Erzsebeth Bathory
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ERZSEBET BATHORY LA CONTESSA SANGUINARIA

 

                                                                         

Dramma di Elizabhet Bathory la cui storia sfuma nella leggenda, condita di tradizioni popolari tanto da diventare un personaggio di culto dell'immaginario vampiresco. L'opera affronta un dilemma posto dalla storiografia quello se sia vera la configurazione di Elizabeth come una delle più crudeli serial killer della storia. Come gl'inquisitori e il potere ecclesiastico crearono le  streghe e il loro mondo, è possibile che l'attribuzione di ben 650 vittime alla contessa da parte dei giudici magiari fosse solo l'esito finale di un complotto. Questa donna nell'Ungheria del tempo era diventata assai ricca e potente e quindi non è inverosimile che vi fosse chi, come contro i templari, tramasse ai suoi danni.

L'intreccio politico-giudiziario si fonde al vampirismo  e  al tema del dolore in colei che, colpevole o innocente che fosse, rimaneva una creatura, sensibile, fragile, forse gravemente malata comunque bisognosa d'amore nel terrore di vedere dissipare la sua bellezze e di dover morire.

La tecnica di racconto è quella di un Rashomon realizzato non attraverso divergenti racconti di imputati e testi, ma nelle nebbia della memoria dell'unica vera indiziata, Elizabeth Bathory. La contessa, murata viva per tre anni e in preda al lavaggio del cervello dell'Inquisizione, rievoca i fatti sulla falsariga della ricostruzione dei giudici storici, ma non sa più qual è la verità e quale il falso.

 

ATTORI 16

MASCHI 8

FEMMINE  8

 

 

 

               ERZSEBET BATHORY LA CONTESSA SANGUINARIA

 

                  di Gennaro Francione                                           

 

 

"Tutti possiamo essere vampiri, oggi; bramiamo la longevità, l'immortalità, ed esse ci vengono offerte sotto forma di chirurgia estetica e di criogenia" (Tony Thorne, La contessa Dracula, Mondadori, Milano 1998, pp. 13-14)

 

"La fatica fiorisce o danza dove il corpo

non si tortura mai per compiacere l'anima,

né la bellezza nasce dalla sua disperazione,

né la saggezza degli occhi cisposi

dalla lucerna di mezzanotte"

(William Burter Yeats)

 

                              PERSONAGGI

 

ERZSEBET BATHORY: la contessa del Castello Csejthe (Cachtice)

ILONA JOO:  la vecchia balia

FERENC NADASDY: il marito della contessa

JANOS UJVARY (DETTO FICZKO): il factotum maggiordomo nano

ANNA  DARVULIA: la fattucchiera, iniziatrice alla magia nera

THORKO:  il servo di Darvulia, aiuto stregone

POLA: la  prima serva

DOROTTYA: la  seconda serva

KATALIN BENECKA: la terza serva (lavandaia)

GYORGY  THURZa: il conte cugino di Erzsébet e governatore della provincia, inquisitore

DUE SOLDATI

DUE PREFICHE

IL GIUDICE

IL CARCERIERE

 

                              ATTO PRIMO

 

                          LA MOGLIE INFRANTA

 

1        SCENA

 

                                PROLOGO

 

                            LA VAMPIRA SOLA

 

 

Buio.

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Una cella. Dalla quinta di destra un flebile spiraglio di luce.

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Al centro scena su una sedia Erzsébet Bathory, la bella proprietaria del castello di Csejthe, nella contea di Nyitra, in Ungheria.

Indossa un corpetto squadrato su una gonna ampia. Gli occhi castani sono grandi, la fronte alta, il naso finemente cesellato, le labbra volitive ed ostinate a dimostrare una personalità da sirena e un cuore selvaggio. Ha i capelli nero brillante e una pallida carnagione con le mani bianche. E' debole, emaciata, sofferente.

Tra le mani giocherella con una chiave, inutile visto che la porta è stata murata.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Mi hanno murato viva in questa cella. Perché non uccidermi invece di infliggermi la beffa di un ergastolo ostativo alla vita? Meglio morire che vivere in questa condizione disumana,  peggio di un gallo in un pollaio che almeno non ha coscienza della sua cattività.

Mi hanno rinchiusa dichiarandomi colpevole di atrocità immonde in capo a 650 ragazze! Puah! 650! Cosa non fa il potere pur di sbarazzarsi di una donna diventata potente, ricca, ingombrante...

Ma sarò stata davvero un'assassina seriale? Sono da due anni rinchiusa qui dentro e ormai non so più quale la verità e quale la menzogna... Talora penso che quanto mi hanno ascritto sia tutto vero... Ma poi basta un soffio (fa un soffio) e tutto si ribalta. Potrebbero aver costruito talmente  bene la mia responsabilità che ho cominciato nella follia dell'obnubilamneto a crederci anch'io.

Se tutto fosse falso, il vero mostro non sarei io ma si anniderebbe nella mente degl'inquisitori i quali, sobillati dal potere, hanno costruito attorno a me una vergine di Norimberga. Il sarcofago in cui mi hanno rinchiusa viva l'hanno armato di mille lance acuminate per trafiggermi la mente con prove false, testi subornati,  chiamate di correità svestite, coi corpi dei presunti complici marcati col sangue della tortura per far dire loro quello che i giudici volevano dicessero... Tutto pur di affermare la mia colpevolezza in maniera così irrefragabile che il mio ricordo d'innocenza vacilla.

 

Si porta vicino allo spiraglio di luce e sembra voglia cibarsene.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Già alla luce la vita è piena di ombre. Ora in questa cella dove mi hanno murata  e ristretta, le ombre si aggiungono alle ombre e vivo l'apocalisse della memoria.

Perciò non ricordo più se quanto rievoco alla mente è verità o falsità.

Fui io davvero un'assassina truce e seriale o solo una padrona severissima come tanti, talora anche crudele coi servi su cui ogni proprietario ha oggi potere di vita, tortura, morte. Potere di cui non ricordo di aver abusato.

Davvero sono una pluriomicida sanguinaria o le prove a mio carico sono solo il furto di uno stratagemma del potere che mi ha cucito addosso crimini, numerosi, truci, ridondanti per liberarsi di me?

 

Rumori di pipistrelli.

Con le mani Erzsébet scaccia via animali che sembrano vogliano assalirla.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Maledetti vampiri! Andate via! Lasciatemi in pace!

 

Rumore dei pipistrelli che si attenua fino a scomparire.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sono tre anni che vivo qui... vivo? Ah! Vivo?! Muoio in questa cella  e l'unico mio contatto col mondo esterno sono le ore segnate dal canto del gallo, le campane che rintoccano nel passaggio del tempo ricordandomi la gioia della festa o il dolore della morte.

 

Rintocco delle campane a morto.

Si apre una fessura ai piedi del muro da cui filtra la luce. Una mano si allunga.

 

LA VOCE DEL CARCERIERE:

 

Contessa, il cibo.

 

Erzsébet si porta come una belva a toccare la mano quasi più interessata che al cibo. La mano si divincola e il carceriere chiude in fretta lo spioncino.

Erzsébet prende la ciotola e se la porta al centro scena ove si accovaccia.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

L'unico contatto che mi è rimasto con un essere vivente è quella mano. Quella meravigliosa, unica, benedetta mano...

 

Si butta sul cibo e mangia disperata con le mani.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Ora mangio come un bestia. Peggio! Ma un tempo non fu così.

 

Dissolvenza lenta verso i buio.

Musica nostalgica slovena.

 

2        SCENA

 

                         IL TEMPO DELLA BALIA

 

Luce.

Anno 1595.

Una stanza del castello con pareti, formate da spessi muri bianchi.

Una porta massiccia sulla quinta di destra. Un'altra più piccola a sinistra con a fianco un piedistallo con catino per lavarsi e uno specchio.

Un piccola finestra in alto sul fondale a sinistra da cui filtra una luce crepuscolare. Sotto una cassapanca di legno levigato, con un'elaborata serratura asiatica in metallo. Sulla cassapanca un liuto.

Alle pareti  sul fondale un arazzo fiammingo; a quelle laterali quadri di antenati e trofei di caccia.

Erzsébet è seduta, faccia al pubblico,  a un tavolino al centro destra riccamente imbandito con piatti (gallo cedrone, vitello, pesce persico), brocca e coppe in argento.

Al dito mignolo la contessa porta un anello vistoso; addosso perle, a indicare nobiltà di carattere e ricchezza.

Sulla sua testa pannelli di ceramica dai colori brillanti con ai lati due angeli gotici in pietra.

Accanto a sinistra una sedia.

Per terra un tappeto turco.

La vecchia fedelissima balia Ilona Joo le versa del vino.

Ilona è alta, robusta, intraprendente, amorevole.

 

ILONA JOO:

 

Bevete signora, bevete. Così vi riprendete (Erzsébet fa solo un sorso) Oggi vi vedo triste... Avete mangiato poco e neppure avete voglia di bere come al solito. (Si siede) Voi che pure il mezzo litretto ve lo fate (Sghignazza ma la contessa non reagisce, assente) Erzsébet cosa vi cruccia?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sono infelice Ilona...

 

ILONA JOO:

 

Confidatevi con me padrona. (Toccandosi il seno) Fidatevi di questo seno che vi allattò e parlate liberamente affinché io vi aiuti o, se ciò che vi sia di ausilio non è in mio potere, quanto meno possa alleviarvi l'ambascia ascoltandovi...

 

Erzsébet fa un altro sorso e si leva.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Forse mi farà bene, Ilona, ripercorrere con voi la mia vita fino ad ora. Oltre alla resa dei conti ultima, quella con la Signora del Libro e della Falce,  è utile un rendiconto periodico della vita di ciascuno fatto a persona vivente e fidata come voi. Sì, Ilona. Partirò dalla mia infanzia...

 

Va "Hungarian lullaby".

Erzsébet si inginocchia e, languida, mette la testa sulle gambe della balia.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Beato il tempo, mamma Ilona, in cui suggevo dai vostri capezzoli, ebbra di latte puro e priva ancora della memoria che ti dilania l'anima, come fa coi corpi, a sangue, lo staffile a nove code uncinate.  

 

Si ferma "Hungarian lullaby".

Erzsébet leva il busto.

 

ILONA JOO:

 

Tutta la vostra infanzia fu felice, Erzsébet.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Non tutta.

 

Si leva e viene in proscenio.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Papà, il conte Gyorgy, era un brav'uomo e cercò di assicurarmi una pargolezza tranquilla. E mamma  Anna... provvide a darmi con l'aio Imre Balogh un'ottima educazione: a undici anni conoscevo la Bibbia e la storia d'Ungheria. Sapevo leggere e scrivere in ungherese, latino e greco.

 

ILONA JOO:

 

Sì come nessuna fanciulla vostra pari riusciva a fare...

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Eppure Ilona non era tutto oro quel che luccicava. Mi tenevano nella bambagia, chiusa nel castello, quasi a volermi tenere lontana dai mali del mondo. Eppure quei mali non stavano fuori le mura, ma insinuavano tra i merli, entravano nelle nostre stanze, si nascondevano negli alti soffitti a mo' di pipistrelli capovolti pronti a scattarti addosso e a succhiarti il sangue...

 

ILONA JOO:

 

Quali mali?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Potevo avere sei anni  quando fui testimone di un fatto il cui ricordo mi segna ancora come una ferita che non si rimargina. Un gruppo di zingari fu invitato al castello per intrattenere la corte e uno di essi venne condannato a morte per aver venduto i figli ai turchi.

 

Urla agghiaccianti.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Le sue grida lamentose echeggiarono nel castello attirando la mia attenzione. Avevo sentito  da papà che doveva essere  giustiziato ed ero animata da una morbosa curiosità. Vedere com'era fatta la morte. All'alba fuggii dal castello per vedere la condanna.

 

Ilona si alza  e viene in proscenio ad ascoltare meglio.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Alcuni soldati tagliarono il ventre di un cavallo legato a terra, il condannato venne preso e infilato nella pancia della bestia. Rimase fuori solo la testa e (Urla ripetutamente) urlava urlava urlava fin quando un soldato gli spinse il cranio dentro e, aiutato dagli altri che lo tenevano ben fermo, ricucì il ventre del cavallo. (Fa un urlo in forma progressivamente attenuata) Le urla si attutirono e pian piano si spensero  all'interno di quello strano mostro, centauro equino con uomo in pancia.

 

ILONA JOO:

 

E' orribile!

 

ERZSEBET BATHORY (ride istericamente):

 

Sì, da allora io temo quella prigione: essere sepolta viva mi atterrisce. Piuttosto, meglio morire subito!

