IL PUNGOLO FRANCIONE: RIVISITARE
MONTESQUIEU NELLA DEMOCRAZIA DEL 2000
di Raul Karelia
Le
vicende che in questi giorni stanno interessando il giudice Francione e
soprattutto l’eco che il caso sta suscitando in rete e sulla stampa mi hanno portato a lunghe meditazioni, in
primis rivisitando le teorie di Montesquieu, elaboratore illuminista
della teoria della tripartizione dei poteri statali.
Allora,
nel ‘700, un saggista; oggi la storia si ripete e ancora un giudice
dei nostri tempi, anch’egli scrittore, ci dà una lezione di
giustizia in una sentenza fatta di mille rivoli di meditazione, tutti
fervidi, tutti intelligenti, tutti, soprattutto, a misura d’uomo.
Alla
luce delle quattro sentenze di Francione emesse il 15 febbraio 2001 la
teoria della divisione dei poteri di Montesquieu va riveduta e
interpretata ai sensi di una Weltanschauung di una
società nuova, realmente democratica, intesa in senso dinamico e
non statico.
Ciascuno
dei tre poteri di Montesquieu(legislativo, esecutivo e giudiziario) ha invero dentro di sé qualcosa degli
altri. Ciò non solo idealmente ma di fatto, come quando ad esempio il
Ministro della Giustizia eserciti poteri disciplinari nei confronti di un
giudice o un giudice interpreti una legge palesemente ingiusta ai minimi termini.
Quando
i due poteri primari, legislativo ed esecutivo, rispettano i principi di
eguaglianza nella formulazione ed esplicazione della loro attività, il
compito dei giudici è ridotto, nel senso che davvero essi devono
limitarsi ad applicare la legge che di per sé è fondamentalmente
egualitaria, giusta, rispettando i dettami della costituzione di equa
distribuzione della ricchezza e delle risorse sociali.
Là
dove, invece, il potere legislativo ed esecutivo tralignino, creando leggi
a favore dei più forti e si corrompano spiritualmente e nummariamente, là
essi vengono meno al principio primario di giustizia nella gestione della
cosa pubblica, al che tocca ai giudici compensare quel vuoto di
egualitarismo, attaccando le normative e interpretandole a favore dei
deboli, al limite del rispetto esteriore della norma e della sua
vanificazione.
In
caso contrario: summum ius, summa iniuria. Il giudice che applica
pedissequamente la legge ingiusta, è un mero burocrate, una bocca vuota
della legge che aggiunge
ingiustizia a sopraffazione.Ciò significa che
la staticità della tripartizione di Montesquieu ha come unica
conseguenza lo strapotere del momento politico istituzionale che,
asservito alle lobby capitalistiche, crea di fatto una disuguaglianza
sociale tra forti sempre più forti e deboli sempre più deboli.
La
revisione della tripartizione e l'intervento riequilibratore forte della
magistratura non rappresentano una rivoluzione, anche se come tale vengono
inquadrati dal potere dominante che getta fango sui giudici "eretici" per
difendere lo status quo. Il sistema di reazione dinamica dei giudici
tale da portare alla vanificazione delle leggi ingiuste è previsto dalla stessa Costituzione là dove all'art. 3,
dopo aver affermato il principio dell'eguaglianza tra i cittadini, impone
un obbligo preciso, concreto ai poteri statali di agire, per far sì che
l'eguaglianza stessa sia reale. Affida, infatti, alla Repubblica in
toto, giudici compresi, il compito di "rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
Quando
i due primari poteri, Legislativo ed Esecutivo, non abbiano ottemperato
alla realizzazione di un equilibrio nei rapporti sociali, è compito dei Giudici attuare un "controllo non più passivo ma attivo"
denunziando le contraddizioni di leggi e sistemi che creino sperequazioni
sociali, avallate dal manto della legalità addirittura con la creazione
di norme penali, per rendere il pre-potere ancora più schiacciante.
