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Rimandato a novembre il lancio della piu' grande biblioteca virtuale del pianeta

Google, il copyright frena il sogno del sapere universale

Le pressioni degli editori Usa, preoccupati per la violazione delle norme a tutela del diritto d'autore, hanno spinto la societa' a sospendere la scannerizzazione di milioni di testi


L'avventura di Google nella relizzazione della piu' grande biblioteca virtuale del pianeta subisce un arresto inatteso. Le pressioni degli editori Usa, preoccupati per la violazione delle norme che tutelano il copyright, spingono la societa' di Mountain View a congelare e a rinviare a novembre le operazioni di riproduzione digitale di milioni di testi. 
Il piu' giovane e usato motore di ricerca al mondo ha lanciato lo scorso ottobre il servizio 'Print' in via sperimentale e poi mesi dopo, a dicembre, ha presentato il 'Google Print Library Project', l'ambizioso progetto per trasformare il sito in uno snodo obbligato per la conoscenza. 
Per realizzare la libreria pubblica virtuale, sterminata grazie al potenziale aggiornato di oltre 10 miliardi di pagine web, la societa' ha stipulato accordi con cinque delle piu' prestigiose biblioteche internazionali che, aderendo con entusiasmo, hanno gia' affidato un primo lotto di testi, pari a circa un milione di unita', alla versione digitale che Google avrebbe dovuto portare a termine scannerizzando un potenziale quotidiano di 5.000 libri. 
Unico precedente nella storia fu la Biblioteca Alessandrina distrutta da un incendio. Essa conteneva una enorme quantità di volumi, provenienti da ogni parte del mondo allora conosciuto e che spaziavano su tutti i campi. Organizzata sul modello aristotelico di una raccolta sistematica di fonti, i testi venivano messi a disposizione del pubblico. 
Il cambiamento dei piani, invece, prevede ora una moratoria fino a novembre della riproduzione dei libri forniti dalle Universita' di Harvard, Stanford e Michigan, per consentire ai titolari dei diritti d'autore di contattare direttamente la societa' ed evetualemnte trovare collaborazioni o intese sul progetto. Va avanti, invece, il rapporto con le altre due istituzioni coinvolte, la New York Public Library e la Oxford University, che hanno conferito un numero piu' contenuto di testi non piu' protetti dal copyright. 
''Pensiamo che molti editori e autori continueranno a scegliere l'adesione al programma, accettando che i propri lavori siano disponibili online in tutto il mondo'', afferma Adam Smith, uno manager di Google che cura il progetto. ''Ma sappiamo - aggiunge in una nota disponibile sul sito della societa' - che non tutti sono d'accordo e intendiamo fare del nostro meglio per rispettare i loro punti di vista. Quindi, a tutti i titolari dei diritti d'autore possiamo dire che non forzeremo in alcun modo la loro volonta' se non vogliono la riproduzione digitale dei testi''. 
Molti libri, tuttavia, sono gia' consultabili sul web. Come nel caso di Amazon.com, la piu' grande rivendita online del settore, che ha pero' trattato appositi accordi o con gli editori o con gli autori. Anche su questi precedenti l'Associazione americana degli editori ha poggiato le base per la propria battaglia, esprimendo ulteriore perplessita' per la nuova iniziativa di Google sul contatto diretto dei titolari dei diritti d'autore. 
''Credo che debbano accantonare il progetto per intero'', commenta Patricia Schroeder, alla guida dell'associazione che riunisce oltre 300 editori, aggiungendo che sull'argomento c'e' piena adesione anche da parte degli altri operatori e 'colleghi' internazionali. ''E' incredibile che gli editori debbano sostenere l'intero peso dell'iniziativa'', aggiunge, ricordando gli inutili sforzi per trattare con Google un diverso approccio sulla vicenda. 
Eppure l'idea del motore di ricerca nato dalla intuizione degli ex-ragazzi 'terribili' del web, Larry Page e Sergey Brin, ormai miliardari, trova sempre piu' consensi: ''E' un esempio - osserva David Sohn, consigliere del Centro per la democrozia e la tecnologia, un think tank della politica digitale - di come Internet sia in grado di offrire nuove opportunita' per diffondere informazioni. Per questo e' importante sciogliere il nodo copyright in modo che queste opportunita' possano essere colte''. 