 

ILONA JOO:

 

Un incubo reale, signora, che si aggiunge a quelli notturni. Liberatevene non pensandoci. Io così faccio.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì, ci proverò. E forse ci riuscirò un giorno. Ma giammai potrò scacciare l'incubo del nonno.

 

ILONA JOO:

 

Il nonno?!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì, il nonno...  Ora posso dirtelo, Ilona. Quand'ero piccola mi mise le mani addosso.

 

ILONA JOO (con le mani alla bocca):

 

Cosa dite, signora?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì più volte, ho subito da lui violenze sessuali.

 

Va a rincantucciarsi nella porta di sinistra, tallonata da Ilona.

 

ILONA JOO:

 

Perché non parlaste? Perché non lo denunziaste a vostro padre?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

E come potevo? Ero piccola, indifesa. Non mi avrebbero mai creduta, anzi papà avrebbe potuto reagire violentemente contro di me. Quando si raccontano questa cose è sempre la bambina che le inventa! E poi... avevo vergogna. Quasi fosse una mia colpa.

 

3        SCENA

 

                         DISILLUSIONE D'AMORE

 

Entra da destra Janos Ujvary, detto Ficzko, il fido maggiordomo nano, con una lettera in mano.

Indossa un giubetto di velluto verde, pantaloni lunghi e stretti, scarpe a punta. Ha occhi vivaci,  baffetti ispidi e una barba riccioluta.

Va incontro alla contessa che si riporta al centro proscenio.

 

FICZKO (consegnando la missiva):

 

Contessa. Una lettera per voi.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Chi la manda?

 

FICZKO:

 

La signora contessa Orsola.

 

ERZSEBET BATHORY (masticando tra i denti):

 

Quella maledetta di mia suocera!

 

Ilona fa per uscire a sinistra ma Erzsébet le fa cenno di restare.

Apre la lettera e legge.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Domani arriverà il conte Ferenc.

 

ILONA JOO (avvicinandosi):

 

Siete contenta contessa?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

No. (Carezza Ficzko che chiude gli occhi, gradendo, mentre Ilona mette la mano sulla bocca) Io odio mio marito!

 

ILONA JOO:

 

Attenta signora! (Con un cenno a Ficzko) Orecchie indiscrete potrebbero sentirvi.

 

ERZSEBET BATHORY (sorniona):

 

Intendete forse (carezzando le orecchie a punta di Ficzko come se fosse un cucciolo, tant'è che il maggiordomo mette la lingua fuori e respira ansimando compiaciuto) le orecchie di Ficzko?

 

ILONA JOO:

 

Anche...

 

ERZSEBET BATHORY (sorridendo):

 

Io mi fido del mio maggiordomo più di me stessa. Dopo di voi, naturalmente mia tata amata. E poi (mette le mani alla gola di Ficzko) se il mio amato nanerottolo (gli da un bacio in bocca) mi tradisse prima che il conte Ferenc mi trafiggesse il cuore col suo pugnale, taglierei io stesso questa testolina con le mie stesse mani! (Spinge via Ficzko che quasi scodinzola spaventato).

 

ILONA JOO:

 

Un tempo era la vostra letizia, Erzsébet, la venuta dello sposo che perpetuava la gloria della vostra stirpe...

 

FICZKO (portandosi in proscenio):

 

In Erzsébet Bathory c'era l'orgoglio gioioso della sua dinastia guerriera. Un tempo  l'ineguagliabile Vid Bathory uccise a mazzate un drago nelle paludi di Ecsed. E, oltre un secolo fa suo zio Stephen Báthory, l'ex re di Polonia, combatté valorosamente  al fianco di Vlad l'Impalatore, aiutandolo a riconquistare la Valacchia in sanguinosi e violenti massacri. Oggi lei è nientemeno la cugina del primo Ministro Gyorgy Thurzó!

 

ILONA JOO (in proscenio):

 

E come poteva Erzsébet non andare orgogliosa di suo marito, "l'eroe nero d'Ungheria", per il suo coraggio durante le battaglie contro gli invasori turchi?

 

ERZSEBET BATHORY (facendosi strada tra la balia  e il servo, in proscenio):

 

Sì un tempo gioivo quando rientrava da una campagna di guerra il castellano Ferenc coi suoi soldati.

 

Ficzko prende il liuto dalla cassapanca e suona.

 

FICZKO:

 

Fremeva d'amore la bella Berenice,

novella sposa di Tolomeo d'Egitto,

al che promise agli dei dono della chioma,

se il marito ritornato fosse salvo

e vincitor dalla guerra d'Asia.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Vi proferisco, o numi, la mia chioma,

se sorte date che mio marito torni vivo,

e in picciol tempo riposi sul mio cuore.

 

FICZKO (venendo in proscenio):

 

Tolomeo non solo ritornò vivo, ma vincitore. In adempimento del voto la chioma fu appesa al tempio di Venere, ed indi a poco nottetempo involata. Prendeva il re gravissimo dolore di questo sacrilegio, quando Conone astronomo disse, per consolarlo, che la chioma era stata traslocata in cielo... (Alzando il dito verso la finestra e  descrivendo un triangolo) E verso la coda del leone indicò sette stelle in figura triangolare, che prima si appellavano costellazione della spiga, che egli novellamente nominò Chioma di Berenice.

 

ILONA JOO:

 

Che romantico!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì. Un tempo fremevo per la sorte di Ferenc.

 

Erzsébet si porta accanto alla porticina dove prende lo specchio.

 

ERZSEBET BATHORY (guardandosi allo specchio e ravviandosi i capelli):

 

Mi faccio bella,  marito mio. Tu torni dalla guerra ed è giusto che ti prepari io stessa un pasto stravagante con squisitezza. Lo farò venire da Vienna...  E poi... (Levando in alto lo specchio) Evviva! La festa ritorna al castello!

 

Va in escalation una ballata medioevale, con Ficzko al liuto.

 

ILONA JOO:

 

Si ballava, si mangiava in abbondanza, ci si ubriacava col vino che scorreva a fiumi.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì, si faceva baldoria nella gioia della vittoria e della vita salva dei nostri cari tornati dal fronte. Il ritorno dei guerrieri era fonte di gioia che ci resuscitava dalla monotonia del maniero. (Pausa lunghissima) Ora non più.

 

Va in décalage la ballata medioevale.

Erzsébet si porta vicino a Ficzko che depone il liuto e lo bacia. Poi lo spinge via e  sbatte lo specchio sul tavolo.

 

ILONA JOO:

 

Bei tempi.

 

FICZKO:

 

Tempi d'oro!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Tempi che non ci sono più. Il vecchio Tamás è morto... Almeno era simpatico. Sua moglie, l'odiosa suocera Orsola, è insieme strega e badessa acida. E anche il ritorno dello sposo dalla guerra ha la stanchezza dei passi ripetuti cento, mille volte che non danno più gioia...

 

ILONA JOO:

 

Rimane l'amore Erzsébet. Rimangono i quattro figli avuti dal conte Ferenc.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

L'amore? I figli?

Ilona ora mi confesso: io non ho mai amato quell'uomo.  Ero piccola, avrò avuto undici anni quando mio padre mi promise  ufficialmente in sposa a lui tredicenne.  (Si porta sotto la finestra a  guardare di spalle al pubblico un punto lontano)

 

ILONA JOO (in a parte):

 

Durante la permanenza nella casa dei suoceri, a circa 14 anni, Erzsébet ebbe un rapporto d'amore col nobile Laszlo Bende. Nobiltà minore, uno di quei signori dei sette prugni che - ahimè - la ingravidò. Per evitarle lo scandalo le fu sottratto il bambino alla nascita. Nessuno ha mai saputo se il piccolo fu ucciso o dato alla famiglia di un contadino...

 

ERZSEBET BATHORY (girandosi):

 

Il matrimonio con Ferenc venne combinato dai nostri padri affinché la favolosa eredità della famiglia Dragffy non andasse dispersa. Nella dote anche questo castello di Cachtice, con i diciassette villaggi circostanti, una rocca sinistra immersa nell'oscurità dei boschi d'Ungheria.

 

ILONA JOO:

 

Qualunque donna, nobile o popolana, invidierebbe un matrimonio come il vostro, signora. Il giovane e valoroso Ferenc Nadasdy è il rampollo di una delle famiglie più potenti e ricche d'Ungheria!

 

ERZSEBET BATHORY: 

 

Invidia? (Al pubblico) Nobili e popolane, ve lo regalo io il buon conte Ferenc! (Tra sé) Il matrimonio è stato l'inizio dell'inferno coniugale in terra. Io sposata vedova  a un marito morto essendo ancora vivo. Non lo amavo ma almeno speravo di avere una persona, un vero marito che mi fosse vicino. Neppure quello...  Partiva, tornava, partiva, ritornava  e ripartiva per la guerra... Ancora, ancora, ancora...

 

ILONA JOO:

 

Egli vi amava...

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Amare? E lo chiamate amore la voglia di possedermi come una cosa sicura, a distanza.  Talvolta è vero dal fronte mi mandava incantesimi di magia per rinforzare il mio amore.... disincantato! Malgrado  la ricchezza, la  gloria  e la nobiltà non sono stata mai felice, Ilona.

 

FICZKO:

 

Il potere del denaro è tollerabile finché con esso si può comprare la terra ma non quanti la abitano.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

E, se non c'è vero amore, giammai una donna può essere felice.

 

ILONA JOO:

 

I figli! I figli! Gioite, signora, di questi fiori radiosi!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Figli?! Io li amo i ragazzi e li proteggo (Sghignazza) Ma quanto al consorte, quattro strappi alla mia vagina per un desiderio che giammai ho avuto di lui.

(Girando come forsennata in scena, isterica)

Detesto l'atmosfera cupa e opprimente di questo castello! Non sopporto la vecchia petulante Orsola! I figli che piangono quando ho sonno li ammazzerei a uno a uno! E quanto a Ferenc, animalesco e brutale nel quotidiano e nell'amplesso veloce che mai mi soddisfa,  se potessi liberarmi di lui una volta per tutte sarei l'essere più felice del mondo!

 

ILONA JOO:

 

Oh!

 

Ilona si mette la mano alla bocca e si fa il segno della croce.

Erzsébet si avvicina ancora a Ficzko, lo abbraccia, lo stringe forte a sé chiudendo gli occhi e godendo.

Rivà la ballata medioevale.

Buio.

 

4        SCENA

 

IL RITORNO DELL'EROE NERO

 

Luce.

In scena Erzsébet tra le braccia del marito che la bacia mentre lei se ne sta fredda con la faccia di lato a lasciarsi fare.

Il conte, nero di barba, di occhi e di pelle, è un grassone, ricoperto da un caffettano scuro. Ha  lo sguardo inquieto del guerriero impaziente di ritornare nella mischia.

 

FERENC NADASDY (staccandosi):

 

Cara mi sei mancata.

 

ERZSEBET BATHORY (spingendo via delicatamente il consorte):

 

Troppo tempo e troppe volte state via dal castello, conte. (In proscenio) Un vuoto di voi impregna queste stanze, pesante per vostra moglie e i vostri figli. Là fuori sembrano non passare mai le torride estati coi campi bruciati dal sole infuocato. E danno il senso di un sudario di morte il bianco e il nero dell'inverno, quando il gelo stringe in una morsa le foreste desolate e i villaggi muti, rotti talvolta dagli ululati sinistri dei lupi che reclamano carne umana. (Pausa sognante, poi si riavvicina a Ferenc) Siamo felici che il vostro corpo sia tornato salvo ma noi reclamiamo la vostra anima  e il vostro affetto quotidiano, marito conte!

 

FERENC NADASDY:

 

La guerra coi turchi depone  a nostro favore e spero che la prossima campagna sia l'ultima.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Dite sempre così. Ma ogni volta mostrate il desiderio di ripartire quasi che fuggiste dalla famiglia...

 

FERENC NADASDY:

 

Cosa dite, Erzsébet? Vi ha dato di volta il cervello? (Spinge via la moglie in malo modo ed esce da destra)

 

Erzsébet si riporta in proscenio.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì forse mi salta la testa con la mancanza d'amore di quest'uomo freddo, rude e... vero guerriero solo sul campo di battaglia ma non tra le mie braccia.

