novantanove gatti e ordina di
accorrere veloci per mordere il cuore di mio cugino Gyorgy Thurzó,
il conte palatino di re Mathyas così che a Erzsébet non possa
venire alcun male! Santa Trinità, fate queste cose!".
Rumore
come di guerra tra ringhi di gatti e ululati di lupo mannaro. La
battaglia finisce con l'attutirsi dei ringhi felini fino a che
rimane solo l'ululato lupesco.
8
SCENA
LA SBILANCIA DELLA GIUSTIZIA
Un urlo.
Luce penombrata.
Il
tavolo con le sedie al centro.
Esce da
sinistra Katalin Benecka, la lavandaia col cesto dei panni che
lascia cadere, inseguita da Ficzko armato di coltello.
KATALIN
BENECKA (urlando):
Ci
uccidono! Ci ammazzano tutte!
La
ragazza con vesti lacere e segni di sangue fa un giro in scena,
vanamente seguita dal suo aguzzino e poi scappa in platea, mentre
Ficzko rimane sopra a imprecare per poi rientrare da destra.
KATALIN
BENECKA (urlando):
Aiutatemi!
Aiutateci!
Benecka
fa intervenire l'autorità. Dal fondo della platea entrano in campo
il conte Gyorgy Thurzó e due soldati, tutti armati di spade.
Il
drappello sale sul palcoscenico.
Si
odono ringhi di gatti e i soldati lanciano fendenti in aria come a
difendersi dall'assalto di gatti veri.
Alla
fine Gyorgy Thurzó, col suo manto nero e il cappello piumato, si
pone al centro e dirama ordini. E' un uomo alto, naso diritto, barba
cespugliosa. Sotto le folte sopracciglia nere si aprono due occhi
penetranti animati da una feroce imperiosità. Rivelano un'anima
intelligente e uno spirito colto.
GYORGY
THURZÓ:
Tu di là!
Tu di là!
Un
soldato va a sinistra e tira fuori dalle quinte incatenati l'uno
all'altro Ficzko, Ilona, Darvulia, in fila indiana.
L'altro
soldato va a destra portando seco la contessa Bathory, ora nelle sue
vesti regali femminee.
Thurzó
lancia un lungo sguardo alla Bathory, misto di ammirazione,
curiosità e di trionfo per la caccia riuscita.
Erzsébeth lo fissa diritto negli occhi senza dire nulla. E'
impassibile, imperturbabile, opaca come una statua.
Nello
sguardo deu due nemici che si fronteggiano balena per un attimo un
lampo di reciproco, profondissimo disprezzo.
GYORGY
THURZÓ:
Cara
cugina. Era molto che stavamo sulle vostre tracce ma ora abbiamo una
testimone che vi ha denunziato. Katalin Benecka.
KATALIN
BENECKA (urlando sotto il proscenio):
Assassina!
Dannata tu e i tuoi servi!
ERZSEBET
BATHORY (tra i denti):
Maledetta
lavandaia!
GYORGY
THURZÓ (rivolto ai quattro):
Siete
incriminati di aver torturato e ucciso almeno ottanta giovani donne
della contea.
Confessate
i vostri crimini?
ILONA JOO:
Su Dio non
ho fatto nulla!
ANNA
DARVULIA:
Che
Belzebub mi fulmini se sono colpevole di quanto mi accusate.
FICZKO:
Non ho
fatto nulla!
Thurzó
aspetta vanamente una risposta dalla Bathory che sprezzante non
risponde.
GYORGY
THURZÓ:
Bene.
Vedremo. (Al primo soldato) Portali nelle celle! E domani
sottoponeteli a tortura (Il soldato tira via fuori scena i tre
sinistra) E voi contessa?
ERZSEBET
BATHORY:
A una
nobildonna del mio rango neppure s'addice rispondere!
GYORGY
THURZÓ:
La
giustizia vale anche per le nobildonne! (Al secondo soldato)
Portate la contessa nella sua stanza e controllatela giorno e notte!
ERZSEBET
BATHORY:
Fate quel
che ritenete. Troverete in me un uomo!
Il
soldato porta via la Bathory da destra.
Buio.
9
SCENA
IL VERBALE DELL'INQUISITORE DOPPIO
Buio.
Musica
fosca medioevale in crescendo.
Si
odono le urla strazianti dei tre aguzzini aiutanti sottoposti a
tortura.
Gyorgy
Thurzó è seduto al tavolo e sta scrivento una lettera.
Si
ferma. Apre sul tavolo uno scatolo da cui tira fuori, osservandoli
lentamente con sguardo sadico, strumenti di tortura: la cintura
spinata, la pera, lo straziatoio di seni, la cicogna di storpiatura,
una sega, lo schiacciatesta, il gatto a nove code coltelli, anelli
spaccatesta, pinze, aghi, punteruoli, tenaglie, attizzatoi, ferri
per marcare.
Riprende a scrivere e firma. Quindi si porta in proscenio a leggere
la lettera.
GYORGY
THURZÓ:
Ho,
quindi, assunto ufficialmente il ruolo d'inquisitore in ausilio al
tribunale che deciderà la sorte dei disgraziati imputati del
castello di Csejthe.
I tre
coimputati della contessa sono stati sottoposti a tortura e oggi
verranno nuovamente interrogati per vedere se insistano
nell'originario diniego.
