ROMA-"Perché
condannare chi vende compact dis k falsi su un
tappetino per strada, e contemporaneamente far finta che
non esistano i file Mp3 e la possibilità di scaricare
musica in modo gratuito da Internet?". L'interrogativo è reale,
ma a porlo non è un sociologo o un giornalista, bensì il
giudice Gennaro Francione, della quinta sezione del
tribunale di Roma, che con una sentenza che farà
discutere ha stabilito che non è perseguibile penalmente
chi vende cd contraffatti se, come spiega in questa
intervista a ilNuovo.it, l'azione è stata determinata
"dallo stato di necessità". Pur riconoscendo
l'esistenza del reato, il magistrato ha di fatto
assolto quattro extracomunitari sorpresi a vendere un
centinaio di compact disk "pirata". "Non è
stata una decisione presa su due piedi - continua
Francione - ci ho pensato e ripensato, ma poi alla fine ha
prevalso il buon senso. Il giudice non può stabilire
una verità che non abbia riferimenti col mondo in cui vive.
E oggi, la realtà è quella di Napster".
La rivoluzione
anti copyright parte da un tribunale invece che da un
centro sociale?
Non credo. Quel che ho fatto è solo non compiere una
ingiustizia nei confronti di quattro extracomunitari che non
sanno di diritti d'autore e di Siae ma solo di
sopravvivenza. Il bisogno di vita, di mettere insieme
il pane per la cena, è superiore ad ogni cosa. E questo, il
diritto, lo riconosce in pieno.
Anche se ciò
cambia le regole per la diffusione della cultura?
Perché? L'arte è libera e gratuita in rete ed è
ormai raggiungibile da una quota sempre maggiore di persone.
Gli imputati a cui ho riconosciuto il reato, ma cui ho
applicato la scriminante in quanto i rei erano
spinti da uno stato di necessità, rischiavano una pena
grave perché accusati di ricettazione e
contraffazione. Se li avessi condannati da due a dieci
anni come indica la norma per questi reati sarebbe stato uno
scandalo, non altro.
Le sue
valutazioni però sono esplosive.
Il problema è
che non esiste danno concreto. La pirateria riequilibra
un costo che è imposto dall'alto e che è sempre crescente.
Per me un reato penale non sussiste. L'articolo
41 della Costituzione spiega che l'iniziativa economica
privata libera non può svolgersi in contrasto con l'utilità
sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Non c'è
stato a mio parere, ripeto, un fine di lucro
illecito in chi venda cd in strada a prezzo ridotto, al
fine di procurarsi da mangiare, con azione accettata e
condivisa da tutti.
Siae da
abbattere, dunque?
No, nel modo più
assoluto. Nella sentenza, infatti, ho spiegato che è
possibile un ricorso in sede civile da parte della Società
italiana autori ed editori. E' comunque da
ridimensionare il dramma di cui tanto si parla. La
vendita a poche lire non fa male a nessuno. Diffonde
l'immagine a un pubblico più vasto.
Vuol dire che
anche lei in casa ha dei cd contraffatti in casa?
Assolutamente, no. Forse sono rimasto l'unico, ma è così.
Sono innamorato della musica classica e ho una intera
collezione di cd comprati in un negozio del centro e rimango
comunque un nostalgico innamorato del vinile.
(16 FEBBRAIO 2001;
ORE 19:05)