Vorrei un rimedio... Non posso vivere così infelice per il resto della vita. Mi rivolgerò un'altra volta a Darvulia. Sì. Lei è un'esperta megera capace di affatturare uomini, bestiami e campi. Già mi aiutò con una pozione miracolosa quando, dopo dieci anni di matrimonio, non riuscivo ad essere incinta di Ferenc. Chissà che non sia in grado per me di produrre un intruglio d'amore per lui. (Pausa meditabonda) Per un ultimo tentativo d'amarlo è necessario che egli ami me e stia vicino a me. Giorno dopo giorno e per sempre.

 

Ballata medioevale inquietante fino allo stop e al buio.

 

5        SCENA

 

                        IL CERCHIO DEL DEMONIO

 

Luce. La catapecchia di Darvulia.

Sul lato sinistro una cucina-camino con dentro fuoco e un pentolone fumante. A terra di lato un paio di brocchette.

Anna Darvulia, la fattucchiera, è bella e selvaggia.

Thorko,  il  servo di Dravulia, è l'aiuto stregone. Un uomo di mezz'età, non bello ma virile, con barba incolta, occhi grandi, naso lungo e labbra sensuali.

Sono seduti i due con Erzsébet attorno a un tavolaccio pieno di aggeggi magici (bambolina con spilloni, erbe,  mortaio con pestello, una rana morta, un ricettario sgualcito, un bottiglione con  dentro liquido color ambra).

 

ANNA DARVULIA:

 

Potete parlare tranquillamente contessa. Torko è il mio servo: fidatissimo. Lui ed io siamo la stessa cosa.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Due corpi in uno!

 

ANNA DARVULIA  (lanciando a Torko uno sguardo sensuale che ricambia sornione):

 

Proprio! Allora qual è il vostro problema signora?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Mio marito è tornato gravemente turbato dalla guerra. S'infuria continuamente e non mangia nulla. Non vuole più vivere con me come un tempo in tutti i sensi... capite?

 

ANNA DARVULIA - THORKO (in coro):

 

Capiamo!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Potete darmi una pozione per renderlo di nuovo gentile e affettuoso?

 

ANNA DRAVULIA:

 

Posso fare questo per voi, signora, ma mi occorre uno speciale ingrediente.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Quale?

 

ANNA DARVULIA:

 

I peli dell'orso della luna crescente.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

I peli dell'orso della luna crescente? E dove li prendo?! Voi non ne avete?

 

ANNA DARVULIA:

 

Purtroppo li ho esauriti. 

 

THORKO:

 

E in ogni caso è chi vuole la fattura d'amore a doverseli procurare. 

 

ANNA DARVULIA:

 

Bravo!  (A Erzsébet) Dovete, dunque, arrampicarvi su per la montagna, trovare l'orso nero e portarmi un pelo della luna crescente che ha sulla gola. Allora potrò fare la pozione magica e darvi quello che vi occorre. Vedrete: la vita tornerà ad essere bella.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Mi chiedete una cosa impossibile, Anna.  Come potrei mettermi in cerca dell'orso nero? Io fragile donna...

 

ANNA DARVULIA:

 

Voi volete riavere l'amore di vostro marito? Volete far sì che colui che è un topolino a letto diventi un leone come lo è in battaglia?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Certo! Ho anche provato i rimedi della... nonna!

 

ANNA DARVULIA:

 

E sarebbero?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Una vecchia serva mi ha suggerito prima di insaporire i piatti con erba rossa e vischio e poi di mescolare lucciole al suo cibo...

 

ANNA DARVULIA (con aria disgustata):

 

Puah!

 

THORKO:

 

Quella strega è solo una magheronzola che scambia lucciole per lanterne!

 

ANNA DARVULIA:

 

Ben detto!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Per la verità un poco funzionava. Anche se poco soddisfacente mi accontentavo di quel che Ferenc, frettoloso, mi dava e in qualche modo mi sentivo donna. Ora anche quel po' di sesso mi nega e mi sento svuotata di ogni femminilità.

 

ANNA DARVULIA:

 

Allora c'è una via più radicale da seguire che è doppia.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Quale?

 

ANNA DARVULIA:

 

Una è l'elisir di lunga giovinezza per restare bella in eterno,  desiderata da vostro marito e dagli altri uomini.

(Darvulia prende dell'erba dal tavolo e la dà alla signora) Prendete questa e passatela sul volto ogni mattina quando vi svegliate. La pelle rimarrà fresca e giovane.

 

Erzsébet strige l'erba tra le mani.

 

ERZSEBET BATHORY (delusa):

 

Solo questo? Un altro rimedio della nonna?

 

THORKO:

 

Calma. E' per cominciare...

 

ERZSEBET BATHORY:

 

E l'altra via?

 

ANNA DARVULIA:

 

Bisogna risvegliare il sesso che è in voi prima che in vostro marito. Vedete, contessa, voi avete scelto la via di Dio, del sacro coniugio e del sesso impotente. Ora il demonio vi può salvare.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Il Demonio?!

 

ANNA DARVULIA:

 

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Non vi spaventate: il diavolo non è mai così brutto come lo si immagina.

 

Thorko fa delle facce spaventose.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Cosa intendete dire?

 

ANNA DARVULIA:

 

Vedete Torko?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì.

 

ANNA DARVULIA:

 

Vi piace?

 

Thorko fa un'espressione dolce.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Molto virile, simpatico, interessante.

 

ANNA DARVULIA:

 

Toccatelo!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Toccarlo!?

 

ANNA DARVULIA:

 

Sì carezzatelo, palpatelo, fate quel che volete...

 

Erzsébet esegue e chiude gli occhi percorsa da un brivido.

 

ANNA DARVULIA:

 

Vedete? Vi dà gioia. Ebbene lui è il diavolo. Un amante bravo, appassionato, instancabile.  Amatelo!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

No! No! No!

 

ANNA DARVULIA:

 

Coraggio. Vi do una mano io!

(Prende un infuso contenuto in una brocchetta vicino al camino e lo dà Erzsébet)

 

ERZSEBET BATHORY (esitante):

 

Cos'è?

 

 

 

 

 

 

ANNA DARVULIA:

 

 

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Belladonna! (Levando la brocchetta) Scendi su di lei Belzebub caldo come una lepre, cieco come un pipistrello, secco come un osso, rosso come una barbabietola e matto come un cappellaio! (Sghignazza) Bevete! Bevete! Farete un volo meraviglioso.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì bevo.

 

Musica estatica montante zigana con pifferi, piatti, cornamuse e koboz, le chitarre ungheresi.

Erzsébet beve.

La musica retrocede. Erzsébet è illanguidita.

Darvulia la aiuta a toccare Torko in parti intime con vivo piacere della contessa.

 

ANNA DARVULIA:

 

Così così... (Anche Darvulia prende a baciare Torko il quale ricambia per poi passare a baciare Erzsébet che, ad occhi socchiusi, comincia a ricambiare)

 

ERZSEBET BATHORY (riaprendo un poco gli occhi e con sforzo fermando il gioco):

 

Sono insicura.

 

Darvulia e Thorko incombono sulla contessa.

 

ANNA DARVULIA:

 

Scaccia via le ombre, Erzsébet! Cosa temi da quest'orgia col demonio? (Irridente) Non è forse tua zia Klara, quella signora così distinta...lesbica, orgiaiola  e strega?  Quella pazza  prelevava i suoi amanti da tutte le strade dell'Ungheria e sbatteva le cameriere sul suo letto per praticare porcherie immonde! (Sghignazza)

 

THORKO:

 

E tuo zio Zsigismond il marito, l'alchimista... Lo sanno tutti che è nato con le mani insanguinate... Oh satanasso! Davvero egli è un servitore del diavolo...

 

ANNA DARVULIA (al pubblico):

 

Mentre la nutrice lo lavava in un catino si tramutò in pesce sfuggendo alla sua presa! Ma non sfuggì di certo alle mani fatate dell'amante di Klara, il grande violinista di corte Mihaly Varday  (Fa il rumore del violino con la bocca per poi serrare le mani sulla bocca di Thorko) che lo soffocò a letto, per non essere ammazzato a sua volta una volta scoperta la tresca con la moglie...

 

THORKO (a Erzsébet, canticchiando un inno religioso):

 

Per non parlare di quel depravato del tuo fratellino István  Ecsedy Bathory:  nessun bambino maschio o femmina che venga in contatto con lui può essere considerato sicuro, soprattutto quando ha alzato il gomito... (Beve dal bottiglione e riprende a canticchiare l'inno religioso con bocca impastata e aria da sbronzo) E gli succede spesso... e lo alza di brutto!

 

ANNA DRAVULIA (a Erzsébet):

 

E i tuoi nipotini adorati? Gábor, il principe Nerone della Transilvania, e la sua sorellina Anna. Che bel rapporto d'amore incestuoso hanno messo su... Che fine avrà mai fatto quel bambino purosangue Bathory da loro generato? (Sghignazza. Poi dura) E' il destino della tua famiglia, signora Erzsébet, e non vi sfuggirai!

 

I due si gettano su Erzsébet che si lascia fare e la trascinano per terra in un'orgia.

Musica infernale che termina con un ululato da lupo mannaro.

Buio.

 

1        SCENA

 

                            IL CONTE BECCO

 

Luce.

Una strada del castello.

Erzsébet  va girando in palcoscenico abbracciata a Thorko. Tutti e due sono ubriachi e tracannano dal bottiglione.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Bacco tabacco e Venere! Dammi tutto ciò che hai Thorko.

 

THORKO:

 

Io ti darò tutto me, contessa, ma tu lasciami gustare tutte le tue grazie!

 

Dalla quinta di destra si affaccia cautamente il conte Ferenc Nadasdy che osserva la scena.

I due amanti cantano una canzone sconclusionata.

Il conte interviene armato di un bastone e di un pugnale.

 

FERENC NADASDY (urlando):

 

Maledetti! (Prende a bastonate  Thorko)

 

THORKO (proteggendosi il volto):

 

Ah! Ah! Ah!

 

Nadasdy sfregia col pugnale la faccia di Thorko, che si tocca mentre esce sangue. Il conte cerca di colpirlo ancora  ma Erzsébet si frappone.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Lasciatelo! Lasciatelo! Lasciatelo!

 

Il conte si ferma. Thorko  scappa a sinistra al che Nadasdy lo insegue fino al limite della quinta.

 

FERENC NADASDY:

 

Scappa! Scappa cialtrone! Prima o poi t'acchiappo e ti infilzo come un capretto! (Si porta sotto Erzsébet e le punta il pugnale alla gola) Dannata meretrice!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Uccidetemi, se avete il coraggio! Uccidete la madre dei vostri quattro figli che commise il peccato di una sola notte d'amore perché ubriaca!

 

Nadasdy sta per colpire ma poi si ferma.

 

FERENC NADASDY:

 

Sa nessuno di tutto questo?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

No, solo io, Thorko e voi. Perdonatemi, marito mio!

 

FERENC NADASDY (passando la punta del coltello dal naso ai piedi):

 

La prossima volta vi scuoio viva come una capra da capo a piedi!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Perdonatemi.

 

FERENC NADASDY:

 

Domani riparto per la guerra. Ma prima ordinerò al fabbro per voi una cintura di castità che salverà il vostro onore e il mio.

 

Nadasdy getta via pugnale e bastone e da esce da sinistra.

Buio.

Rumore del cigolare di metallo che si serra e della chiave che chiude la cintura di castità.

 

2        SCENA

 

                             CERBERI INANI

 

Luce.

La stanza del castello.

Al centro scena Erzsébet con una veste bianca e una cuffia in testa. Regge in mano uno spiedo.

 

ERZSEBET BATHORY (adirata):

 

E così Ferenc mi ha messo alle costole il suo fidato amico, il nobile Gasparek di Lublo. Egli sorveglia  ogni mio passo...

Non pago ha fatto costruire (alza la veste e tra talismani cuciti sulle sottovesti scopre  con orrore la cintura di castità) quest'aggeggio per serrare le mie intimità e impedirmi di avere contatto carnale. (Ridacchia) Ah lo stolto guerrafondaio! Come se io non avesse altri antri in cui far entrare le bocche da fuoco maschili (Butta giù la veste)

Comunque egli ha chiuso la mia via primaria fisica d'amore ma il mia mente giammai riuscirà a bloccarla! Anzi quest'aggeggio (batte con uno spiedo contro per farne sentire il clangore) alimenta la mia voglia di ribellione.

Ho fatto di tutto per poterlo amare un poco ma ora basta. Io odio quell'uomo. Un odio viscerale, profondo (batte ancora con lo spiedo contro la cintura) e vorrei ammazzarlo!

(Con occhi aguzzi)

Forse lo farò... Ma intanto io voglio liberare la mia voglia d'amare e di volare senza ali.