A loro
carico ci sono allo stato indizi gravi precisi e concordanti avendo
sorpreso io stesso la Bathory nell'atto di effettuare sevizie.
Dalla
perquisizione effettuata dai nostri luogotenenti si è riscontrata la
presenza di ossa e resti umani, insieme a vestiti e oggetti
personali di alcune delle ragazze scomparse. C'erano cadaveri un po'
ovunque, a volte senza braccia o occhi, seppelliti in tombe poco
profonde o nei camini, non completamente bruciati. Molti con segni
che sembravano provocati da percosse o da strumenti contundenti o
con fori come prodotti da coltelli et similia.
E' stata
trovata una tinozza piena del sangue di alcune sventurate, oltre ad
una vasta collezione di lame affilate, strumenti di tortura e altri
abomini.
In una
cassa era nascosto in mezzo a indumenti un registro scritto di pugno
dalla Bathory su cui sono stati annotati nomi e piccoli dettagli di
più di 650 persone, probabilmente tutte giunte al castello. Ma sul
numero preciso delle vittime solo Iddio potrebbe enumerare i suoi
crimini!!
Sono stati
sentiti numerosi testimoni provenienti dalle contee di Gyor,
Veszprem, Pozsony, Trencin, Nitra, offrendo essi numerosi e
coincidenti elementi a carico. Solo una serva, tra le tante si è
rifiutata di testimoniare contro la contessa e per questo le sono
stati cavati gli occhi e tagliati i seni prima di bruciarla sul
palo.
Tra i
testimoni, dodici sono risultati appartenenti a famiglie nobili,
quindi assolutamente degni di credibilità.
E' stato
sentito particolarmente un conciaossa di nome Tamàs Borbély, il
quale ha dichiarato di aver curato una ragazza di nome Anna. Egli ha
elencato in dettaglio le ferite riportate dalla giovane: e
precisamente quattro lacerazioni profonde, due sulle spalle, due sul
fondoschiena e un'altra grave sul dorso della mano. C'era del pus
nelle ferite quando Borbély la curò, ma dopo due mesi di letto la
ragazza si è ristabilita e il dottore è stato pagato con 56 fiorini
e 15 libbre di grano per mio ordine.
Tanto
dovevo alla Signoria Vostra, che l'Onnipotente vi benedica.
Thurzó
piega la lettera, la incolla, la sigilla e la pone sul tavolo.
Buio.
10
SCENA
QUID ABOMINII IURIS
In
penombra l'inquisitore, immobile, al tavolo.
Occhio
di bue su Thorco. In proscenio a sinistra.
THORKO:
Immaginavo
che sarebbe finita così. Il gioco ha preso la mano ai miei amici e
li ho avvertiti di fermarsi per tempo. Non mi hanno ascoltato ed è
stato un bene per me che fossi chiamato a Praga come soffiatore
alla corte di re Rodolfo. Se no ci sarei stato invischiato pure io
in questa brutta faccenda....
Brutta
anche perché vedete chi è il giudice? Gyorgy Thurzó, il conte
cugino di Erzsébet e governatore della provincia. Lui è uno che ha
le mani in pasta. Mi capite?
Questa
gente qui, che dovrebbe rappresentare la giustizia, si fa la legge
con le sue mani. E la fa coi piedi! Con la tortura dello stivaletto
spagnolo estorcerà sicure confessioni!
class=Section7>
(Pausa
meditativa, poi si aggira in proscenio) I luogotenenti trovano i
resti delle vittime. E chi lo può dire che gli ufficiali non si
siano inventati tutto su ordine di Mathyas e di Thurzó? Re Mathyas è
stato abile a complottare per scalzare Rodolfo, il pazzo re artista.
Figuratevi se ha peli sul cuore per attaccare proditoriamente la
nostra Erzsébet!
Buio.
Occhio
di bue su Erzsébet a destra.
ERZSEBET
BATHORY:
class=Section8>
Sono
vittima di un complotto. Re Mathyas ce l'ha con me perché dopo la
morte di mio marito ho cominciato a pretendere le somme del mio
credito. Quanto ho prestato al nostro sovrano per andare in guerra?
E come si può assumere come mio inquisitore il conte cugino Thurzó
governatore della provincia, il quale ha tutto l'interesse insieme
al re a spogliarmi dei miei beni per limitare la mia potenza
crescente vertiginosamente al fine di fortificarsi lui?
(Con
occhi ispidi)
E poi
Thurzó odia me e la mia famiglia da quando il principe Gabor
Bathory, mio nipote, è stato eletto Principe di Transilvania. Il
potente conte Gyorgy lo voleva lui quel trono e ha giurato eterna
vendetta contro i Bathory!
Buio.
Occhio
di bue su Thorko a sinistra.
THORKO:
Testimoni.
Tanti testimoni molti ostili alla famiglia Nádasy ma tutti de
relato. Tutti hanno sentito dire ma nessuno ha visto! E per quanto
riguarda quei testimoni - in verità pochi pochi - che sembra abbiano
scorto qualcosa di raccapricciante, noi sappiamo con quale abilità
gl'inquisitori scaltri riescano, pur senza tortura, a imboccare le
persone che hanno davanti!
