PRESENTAZIONE DELL’EDITORE COSTANZO D’AGOSTINO DELL’OPERA
ALCHIMIA DI ROSANERA
Non si possono comprendere a fondo i significati insiti
nell'opera di Gennaro Francione Alchimia di Rosanera, se non
vengono prima approfonditi alcuni contesti storici, sociali e culturali
inerenti il paese di Cervara, il periodo in cui si muove il personaggio
di Rosanera, eroina della rappresentazione, i vincoli ed i
condizionamenti sovrastanti il percorso esistenziale di tutti gli
abitanti del luogo che all'epoca vivevano (o sopravvivevano) nel
territorio.
Per motivi di comodità cominciamo da Cervara, ridente paesino arroccato
a 1050 mt di altezza, a pochi chilometri da Subiaco, a circa 70 Km da
Roma (un’ora di macchina ), il cui territorio, comprensivo della
periferica Campaegli, è stato definito da molti viaggiatori, uno dei
posti più belli del mondo (la gran parte dei cittadini romani, assidui
frequentatori di varie località esotiche del pianeta, non sa di avere
sottocasa un luogo incantato che se non assomiglia a quello che
l'immaginario collettivo identifica con il paradiso terrestre, poco ci
manca: spero che queste mie modeste righe contribuiscano a riaffermare
tale verità).
Un po’ di storia: secondo l'opera di Jannuccelli Memoria di Subiaco
e sua Badia " del 1856 il nome del paese di Cervara deriverebbe da
Cerviaria, denominazione riferentesi sia al gran numero di
animali selvatici e non che vi stanziavano, che ad un nome di donna in
uso nell'antichità presso le comunità latine.
Un documento del 21 agosto 883 ci riferisce che Cesario " dux et consul
"avrebbe donato il territorio dell'odierna Cervara all'Abbazia
Sublacense, che vi avrebbe costruito un borgo fortificato; alcuni
attribuiscono invece la fondazione del paese ad un gruppo di Saraceni
sfuggiti alla sconfitta del 916 a Vicovaro. Varie peripezie e passaggi
di mano ci portano al periodo del suo massimo splendore sotto il dominio
di Pompeo Colonna (1508 ) quando, divenuto un importante centro di
transumanza, l'abitato del castello prese la forma che conserva tuttora.
Alla fine del XVII secolo ed all'inizio del secolo successivo,
allorquando un po’ tutta l'Italia fu attraversata da artisti stranieri
affascinati da bellezze artistiche e naturali oltremodo uniche, Cervara
divenne una meta privilegiata di molti di essi, i quali traevano dal
patrimonio paesaggistico ed umano di questo paese una fonte inesauribile
di ispirazione. Per primo venne il tirolese Giuseppe Antonio Kock, cui
sarebbe seguito Bartolomeo Pinelli e quindi tutta una schiera di artisti
cui non sarebbe mancata la notorietà internazionale. Il riferimento è a
Cottafavi, Ferrari, Schweinfurth, Morse ( l'inventore del telegrafo),
Richter, F. Montessusy, D. Purificato, Giampistone, L. Edward, Ciotti,
Kattinis, Aldo Riso, ecc.. La presenza di tali personaggi avrebbe
portato la località cervarola ad essere definita "paese degli artisti".
Cervara così, e le sue donne, venivano immortalate
attraverso moltissime opere pittoriche che oggi arricchiscono i musei di
mezzo mondo. Tra tutti uno in particolare merita una storia a parte:
Ernest Hebèrt. Da lui si origina una tela denominata Rosanera alla
fontana "che ritrae una bellissima modella cervarola” di cui
tutt'oggi esistono pochissime tracce documentali e a cui fa riferimento
Gennaro Francione nella sua opera teatrale Alchimia di Rosanera.
Quel bravissimo artista francese, nato tra gli agi della famiglia di un
notaio imparentato con Stendhal, aveva compiuto i suoi primi studi a
Grenoble, cominciando contemporaneamente a prendere lezioni di pittura
da Benjamin Rolland, allievo di David e conservatore del museo
cittadino. Sua madre Amèlie nel 1821 acquistava la villa di La Tronche
dove Ernest avrebbe passato la parte ultima della sua vita, ivi
spegnendosi e venendo sepolto in una tomba edificata nel suo giardino.
Quando nel 1834 i genitori di Ernest si separarono, l’artista andò a
studiare legge a Parigi ma, spinto da un'insopprimibile passione per la
pittura, si ritrovò presto a frequentare gli ateliers di David d'Anger e
di Paul Delaroche. Nel 1839 con l'opera Tasso in prigione vinse
il Prix de Rome ed ebbe la possibilità di soggiornare a Roma grazie
all'inserimento nell'Accademia di Francia diretta da Ingres. Con Roma e
l'Italia sarebbe così iniziato un sodalizio che non avrebbe più avuto
interruzioni.