Oggi ho convocato le sole persone di cui mi fido: Ilona, Ficzko e Darvulia.

Loro mi aiuteranno a riconquistare la mia libertà d'amare.

 

Si siede al centro della stanza.

Bussano alla porta di destra.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Avanti!

 

Entrano Ilona, Ficzko e Darvulia. Ilona regge sotto braccio un paniere con biancheria all'interno.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Grazie di essere venuti.

 

I TRE (in coro):

 

Buona sera contessa.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Buona sera a voi!  Accertiamoci che nessuno ci ascolti.

 

Fa un cenno a Ficzko che si porta alla porta di destra aprendola cautamente e si accerta. Idem fa con la sinistra.

 

FICZKO:

 

Siamo sicuri contessa.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Bravo. (Ai tre) So che voi mi volete bene e mi fido ciecamente di voi tre. Ilona, Ficzko voi avete potuto conoscere Darvulia e sapete che di lei come di Thorko ci possiamo fidare. (A Darvulia) A proposito dov'è Thorko?

 

ANNA DARVULIA:

 

E' al sicuro, signora, e vi manda affettuosi saluti. Egli è a riparo, lontano in terra transilvana e tornerà quando le acque si saranno calmate. Tornerà presto.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Bene! Allora voi sapete quali mali mi affliggono...

 

ILONA JOO:

 

Ben li conosciamo, contessa! Il padrone è un despota feroce e vi sta facendo un gran male. Vi ha picchiato e torturato nella mente e nel cuore giorno dopo giorno!

 

FICZKO (al pubblico):

 

Non è pago di quanti, in tempi di pace, ne uccisero lui e il suo gruppo di spadaccini.

 

ILONA JOO:

 

Quanti ne fece fuori il Terribile Quintetto!

 

FICZKO:

 

E non è sazio neppure dei nemici stroncati in guerra, per cui quando è al castello ama torturare i servi allo spasimo, senza però ucciderli... Prima che partisse per la guerra anche a me ha fatto il servizio e ne porto ancora le tracce (Fa vedere la schiena rigata dalle frustate)

 

ANNA DARVULIA (al pubblico):

 

In una delle sue torture preferite cosparge di miele una ragazza nuda e la lascia legata vicino ai nidi delle api. E lui lì a guastarsi il banchetto. Zzzzzzzz (Sghignazza) Guai a chi gli viene sotto!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Ora è toccato a me la sua stessa moglie. Io chiedo a voi, amici cari,  ausilio e giustizia. Liberatemi prima di tutto di quest'aggeggio! (Alza la gonna e mostra la cintura). Ficzko ti sei procurato il doppione della chiave?

 

FICZKO:

 

Certo contessa!

 

Fiero Ficzko mostra una chiave che tira fuori dal petto. Aiutato dalle due donne con uno sferragliare libera Erzsébet dalla cintura alzandola trionfante!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Ah rivivo! (Riabbassa la gonna, prende la cintura e la consegna a Ilona) Balia custoditela voi accuratamente!

 

ILONA JOO (prendendo la cintura):

 

Sarà fatto signora! (Nasconde la cintura in un lenzuolo che ripone nel paniere)

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Ora bisogna liberarsi del mio sorvegliante, il nobile Gasparek.

 

FICZKO:

 

Ucciderlo non possiamo.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

No.

 

ILONA JOO:

 

No.

 

ANNA DARVULIA:

 

No?!

 

FICZKO (grattandosi la testa mentre le altre aspettano la sua idea):

 

Corrompiamolo!

 

ILONA JOO:

 

Impossibile egli è grande amico del conte facendo parte del suo gruppo di spadaccini!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Ogni uomo ha un punto debole.

 

FICZKO:

 

Io lo so qual è quello di Gasparek...

 

ANNA DARVULIA:

 

Quale?

 

FICZKO:

 

Gli piacciono le donne. E poi...

 

ERZSEBET BATHORY:

 

E poi?

 

FICZKO:

 

Avete visto come guarda la contessa Erzsébet? (Fa gli occhi languidi)

 

ILONA JOO:

 

Io l'ho visto. Sembra innamorato!

 

ANNA DARVULIA:

 

Quanto meno ammaliato. Ma non abbastanza...

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Cosa intendete dire?

 

ANNA DARVULIA (con occhi aguzzi):

 

Da una parte è necessario che voi lo adeschiate...

 

ERZSEBET BATHORY:

 

E' un bel giovane ma io non l'amo.

 

ANNA DARVULIA:

 

Non importa. E' per la vostra libertà.

 

ILONA JOO:

 

E' pericoloso. Potrebbe non abboccare. Essendo nobile e leale  cavaliere la sua voglia di avervi potrebbe soccombere all'onore cavalleresco...

 

FICZKO:

 

Penso la stessa cosa.

 

ANNA DARVULIA:

 

Allora con un bel filtro d'amore da me preparato lo ridurremo in vostra schiavitù d'amore, contessa.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Bene, brava Darvulia. Così faremo. Aspettiamo il filtro. Ma poi rimane l'ostacolo numero uno.

 

ILONA JOO:

 

Vostro marito.

 

FICZKO:

 

Il conte Ferenc Nadasdy.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì. O me o lui! Mi tartassa da che ha scoperto la tresca con Thorko. Mi tormenta di continuo. Anche da lontano.

 

ILONA JOO (in a parte):

 

Già questo ha compromesso la salute di Erzsébet aggravando i mal di testa e le crisi epilettiche di cui soffriva già da piccola...

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Fin quando vive io non avrò pace e mi farà morire di convulsioni e di torture e chissà quali angherie. Dobbiamo ammazzarlo!

 

ILONA JOO (facendosi la croce con la mano alla bocca):

 

Oh!

 

FICZKO:

 

E' terribile ma necessario... Mors tua vita mea!

 

FICZKO:

 

Il minor male, diciamo...

 

ANNA DARVULIA:

 

Per farlo fuori ci penso io. Ho giusto una pozione che lo ucciderà lentamente giorno dopo giorno...

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Dobbiamo uscirne integri coi giudici.

 

ANNA DARVULIA:

 

Non vi preoccupate, contessa. Finanche i medici penseranno che sia morto per causa continua e naturale in organismo che si deteriora.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Procedete!

 

I TRE (in coro):

 

Procediamo!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

E mi raccomando una morte... pulita!

 

ANNA DARVULIA:

 

Pulitissima. Ma prima vi chiedo quell'arsenico che utilizzammo per ammazzare i topi...

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Non ne abbiamo molto. Lo acquistammo dal mercante che lo portava dall'India e lo pagammo a peso d'oro!

 

ANNA DARVULIA:

 

Datemi tutto quel che avete. E' l'ingrediente fondamentale Causerà una lunga malattia che porterà alla morte!

 

Un ghigno di Erzsébet.

Buio.

 

3              SCENA                            

 

                     LA MISTURA DELLA MORTE PULITA

 

Catapecchia di Darvulia.

Occhio di bue sulla megera davanti a pentolone fumante, armata di mestolo e intrugli che getta nel calderone.

Accanto Thorko, con la faccia sfregiata, armato di bottigliette alchemiche con dentro misture.

Thorko solleva un librone stregonesco per far sì che Darvulia possa leggere.

Musica stregonesca con effetto ebollizione.

 

ANNA DARVULIA (leggendo sul librone):

 

Hemen - Etan! Hemen - Etan! Hemen - Etan!

 

THORKO:

 

Hemen - Etan!

 

ANNA DARVULIA (leggendo sul librone):

 

El Ati Titeip Exe a El El El a hy! Hau! Hau! Hau! 

 

THORKO:

 

Hau! Hau!

 

ANNA DARVULIA:

 

Imperatore Lucifero, padrone e signore di tutti gli spiriti ribelli siimi favorevole... (Depone il libro per terra)

 

THORKO:

 

Imperatore Lucifero, nostro padrone e signore!

 

ANNA DARVULIA:

 

Aiutami nel patto che voglio segnare col tuo gran ministro Lucifugo Rofocal.

 

THORKO:

 

Lucifugo Rofocal, gran nostro ministro!

 

ANNA DARVULIA:

 

Te pure invoco, principe Belzebub, proteggimi nella mia impresa.

 

THORKO:

 

Belzebub, il nostro principe!

 

ANNA DARVULIA:

 

Oh conte Astaroth, siimi propizio!

 

THORKO:

 

Astaroth!

 

ANNA DARVULIA:

 

Rendi efficace questa magica mistura (Tra fumi gira  col mestolo nel pentolone facendo cenni a Thorko che versa misture all'interno) calce viva, vetro filato, aconito, arsenico giallo e mandorle amare con miele. Fa' che l'effetto ci sia e che lentamente la pozione porti a morte colui che si dimostrò indegno di vivere...

 

THORKO (ghignando):

 

Ciò che per uno è cibo, per altri è un amaro veleno. (In a parte, toccandosi la cicatrice) E lo sarà per il conte che mi segnò a vita, maledetto lui!

 

Musica stregonesca con effetto ebollizione montante.

 

ANNA DARVULIA:

 

Nulla è di per sé veleno, tutto è di per sé veleno, è la dose che fa il veleno.

O re di tutte le potenze infernali, sovrintendi alla nostra opera. Nella nostra adorazione, ora e per sempre.

Va! Va! Va! Va! Chavajoth!

 

THORKO:

 

Chavajoth!

 

Musica stregonesca con effetto ebollizione al parossismo che si chiude quando Darvulia, aiutata da Thorko,  versa la pozione in una brocca.

Buio.

 

4              SCENA                            

 

                       IL FUNERALE DI UN DESPOTA

 

Luce penombrata.

La campana suona a morte.

Sul tavolo, coperto da drappi  neri e illuminato da quattro giganteschi candelabri, è steso Ferenc Nadasdy morto.

E' attorniato da donne velate nere: Erzsébet, Ilona, due prefiche che levano lamenti oscillando avanti e dietro.

La contessa appare algida e bianchissima, diafana nel suo candore di pelle, vestita di nero, ma elegantissima.

Ai lati esterni, come i due Bes della Porta magica di Piazza Vittorio a Roma, Thoroc e Darvulia.

Più avanti Ficzko.

Si fermano i lai delle prefiche.

 

ILONA JOO:

 

E' morto Ferenc Nadasdy. (Si fa il segno della croce) Lui fu un uomo giusto fino a  che non commise atti di oltraggio e violenza ripetuti nei confronti della consorte. In ciò commettendo peccato mortale (Si fa il segno della croce)

 

Suono a morte della campana.

 

FICZKO:

 

E' morto Ferenc Nadasdy. Era un buon padrone. Mi dava da mangiare e da bere ma anche (toccandosi la schiena dolorante) tante frustate per il solo sfizio di sfogare su un povero maggiordomo la sua rabbia. Frequente e ingiustificata. Il mondo sa cosa fare coi violenti come lui.

 

Suono a morte della campana.

 

ANNA DARVULIA:

 

E' morto Ferenc Nadasdy. La morte lenì i suoi dolori tradito dal nobile Laszlo Bende, dal plebeo Thorko, dal suo miglior amico  il nobile Gasparek di Lublo. E chissà da quanti altri e altre... Ucciso da un male lungo che invano i medici di corte cercarono di curare...

 

Suono a morte della campana.

 

THORKO:

 

E' morto Ferenc Nadasdy, l'eroe nero d'Ungheria. Lui, reso becco da me a ragion veduta, ha pagato il suo pegno alla vita  (toccandosi la cicatrice) per lo sfregio arrecatomi invano. Giustizia è fatta.

 

Suono a morte della campana.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

E' morto Ferenc Nadasdy. Ora sono vedova ma soprattutto una donna ricca e potente e libera. (Bacia il marito)

 

Suono a morte della campana.

Chiusura sipario.

 

                             ATTO SECONDO

 

                          MAGIA NERA E ROSSA

 

5         SCENA

 

                          FABBRICA COSMETICA

 

Musica medioevale gioiosa in Danza della Morte.

Al centro posteriore una sorta di panneggio frangiato copre quella che si rivelerà essere una vasca da bagno sormontata da una vergine di Norimberga da cui scola il sangue delle ragazze trafitte.

Entra in scena Erzsébet in abito fastoso, ingioiellata,  che danza con Ficzko mentre Ilona, Darvulia e Thorko battono le mani, disposti a cerchio intorno.

Erzsébet lascia Ficzko e prende a danzare con Thorko, mentre il maggiordomo si unisce al battito di mani.

La musica si ferma e con essa il battere di mani.

Thorko bacia appassionatamente Erzsébet.