ERZSEBET
BATHORY:
Sì, essi
fanno dir loro quel che meglio si addice al processo o per naturale
timore reverenziale del teste, o in mancanza, minacciando
implicitamente o apertamente chissà quali sanzioni nel caso non
seguino la linea voluta dal magistrato!
THORKO:
E poi
perché non hanno escusso padre András Berthony? Egli fu incaricato
di fare indagini dai genitori delle ragazze a servizio della
contessa quando hanno iniziato a sospettare che alle loro figlie,
che non vedevano da molto, fosse accaduto qualcosa.
Padre
Berthony ha appreso che molte ragazze erano morte vittime di una
misteriosa epidemia che le aveva colpite; le ragazze, visitate da un
medico che avrebbe stilato falsi certificati di morte, erano state
seppellite in fretta e furia.
Tutto
falsificato dalla Bathory? Il medico era compiacente? E allora
perché vogliamo dimenticare l'epidemia di peste che ha colpito
l'Ungheria? Tante persone sono state prede della Morte Nera!
ERZSEBET
BATHORY:
Il prete
era un testimone scomodo che faceva crollare la struttura
accusatoria. Ecco perché non l'hanno sentito! Per non parlare di
quella poveretta, la signora Hernath, che hanno bruciata perché si è
rifiutata di tradire la padrona... E le fanciulle e le sartine
sopravvissute come la piccola Cseglei, tanto per fare un esempio.
Perché non vennero mai convocate?
THORKO:
E perché
omettono di dire che, morta la contessa Orsola e mancando un dottore
o un cerusico a corte, la Bathory stessa praticava personalmente
interventi chirurgici minori? Era lei, cui pure erbe e fiori
parlavano, che prescriveva unguenti e medicine, incideva, praticava
salassi, cauterizzava piaghe aperte o lacerazioni col ferro
rovente... Da qui la presenza di certi oggetti in tutto simili a
quelli usati per torturare.
Hanno
trovato fori sui cadaveri? E chi lo dice che fossero stati praticati
in vita e non in morte.
ERZSEBET
BATHORY:
Forse non
sanno lorsignori che dalle nostre parti pratichiamo fori per evitare
che accumuli gassosi possano gonfiare e far esplodere le bare!
THORKO:
class=Section9>
E poi
qualcuno avrebbe visto lividi rossastri e bluastri sulla pelle
delle povere ragazze morte.
ERZSEBET
BATHORY:
E chi lo
dice che furono provocati da percosse e non fossero causati da un
ristagno di sangue in certe parti del copro dopo la morte?
THORKO:
Appunto.
C'è bisogno di un autoptico per arrivare a questeconclusioni? Non
basta forse un semplice osservatore intelligente qual io sono... io
che ne ho visti tanti di cadaveri coperti da brutti segni naturali?
ERZSEBET
BATHORY:
Tanto più
che noi usiamo legare mani e piedi ai cadaveri per agevolare lo
spostamento dei corpi prima del rigor mortis, ma soprattutto... per
impedire ai morti di scappare dalle loro bare e vagare nei villaggi
vicini a seminare morte... Forse l'inquisitore non conosce la storia
dei vampiri che infestano questa regione?
THORKO (guardando
truce l'inquisitore):
Non la
conosce o fa finta di non conoscerla perché non gli conviene. E
perché i molti cadaveri non sono stati riesumati, nonostante si
conoscessero i luoghi dove erano sepolti, per esempio nel cimitero
della chiesa di Lesetice e di Kostol'any?
ERZSEBET
BATHORY:
Anche qui
un semplice esame autoptico avrebbe chiarito molti dubbi.
THORKO:
Non fu
fatto perché non c'era nessuna reale volontà di farlo in quanto non
c'era nulla da scoprire a vostro carico, contessa.
ERZSEBET
BATHORY:
In
definitiva questo è un processo senza difesa. E qualunque cosa io
possa dire sarà usato a mio carico. Per questo tacerò!
THORKO (col
dito puntato sull'inquisitore):
Dannazione! Che imbroglio di processo imbastisce mai costui?
Buio.
ATTO TERZO
IL PROCESSO DEL CONTE PALATINO
11
SCENA
INTERROGATORIO DEI CORREI: FICZKO.
Luce crepuscolare.
Dietro al tavolo Thurzò.
A
fianco un soldato che scrive a verbale.
GYORGY
THURZÓ:
Si faccia
entrare l'imputato Janos Ujvary detto Ficzko!
Un
soldato fa entrare da sinistra Finczko con le mani incatenate. Ha le
vesti strappate, il volto tumefatto ed è piegato su un fianco.
Parla in maniera strascicata ed è chiaramente dolorante.
GYORGY
THURZÓ:
Ficzko,
confessate i crimini che vi si ascrivono?
FICZKO:
Confesso.
GYORGY
THURZÓ:
Per quanto
tempo avete vissuto con la Signora e come arrivaste alla sua corte?
FICZKO:
Vivo con
la Signora da sedici anni, se non di più. Fui portato via alla
moglie di Màrton Csejthe, uno studioso, con la forza.
GYORGY
THURZÓ:
Da allora
in poi, quante ragazze e quante donne sono state uccise?
FICZKO:
Non so di
alcuna donna o sposa ma di ragazze, da quando vivo qui... So di
trentasette di numero. Inoltre, quando il conte palatino andò a
Presburg, fui io a seppellirne cinque in una fossa, due in un
giardinetto e una sotto un canale di scolo. Due vennero portate a
Lesetice nella chiesa, di notte, e là seppellite.