http://www.rai.it/news/articolonews/0,9217,115972,00.html

 

«Fin dal periodo di Reagan, la maggiore scarsità degli Stati Uniti non riguarda l'innovazione tecnica, ma piuttosto la volontà di lavorare insieme per il bene pubblico. Non ha alcun senso incoraggiare la prima a spese della seconda».

Richard Stallman


Cos'è Babelteka ?

Distributed Library Project è un progetto freesoftware che nasce in California nella seconda metà del 2003 allo scopo di favorire il prestito di opere (libri, musica, video) tra persone che hanno interessi comuni.
BabelTeka è un'implementazione di DLP rivolta principalmente allo scambio di opere in lingua italiana.

DLP chiede ai suoi utenti una buona dose di disponibilità e di intelligenza. Disponibilità nel mettere a disposizione del servizo alcune opere della propria collezione privata, nell'essere corretti nei rapporti con gli altri utenti, nel tollerare eventuali lievi imperfezioni del sistema. Intelligenza nell'imparare ad utilizzare il sistema nel migliore dei modi, nel contribuire al suo decollo attraverso il tam tam tra conoscenti, nel collaborare, per chi vuole farlo, al suo perfezionamento.

Le FAQ e la Guida sono a disposizione di chiunque voglia raggiungere rapidamente una buona comprensione del funzionamento generale di DLP.

I promotori di Babelteka non hanno alcuna responsabilità sulle diatribe che possono sorgere tra gli utenti nel corso delle operazioni di prestito delle opere, né sul contenuto, la natura, e lo status legale delle opere stesse. Ci riserviamo tuttavia il diritto di cancellare, senza alcun preavviso, opere che siano inadeguate ad un'utenza che è composta anche da minori o che incitino esplicitamente alla violenza o alla guerra. Non ci interessa esercitare il ruolo di censori, ma intendiamo risparmiarci inutili seccature. La funzione che Babelteka si propone è quella di favorire i contatti tra gli utenti e di tutelarne la privacy secondo le leggi vigenti. E' invece responsabilità esclusiva del singolo utente scegliere quali opere mettere a disposizione del sistema e a chi cederle in prestito.

La strada verso la libera circolazione delle idee e della conoscenza richiede tenacia. Voi ne avete molta. Ve ne siamo grati.

http://www.babelteka.org/

 

Babelteka è un prototipo di costruzione della Biblioteca Universale dal basso. Immaginiamo un mondo dove ogni individuo scannerizzi un libro cartaceo e lo metta in rete.

E' inevitabile il parallelo con Fahrenheit 451 di  Ray Bradbury. Là il potere brucia tutti i libri ma ogni uomo di buona volontà si assume il compito di studiarne a memoria uno per donarlo alle generazioni successive.

Da questa parte il potere condanna la riproduzione di opere senza diritto di autore, e ogni uomo di buona volontà ne digitalizza uno affinché in via web ogni uomo del pianeta possa accedervi gratuitamente(Raul Karelia)

http://www.comunicati.net/comunicati/societa_civile/associazioni/16776.html

http://italy.indymedia.org/news/2005/11/916711.php

 

Pubblicare le scansioni di milioni di libri di pubblico dominio su internet
by faust Saturday, Nov. 12, 2005 at 3:44 PM
E' questa l'intenzione di Internet Archive che si impegna nella creazione di una biblioteca universale che permetta la lettura online di volumi storici.