 

THORKO (geloso):

 

Prima Erzsébet ballavate appassionatamente con Ficzko, ieri con un contadino giovane e aitante, che porta il grano al castello, domani forse giacerete con uno stalliere.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Non essere geloso Thorko. Godi questo momento  che sto con te. Domani quel che sarà sarà (Bacia Thorko).

 

ILONA JOO:

 

Domani saremo tutti di un giorno più vecchi.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Giusto, Ilona. Ma tu, o Thorko, adesso come ti sentiresti se ti chiedessi di baciare questa donna?

 

THORKO (con una smorfia):

 

Brrr!

 

ERZSEBET BATHORY (staccandosi da Thorko e afferrando lo specchio in cui si guarda triste):

 

Io sono più vecchia già oggi. Vedete questa ruga, la vedete? (Tutti, tranne Darvulia, si portano a guardare annuendo) Domani se ne aggiungerà un'altra e poi un'altra ancora finché io diventerò vecchia e brutta. (Volge lo sguardo a Darvulia)  Aiutami Darvulia! Cosa succederà tra qualche anno quando la mia bocca, oggi ancora desiderata da tutti i giovani gentiluomini, diventerà rattrappita, sdentata e secca come quella di Ilona! Aiutami...

 

Darvulia ed Erzsébet si portano al centro scena.

 

ANNA DARVULIA:

 

Un rimedio c'è contessa. Uno stratagemma per ingannare il tempo.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Quale?

 

ANNA DARVULIA:

 

Per la pelle del viso, per mantenerla fresca e contrastare i segni del tempo, è importante lavarla con l'acqua molto fredda. Al mattino appena alzati e la sera prima di andare a dormire, una bella sferzata di acqua fredda è considerato l'ideale.

Ma poi, per un trattamento più a fondo, usate quest'infuso.

(Prende dal seno una sacchetta e la mostra a Erzsébet)

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Che cos'è?

 

ANNA DARVULIA:

 

Camomilla, trattata con una seria di altre sostanze preziose.

 

ILONA JOO (facendosi avanti):

 

Date a me. La preparo io per la signora! (Prende il sacchetto).

 

ANNA DARVULIA:

 

Questa è la ricetta. (Consegna la ricetta alla balia)

Preparate un infuso con due porzioni di camomilla, mescolatela a una tazza di latte bollito e lasciate riposare per una-due ore. Ciò almeno un giorno prima dell'uso. Così otterrete una sorta di latte detergente utile per pulire la pelle a fondo, con l'aiuto di uno straccetto.

 

ILONA JOO:

 

Sembra facile.

 

FICZKO:

 

E' facile!

 

THORKO:

 

Facilissimo!

 

ANNA DARVULIA (a Erzsébet):

 

Un altro espediente è lo stile di vita. Fate feste, Bathory, (prende per la mano la contessa e la fa ruotare in danza al suono di pifferi e viole) mangiate, bevete, amate! Vivete alla giornata,  accogliendo a corte gli artisti della vita e a letto indifferentemente maschi e femmine!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

La lussuria gioiosa!

 

ANNA DARVULIA:

 

Proprio! Ma, infine, c'è un estremo rimedio: il più salutare di tutti.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Quale sarebbe?

 

ANNA DARVULIA:

 

Il sangue purificatore.

 

ILONA JOO:

 

Oh!

 

FICZKO:

 

Salasso?

 

ANNA DARVULIA:

 

Non alla signora. Thorko prendi una ragazza vergine dal villaggio  e portala qua.

 

THORKO:

 

Una sola Darvulia?

 

ANNA DARVULIA:

 

Sì. Per ora basterà.

 

Thorko scende tra il pubblico e afferra una contadina,  Dorottya, portandola in palcoscenico.

 

DOROTTYA (recalcitrando):

 

Cosa volete da me? Cosa volete farmi?

 

THORKO:

 

Vieni bella che presso la contessa Bathory troverai la tua fortuna!

 

Thorko, aiutato da Ilona e Fizcko, porta Dorottya sotto Darvulia ed Erzsébet, tenendola ferma, tappandole la bocca  e immobilizzandola.

Darvulia prende la mano della ragazza e la tira verso la contessa, cui offre un coltellino.

 

ANNA DARVULIA:

 

Incida!

 

Erzsébet fa un incisione sulla mano della ragazza e Darvulia fa scolare il sangue sulla mano della contessa.

La ragazza sviene e viene distesa là per terra.

 

ANNA DARVULIA:

 

Vedete, contessa? (Rivolta a Ilona, a Ficzko, a Torko, al pubblico con tono come di professore d'accademia) Vedete tutti? Il sangue della giovane cadendo sulla mano della contessa ha fatto sì che questa pelle nobile abbia acquisito la freschezza della giovane ragazza per via extravenosa!

 

ERZSEBET BATHORY (osservando la mano):

 

Fantastico! Com'è bella, liscia, giovanile! Questa è la miglior ricetta per un mostro maliardo che non vuole invecchiare!

 

ANNA DARVULIA:

 

Pozione miracolosa! E' il vero elisir di lunga giovinezza. Rinfresca la pelle e soprattutto vi farà sparire quegli orrendi  mal di testa e le convulsioni, dando a voi e  noi che vi aiuteremo, qualcosa vicino  all'estasi mistica.

 

ILONA JOO:

 

Oh signore! Deo gratias. Erzsébet guarirà dall'aura sacra!

 

FICZKO:

 

E' un portento!

 

THORKO:

 

Sia lodato Belzebub!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì, la voglio. Voglio provarla all'infinito.

 

Buio.

 

6         SCENA

 

                 L'AURA SACRA E LA MEDICINA DEL SANGUE

 

Musica slovena inquietante montante.

Un lamento.

Occhio di bue su Erzsébet, vestita da maschio, che regge in mano il libro stregonesco e si tocca la testa.

 

ERZSEBET BATHORY (ad occhi sbarrati):

 

La testa mi scoppia. Elì eli sabactana! Mi sento le pupille schizzar fuori dalle orbite... Oh! Oh! Oh! Che dolore!

 

Lascia cadere il librone. Ha le convulsioni da crisi epilettica. Va a terra. Emette bava dalla bocca.

Accorre Ilona ad aiutarla mettendole uno straccio in bocca.

Urla.

Accorrono Ficzko e Thorko trascinando due ragazze nude, coperte di sangue.

 

ERZSEBET BATHORY (riprendendosi con sforzo):

 

Üsd, üsd, jobban!

 

Darvulia mette uno spillone in mano a Erzsébet che punge con cattiveria le ragazze, continuando a  migliorare ma guardando con occhi fissi ed estatici quanto gli altri vanno a compiere.

Musica horror montante inframmezzata dalle urla delle ragazze.

Sotto una serie di flashate i quattro aiutanti si lanciano in una sorta di danza delle torture ai danni della ragazze, inseguite, prese,  seviziate. Gli aguzzini impugnano strumenti di tortura: la cintura spinata, la pera, lo straziatoio di seni, la cicogna di storpiatura, una sega, uno schiacciatesta, il gatto a nove code, coltelli,  anelli spaccatesta, pinze, aghi, punteruoli, tenaglie, attizzatoi, ferri per marcare.

Alla fine dell'orrore Erzsébet sembra scuotersi.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Satana dai gloria a loro perché sanno quel che fanno! (Risata demoniaca) Il bagno!  Voglio il mio bagno di sangue quotidiano.

 

Ilona apre il panneggio scoprendo con musica inquietante maestosa la vasca del sangue, dove entra Erzsébet per la sua orrenda abluzione.

In quella zona vengono spinte anche le ragazze doloranti, una serrata nella vergine di Norimberga.

Si richiude il panneggio e si sente l'urlo delle ragazze infilzate per far scolare sangue nella vasca. Le grida acutissime e orrende sono inframmezzate dalle risate sadiche degli aguzzini.

Si riapre la tenda. Una ragazza è dentro la vergine; l'altra a terra morta ed esangue.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Oh rigenerante plasma. O elixir longae vitae! Evviva la cosmesi di Belzebub!

 

La contessa riesce dal bagno fresca come una rosa, e rindossa i vestiti da maschio.

Darvulia e Ilona le portano due specchi in cui può gioire  ammirandosi.

Intanto Thorko e Fickzo trascinano fuori  scena a destra i corpi delle ragazze.

 

ANNA DARVULIA:

 

Vedete? Siete ringiovanita!

 

ILONA JOO:

 

Sì bella e fresca come una rosa!

 

ERZSEBET BATHORY (con occhi da pazza, ebbra):

 

Basta col latte d'asina! Ho trovato la ricetta della felicità e il segreto dell'eterna giovinezza. Il sangue di una, cento, mille vergini e la crudeltà sulle loro carni, bere il loro sangue, non mi farà morire mai restando io in salute e perennemente giovane!

 

Musica al parossismo fino allo spegnersi improvviso.

Buio.

 

7         SCENA

 

100 GATTI E UN LUPO MANNARO

 

Ululato del lupo mannaro.

Penombra. Solo dalla finestra in alto a sinistra filtra una luce lunare.

Dalla sedia si leva Erzsébet e si porta alla finestra guardando inquieta.

Nuovo ululato del lupo mannaro.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

E' un lupo. Ma è un lupo mannaro. Qualcosa di orrendo si sta tramando alle nostre spalle.

Va al tavolo dove prende un piccolo orologio ornamentale poggiato su una scatoletta preziosa  e lo osserva inquieta. Indi apre la scatola prendendovi una pergamena che legge portandosi sul proscenio a sinistra.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

 "Aiutami piccola nuvola! Quando sono in pericolo mandami novantanove gatti. Ti ordino di fare così, piccola nuvola,  perché tu sei la regina dei felini... Comanda loro e radunali dovunque siano, oltre le montagne, oltre le acque o il mare, raduna quei novantanove gatti e ordina di accorrere veloci per mordere il cuore di mio cugino Gyorgy  Thurzó, il conte palatino  di  re Mathyas  così che a Erzsébet non possa venire alcun male! Santa Trinità, fate queste cose!".

 

Rumore come di guerra tra ringhi di gatti e ululati di lupo mannaro. La battaglia finisce con l'attutirsi dei ringhi felini fino a che rimane solo l'ululato lupesco.

 

8         SCENA

 

                     LA SBILANCIA DELLA GIUSTIZIA

 

Un urlo.

Luce penombrata.

Il tavolo con le sedie al centro.

Esce da sinistra Katalin Benecka, la lavandaia col cesto dei panni che lascia cadere, inseguita da Ficzko armato di coltello.

 

KATALIN BENECKA (urlando):

 

Ci uccidono! Ci ammazzano tutte!

 

La ragazza con vesti lacere e segni di sangue fa un giro in scena, vanamente seguita dal suo aguzzino e poi scappa in platea, mentre Ficzko  rimane sopra a imprecare per poi rientrare da destra.

 

KATALIN BENECKA (urlando):

 

Aiutatemi! Aiutateci!

 

Benecka fa intervenire l'autorità. Dal fondo della platea entrano in campo il conte Gyorgy Thurzó e due soldati, tutti armati di spade.

Il drappello sale sul palcoscenico.

Si odono ringhi di gatti e i soldati lanciano fendenti in aria come a difendersi dall'assalto di gatti veri.

Alla fine Gyorgy Thurzó, col suo manto nero e il cappello piumato, si pone al centro e dirama ordini. E' un uomo alto, naso diritto, barba cespugliosa. Sotto le folte sopracciglia nere si aprono due occhi penetranti animati da una feroce imperiosità. Rivelano un'anima intelligente e uno spirito colto.

 

GYORGY  THURZÓ:

 

Tu di là! Tu di là!

 

Un soldato va a sinistra e tira fuori dalle quinte incatenati l'uno all'altro Ficzko, Ilona, Darvulia, in fila indiana.

L'altro soldato va a destra portando seco la contessa Bathory, ora nelle sue vesti regali femminee.

Thurzó lancia un lungo sguardo alla Bathory, misto di ammirazione, curiosità e di trionfo per la caccia riuscita.

Erzsébeth lo fissa diritto negli occhi senza dire nulla. E' impassibile, imperturbabile, opaca come una statua.

Nello sguardo deu due nemici che si fronteggiano balena per un attimo un lampo di reciproco, profondissimo disprezzo.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Cara cugina. Era molto che stavamo sulle vostre tracce ma ora abbiamo una testimone che vi ha denunziato. Katalin Benecka.

 

KATALIN BENECKA (urlando sotto il proscenio):

 

Assassina! Dannata tu e i tuoi servi!