GYORGY
THURZÓ:
Chi le
aveva uccise?
FICZKO:
Darvulia.
GYORGY
THURZÓ:
Chi erano
le ragazze che la contessa aveva ucciso e da dove venivano?
FICZKO:
Non so di
chi erano figlie.
GYORGY
THURZÓ:
Quali
donne e di che tipo venivano condotte a corte?
FICZKO:
Era
Darvulia che sovrintendeva alla ricerca di ragazze chiedendo aiuto
ad altre signore che, oltre a ricevere in cambio soldi e regali come
capi di vestiario, arrivavano a dare le proprie figlie nella
speranza di un avvenire migliore...
GYORGY
THURZÓ:
Fate
qualche nome.
FICZKO (sforzandosi):
La moglie
di Màtvàs Ötvòs, la moglie di Jànos Szabé, la moglie di Janos
Bàrsony che vive vicino a Gyöngyös...
GYORGY
THURZÓ:
Vi cito
altre procaciatrici: Barnó, Horvath, Vás, Zalay, Sidó, Katché,
Bársovny, Seleva, Kochinova, Szabó, Oétvos... Vi ricordate di loro?
FICZKO (sforzandosi):
Sì... mi
sembra...
GYORGY
THURZÓ:
Voi
accompagnavate Darvulia?
FICZKO:
Per sei
volte io stesso andai con lei. Alle ragazze, scelte per giovinezza,
bellezza e morbidezza della pelle, promettevamo di farle diventare
mercantesse o serve da qualche parte.
GYORGY
THURZÓ:
Le ragazze
venivano tutte spontaneamente?
FICZKO:
Molte sì,
attratte dalla possibilità di pasti caldi e di una vita meno
miserabile. Quelle che si rifiutavano erano picchiate e condotte al
castello con la forza, legate e infilzate con aghi e forbici.
GYORGY
THURZÓ:
Dove le
cercavate?
FICZKO:
In vari
posti. (Pausa con sforzo di memoria) Quando le giovani dei
villaggi cominciarono a scarseggiare, per ordine della signora
cercammo ragazze di più alto ceto. L'ultima era di un villaggio
croato vicino a Redneck. Venne portata da Darvulia in presenza
della padrona che la fece uccidere.
GYORGY
THURZÓ:
Con che
tipo di trattamento e con quale metodo le facevate uccidere?
FICZKO:
Le
torturavano legando le braccia delle ragazze con la corda...
GYORGY
THURZÓ:
La corda
viennese?
FICZKO:
Sì
quella... Darvulia legava loro le mani dietro la schiena...
GYORGY
THURZÓ (tra sé):
Del colore
della morte erano quelle mani..
FICZKO:
E venivano
picchiate fino a lacerarne le carni. Si battevano le palme delle
mani e le piante dei piedi ripetutamente...
GYORGY
THURZÓ:
Quanto?
FICZKO:
Fino a
cinquecento colpi.
GYORGY
THURZÓ:
Diamine!
Chi sovrintendeva alle torture?
FICZKO:
Ancora
Darvulia. Da lei imparammo a torturare.
GYORGY
THURZÓ:
Torturavate per uccidere?
FICZKO:
Sì, le
picchiavano fino a quando il corpo diventava nero nero come il
carbone. Ovvero finché non morivano.
GYORGY
THURZÓ:
E
Darvulia... durante le torture?
FICZKO:
Era assai
attiva. Tagliava una ad una le dita con una cesoia e poi le vene con
le forbici. Una volta tagliò con grosse forbici le mani e la lingua
di una ragazza riottosa.
GYORGY
THURZÓ:
Chi era
presente alle uccisioni e alle torture?
FICZKO:
La calva
signora Kocis...
GYORGY
THURZÓ:
E sarebbe?
FICZKO:
Ilona Joo,
la vecchia balia della contessa. E' donna assai timorata di Dio.
GYORGY
THURZÓ:
Timorata?!
FICZKO:
Sì
recitava preghiere col rosario in mano mentre torturava le ragazze.
Le pungeva con un ago se il merletto non era ben fatta e le
torturava se non finivano per tempo il loro lavoro di cucito. Una
volta cucì la bocca con ago e filo di una bugiarda o la torturò
infilando aghi sotto le unghie.
GYORGY
THURZÓ:
Raccontate
delle sevizie.
FICZKO:
Le
portavano nella casa delle torture... le ustionavano con un'asta di
ferro in bocca, nel naso, sulle labbra. Ilona metteva loro le dita
nella bocca e la spalancava a forza, così aiutando gli altri a
torturarle.
GYORGY
THURZÓ:
Quante ne
torturavano al giorno?
FICZKO:
Ne
portavano anche dieci al giorno. Come delle pecore le trascinavano
nella saletta. Talvolta quattro o cinque ragazze nude stavano in
piedi davanti a me e anche i ragazzi giovani potevano vedere lo
spettacolo mentre le poverette continuavano il loro lavoro di
cucito o intrecciavano il merletto.
GYORGY
THURZÓ:
Dove
seppellivano i corpi morti? Chi nascondeva i corpi e come venivano
nascosti?
