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Non è reato vendere cd falsi per strada

 

Rivoluzionaria sentenza del tribunale di Roma. Parla il giudice che ha scritto la sentenza: "Non me la sentivo di condannare quattro extracomunitari quando con Napster chiunque scarica musica da Internet".

di Simone Navarra

ROMA-"Perché condannare chi vende compact dis k falsi su un tappetino per strada, e contemporaneamente far finta che non esistano i file Mp3 e la possibilità di scaricare musica in modo gratuito da Internet?". L'interrogativo è reale, ma a porlo non è un sociologo o un giornalista, bensì il giudice Gennaro Francione, della quinta sezione del tribunale di Roma, che con una sentenza che farà discutere ha stabilito che non è perseguibile penalmente  chi vende cd contraffatti se, come spiega in questa intervista a ilNuovo.it, l'azione è stata determinata "dallo stato di necessità". Pur riconoscendo l'esistenza del reato, il magistrato ha di fatto assolto quattro extracomunitari sorpresi a vendere un centinaio di compact disk "pirata". "Non è stata una decisione presa su due piedi - continua Francione - ci ho pensato e ripensato, ma poi alla fine ha prevalso il buon senso. Il giudice non può stabilire una verità che non abbia riferimenti col mondo in cui vive. E oggi, la realtà è quella di Napster". 

La rivoluzione anti copyright parte da un tribunale invece che da un centro sociale?
Non credo. Quel che ho fatto è solo non compiere una ingiustizia nei confronti di quattro extracomunitari che non sanno di diritti d'autore e di Siae ma solo di sopravvivenza. Il bisogno di vita, di mettere insieme il pane per la cena, è superiore ad ogni cosa. E questo, il diritto, lo riconosce in pieno.   

Anche se ciò cambia le regole per la diffusione della cultura? 
Perché? L'arte è libera e gratuita in rete ed è ormai raggiungibile da una quota sempre maggiore di persone. Gli imputati a cui ho riconosciuto il reato, ma cui ho applicato la scriminante  in quanto i rei erano  spinti da uno stato di necessità, rischiavano una pena grave perché accusati di ricettazione e contraffazione. Se li avessi condannati da due a dieci anni come indica la norma per questi reati sarebbe stato uno scandalo, non altro.    

Le sue valutazioni però sono esplosive.
Il problema è che non esiste danno concreto. La pirateria riequilibra un costo che è imposto dall'alto e che è sempre crescente. Per me un reato penale non sussiste. L'articolo 41 della Costituzione spiega che l'iniziativa economica privata libera non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Non c'è stato a mio parere, ripeto, un fine di lucro illecito in chi venda cd in strada a prezzo ridotto, al fine di procurarsi da mangiare, con azione accettata e condivisa da tutti.

Siae da abbattere, dunque?
No, nel modo più assoluto. Nella sentenza, infatti, ho spiegato che è possibile un ricorso in sede civile da parte della Società italiana autori ed editori. E' comunque da ridimensionare il dramma di cui tanto si parla. La vendita a poche lire non fa male a nessuno. Diffonde l'immagine a un pubblico più vasto.

Vuol dire che anche lei in casa ha dei cd contraffatti in casa?
Assolutamente, no. Forse sono rimasto l'unico, ma è così. Sono innamorato della musica classica e ho una intera collezione di cd comprati in un negozio del centro e rimango comunque un nostalgico innamorato del vinile. 

(16 FEBBRAIO 2001; ORE 19:05)  

 

http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,30164,00.html

 

 
Questo è un Giudice mosso dal senso di Giustizia
Ricordate che una cosa è il Diritto un'altra la Giustizia

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