 

Per ora il progetto è orientato verso l'acquisizione di libri in lingua inglese pubblicati prima del 1923 che permettano di creare una collezione coerente e il più possibile completa della letteratura anglosassone e nordamericana, ma è aperto alla collaborazione di biblioteche e collezioni che volessero partecipare contribuendo con la scansione dei propri libri non più sottoposti a diritti d'autore e copyright.
Per la scansione vengono utilizzati degli scanner appositi, creati mettendo insieme un pc con hard disk capienti, due fotocamere digitali e un vetro angolato a novanta gradi che tiene aperto il libro senza doverlo aprire del tutto, preservando così la rilegatura.

Questo tipo di lavoro richiederà molte ore di lavoro e il contributo di molte persone, ma potrebbe rendere un servizio ineguagliabile a milioni di persone.
La giornata di uno degli scanditori del progetto è raccontato dal wall street journal in un interessante articoloche trovate qui

http://www.archive.org

[NOTA]Attenzione il sito di openlibrary supporta solo internet explorer e mozilla, con altri browser potrebbe essere impossibile voltare le pagine.

 

Anno X n. 2343 di venerdì 8 luglio 2005 (PI - News)

La più grande impresa collettiva online

Wikipedia non è soltanto una enciclopedia multilingue in continuo sviluppo, è anche una riscossa per il senso più profondo della rete. Lo dice a Punto Informatico l'uomo che l'ha inventata: Jimmy Wales

 

Fragile chi? (pagina 1 di 3)

 

·                                 Viva l'Open Source abbasso Wikipedia

Roma - Ha avuto un lampo di genio quando ha ideato uno dei prodotti più sbalorditivi che la Rete abbia visto finora: Wikipedia è l'opera collettiva più vasta, una enciclopedia dinamica in continuo ampliamento grazie ai contributi volontari di molti, anzi di moltissimi, e anche per questo molto più di una semplice enciclopedia. Jimmy Wales, per tutti "Jimbo", 39 anni, ha cambiato la sua vita e quella di migliaia di navigatori a marzo del 2000. Oggi risponde alle domande di Punto Informatico mentre è in aeroporto in attesa di un volo che lo porterà verso l'ennesima conferenza. 

Punto Informatico: La comunità dei wikipediani è molto vasta (13mila collaboratori che parlano 161 lingue), da poco è stato superato il milionesimo articolo e già si viaggia verso il milione e mezzo. In Italia abbiamo superato le 50.500 voci eppure i server di Wikipedia, si dice, sono relativamente ridotti, alcune leggende li collocano in un angolo della stanza che ospita i server di Bomis.com a Tampa in Florida. Basta davvero così poco per gestire una mole così incredibile di sapere?
Jimmy Wales: In realtà i server non sono più collocati in un "angolo di una stanza della Bomis.com" ma in una struttura della PowerMedium un provider che fornisce servizi e soluzioni per il web.

PI: Quanti sono allora i server Wikipedia nel mondo?
JW: Attualmente esistono più di 70 server in Florida, 6 a Parigi, 10-12 ad Amsterdam e 26 sono stati commissionati per potenziare il nostro sistema in Sud Corea. Non c'è nulla dunque di "piccolo o economico" -e non potrebbe essere diversamente- per gestire un sistema che consente di poter vedere circa 1.4 miliardi di pagine al mese.

PI: Nelle vostre pagine si legge che i server sono gestiti da una sola persona part time e a carattere volontario...
JW: Certo, una sola persona pagata per svolgere un lavoro part time e gestire l'hardware in Florida. È normale, visto che ora c'è così tanto da fare ed io lavoro troppo per poter fare tutto da solo.

PI: Possibile?
JW: Sì, è possibile e rispecchia esattamente le logiche che animano Wikipedia: persone che per passione si muovono per raggiungere gli ideali col fine di realizzare un progetto impiegando liberamente il loro tempo per contribuire fattivamente. E queste vi assicuro sono persone fantastiche.