A Roma Hebèrt soggiornò per circa trenta anni. In una delle sue più
importanti visite iniziate nel 1855 e proseguite l'anno successivo,
decise di trasferirsi a Cervara, dove si sarebbe soffermato fino al
maggio del 1858. Il paese, all'epoca abitato da poveri pastori e
contadini, era raggiungibile solo attraverso disagiate mulattiere e si
trovava in condizioni che senza alcun dubbio possiamo definire
primitive. A Cervara Hebèrt avrebbe realizzato varie opere tra cui,
oltre a Rosanera alla fontana ", anche Il picco di Cervara
, Portatrice d'acqua , Una strada di Cervara, Le
donne di Cervara.
Si racconta che con la bellissima modella ritratta in varie tele, e a
cui venne poi genericamente dato il nome di Rosanera, Hebèrt
ebbe una travolgente storia d'amore che portò addirittura alla nascita
di un figlio. Non esistono però prove certe, per quanto almeno io ne
sappia, né è possibile rintracciare qualcuno dei suoi parenti
discendenti della sua famiglia nel paese di Cervara. Qualcuno dice che
probabilmente si trattava di una puttanella come tante ne esistevano nel
territorio all'epoca, caratterizzate dalla facilità con cui si
concedevano soprattutto agli stranieri.
Qualche altro riferisce che la denominazione di Rosanera sarebbe da
attribuire ad una fanciulla di un paese limitrofo, quale Anticoli o
Roviano o Saracinesco, luoghi anch'essi meta di continui soggiorni da
parte di artisti stranieri. C'è anche chi afferma, come ipotesi, che
Rosanera sia il frutto di un immaginario collettivo impressionato
fatalmente, malgrado il trascorrere del tempo, dalla figura di Lucrezia
Borgia che aveva soggiornato qualche secolo prima nella vicina Subiaco.
E' mia opinione che Rosanera sia esistita realmente a Cervara, che
abbia avuto un'intensa relazione d'amore con Ernest Hebèrt, sfociata con
la nascita di un figlio, che la modella abbia seguito il pittore sia a
Roma dove questi sarebbe divenuto direttore dell'Accademia di Francia e
che, infine, si sia trasferita con lui nel paese d’Oltralpe trascorrendo
là il resto della sua vita.
Penso anche che la mentalità provinciale dell'epoca abbia portato la sua
famiglia originaria a disconoscere ogni parentela con la fanciulla in
quanto il suo comportamento trasgressivo rispetto alle regole sociali di
quel tempo avrebbe potuto essere portatore di vergogna e di ostilità.
Rosanera fu dimenticata perché una come lei a Cervara non avrebbe
potuto essere definita altrimenti che puttana.
Da una ricerca in Internet ho trovato Rosanera "nell'elenco della più
note modelle francesi del suo tempo”. Probabilmente Rosanera era
qualcosa di molto di più rispetto ad una semplice prostituta.
Riflessione: quale tipo di futuro avrebbe potuto offrire la Cervara di
quel periodo ad una ragazza bella, intraprendente e, probabilmente,
molto intelligente?
Rudolf Steiner, padre dell'antroposofia, affermava che l'agire nella
vita supera il contenuto della vita stessa. Io che ho vissuto
un'esperienza simile a quella di Rosanera essendomi distaccato dalla
mia natìa Sicilia per trasferirmi nel 1967 a Roma, conosco bene i
tormenti e le travagliate riflessioni che stanno dietro una scelta come
quella di distaccarsi definitivamente dalla propria terra per cercare un
destino più favorevole presso altri lidi. Era il 1967 di Messina e non
il 1860 (circa ) di Cervara: Rosanera, qualunque sia stato il suo vero
destino, ha la mia massima comprensione e stima.
Il genio di Gennaro Francione l'ha proiettata nella dimensione cui aveva
certamente diritto. Se, infatti, Joseph Conrad insisteva sul fatto che
un'opera d'arte deve contenere in ogni riga la giustificazione della sua
esistenza, l'opera Alchimia di Rosanera risponde esattamente a
questo requisito. In essa il nostro drammaturgo colloca Rosanera nel
podio fantasmagorico dei simboli che assurgono, attraverso l'elaborata
arte della sintesi di cui i veri artisti sono da sempre assoluti
padroni, nell'olimpo della cultura olistica dove, come insegnano i più
grandi maestri dell'umanità, amore e odio, angeli e diavoli, energia e
materia, altro non rappresentano che i due diversi aspetti della realtà.
Rosanera viene così a ricordarci il paradosso e l'assurdo cui è
sottoposta la vita che conosciamo. L'assurdo ed il paradosso che i
fisici moderni cercano di comprendere attraverso l'elaborazione di
sempre più sofisticate tecniche di controllo delle componenti nucleari e
dei relativi comportamenti, ma da cui l'uomo resta ancora
inesorabilmente imbrigliato per via delle insufficienti risposte.