FICZKO:
Ilona e
Darvulia nascondevano e seppellivano le ragazze qui a Cachtice.
GYORGY
THURZÓ:
Voi le
avete aiutate?
FICZKO:
Sì, l'ho
aiutate a seppellirne quattro: due a Lesetice, una a Keresztùr e
un'altra nel luogo chiamato Sárvár. Tutte le altre sono state
seppellite a Sirvar...
GYORGY
THURZÓ:
Di
nascosto?
FICZKO:
No, erano
accompagnate da cori funebri.
GYORGY
THURZÓ:
Perché
Ilona e Darvulia uccidevano?
FICZKO:
Per
rispetto alla signora. E poi la contessa quando le due uccidevano
una ragazza, dava loro dei regali.
GYORGY
THURZa:
La Bathory
partecipava attivamente o no?
FICZKO:
Certo! Una
volta punì la figlia di Sittkey perché aveva rubato una pera. E
iniziò a torturarla... Si trovava a Piestany, con Ilona e Darvulia.
(Con uno sforzo di memoria) Con loro due uccise quelle due
che erano nel travaglio del parto. Fu lei a uccidere la ragazza
viennese, la signorina Modl, a Keresztùr.
GYORGY
THURZÓ:
Quali
torture la Bathory praticava personalmente?
FICZKO:
Lei stessa
lacerava la faccia e altre parti del corpo di queste ragazze e le
pungeva sotto le unghie. E poi, quando una giovane torturata veniva
portata in un campo coperto di gelo, lei stessa versava sul capo
l'acqua fredda con l'aiuto delle due megere. La ragazza si congelava
e moriva.
GYORGY
THURZÓ:
Vi capitò
di assistere a questi fatti?
FICZKO:
Una volta
qui a Bytca, io stesso, mentre stavo partendo, in località
Predmier assistei a una delle ragazze messa nell'acqua fino alla
gola... le venne versata addosso dell'altra acqua... La ragazza
riuscì a scappare ma fu ritrovata e uccisa a Cachtice.
GYORGY
THURZÓ:
La
contessa torturava personalmente le vittime e che cosa faceva
precisamente, quando le torturava e le faceva uccidere?
FICZKO:
La
contessa puniva le serve sempre più duramente ad ogni piccola
mancanza, le frustava senza pietà, arrivando a cucire la bocca di
una di loro con il fil di ferro solo perché aveva osato lamentarsi.
GYORGY
THURZÓ:
Era sempre
presente?
FICZKO:
No. Quando
non torturava lei personalmente, lasciava semplicemente questo
lavoro alle megere, mentre lei se ne stava nella lavanderia. Alle
ragazze non dava nulla da mangiare per una settimana, e se qualcuno
in segreto dava loro del cibo, quella persona veniva immediatamente
punita.
GYORGY
THURZÓ:
A
Cachtice, a Sárvàr, a Keresztùr, a Beckov e altrove, in quali luoghi
faceva torturare e uccidere queste poverette?
FICZKO:
A Beckov e
a Cachitice le faceva torturare nell'edificio della fornace. A
Sárvàr nella parte più interna del castello, dove a nessuno era
permesso di entrare. A Keresztùr nella stanza privata. Quando erano
in viaggio, allora lei stessa torturava nella carrozza le ragazze.
Le picchiava, le pizzicava e le pungeva sulla bocca e sulle cosce
con un ago.
GYORGY
THURZÓ:
Di
personaggi importanti, chi c'era, e chi era a conoscenza degli atti
compiuti dalla contessa, e chi vedeva le sue azioni?
FICZKO:
Il
maggiordomo Benedek Dezsò era al corrente di quasi tutto...
GYORGY
THURZÓ:
Era
coinvolto?
FICZKO:
Probabilmente sì ma io non l'ho mai visto né sentito rivolgersi alla
padrona riguardo a queste faccende.
GYORGY
THURZÓ:
Chi altri
sapeva?
FICZKO:
Anche la
servitù e i garzoni dovevano essere al corrente. C'era poi una
persona che chiamavano "Istvan Testa di ferro". Aveva da poco
lasciato la contessa per andare oltre il Danubio: era al corrente di
tutto perché ha giocato molto con la signora... capite?
GYORGY
THURZÓ:
Capisco?
FICZKO:
Forse
quest'uomo l'aiutò a portare altre ragazze alla sepoltura...
GYORGY
THURZÓ:
Dove?
FICZKO:
Non lo so.
GYORGY
THURZÓ:
Ultima
domanda. A quanto tempo risalgono queste azioni della contessa?
FICZKO:
Anche
quando il conte era vivo la signora era crudele con le serve ma in
quei giorni non le uccideva come fece poi. Il povero padrone si
lamentava di questo e disapprovava, ma lei non prestava attenzione
ai suoi rimproveri.
GYORGY
THURZÓ:
Quando
iniziarono precisamente le uccisioni?
FICZKO:
Dopo la
morte del padrone, l'ho detto, al tempo in cui Darvulia s'insediò a
corte. Da allora la signora diventò sempre più crudele e malvagia.
GYORGY
THURZa:
L'interrogatorio è finito. Portatelo via!
Il
soldato porta via da sinistra Ficzko.
Buio.
12
SCENA
INTERROGATORIO DEI CORREI: LA BALIA ILONA.
Luce.