Né
può la classe dominante trincerarsi dietro l'azione normativa svolta in
base al mandato popolare che va sempre inquadrato nei principi
costituzionali fondamentali, chiunque sia al governo
e regga la cosa pubblica.
L'azione
giusta, invero, da qualunque istituzione provenga, è quella che si pone
in maniera forte coi forti e debole coi deboli. Solo così di fatto si crea
eguaglianza tra le classi sociali, per cui qualunque legge che
contravvenga a questo principio, è di per sé anticostituzionale e
assoggettabile all'attacco di giustizia in tutte le forme
dirette(interpretazione ad hoc immediata per ridimensionare le norme contro
l’uomo) e indirette(proposizione di questioni d'incostituzionalità).
Ci
si potrebbe chiedere in base a quale criterio il giudice possa ritenere
ingiusta la legge con un'interpretazione ai limiti della vanificazione.
Il
primo allarme lo trova nella sua coscienza intima dove deve sempre
scrutare perché egli, prima di rendere giuramento alla legge, lo rende
alla giustizia e alla sua coscienza.
In
secondo luogo deve verificare il modo di sentire degli altri giudici sulla
legge da applicare. Nel caso di specie l’inquisito non è il solo magistrato
a ritenere iniqua la legge penale sui cd contraffatti, perché altri magistrati di Roma e
di altri Tribunali d’Italia hanno svolto azione parallela dopo e
addirittura prima di lui. Ergo c’è una sorta di sommovimento
sotterraneo del consesso dei giudici che rende edotti
dell'iniquità della legge. Ma la riprova finale della validità
dell'azione nullificatrice di giustizia la si ritrova nel consenso
popolare massiccio che Francione ha avuto alla sua sentenza. C'è
stata una reale standing ovation di massa decretata in rete e
fuori, a fronte di un fenomeno(la vendita di cd per strada) davvero
dilagante, accettato dalla stragrande maggioranza del consesso sociale
contro tutte le norme repressive.
In
ogni caso, per chi malgrado ciò gridi allo scandalo, la sentenza di
Francione è solo una forma di denunzia possibile di una legge
sbagliata. Se la sua tesi e quella del manipolo di magistrati
che gli si sono affiancati fosse sbagliata, ci penseranno i giudici
superiori a modificarla.
Fin
dall'inizio della vicenda Francione è stato attaccato su alcuni media come giudice per aver emesso una sentenza coraggiosa,
innovativa a misura d'uomo, mossa dall'evidente
constatazione dell'irrazionalità di tutelare penalmente posizioni
squisitamente commerciali. Ciò contrastava con gl’interessi delle lobby
dominanti e pertanto “il giudice dei poveri” è apparso decisamente
scomodo.
L’affermarsi dei principi di Francione comporterebbe, infatti,
una perdita economica stratosferica per
i potentati – già sotto inchiesta in America e in Europa per aver fatto
cartello - che, su quel tipo di attività
censurata dal Nostro, costruiscono imperi ultramiliardari#.
Ma
ritorniamo alla presumibile azione disciplinare in atto. Presumibile.
Altro atto di barbarie all'italiana, visto che l'interessato ha saputo
della cosa solo dai giornali.
Oggi
5 marzo 2002 sconosciamo ancora i motivi addotti dal ministro Castelli a
sostegno della sua azione disciplinare, ma abbiamo l'interrogazione
parlamentare fatta subito dopo le sentenze dal senatore Bucciero, dalla
quale si evince il travalicamento dei poteri con due attacchi
illegittimi e anticostituzionali: attacco alla libertà del giudice e
attacco alla libertà dell'artista.
E’
chiaro che reputo tutta la faccenda molto grave,
perché mina alla base
i principi della democrazia.
Nello
specifico vale il brocardo:”le sentenze non si discutono, si impugnano”.
Men che mai vanno attaccate disciplinarmente dall’organo superiore.
