KARL TRA I DENTI DEL LEVIATANO
siamo tarpati dalla nostra creativita' legislativa
e giuridica che rinchiude i nostri concittadini, che pianta altri semi per la prossima
raccolta fiscale di tasse. Molti di coloro che approdano dietro i cancelli di acciaio e
cemento sono quelli capitati nella carta moschicida della opulenta industria giuridica
americana, dove le porte scolastiche sono sostituite da nuove scintillanti porte di celle,
e dove invece di ricevere insegnamento e riabilitazione riceviamo e generiamo
istituzionalizzazione.
Non e' difficile ritrovarsi negli ingranaggi del tritacarne, dove con ogni comoda
valutazione il governo trova molti e vari metodi per acquisire il prodotto. C'e' un
interesse nazionale nel tenermi in prigione, che permea e corrompe la giustizia reale che
vorremmo servire. La dicotomia e' complessa. Senza l'industria delle prigioni il monopolio
di miliardi di dollari andrebbe perso, ma fronteggiare questa bestia vorrebbe dire
affrontarne i denti per raggiungerne la gola e stringere al cuore il mostro.
La giustizia sia dannata per il 5-15 percento degli esseri
umani innocenti che sono diventati il prodotto della vera industria delle prigioni che
spinge e stringe i politicanti marionette
Se mai dovesse arrivarvi alle orecchie la notizia
dellavvenuta esecuzione di un uomo chiamato Karl Louis Guillen, e nel caso che i
media non dovessero riportare le sue ultime parole, ve le lascio ora. Immaginate di
ascoltarle dalle labbra inaridite di uomo alto un metro e ottantotto, con i capelli
castani e gli occhi nocciola, il colorito pallido di chi ha passato anni in isolamento in
una carnagione altrimenti dorata, che alcuni a suo tempo definirono un bel ragazzo. E ora
guardate la tavola a forma di croce alla quale sono legato, le spesse strisce di cuoio che
stringono i muscoli segandomi la pelle, i tubi delle endovene collegati alle braccia, gli
aghi coperti dai cerotti che me li tengono fermi nelle vene, vene che fino a quel giorno
erano rimaste intatte.
Leggetele ad alta voce, così forse riuscirete a sentire me. Ho una voce
normalissima, simile a quella di qualunque altro essere umano di sesso maschile:
leggermente più bassa, forse, ma per il resto assolutamente normale.
Ascoltatela. Ora.
LE ULTIME PAROLE
Con queste mie parole io vi saluterò.
Non cedete alla rabbia se presto morirò:
sono morti già in tanti, gasati, avvelenati,
come animali in fila, uccisi e macellati.
Stavolta tocca a un uomo e non a un animale
ma non odiate, anzi: piangete, se fa male.
Un anno dopo laltro han provato a piegarmi,
rinchiudendomi al buio, usando gas e armi,
lasciandomi da solo, spezzandomi le dita,
picchiandomi, umiliandomi, strappandomi la vita.
Se non sono impazzito tra sbarre ferri e mura
è perché la memoria combatte la paura.
Ho superato indenne, o quasi, questinferno
solo grazie allamore di chi, dal mondo esterno,
mi ha ricordato sempre, con fiducia e coraggio,
che non ero da solo a fare questo viaggio.
Perfino adesso io vi sento qui vicino,
ma vi devo lasciare, vedete? Mincammino
verso luci abbaglianti, verso ignoti misteri.
Ricordatemi vivo, ricordatemi ieri.
Oggi mi tocca andare, da solo, sempre avanti:
ma vi porto nel cuore, lo giuro, tutti quanti.
Non vi consolo, no, dico la verità.
Sentitela nel vento, che non si ferma e va.
Ma il mio sé più segreto continuerà la lotta
anche ora che questa terrena gabbia è rotta.
Continuerò a lottare senza voce né mani,
per i giorni infiniti, per oggi e per domani.
In questa vita bella, amara, dolce, incerta
sarò quello che fui: una ferita aperta.
Crocifisso alla morte che mi dettero in terra
io, vittima innocente di questa sporca guerra
combattuta ogni notte, rinnegata ogni giorno
vi resterò vicini, farò sempre ritorno
per darvi forza come lavete data a me.
Se non è vita questa, non so quale lo è.
Vi aspetterò: vedrete, al risveglio, al mattino
troverete un mio segno tra lenzuolo e cuscino;
quando sarete deboli, quando avrete bisogno
mi troverete al limite tra desiderio e sogno.
Guardate oltre le stelle, oltre il cielo, più in là,
e vedrete una luce che mai si spegnerà.
Sarò io che dallalto scriverò mille storie,
sceneggiature, dialoghi, poesie, versi, memorie.
Direte: "Cosè stato quel suono, quel fruscio?"
Non abbiate paura: guardate, sono io
che posso finalmente fare quello che voglio
seduto in mezzo al cielo, con una penna e un foglio.
Karl Guillen,
poesia tratta da "Il Tritacarne" Multimage 1999