Ilona
Joo, incatenata, sta davanti all'Inquisitore e al suo cancelliere.
La donna, ora calva, ha il viso tumefatto ed è piegata in avanti,
dolorante, con le vesti logore.
GYORGY
THURZÓ (leggendo il verbale):
"In quel
tempo la signora diventò sempre più crudele e malvagia". Confermate
quest'ampia confessione del vostro complice Ficzko?
ILONA JOO:
Sì,
confermo.
GYORGY
THURZÓ(irridente):
Quindi
confessate i crimini, o mia calva signora Kocis, vedova di Istvàn
Nagy?
ILONA JOO:
Sì,
confesso ma non mi fate più del male, signore. Voglio solo dire che
ero costretta ad assistere alle torture della contessa!
GYORGY
THURZÓ:
Vedremo...
Qualche precisazione. Quante sono state le ragazze torturate ed
assassinate.
ILONA JOO:
Forse più
di cinquanta.
GYORGY
THURZÓ:
Ricordate
qualche nome?
ILONA JOO
(sforzandosi):
Una
ragazza di nome Zichy. Fu uccisa a Ecsed... La figlia minore di
Gyorgy Jánosy... Una ragazza di buona famiglia da Pol'any che si
chiamava... non mi ricordo come si chiamava.
GYORGY
THURZÓ:
Raccontateci le modalità delle torture.
ILONA JOO:
Faceva
tutto Darvulia.
GYORGY
THURZÓ:
E voi?
ILONA JOO:
Assistevo.
(L'inquisitore le mostra feroce uno schiacciadita). Sì ma
qualche volta applicai attizzatoi roventi nella bocca o nel naso.
GYORGY
THURZÓ:
E la
contessa?
ILONA JOO:
Alla
Bathory piaceva forzare l'apertura delle labbra con le mani per
infilarvici le dita, strappare pezzi di carne con le tenaglie o
picchiare e tagliare a pezzi.
Talvolta
arroventava delle chiavi e le premeva sulle carni tenere. Faceva lo
stesso con le monete bollenti se le ragazze rubavano o nascondevano
del denaro.
GYORGY
THURZÓ (leggendo il verbale):
A volte le
piaceva bruciare i genitali accendendo dell'olio in mezzo alle gambe
oppure usando candele accese e tizzoni ardenti. Spesso venivano
strappate le labbra della vagina... Vero?
ILONA JOO:
Verissimo!
La Bathory non si fermava neppure se ammalata! In tal caso si faceva
portare le ragazze vicino al letto, intorno al quale erano posti dei
bracieri per contenere il sangue.
GYORGY
THURZÓ:
Da chi
aveva appreso queste tecniche?
ILONA JOO:
Dal
marito, il conte Ferenc Nadasdy che le praticava in guerra coi
nemici e al castello coi servi. Fu lui a insegnarle a mettere
rotolini di carta imbevuta nell'olio tra le dita delle mani e dei
piedi per far rivenire i tormentati. Mi ricordo che il signore portò
un libro di torture praticate dai turchi e la signora, che amava
leggere, l'avrà sicuramente consultato. Comunque, nell'invenzione
dei supplizi maestra era Darvulia.
GYORGY
THURZÓ:
Quanto
duravano le torture?
ILONA JOO:
Quanto non
ricordo ma so che in casa della contessa si versò molto sangue,
tanto che spesso fui costretta a cambiarmi di abito, avendone le
vesti zuppe.
GYORGY
THURZÓ:
Addirittura?
ILONA JOO:
Certo!
Quando in presenza della padrona Darvulia picchiava le ragazze, con
più energia per farsi bella e riceverne una lauta ricompensa, il
sangue ne usciva così generoso che sul pavimento dovevamo spargere
cenere o crusca affinché venisse assorbito!
GYORGY
THURZÓ:
Dopo cosa
facevate dei corpi? E' vero che la contessa ha dato da mangiare la
carne delle sue serve ai soldati tornati dalle battaglie?
ILONA JOO:
Questo non
mi risulta.
GYORGY
THURZa:
O denegato
banchetto di Tieste! E allora ripeto. Cosa ne facevate dei corpi?
ILONA JOO:
Ma li
seppellivamo naturalmente. Io sono molto cristiana e ho preteso un
funerale religioso con tutti i crismi liturgici con tanto di
cantilene.
Buio.
Musica
di coro slovena da funerale.
13
SCENA
INTERROGATORIO DEI CORREI: DARVULIA.
Darvulia, con a fianco un soldato, sta davanti all'Inquisitore e al
suo cancelliere.
Ha gli
occhi bianchi essendo stata accecata. E' rossa in viso per i colpi,
malferma sulle gambe ma sdegnosamente cerca di mantenersi eretta.
Dalle vesti lacere s'intravedono le frustate ricevute.
Le mani
sono legate dietro la schiena con una corda che pende dal soffitto.
GYORGY
THURZÓ:
Anna
Darvela o Darvulia o Delbora o Dravulia o come diavolo vi chiamano!
ANNA
DARVULIA (sprezzante):
Darvulia.
GYORGY
THURZÓ:
Di dove
siete?
ANNA
DRAVULIA:
Sàrvàr.
GYORGY
THURZÓ:
Avete
sentito le confessioni di Ficzko e Ilona. Continuate a negare?