L'azione disciplinare del Ministro Castelli contro Francione, se vera come
probabile(non essendo stata smentita dopo che i media l'hanno riportatata),
è un attacco
alla libertà decisionale dei magistrati, interferendo
con i gradi successivi di giurisdizione cui solo spettano poteri di
riforma e potendo essa "inquinare" le decisioni dei
giudici ulteriori. I processi, infatti, sono ancora in corso perché le
sentenze dei 4 Cavalieri dell'Apocalisse(come ho definito scherzosamente i
quattro poveri e inermi extracomunitari venditori di cd) sono state
appellate sia dalla Procura che dalla Procura Generale.
Come
saremo sicuri ora che i giudici del gravame giudicheranno con serenità e
imparzialità, condizionati dal Ministro che ha ritenuto
"abnorme" una certa interpretazione della legge?
Come
essere certi che sono immuni dalla pressione di fare la stessa eventuale
fine di Francione?
Insomma
è evidente che l'azione disciplinare può creare un blocco del dissenso nei vari
gradi di giurisdizione, pur apparentemente perseguendo
l'obiettivo di colpire il solo Francione,
in quanto non allineato all’interpretazione burocratica
di una legge che ritiene ingiusta. Ciò malgrado abbia fatto opera
di alta giustizia, urlando l'irrazionalità di un sistema
normativo attraverso il suo verdetto rigorosamente aderente alla
legge per lo stato di necessità(fame), alias art. 54 c.p., invocato in capo ai poveri
immigrati.
Contesto
anche nell’affaire la subdola manovra quale si evince
dall'interrogazione parlamentare nel tentativo di gettare ombre
sull'essere giudice di Francione riferendosi alla sua attività di
artista. La tecnica disgustosa è
attuata con l'estrapolare frasi che di per sé appaiono
"strane" da contesti più ampi e rigorosi, i quali soli possono
dare loro la giusta luce. Oppure si ricorre allo stratagemma di
cambiare a bella posta un termine difficile e colto per
ridicolizzarlo. La metodologia estrapolatoria capziosa è stata ripetuta in forme
molto più mitigate, ma sempre con intenti denigratori, dal giornalista Bianconi,
che definisce Francione un "personaggio curioso".
Come artista il
giudice Francione è un fior fiore di esteta e di intellettuale.
Basta visitare i suoi siti. Ha scritto 140 opere, 30 pubblicate tra saggi
e romanzi; ha messo in scena una decina di sue opere teatrali anche all'estero, risultando vincitore al premio Betti per la drammaturgia nel
2001. Ha partecipato a numerosi convegni di cultura ed estetica varia. Per
due anni gli è stato assegnato il Premio della Cultura dalla Presidenza
del Consiglio.
Ecco chi è in briciole quello che i suoi avversari vogliono far
passare per un tipo “bizzarro”. Magistrato di Cassazione,
superesperto, con ben 25 anni di carriera, egli fa parte di 110 giudici
scrittori, di cui è Presidente. La sua Onda di Temi vanta
nomi gloriosi come Ugo Betti, Vico Faggi, Guido Lo Schiavo e
soprattutto Dante Troisi, altro censurato storico per la sua attività di
scrittore e "giudice alternativo".
Voglio, infine, notare che i dati di Francione
riportati nell'interrogazione parlamentare sono stati attinti
dai suoi siti in rete. Anche
questo tra le righe viene contestato al Nostro, quasi che essere
trasparenti, avere web con chiara pubblicazione della propria attività
nel cyberspazio, sia disdicevole per un magistrato.
Per
concludere reputo che, se verrà toccato Francione, sarà colpito l'intero
spirito d'indipendenza e libertà della magistratura, e con esso
l’intero popolo libero italiano; non solo ma sarà colpita anche la
libertà per chiunque, anche di un giudice, di fare arte e, infine, cultura
in rete in questo paese.
Bisogna
combattere e resistere come hanno invocato i giudici del Nord. E si
comincia proprio dalla Controffensiva di Rete, ad evitare che anche una
sola ammonizione fatta a Francione dal CSM si trasformi in una Caporetto
per l'intero Popolo Italiano.