PI:...tutto basato sulla volontarietà e gratuità: sembra un meccanismo così fragile...
JW: Non sono d'accordo sul fatto che sia un meccanismo fragile. Credo, invece, che tutto quanto sia una stupefacente innovazione di Wikipedia: la crescita di una comunità di persone piene di passione che stanno facendo qualcosa di davvero importante e ce la mettono tutta perché questo prosegua. Perciò si sono organizzati e dovranno continuarlo a fare da soli.
Questo, forse, può suonare "fragile" per qualcuno. Per me, invece, sono fragili quei modelli organizzativi e produttivi che non si basano sulla passione.

PI: Come procede la raccolta delle contribuzioni volontarie per la Fondazione nel 2005?
JW: Circa 100mila euro per i primi quattro mesi e stimo si possa arrivare a 500 mila per il 2005.  

PI: Come vengono investiti precisamente questi soldi?
JW: La maggior parte delle donazioni viene investita in hardware. Una parte serve per coprire le spese dei miei viaggi, benché la maggior parte dei miei spostamenti siano pagati da quelle persone che mi invitano per tenere conferenze.

PI: Chi riceve uno stipendio? L'intero apparato Wikipedia quanto costa?
JW: Come dicevo abbiamo un solo impiegato: il nostro developer capo. In più un collaboratore-assistente part time all'hardware. Io non percepisco un salario. Vivo dei guadagni dei miei affari passati.

PI: Quali sono, se ci sono, le falle più grosse di Wikipedia? I suoi punti deboli?
JW: È vero che man mano che la comunità andrà ingrandendosi sarà maggiormente necessario qualche impiegato stipendiato in più. Ad un dipendente puoi far fare cose che ad un volontario non puoi nemmeno chiedere. Dovremo quindi essere in grado di organizzarci da soli e mutare l'assetto della comunità a seconda delle esigenze.
Dunque, in futuro vedo più dipendenti ma questo è garanzia di affidabilità e disponibilità. Non ne abbiamo ancora davvero bisogno al momento, ma la necessità diverrà più stringente quando cresceremo.

PI: Il tentativo del Los Angeles Times di creare una pagina wiki degli editoriali, naufragato per l'attacco di wiki-vandali, riporta l'attenzione sugli atti di sabotaggio di cui spesso è vittima anche Wikipedia. Il trolling è il prezzo da pagare per la democrazia e la libertà?
JW: L'esperimento del Los Angeles Times è naufragato perché hanno fatto alcuni madornali errori sin dall'inizio. Hanno mascherato tutti i link sul sito che permetteva alla comunità di modificare ed amministrare le pagine. Questa per me è una idiozia bella e buona.

PI: In pratica hanno tentato di gestire dall'alto la comunità?
JW: Avrebbero potuto chiedere consigli ai wikipediani, se questo non li avesse infastiditi, prima di tuffarsi a capofitto in esperimento in maniera così arrogante. Sono stato uno dei pochi wikipediani che ha tentato di aiutarli ma senza accesso agli strumenti degli amministratori e a causa del bloccaggio degli Ip non abbiamo potuto essere di grande aiuto.
Credo allora che l'esperimento del Los Angeles Times dimostri che il trolling è il prezzo da pagare per aver ignorato la vera democrazia e la vera libertà. Non hanno scelto, per esempio, licenze free o open source, non hanno permesso che gli utenti potessero di fatto amministrare il sito, non hanno in sostanza permesso che la comunità potesse monitorarsi da sola. Ecco spiegato il naufragio.