Einstein, che aveva fatto della propria vita una missione di continuo
confronto col Creatore, che aveva elaborato una delle teorie matematiche
più complesse che mai mente umana avesse concepito e che avrebbe portato
nel tempo agli inimmaginabili traguardi del progresso tecnologico da cui
siamo tutti oggi avvolti e stravolti, non ha saputo trovare che
sconcerto davanti alle scoperte di Bohr, Pauli, Heisenberg e di altri
grandi scienziati che operavano nel campo della fisica nei primi decenni
del '900. Davanti ai risultati sbalorditivi cui pervenivano i laboratori
di mezzo mondo, questo grandissimo premio nobel non riusciva a
rassegnarsi alle conclusioni logiche che da essi si traevano, per cui
famosa divenne la sua esclamazione "Dio non gioca a dadi!".
L'assurdo ed il paradosso del mondo quantistico fanno constatare ad ogni
osservatore come energia e materia si equivalgano in una dimensione di
cui ancora l'uomo non ha penetrato la gran parte dei misteri, così come
Rosanera equivale a tutto il patrimonio simbolico dell'inconscio
collettivo dell'umanità, come ha bene spiegato C. G. Jung che, inoltre,
nella sua elaborata teoria della sincronicità, ci rende chiara
l'illusoria concezione del tempo e dello spazio che attanaglia le nostre
menti di uomini relativi e frammentati.
Rosanera è vittima e contemporaneamente carnefice perché alla base
della vita c'è la contraddittorietà degli elementi di base costituenti
la sua stessa struttura. E’ materia affrontata dalle filosofie orientali
ed occidentali già da millenni: le religioni stesse hanno preso origine
dalle diverse interpretazioni di questo fenomeno.
Il metodo psicologico di G. I. Gurdjief, il modello teosofico di madame
Blavaski, i sistemi di pensiero di tutti i più grandi maestri spirituali
degli ultimi 3.000 anni arrivano tutti ad una stessa identica
conclusione: la mente frammentata dell'uomo non può afferrare una realtà
in cui ogni cosa è interrelata con le restanti altre in una rete di
eventi che condiziona ogni relazione e contemporaneamente ne è
condizionata. In questa realtà dove si fondono tempo e spazio in un
unico processo, domina Rosanera in quanto azione fuori da ogni contesto
a noi familiare, dove tutto ed il contrario di tutto è possibile perché
reale.
L'assurdo ed il paradosso di Rosanera diventano, dunque, il terreno in
cui Gennaro Francione si immerge per creare le situazioni sceniche più
inverosimili, prodigiose di una fantasia che, come accennato prima,
altro non è che l'altra faccia della realtà. Lo fa tenendo conto che
l'arte è soprattutto la capacità di esprimere la condizione umana
attraverso gli umori e le sensazioni, chiamando in causa tutti i sensi
ed evocando nel contempo ordine e disordine. Aggiunge artificio ad
artificio, obbedendo al detto "ars est celare artem" ( l'arte consiste
nel nascondere l'arte) ed aggiungendo il necessario tocco di magia in
quanto compito dell'arte è anche quello di incantare.
Per ottenere questo scopo fa scontrare la bellezza con l'oscurità, la
libertà con il fato, la passione con la negazione, proponendo gli eventi
scenici in modo innovativo, atti ad essere interpretati nella loro
evoluzione creativa attraverso il modo intuitivo. I mattoni della
costruzione dell'opera divengono così le metafore, conseguenze
dell'attivazione conoscitiva del cervello alla base dell'apprendimento.
Partendo dal mondo reale ci fa pervenire verso tutti i mondi possibili
ed, infine, verso tutti i mondi concepibili.
Quando il mio amico Fabio Piscopo mi parlò per la prima volta di
Rosanera , immediatamente compresi che ci sarebbe stato molto lavoro
artistico per il vulcanico drammaturgo-scrittore Gennaro Francione.
L'amico Gennaro, infatti, che conosco da circa 25 anni e di cui ho
pubblicato nel tempo molte opere, riesce con facilità ad imprimere nella
materia teatrale le originali idee del suo io, che lo allontanano dal
semplice mondo dell'apparire, mettendo in moto un processo creativo
molto adatto ad affrontare questioni estetico-culturali come quelle di
Rosanera.
Con Fabio eravamo al bar della piazzetta centrale di Cervara quando fui
folgorato da Rosanera. Vidi in lei l'intero percorso del pensiero
filosofico-scientifico umano, vidi l'evoluzione storica della nostra
variegata società fatta di affanni e di speranze continue, vidi il
tormento interiore da cui si originano la gran parte delle attività
artistiche, vidi le miserie e le pochezze di cui è costituito ogni
essere umano che nessuna dissimulazione può mai riuscire a scalfire
nella loro evidenza.