 

ERZSEBET BATHORY (tra i denti):

 

Maledetta lavandaia!

 

GYORGY THURZÓ (rivolto ai quattro):

 

Siete incriminati di aver torturato e ucciso almeno ottanta giovani donne della contea.

Confessate i vostri crimini?

 

ILONA JOO:

 

Su Dio non ho fatto nulla!

 

ANNA DARVULIA:

 

Che Belzebub mi fulmini se sono colpevole di quanto mi accusate.

 

FICZKO:

 

Non ho fatto nulla!

 

Thurzó aspetta vanamente una risposta dalla Bathory che sprezzante non risponde.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Bene. Vedremo. (Al primo soldato) Portali nelle celle!  E domani sottoponeteli a tortura (Il soldato tira via  fuori scena i tre sinistra) E voi contessa?

 

ERZSEBET BATHORY:

 

A una nobildonna del mio rango neppure s'addice rispondere!

 

GYORGY THURZÓ:

 

La giustizia vale anche per le nobildonne! (Al secondo soldato) Portate la contessa nella sua stanza e controllatela giorno e notte!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Fate quel che ritenete. Troverete in me un uomo!

 

Il soldato porta via la Bathory da destra.

Buio.

 

9         SCENA

 

                  IL VERBALE DELL'INQUISITORE DOPPIO

 

Buio.

Musica fosca medioevale in crescendo.

Si odono le urla strazianti dei tre aguzzini aiutanti sottoposti a tortura.

Gyorgy Thurzó  è seduto al tavolo e sta scrivento una lettera.

Si ferma. Apre sul tavolo uno scatolo da cui tira fuori, osservandoli lentamente con sguardo sadico,  strumenti di tortura: la cintura spinata, la pera, lo straziatoio di seni, la cicogna di storpiatura, una sega,  lo schiacciatesta, il gatto a nove code coltelli,  anelli spaccatesta, pinze, aghi, punteruoli, tenaglie, attizzatoi, ferri per marcare.

Riprende a scrivere e firma. Quindi si porta in proscenio a leggere la lettera.

 

GYORGY  THURZÓ:

 

Ho, quindi, assunto ufficialmente il ruolo d'inquisitore in ausilio al tribunale che deciderà la sorte dei disgraziati imputati del castello di Csejthe.

I tre coimputati della contessa sono stati sottoposti a tortura e oggi verranno nuovamente interrogati per vedere se insistano nell'originario diniego.

A loro carico ci sono allo stato indizi  gravi precisi e concordanti avendo sorpreso io stesso la Bathory nell'atto di effettuare sevizie.

Dalla perquisizione effettuata dai nostri luogotenenti si è riscontrata la presenza di ossa e resti umani, insieme a vestiti e oggetti personali di alcune delle ragazze scomparse. C'erano cadaveri un po' ovunque, a volte senza braccia o occhi, seppelliti in tombe poco profonde o nei camini, non completamente bruciati. Molti con segni che sembravano provocati da percosse o da strumenti contundenti o con fori come prodotti da coltelli et similia.

E' stata trovata una tinozza piena del sangue di alcune sventurate, oltre ad una vasta collezione di lame affilate, strumenti di tortura e altri abomini.

In una cassa era nascosto in mezzo a indumenti un registro scritto di pugno dalla Bathory su cui sono stati annotati nomi e piccoli dettagli di più di 650 persone, probabilmente tutte giunte al castello. Ma sul numero preciso delle vittime solo Iddio potrebbe enumerare i suoi crimini!!

Sono stati sentiti numerosi testimoni provenienti dalle contee di Gyor, Veszprem, Pozsony, Trencin, Nitra,  offrendo essi numerosi e coincidenti elementi a carico.  Solo una serva, tra le tante  si è rifiutata di testimoniare contro la contessa e per questo le sono stati cavati gli occhi e tagliati i seni prima di bruciarla sul palo.

Tra i testimoni, dodici sono risultati appartenenti a famiglie nobili, quindi assolutamente degni di credibilità.

E' stato sentito particolarmente un conciaossa di nome Tamàs Borbély, il quale ha dichiarato di aver curato una ragazza di nome Anna. Egli ha elencato in dettaglio le ferite riportate dalla giovane: e precisamente quattro lacerazioni profonde, due sulle spalle, due sul fondoschiena e un'altra grave sul dorso della mano. C'era del pus nelle ferite quando Borbély la curò, ma dopo due mesi di letto la ragazza si è ristabilita e il dottore è stato pagato con 56 fiorini e 15 libbre di grano per mio ordine.

 

Tanto dovevo alla Signoria Vostra, che l'Onnipotente vi benedica.

 

Thurzó piega la lettera, la incolla, la sigilla  e la pone sul tavolo.

Buio.

 

10    SCENA

 

                          QUID ABOMINII IURIS

 

In penombra l'inquisitore, immobile, al tavolo.

Occhio di bue su Thorco. In proscenio a sinistra.

 

THORKO:

 

Immaginavo che sarebbe finita così. Il gioco ha preso la mano ai miei amici e li ho avvertiti di fermarsi per tempo. Non mi hanno ascoltato ed è stato  un bene per me che fossi chiamato a Praga come soffiatore alla corte di re Rodolfo. Se no ci sarei stato invischiato pure io in questa brutta faccenda....

Brutta anche perché vedete chi è il giudice? Gyorgy  Thurzó, il conte cugino di Erzsébet e governatore  della provincia. Lui è uno che ha le mani in pasta. Mi capite?

Questa gente qui, che dovrebbe rappresentare la giustizia, si fa la legge con le sue mani. E la fa coi piedi! Con la tortura dello stivaletto  spagnolo estorcerà sicure confessioni!

class=Section7>

(Pausa meditativa, poi si aggira in proscenio) I luogotenenti trovano i resti delle vittime. E chi lo può dire che gli ufficiali non si siano inventati tutto su ordine di Mathyas e di Thurzó? Re Mathyas è stato abile a complottare per scalzare Rodolfo, il pazzo re artista. Figuratevi se ha peli sul cuore per attaccare proditoriamente la nostra Erzsébet!

 

Buio.

Occhio di bue su Erzsébet a destra.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

class=Section8>

Sono vittima di un complotto. Re Mathyas ce l'ha con me perché dopo la morte di mio marito ho cominciato a pretendere le somme del mio credito. Quanto ho prestato al nostro sovrano per andare in guerra? E come si può assumere come mio inquisitore il conte cugino Thurzó governatore della provincia, il quale ha tutto l'interesse insieme al re a spogliarmi dei miei beni per limitare la mia potenza crescente vertiginosamente al fine di  fortificarsi lui?

(Con occhi ispidi)

E poi Thurzó odia me e la mia famiglia da quando il principe Gabor Bathory, mio nipote, è stato eletto Principe di Transilvania. Il potente conte Gyorgy lo voleva lui quel trono e ha  giurato eterna vendetta contro i Bathory!

 

Buio.

Occhio di bue su Thorko a sinistra.

 

THORKO:

 

Testimoni. Tanti testimoni molti ostili alla famiglia Nádasy ma tutti de relato. Tutti hanno sentito dire ma nessuno ha visto!  E per quanto riguarda quei testimoni - in verità pochi pochi - che sembra abbiano scorto qualcosa di raccapricciante, noi sappiamo con quale abilità gl'inquisitori scaltri riescano, pur senza tortura, a imboccare le persone che hanno davanti!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sì, essi fanno dir loro quel che meglio si addice al processo o per naturale timore reverenziale del teste, o in mancanza, minacciando implicitamente  o apertamente chissà quali sanzioni nel caso non seguino la linea voluta dal magistrato!

 

THORKO:

 

E poi perché non hanno escusso  padre András Berthony? Egli fu incaricato di fare indagini dai genitori delle ragazze a servizio della contessa quando hanno iniziato a sospettare che alle loro figlie, che non vedevano da molto, fosse accaduto qualcosa.

Padre Berthony ha appreso che molte ragazze erano morte vittime di una misteriosa epidemia che le aveva colpite; le ragazze, visitate da un medico che avrebbe stilato falsi certificati di morte, erano state seppellite in fretta e furia.

Tutto falsificato dalla Bathory? Il medico era compiacente? E allora perché vogliamo dimenticare l'epidemia di peste che ha colpito l'Ungheria? Tante persone sono state prede della Morte Nera!

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Il prete era un testimone scomodo che faceva crollare la struttura accusatoria. Ecco perché non l'hanno sentito! Per non parlare di quella poveretta, la signora Hernath, che hanno bruciata perché si è rifiutata di tradire la padrona...  E le fanciulle e le sartine sopravvissute come la piccola Cseglei, tanto per fare un esempio. Perché non vennero mai convocate?

 

THORKO:

 

E perché omettono di dire che, morta la contessa Orsola e mancando un dottore o un cerusico a corte, la Bathory stessa praticava personalmente interventi chirurgici minori? Era lei, cui pure erbe e fiori parlavano, che prescriveva unguenti e medicine, incideva,  praticava salassi, cauterizzava piaghe aperte o lacerazioni col ferro rovente... Da qui la presenza di certi oggetti in tutto simili a quelli usati per torturare.

Hanno trovato fori sui cadaveri? E chi lo dice che fossero stati praticati in vita  e non in morte.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Forse non sanno lorsignori che dalle nostre parti pratichiamo fori per evitare che accumuli gassosi possano gonfiare e far esplodere le bare!

 

THORKO:

 

class=Section9>

E poi qualcuno avrebbe visto lividi rossastri e  bluastri sulla pelle delle povere ragazze morte.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

E chi lo dice che furono provocati da percosse e non fossero causati da un ristagno di sangue in certe parti del copro dopo la morte?

 

THORKO:

 

Appunto. C'è bisogno di un autoptico per arrivare a questeconclusioni? Non basta forse un semplice osservatore intelligente qual io sono... io che ne ho visti tanti di cadaveri coperti da brutti segni naturali? 

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Tanto più che noi usiamo legare mani e piedi ai cadaveri  per agevolare lo spostamento dei corpi prima del rigor mortis, ma soprattutto... per impedire ai morti di scappare dalle loro bare e vagare nei villaggi vicini a seminare morte... Forse l'inquisitore non conosce la storia dei vampiri che infestano questa regione?

 

THORKO (guardando truce l'inquisitore):

 

Non la conosce o fa finta di non conoscerla perché non gli conviene. E perché i molti cadaveri non sono stati riesumati, nonostante si conoscessero i luoghi dove erano sepolti, per esempio nel cimitero della chiesa di Lesetice e di Kostol'any? 

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Anche qui un semplice esame autoptico avrebbe chiarito molti dubbi.

 

THORKO:

 

Non fu fatto perché non c'era nessuna reale volontà di farlo in quanto non c'era nulla da scoprire a vostro carico, contessa.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

In definitiva questo è un processo senza difesa. E qualunque cosa io possa dire sarà usato a mio carico. Per questo tacerò!

 

THORKO (col dito puntato sull'inquisitore):

 

Dannazione!  Che imbroglio di processo imbastisce mai costui?

 

Buio.

 

                              ATTO TERZO

 

                    IL PROCESSO  DEL CONTE PALATINO

 

11        SCENA

 

                  INTERROGATORIO DEI CORREI: FICZKO.

 

Luce crepuscolare.

Dietro al tavolo Thurzò.

A fianco un soldato che scrive a verbale.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Si faccia entrare l'imputato Janos Ujvary detto Ficzko!

 

Un soldato fa entrare da sinistra Finczko con le mani incatenate. Ha le vesti strappate, il volto tumefatto  ed  è piegato su un fianco. Parla in maniera strascicata ed è chiaramente dolorante.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Ficzko, confessate i crimini che vi si ascrivono?

 

FICZKO:

 

Confesso.

 

GYORGY  THURZÓ:

 

Per quanto tempo avete vissuto con la Signora e come arrivaste alla sua corte?

 

FICZKO:

 

Vivo con la Signora da sedici anni, se non di più. Fui  portato via alla moglie di Màrton Csejthe, uno studioso, con la forza.

 

GYORGY  THURZÓ:

 

 

Da allora in poi, quante ragazze e quante donne sono state uccise?

 

FICZKO:

 

Non so di alcuna donna o sposa  ma di ragazze, da quando vivo qui... So di trentasette di numero. Inoltre, quando il conte palatino andò a Presburg, fui io a seppellirne cinque in una fossa, due in un giardinetto e una sotto un canale di scolo. Due vennero portate a Lesetice nella chiesa, di notte, e là seppellite.

 

GYORGY  THURZÓ:

 

 

Chi le aveva uccise?

 

FICZKO:

 

Darvulia.