PI: Cosa vuole dire ai troll che quotidianamente disfano il lavoro dei wiki-volontari?
JW: Cosa posso dire? Non credo siano così importanti da poter sprecare fiato per loro.  
PI: Ma in una struttura condivisa come Wikipedia, Jimmy Wales che responsabilità ha? Sono condivise o si trova a dover prendere decisioni da solo?
JW: Io sono come quei monarchi costituzionali sullo stile della Gran Bretagna o della Spagna. Ho alcuni poteri che mi derivano dalla storia e dalla natura (per il fatto di essere il fondatore) che raramente esercito.
Preferisco influenzare le persone con tutto il garbo e la gentilezza che mi sono possibili. Occupo simbolicamente questo posto affinchè i nostri ideali ed i nostri obiettivi siano di esempio per il mondo.
PI: Wikipedia sta avendo un impatto forte sulla circolazione del sapere e sulla società mondiale. State pensando anche di far vivere l'enciclopedia fuori dalla Rete perché possa contribuire ancor di più a veicolare il sapere. Ci spiega in che modo?
JW: Noi abbiamo attraversato tutto il periodo degli inizi della Rete quando eravamo molto eccitati per il futuro di questo nuovo mezzo. Poi, quando l'era del dot-com è arrivata, Internet sembrava essere solo pop-up, porno e spam. Wikipedia in verità è un ritorno agli ideali originali di Internet: mettere insieme le persone attraverso l'amore ed il rispetto per costruire qualcosa di migliore per il futuro. Un semplice ideale tuttavia capace di infondere molto potere. Ecco che il nostro ideale diventa universale e può dunque vivere -anzi deve- anche fuori dalla Rete.

PI: Già altre enciclopedie (Encarta) stanno aprendo il loro contenuto ai lettori ma con limiti più rigidi. Secondo lei come finiranno questi esperimenti?
JW: Ne parlo in maniera approfondita sul mio blog. Al momento sono in aereo e non posso dilungarmi troppo. Il punto tuttavia è: Encarta non ha adottato licenze libere, e non ha alcuno strumento per creare attorno al suo sito una vera comunità sullo stile di quella nostra. Bill Gates è incredibilmente folle se pensa che le persone si offriranno volontariamente di lavorare gratis solo per far guadagnare alla Microsoft (e dunque a lui) altri soldi.

PI: Crede? Manca dunque il "movente", una motivazione vera e nobile...?
JW: Sì, le persone sono felici di dare il loro apporto e di spendere il loro tempo e la loro energia per migliorare il mondo e renderlo un posto migliore. Chi ha un minimo di cervello non perderà cinque minuti del suo tempo per la stupida idea della Encarta.

PI: Si considera il precursore del wiki-thinking? Questo atteggiamento culturale quali influssi può generare nella comunità mondiale?
JW: Io dico sempre di essere un umile falegname e non un architetto. Io faccio solo il mio dovere per costruire qualcosa senza superbia, semplicemente, e spero che le persone lo trovino utile. Cambierà il mondo? Chi lo sa? Io spero di sì.

PI: Come immagina Wikipedia tra 20 anni?
JW: Ah, questo no... non riesco ad immaginare il futuro da qui a tre anni figurarsi fra 20 anni. Nel 2025 vorrei finalmente possedere quella macchina volante che ci hanno promesso da ragazzi. Ed anche i video telefoni. A proposito dov'è finito il mio videotelefono? Sto scherzando, spero che lo humor si colga anche in italiano.

PI: C'è qualcosa che l'ha davvero sorpresa in questa esperienza che non aveva assolutamente previsto?
JW: È sorprendente per me sapere quante persone meravigliose esistano al mondo. Quando misi a punto il primo software di Wikipedia pensavo che non saremmo stati capaci di mantenerlo aperto a lungo. Ma la cosa affascinante è che le persone sono di gran lunga migliori di quello che di solito si crede.
Le persone davvero possono lavorare insieme con spirito di carità e dedizione per aiutare il mondo. Io ci credo.

a cura di Alessandro Biancardi

http://punto-informatico.it/p.asp?i=53960

 
Pagine di questa notizia:
1. Fragile chi?
2. LA Times e il Wiki Thinking
3. Il meglio della Rete