Ma Rosanera non è soltanto questo: la folgorazione di Ernest Hebèrt
davanti alla sua modella ci parla anche di estasi e di estetica, di
irrazionalità e di istinti primari connaturati all'essenza stessa
dell'uomo; ci parla del collante "amore" dove si incontrano in un
processo comune una serie di necessità. Bisogni di compartecipazione e
di socialità per contrastare l'incombente solitudine che sovrasta
imperiosamente ogni essere umano. Bisogni sessuali irrefrenabili posti
nel motore umano a salvaguardia dei processi fisici e chimici legati
all'equilibrio stesso dell'universo di cui siamo infinitesimali pedine.
Bisogni di allargare la sfera dell'espressione della nostre innate
potenzialità. Bisogni di natura psicologico-filosofica inerenti il senso
stesso della nostra esistenza che, essendo finita nei modi e nei tempi
che attualmente ci è dato conoscere, ci pongono l'inquietante
interrogativo sulla fine delle nostre identità e memoria e sul
significato della nostra morte trasformatrice.
Gennaro Francione, in Alchimia di Rosanera, mette davanti allo
spettatore tutte queste inquietudini ed altre ancora. Fornendo alla
modella cervarola prerogative di trasformazione divina, irrompe nel
mondo della materia teatrale ricordandocene l'antimateria che
l'accompagna. Ci inonda con colpi di scena inusuali e talvolta
anacronistici per esaltare la funzione della sua creatura simbolica che,
da fanciulla quasi normale, si trasforma in ninfa diabolica per
coinvolgere il pubblico in un processo dove ciò che è irrazionale
diviene contemporaneamente fonte di orientamento alla vita attraverso i
meccanismi dell'arte. E' la riscossa della metamorfosi che avviene
attraverso Rosanera con l'ausilio del sistema alchemico. Ecco come
Rosanera viene ad identificarsi con il bisogno di purificazione
spirituale che insiste in ognuno di noi malgrado i palliativi con cui
cerchiamo di mascherarlo o dimenticarlo.
Rosanera non è altro che l'inestricabile enigma insito in ogni uomo. E
Cervara è il paese degli artisti in quanto essi tutti aspirano a
cimentarsi con ciò che Rosanera rappresenta: il tutto incomprensibile
dell'universo in cui siamo stati proiettati inconsapevolmente. Per
questo gli artisti, soprattutto gli scultori, usando la formula
tripartita dell'imitare, geometrizzare, intensificare, trasformano
volentieri la pietra carsica di Cervara in sculture dense di angoscia e
di speranza di volare, come scrisse Rafael Alberti che, pur soggiornando
nel vicino paese di Anticoli, amava visitare Cervara per contemplarne le
bellezze:
Cervara di Roma
vive sola, scolpita in cima
a una montagna di pietra.
E' una scultura nel cielo,
che al cielo volerebbe
se l'aria la sostenesse...
Ma... insieme alla scultura arriva anche la musica, che utilizza le
stesse vibrazioni d'energia che regolano il cosmo intero.
Cervara vola attraverso le note celestiali dell'opera altamente melodica
che ad essa ha dedicato il maestro Ennio Morricone che dal 23 agosto
2006 è suo cittadino onorario.
Cervara vola attraverso le ali dell'arte che hanno privilegiato questo
paese già incantevole, dotandolo di capolavori unici ed irripetibili.
Uno tra questi è La scalinata degli artisti realizzata nel 1984
ed accompagnata nel suo percorso da tutto un insieme di mirabili
sculture scandite da varie poesie incise nella roccia. Tale originale
opera fu realizzata da un gruppo di allievi del prof. Bianchi
frequentanti l'accademia di Belle Arti di Firenze. Dal 1986 si stagliano
sulle rocce inoltre altre importanti sculture riproducenti figure
mitologiche e vari animali.
Cervara vola anche attraverso la Montagna d'Europa realizzata
nel 1991 a testimonianza dell'indomabile resistenza del paese degli
artisti a favore della pace.
Cervara vola attraverso i tanti murales che accompagnano i suoi vicoli e
portici che recano ad ogni visitatore testimonianza di solidi valori
gelosamente custoditi dai "montanari" cervaroli.
Forse in futuro Cervara volerà ancora più in alto, trasportata
dall'alchemica metamorfosi di Rosanera, opera multimediale e uroborica
fatta della fusione armonica di arti sceniche, visive e sonore, che
certamente arricchirà ancor più lo straordinario scenario naturale del
paese attraverso il sottile paradigma estetico offertoci da Gennaro
Francione.
Costanzo D'Agostino