 

GYORGY  THURZÓ:

 

Chi erano le ragazze che la contessa aveva ucciso e da dove venivano?

 

FICZKO:

 

Non so di chi erano figlie.

 

GYORGY THURZÓ:

 

 

Quali donne e di che tipo venivano condotte a corte?

 

FICZKO:

 

Era Darvulia che sovrintendeva alla ricerca di ragazze chiedendo aiuto ad altre signore che, oltre a ricevere in cambio soldi e regali come capi di vestiario, arrivavano a dare le proprie figlie nella speranza di un avvenire migliore...

 

GYORGY  THURZÓ:

 

Fate qualche nome.

 

FICZKO (sforzandosi):

 

La moglie di Màtvàs Ötvòs, la moglie di Jànos Szabé, la moglie di Janos Bàrsony che vive vicino a Gyöngyös...

 

GYORGY THURZÓ:

 

Vi cito altre procaciatrici: Barnó, Horvath, Vás, Zalay, Sidó, Katché, Bársovny, Seleva, Kochinova, Szabó, Oétvos... Vi ricordate di loro?

 

FICZKO (sforzandosi):

 

Sì... mi sembra...

 

GYORGY THURZÓ:

 

Voi accompagnavate Darvulia?

 

FICZKO:

 

Per sei volte io stesso andai con lei. Alle ragazze, scelte per giovinezza, bellezza e morbidezza della pelle, promettevamo di farle diventare mercantesse o serve da qualche parte.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Le ragazze venivano tutte spontaneamente?

 

FICZKO:

 

Molte sì, attratte dalla possibilità di pasti caldi e di una vita meno miserabile. Quelle che si rifiutavano erano picchiate e condotte al castello con la forza, legate e infilzate con aghi e forbici.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Dove le cercavate?

 

FICZKO:

 

In vari posti. (Pausa con sforzo di memoria) Quando le giovani dei villaggi cominciarono a scarseggiare, per ordine della signora cercammo ragazze di più alto ceto. L'ultima era di un villaggio croato vicino a Redneck.  Venne portata da Darvulia in presenza della padrona che la fece uccidere.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Con che tipo di trattamento e con quale metodo le facevate uccidere?

 

FICZKO:

 

Le torturavano legando le braccia delle ragazze con la corda...

 

GYORGY THURZÓ:

 

La corda viennese?

 

FICZKO:

 

Sì quella... Darvulia legava loro le mani dietro la schiena...

 

GYORGY THURZÓ (tra sé):

 

Del colore della morte erano quelle mani..

 

FICZKO:

 

E venivano picchiate fino a lacerarne le carni. Si battevano le palme delle mani e le piante dei piedi ripetutamente...

 

GYORGY THURZÓ:

 

Quanto?

 

FICZKO:

 

Fino a cinquecento colpi.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Diamine! Chi sovrintendeva alle torture?

 

FICZKO:

 

Ancora Darvulia.  Da lei imparammo a  torturare. 

 

GYORGY THURZÓ:

 

Torturavate per uccidere?

 

FICZKO:

 

Sì, le picchiavano fino a quando il corpo diventava nero nero come il carbone. Ovvero finché non morivano.

 

GYORGY THURZÓ:

 

 

E Darvulia... durante le torture?

 

FICZKO:

 

Era assai attiva. Tagliava una ad una le dita con una cesoia e poi le vene con le forbici.  Una volta tagliò con grosse forbici le mani e la lingua di una ragazza riottosa.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Chi era presente alle uccisioni e alle torture?

 

FICZKO:

 

La calva signora Kocis...

 

GYORGY THURZÓ:

   

 

E sarebbe?

 

FICZKO:

 

Ilona Joo, la vecchia balia della contessa. E' donna assai timorata di Dio.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Timorata?!

 

FICZKO:

 

Sì recitava preghiere col rosario in mano mentre torturava le ragazze. Le pungeva con un ago se il merletto non era ben fatta e le torturava se non finivano per tempo il loro lavoro di cucito.  Una volta cucì la bocca con ago e filo di una bugiarda o la torturò infilando aghi sotto le unghie.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Raccontate delle sevizie.

 

FICZKO:

 

Le portavano nella casa delle torture... le ustionavano con un'asta di ferro in bocca, nel naso, sulle labbra. Ilona  metteva loro le dita nella bocca e la spalancava a forza, così aiutando gli  altri a torturarle. 

 

GYORGY THURZÓ:

Quante ne torturavano al giorno?

 

FICZKO:

 

Ne portavano anche dieci al giorno. Come delle pecore le trascinavano nella saletta. Talvolta quattro o cinque ragazze nude stavano in piedi davanti a me e anche i ragazzi giovani potevano vedere lo spettacolo mentre le poverette continuavano  il loro lavoro di cucito o intrecciavano il merletto.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Dove seppellivano i corpi morti? Chi nascondeva i corpi e come venivano nascosti?

 

FICZKO:

 

Ilona e Darvulia nascondevano e seppellivano le ragazze qui a Cachtice.

 

GYORGY  THURZÓ:

 

Voi le avete aiutate?

 

FICZKO:

 

Sì, l'ho aiutate a seppellirne quattro: due a Lesetice, una a Keresztùr e un'altra nel luogo chiamato Sárvár. Tutte le altre sono state seppellite a Sirvar...

 

GYORGY THURZÓ:

 

Di nascosto?

 

FICZKO:

 

No, erano accompagnate da cori funebri.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Perché Ilona e Darvulia uccidevano?

 

FICZKO:

 

Per rispetto alla signora. E poi la contessa quando le due uccidevano una ragazza, dava loro dei regali.

 

GYORGY THURZa:

 

La Bathory partecipava attivamente o no?

 

FICZKO:

 

Certo! Una volta punì la figlia di Sittkey perché aveva rubato una pera. E iniziò a torturarla... Si trovava a Piestany, con Ilona e Darvulia. (Con uno sforzo di memoria) Con loro due uccise quelle due che erano nel travaglio del parto. Fu lei a uccidere la ragazza viennese, la signorina Modl, a Keresztùr.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Quali torture la Bathory praticava personalmente?

 

FICZKO:

 

Lei stessa lacerava la faccia e altre parti del corpo di queste ragazze e le pungeva sotto le unghie. E poi, quando una giovane torturata veniva portata in un campo coperto di gelo, lei stessa versava sul capo l'acqua fredda con l'aiuto delle due megere. La ragazza si congelava e moriva.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Vi capitò di assistere a questi fatti?

 

FICZKO:

 

Una volta qui a Bytca, io stesso,  mentre  stavo partendo, in località Predmier assistei a una delle ragazze messa nell'acqua fino alla gola... le venne versata addosso dell'altra acqua... La ragazza riuscì a scappare ma fu ritrovata e uccisa a Cachtice.

 

GYORGY THURZÓ:

 

La contessa torturava personalmente le vittime e che cosa faceva precisamente, quando le torturava e le faceva uccidere?

 

FICZKO:

 

La contessa puniva le serve sempre più duramente ad ogni piccola mancanza, le frustava senza pietà, arrivando  a cucire la bocca di una di loro con il fil di ferro solo perché aveva osato lamentarsi.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Era sempre presente?

 

FICZKO:

 

No. Quando non torturava lei personalmente, lasciava semplicemente questo lavoro alle megere, mentre lei se ne stava nella lavanderia.  Alle ragazze non dava nulla da mangiare per una settimana, e se qualcuno in segreto dava loro del cibo, quella persona veniva immediatamente punita.

 

GYORGY THURZÓ:

 

A Cachtice, a Sárvàr, a Keresztùr, a Beckov e altrove, in quali luoghi faceva torturare e uccidere queste poverette?

 

FICZKO:

 

A Beckov e a Cachitice  le faceva torturare nell'edificio della fornace. A Sárvàr nella parte più interna del castello, dove a nessuno era permesso di entrare. A Keresztùr nella stanza privata. Quando erano in viaggio, allora lei stessa torturava nella carrozza le ragazze. Le picchiava, le pizzicava e le pungeva sulla bocca e sulle cosce con un ago.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Di personaggi importanti, chi c'era, e chi era a conoscenza degli atti compiuti dalla contessa, e chi vedeva le sue azioni?

 

FICZKO:

 

Il maggiordomo Benedek Dezsò era al corrente di quasi tutto...

 

GYORGY THURZÓ:

 

Era coinvolto?

 

FICZKO:

 

Probabilmente sì ma io non l'ho mai visto né sentito rivolgersi alla padrona riguardo a queste faccende.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Chi altri sapeva?

 

FICZKO:

 

Anche la servitù e i garzoni dovevano essere al corrente. C'era poi una persona che chiamavano "Istvan Testa di ferro". Aveva da poco lasciato la contessa per andare oltre il Danubio: era al corrente di tutto perché ha giocato molto con la signora... capite?

 

GYORGY THURZÓ:

 

Capisco?

 

FICZKO:

 

Forse quest'uomo l'aiutò a portare altre ragazze  alla sepoltura...

 

GYORGY THURZÓ:

 

Dove?

 

FICZKO:

 

Non lo so.

 

GYORGY  THURZÓ:

 

Ultima domanda. A quanto tempo risalgono queste azioni della contessa?

 

FICZKO:

 

Anche quando il conte era vivo la signora era crudele con le serve  ma in quei giorni non le uccideva come fece poi. Il povero padrone si lamentava  di questo e disapprovava, ma lei non prestava attenzione ai suoi rimproveri.

 

GYORGY  THURZÓ:

 

Quando iniziarono precisamente le uccisioni?

 

FICZKO:

 

Dopo la morte del padrone, l'ho detto, al tempo in cui Darvulia s'insediò a  corte. Da allora la signora diventò  sempre più crudele e malvagia.

 

GYORGY THURZa:

 

L'interrogatorio è finito. Portatelo via!

 

Il soldato porta via da sinistra Ficzko.

Buio.

 

12        SCENA

 

              INTERROGATORIO DEI CORREI: LA BALIA ILONA.

 

Luce.

Ilona Joo, incatenata, sta davanti all'Inquisitore e al suo cancelliere. La donna, ora calva,  ha il viso tumefatto ed è piegata in avanti, dolorante, con le vesti logore.

 

GYORGY THURZÓ (leggendo il verbale):

 

"In quel tempo la signora diventò  sempre più crudele e malvagia". Confermate quest'ampia confessione del vostro complice Ficzko?

 

ILONA JOO:

 

Sì, confermo.

 

GYORGY THURZÓ(irridente):

 

Quindi confessate i crimini, o mia calva signora Kocis, vedova di Istvàn Nagy?

 

ILONA JOO:

 

Sì, confesso ma non mi fate più del male, signore. Voglio solo dire che ero costretta ad assistere alle torture della contessa!

 

GYORGY THURZÓ:

 

Vedremo... Qualche precisazione. Quante sono state le ragazze torturate ed  assassinate.

 

ILONA JOO:

 

Forse più di cinquanta.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Ricordate qualche nome?

 

ILONA JOO (sforzandosi):

 

Una ragazza di nome Zichy. Fu uccisa a Ecsed... La figlia minore di Gyorgy Jánosy... Una ragazza di buona famiglia da Pol'any che si chiamava... non mi ricordo come si chiamava.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Raccontateci le modalità delle torture.

 

ILONA JOO:

 

Faceva tutto Darvulia.

 

GYORGY THURZÓ:

 

E voi?

 

ILONA JOO:

 

Assistevo. (L'inquisitore le mostra feroce uno schiacciadita). Sì ma qualche volta applicai attizzatoi roventi nella bocca o nel naso.

 

GYORGY THURZÓ:

 

E la contessa?

 

ILONA JOO:

 

Alla Bathory piaceva forzare l'apertura delle labbra con le mani per infilarvici le dita, strappare pezzi di carne con le tenaglie o picchiare e tagliare a pezzi.

Talvolta arroventava delle chiavi e le premeva sulle carni tenere. Faceva lo stesso con le monete bollenti se le ragazze rubavano o nascondevano del denaro.

 

GYORGY THURZÓ (leggendo il verbale):

 

A volte le piaceva bruciare i genitali accendendo dell'olio in mezzo alle gambe oppure usando candele accese  e tizzoni ardenti. Spesso venivano strappate le labbra della vagina... Vero?

 

ILONA JOO:

 

Verissimo! La Bathory non si fermava neppure se ammalata! In tal caso si faceva portare le ragazze vicino al letto, intorno al quale erano posti dei bracieri per contenere il sangue.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Da chi aveva appreso queste tecniche?