Guardate che la tortura come quella che voi praticavate può non aver
fine mai... Solo che noi agiamo a fini di giustizia! Un colpo di
corda!
Il
soldato tira la corda.
ANNA
DARVULIA:
Ah!
GYORGY
THURZÓ:
Un altro
colpo!
ANNA
DARVULIA:
Ah!
GYORGY
THURZa:
Confessate, dunque, strega! E interrompete la vostra inutile
agonia.
ANNA
DARVULIA:
Confesso
tutto quel che volete ma lasciatemi in pace.
A un
cenno il soldato molla la corda e la donna cade per terra.
L'inquisitore le incombe sopra.
GYORGY
THURZÓ:
Avete
partecipato ai crimini della Bathory?
ANNA
DARVULIA:
Sì, ho
aiutato la Signora a picchiare le ragazze. Se non l'avessi fatto, lo
avrebbe fatto lei e avrebbe trafitto loro le labbra con spilloni,
ustionato le piante dei piedi con cucchiai roventi e tormentato le
carni con le pinze.
GYORGY
THURZÓ:
Quindi la
vera indemoniata era lei non voi?
ANNA
DARVULIA:
Sì,
proprio così. Una volta, la Signora, troppo malata per farlo di
persona, mi ordinò di portarle le ragazze vicino al letto e poi si
mise a strappare loro con i denti grandi brani di carne dalla faccia
e dalle spalle. Un'altra volta costrinse una ragazza a mangiare
pezzi di carne tolti dal suo stesso corpo e personalmente arrivò a
bruciarle i genitali.
GYORGY
THURZÓ:
La tortura
prediletta dalla Bathory?
ANNA
DARVULIA (con occhi acuti e sadici):
Dare fuoco
a pezzi di carta infilati tra le dita dei piedi delle ragazze,
oppure far stringere in pugno alle sue serve delle monete
arroventante in modo da lasciare gravi ustioni.
GYORGY
THURZÓ:
E qual era
la procedura di entrata delle ragazze?
ANNA
DARVULIA:
Venivano
chiuse nella torre di prigionia e fatte ingrassare con la speranza
di avere, poi, più sangue a disposizione per le magie nella vasca di
bellezza effettuate al chiar di luna.
GYORGY
THURZÓ:
Eravate
voi l'artefice di quelle magie?
ANNA
DARVULIA:
Sì, io
avevo iniziato la signora. Ma poi l'allieva era diventata meglio
della maestra!
GYORGY
THURZa:
Cosa
facevate in quei rituali?
ANNA
DARVULIA:
Le
ragazze, spesso, erano obbligate a prendere parte a libidinosi atti
sessuali e quella di loro che si opponeva o dava fastidio era
torturata ed uccisa per prima.
GYORGY
THURZÓ:
Praticavate magia nera?
ANNA
DARVULIA:
Sì.
Evocavamo il diavolo con tutto quel sangue e una volta Belzebub in
persona si è disteso sulla contessa. Dopo averla ammaliata è
penetrato dentro di lei col suo enorme organo grande quanto quello
di un asino.
Rumore
di un raglio.
GYORGY
THURZÓ:
Qualcuno
ha detto di aver sentito ragliare dentro una certa stanza. E' sicura
che fosse il diavolo a copulare con la signora e non un semplice
immondo atto d'amore con una bestia?
ANNA
DARVULIA:
Lo
escludo. Quello era il diavolo in persona! E ha condotto la signora
con le sue ali infuocate in un viaggio di piacere che mai aveva
avuto in vita suo col più vigoroso degli umani.
(L'inquisitore
dà un pugno alla sventurata).
Aaaaaaaaaaaaaaaah!
La
donna crolla da un lato svenuta.
GYORGY
THURZÓ:
Portatela
via questa strega! Sarà la prima bruciare sul rogo! (Al
cancelliere) Trasmettiamo immediatamente i verbali al tribunale
per la sentenza.
Buio.
14
SCENA
LA SENTENZA DELL'OSCURO
Musica inquietante.
Dietro
in alto appare un giudice incappucciato.
IL
GIUDICE:
SENTENZA
La
contessa ha commesso un crimine terribile contro il sangue
femminile, e in ciò Darvulia, Ilona e Janos Ficzko erano complici
fidati e consapevoli. In seguito agli interrogatori dei correi le
accuse hanno dimostrato di essere fondate.
Per
saperne di più sul caso sottoposto al nostro esame, i tre correi
sono stati sottoposti a torture in occasione dell'interrogatorio.
Gli accusati hanno confermato le loro dichiarazioni e hanno aggiunto
dettagli anche peggiori sui crimini terribili commessi da Sua
Signoria, la vedova Nadasdy.
Tutti i
coimputati davanti alla corte, nelle confessioni rilasciate sponte o
anche sotto la tortura, danno prove inconfutabili della colpevolezza
dell'accusata, che supera ogni immaginazione per i molti omicidi e
assassini in numero di almeno seicentoquindici e per le particolari
torture, per le crudeltà di tutti i tipi e per la malvagità.
E poiché a
questi crimini gravissimi dovrebbero essere comminate le pene più
severe, Noi abbiamo deciso - e con la presente sentenza decretiamo -
che, considerando in primo luogo Ilona e in secondo luogo Darvulia
come le persone maggiormente implicate nei crimini di sangue e come
assassine, la sentenza sia che tutte le dita delle loro mani (che
esse immersero nel sangue cristiano di innocenti) vengano strappate
dai carnefici con le pinze di ferro, e che siano poi arse vive sul
rogo.
Janos
Ficzko viene invece condannato alla decapitazione, poiché la sua
giovane età e il minore coinvolgimento nei fatti ascoltati mitigano
la sua colpa. Solo il corpo senza vita verrà messo al rogo con le
altre due persone condannate.
Per la
contessa Erzsébet Bathory si statuisce la condanna a morte,
commutata per lo stato nobiliare, negli arresti domiciliari sine
die.
Detta
sentenza è stata pronunciata pubblicamente e le condanne verranno
eseguite immediatamente. Affinché serva come ampia testimonianza ed
esempio per tempi futuri, il presente documento è firmato di nostra
mano e suggellato con il nostro sigillo. Ordiniamo che venga
consegnato a sua eccellenza il conte palatino Gyorgy Thurzó. A. D. 7
gennaio 1611.
Effetto
rogo con fuoco e rumori delle fascine abbruciate tra urla straziate
delle due megere giustiziate.
15
SCENA
EPILOGO
LA CELLA DEI LIDERC
Verso
dei gufi e dei corvi.
Abbaiare di cani da guardia lontani.
Guaire
di volpi.
Erzsébet, magra ed emaciata, ascolta attentamente. Poi trascinandosi
in cella si porta vicino alla fessura dove c'è un piatto col cibo.
ERZSEBET
BATHORY:
Sento
scendere, lontanissime, lacrime dalla luna e solo qualcuna come
un'umidità sottile mi raggiunge infiltrandosi tra i merli, le
stanze, fino a raggiungere tra queste fessure le mie mani. (Viene
in proscenio). Guardate le mie mani, quanto sono fredde!
Rumori
di pipistrelli.
ERZSEBET
BATHORY (scacciando i pipistrelli che sembrano volerla assalire):
Andate via
creature della Notte! Via!
Rumore
di pipistrelli calante.
ERZSEBET
BATHORY:
A che vale
scacciare questi vampiri? Essi torneranno. Ma intanto creature ben
più orrende mi si annidano nella testa. Ero piccola e mia zia Karl
mise a covare sotto le mie ascelle il primo uovo di due galline
nere, generando i liderc. Esseri mutanti che in tutta la mia vita
mi hanno assalito nelle forme più strane, ora dandomi la gioia e la
ricchezza, ora il sangue e il dolore. Fino a murarmi qui, viva in
questa cella, per succhiarmi giorno dopo per giorno la linfa della
mia memoria ed impedirmi di ricordare ciò che accadde realmente.
(Spostandosi
sul proscenio)
La verità,
come la vita, è solo una foglia che vola nell'aria.
Cos'è vero
e cos'è falso? Erzsébet Bathory, la contessa sanguinaria è colpevole
o solo la vittima di un complotto di signori e di giudici per
liberarsi della potentissima?
E se
colpevole, lo fu veramente? Il germe della pazzia fece capolino ben
presto nella mia vita; sin da piccola soffrivo d'emicrania,
epilessia ed ero presa da collere incontrollate. E quando avvennero
i fatti addebbitatimi ero in preda a gravi malesseri da menopausa,
che mi davano instabilità d'umore e angosce improvvise...
Vero,
falso, colpevole, innocente, incapace d'intendere e volere... Non lo
so. Sono stanca e non voglio più saperlo.
Rumori
di pipistrelli montanti mentre assalgono di nuovo Erzsébet che si
difende ancora un poco, poi mette giù le mani e si arrende.
ERZSEBET
BATHORY:
Lascerò
che i liderc e i vampiri volanti compiano il loro dovere cancellando
per sempre con la vita i miei ricordi risucchiati fino in fondo.
Rimarrò
solo una pallida ombra e si racconterà di me ai bambini per farli
spaventare ed andare a letto senza disturbare i grandi.
Rumori
di pipistrelli montante al parossismo in sincrono col pazzo pulsare
del cuore.
Rumore
di una campana amorte.
Erzsébet crolla a terra e rimane immota a occhi aperti.
Il
rumore dei pipistrelli e del cuore si attenua fino a smorzarsi.
Verso
dei gufi e dei corvi.
Abbaiare di cani da guardia lontani.
Guaire
di volpi.
Cigolare della porta.
Entra
il carceriere con una maschera di ferro in faccia. Solleva il piatto
del cibo che constata intatto e mette la testa sul cuore della
contessa.
IL
CARCERIERE (rialzando la testa):
La
contessa è partita. Senza luce, senza crocifisso. Cosa rimarrà di
lei: forse (carezzando i capelli della morta) un ciuffo di
capelli, attaccato a un teschio polveroso, (carezzando le vesti
lacere) qualche brandello di taffetà o di cambrì. Forse un
pezzetto di sudario o... forse nulla! Ma di sicuro Elizabhet Bathory
passerà attraverso i giardini fatati della Transilvania, per il suo
ultimo viaggio: l'inferno dei vampiri in terra, là oltre le foreste,
l'aspetta. (Chiude gli occhi della contessa)
Buio.
Va "Hungarian
lullaby" chiuso da una risata agghiacciante.