 

ILONA JOO:

 

Dal marito, il conte Ferenc Nadasdy  che le praticava  in guerra coi  nemici  e  al castello coi servi. Fu lui a insegnarle a mettere rotolini di carta imbevuta nell'olio tra le dita delle mani e dei piedi per far rivenire i tormentati. Mi ricordo che il signore portò un libro di torture praticate dai turchi e la signora, che amava leggere, l'avrà sicuramente consultato. Comunque, nell'invenzione dei supplizi maestra era Darvulia.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Quanto duravano le torture?

 

ILONA JOO:

 

Quanto non ricordo ma so che in casa della contessa si versò molto sangue, tanto che spesso fui costretta a cambiarmi di abito, avendone le vesti zuppe.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Addirittura?

 

ILONA JOO:

 

Certo! Quando in presenza della padrona Darvulia picchiava le ragazze, con più energia per farsi bella e riceverne una lauta ricompensa, il sangue ne usciva così generoso che sul pavimento dovevamo spargere cenere o crusca affinché venisse assorbito!

 

GYORGY THURZÓ:

 

Dopo cosa facevate dei corpi? E' vero che la contessa ha dato da mangiare la carne delle sue serve ai soldati tornati dalle battaglie?

 

ILONA JOO:

 

Questo non mi risulta.

 

GYORGY THURZa:

 

O denegato banchetto di Tieste! E allora ripeto. Cosa ne facevate dei corpi?

 

ILONA JOO:

 

Ma li seppellivamo naturalmente. Io sono molto cristiana e ho preteso un funerale religioso con tutti i crismi liturgici con tanto di cantilene.

 

Buio.

Musica di coro slovena da funerale.

 

13        SCENA

 

                 INTERROGATORIO DEI CORREI: DARVULIA.

 

Darvulia, con a fianco un soldato, sta davanti all'Inquisitore e al suo cancelliere.

Ha gli occhi bianchi essendo stata accecata. E' rossa in viso per i colpi, malferma sulle gambe ma sdegnosamente cerca di mantenersi eretta. Dalle vesti lacere s'intravedono le frustate ricevute.

Le mani sono legate dietro la schiena con una corda che pende dal soffitto.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Anna  Darvela  o Darvulia o Delbora o Dravulia o come diavolo vi chiamano!

 

ANNA DARVULIA (sprezzante):

 

Darvulia.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Di dove siete?

 

ANNA DRAVULIA:

 

Sàrvàr.

 

GYORGY THURZÓ:

 

 

Avete sentito le confessioni di Ficzko e Ilona. Continuate a negare? Guardate che la tortura come quella che voi praticavate può non aver fine mai... Solo che noi agiamo a fini di giustizia! Un colpo di corda!

 

Il soldato tira la corda.

 

ANNA DARVULIA:

 

Ah!

 

GYORGY THURZÓ:

 

Un altro colpo!

 

ANNA DARVULIA:

 

Ah!

 

GYORGY THURZa:

 

Confessate, dunque, strega!  E interrompete la vostra inutile agonia.

 

ANNA DARVULIA:

 

Confesso tutto quel che volete ma lasciatemi in pace.

 

A un cenno il soldato molla la corda e la donna cade per terra.

L'inquisitore le incombe sopra.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Avete partecipato ai crimini della Bathory?

 

ANNA DARVULIA:

 

Sì, ho aiutato la Signora a picchiare le ragazze. Se non l'avessi fatto, lo avrebbe fatto lei e avrebbe trafitto loro le labbra con spilloni, ustionato le piante dei piedi con cucchiai roventi e tormentato le carni con le pinze.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Quindi la vera indemoniata era lei non voi?

 

ANNA DARVULIA:

 

Sì, proprio così. Una volta, la Signora, troppo malata per farlo di persona, mi ordinò di portarle le ragazze vicino al letto e poi si mise a strappare loro con i denti grandi brani di carne dalla faccia e dalle spalle. Un'altra volta costrinse una ragazza a mangiare pezzi di carne tolti dal suo stesso corpo e personalmente arrivò a bruciarle i genitali.

 

GYORGY THURZÓ:

 

La tortura prediletta dalla Bathory?

 

ANNA DARVULIA (con occhi acuti e sadici):

 

Dare fuoco a pezzi di carta infilati tra le dita dei piedi delle ragazze, oppure far stringere in pugno alle sue serve delle monete arroventante in modo da lasciare gravi ustioni.

 

GYORGY THURZÓ:

 

E qual era la procedura di entrata delle ragazze?

 

ANNA DARVULIA:

 

Venivano chiuse nella torre di prigionia e fatte ingrassare con la speranza di avere, poi, più sangue a disposizione per le magie nella vasca di bellezza effettuate al chiar di luna.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Eravate voi l'artefice di quelle magie?

 

ANNA DARVULIA:

 

Sì, io avevo iniziato la signora. Ma poi l'allieva era diventata meglio della maestra!

 

GYORGY THURZa:

 

Cosa facevate in quei rituali?

 

ANNA DARVULIA:

 

Le ragazze, spesso, erano obbligate a prendere parte a libidinosi atti sessuali e quella di loro che si opponeva o dava fastidio era torturata ed uccisa per prima.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Praticavate magia nera?

 

ANNA DARVULIA:

 

Sì. Evocavamo il diavolo con tutto quel sangue e una volta Belzebub in persona si è disteso sulla contessa. Dopo averla ammaliata è penetrato dentro di lei col suo enorme organo grande quanto quello di un asino.

 

Rumore di un raglio.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Qualcuno ha detto di aver sentito ragliare dentro una certa stanza. E' sicura che fosse il diavolo a copulare con la signora e non un semplice immondo atto d'amore con una bestia?

 

ANNA DARVULIA:

 

Lo escludo. Quello era il diavolo in persona! E ha condotto la signora con le sue ali infuocate in un viaggio di piacere che mai aveva avuto in vita suo col più vigoroso degli umani.

(L'inquisitore dà un pugno alla sventurata).

Aaaaaaaaaaaaaaaah!

 

La donna crolla da un lato svenuta.

 

GYORGY THURZÓ:

 

Portatela via questa strega! Sarà la prima bruciare sul rogo! (Al cancelliere) Trasmettiamo immediatamente i verbali al tribunale per la sentenza.

 

Buio.

 

14        SCENA

 

                        LA SENTENZA DELL'OSCURO

 

Musica inquietante.

Dietro in alto appare un giudice incappucciato.

 

IL GIUDICE:

 

                               SENTENZA

 

La contessa ha commesso un crimine terribile contro il sangue femminile, e in ciò Darvulia, Ilona e Janos Ficzko erano complici fidati e consapevoli. In seguito agli interrogatori dei correi le accuse hanno dimostrato di essere fondate.

Per saperne di più sul caso sottoposto al nostro esame, i tre correi sono stati sottoposti a torture in occasione dell'interrogatorio. Gli accusati hanno confermato le loro dichiarazioni e hanno aggiunto dettagli anche peggiori sui crimini terribili commessi da Sua Signoria, la vedova Nadasdy.

Tutti i coimputati davanti alla corte, nelle confessioni rilasciate sponte o anche sotto la tortura, danno prove inconfutabili della colpevolezza dell'accusata, che supera ogni immaginazione per i molti omicidi e assassini in numero di almeno seicentoquindici  e per le particolari torture, per le crudeltà di tutti i tipi e per la malvagità.

E poiché a questi crimini gravissimi dovrebbero essere comminate le pene più severe, Noi abbiamo deciso - e con la presente sentenza decretiamo - che, considerando in primo luogo Ilona e in secondo luogo Darvulia come le persone maggiormente implicate nei crimini di sangue e come assassine, la sentenza sia che tutte le dita delle loro mani (che esse immersero nel sangue cristiano di innocenti) vengano strappate dai carnefici con le pinze di ferro, e che siano poi arse vive sul rogo.

Janos Ficzko  viene invece condannato alla decapitazione, poiché la sua giovane età e il minore coinvolgimento nei fatti ascoltati mitigano la sua colpa. Solo il corpo senza vita verrà messo al rogo con le altre due persone condannate.

Per la contessa Erzsébet Bathory si statuisce la condanna a morte, commutata per lo stato nobiliare, negli arresti domiciliari sine die.

Detta sentenza è stata pronunciata pubblicamente e le condanne verranno eseguite immediatamente. Affinché serva come ampia testimonianza ed esempio per tempi futuri, il presente documento è firmato di nostra mano e suggellato con il nostro sigillo. Ordiniamo che venga consegnato a sua eccellenza il conte palatino Gyorgy Thurzó. A. D. 7 gennaio 1611.

 

Effetto rogo con fuoco e rumori delle fascine abbruciate tra urla straziate delle due megere giustiziate.

 

15        SCENA

 

                                EPILOGO

 

                          LA CELLA DEI LIDERC

 

Verso dei gufi e dei corvi.

Abbaiare di cani da guardia lontani.

Guaire di volpi.

Erzsébet, magra ed emaciata, ascolta attentamente. Poi trascinandosi in cella si porta vicino alla fessura dove c'è un piatto col cibo.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Sento scendere, lontanissime, lacrime dalla luna e solo qualcuna come un'umidità sottile mi raggiunge infiltrandosi tra i merli, le stanze, fino a raggiungere tra queste fessure le mie mani. (Viene in proscenio). Guardate le mie mani, quanto sono fredde!

 

Rumori di pipistrelli.

 

ERZSEBET BATHORY (scacciando i pipistrelli che sembrano volerla assalire):

 

Andate via creature della Notte! Via!

 

Rumore di pipistrelli calante.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

A che vale scacciare questi vampiri? Essi torneranno. Ma intanto creature ben più orrende mi si annidano nella testa. Ero piccola e mia zia Karl mise a covare sotto le mie ascelle il primo uovo di due  galline nere, generando i liderc.   Esseri mutanti che in tutta la mia vita mi hanno assalito nelle forme più strane, ora dandomi la gioia e la ricchezza, ora il sangue  e il dolore. Fino a  murarmi qui, viva in questa cella, per succhiarmi giorno dopo per giorno la linfa della mia memoria ed impedirmi di ricordare ciò che accadde realmente.

(Spostandosi sul proscenio)

La verità, come la vita, è solo una foglia che vola nell'aria.

Cos'è vero e cos'è falso? Erzsébet Bathory, la contessa sanguinaria è colpevole o solo la vittima di un complotto di signori e di giudici per liberarsi della potentissima?

E se colpevole, lo fu veramente? Il germe della pazzia fece capolino ben presto nella mia vita; sin da piccola soffrivo d'emicrania, epilessia ed ero presa  da collere incontrollate. E quando avvennero i fatti addebbitatimi ero in preda a gravi malesseri da menopausa, che mi davano instabilità d'umore e angosce improvvise...

Vero, falso, colpevole, innocente, incapace d'intendere e volere... Non lo so. Sono stanca e non voglio più saperlo.

 

Rumori di pipistrelli montanti mentre assalgono di nuovo Erzsébet che si difende ancora un poco, poi mette giù le mani e si arrende.

 

ERZSEBET BATHORY:

 

Lascerò che i liderc e i vampiri volanti compiano il loro dovere cancellando per sempre con la vita i miei ricordi risucchiati fino in fondo.

Rimarrò solo una pallida ombra e si racconterà di me ai bambini per farli spaventare ed andare a letto senza disturbare i grandi.

 

Rumori di pipistrelli montante al parossismo in sincrono col pazzo pulsare del cuore.

Rumore di una campana amorte.

Erzsébet crolla a terra e rimane immota a occhi aperti.

Il rumore dei pipistrelli e del cuore si attenua fino a smorzarsi.

Verso dei gufi e dei corvi.

Abbaiare di cani da guardia lontani.

Guaire di volpi.

Cigolare della porta.

Entra il carceriere con una maschera di ferro in faccia. Solleva il piatto del cibo che constata intatto e mette la testa sul cuore della contessa.

 

IL CARCERIERE (rialzando la testa):

 

La contessa è partita. Senza luce, senza crocifisso.  Cosa rimarrà di lei: forse (carezzando i capelli della morta) un ciuffo di capelli, attaccato a un teschio polveroso, (carezzando le vesti lacere) qualche brandello di taffetà o di cambrì. Forse un pezzetto di sudario o... forse nulla! Ma di sicuro Elizabhet Bathory passerà attraverso i giardini fatati della Transilvania, per il suo ultimo viaggio: l'inferno dei vampiri in terra, là oltre le foreste, l'aspetta. (Chiude gli occhi della contessa)

 

Buio.

Va "Hungarian lullaby" chiuso da una risata agghiacciante.