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"Hai mai provato a fare un backup di
una parete di casa tua prima
di farci un buco con il trapano? O a mettere su un
floppy
la tua automobile nel caso qualcuno te la voglia
rubare?
Cioè, per te le stesse regole che si applicano alle
cose solide
si applicano anche al software? Risposta: NO".
@@@@@@@
"Se fossi un programmatore, non cercherei di
vendere un prodotto,
ma la mia capacità di produrlo ... ciao, piccolo
Bill :O)".
http://www.censurati.it/index.php?q=node/204&PHPSESSID=ec240eb937de2bd3c3b8da39a4512920
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Software
Libero, la proposta va in Parlamento |
Il
testo sul quale sono stati raccolti ampi consensi viene
presentato al Senato dal verde Fiorello Cortiana |
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http://punto-informatico.it/p.asp?i=39458
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IL TESTO DELLA PROPOSTA
CAPO I - PRINCIPI GENERALI
Art. 1 (Definizioni)
Comma 1
Si definisce licenza di software libero, una licenza di diritto di
utilizzo di un programma per elaboratore elettronico (sia sistema
operativo sia programma applicativo), che renda possibile all'utente,
oltre all'uso del programma medesimo: la possibilità di accedere al
codice sorgente completo e il diritto di studiare le sue funzionalità; il
diritto di diffondere copie del programma e del codice sorgente; il
diritto di apportare modifiche al codice sorgente; il diritto di
distribuire pubblicamente il programma ed il codice sorgente modificato.
Comma 2
Si definisce software libero ogni programma per elaboratore elettronico
(sia sistema operativo sia programma applicativo) distribuito con una
licenza di software libero come definita nell'articolo 1, comma 1 del
presente testo di legge.
Comma 3
Si definisce programma per elaboratore (software) a codice sorgente
aperto, ogni programma per elaboratore elettronico (sia sistema operativo
sia programma applicativo) il cui codice sorgente completo sia disponibile
all'utente, indipendentemente dalla sua licenza di utilizzo.
Comma 4
Si definisce software proprietario un programma per elaboratore (sia
sistema operativo sia programma applicativo), rilasciato con licenza d'uso
che non soddisfi i requisiti descritti nell'articolo 1 comma 1 della
presente legge.
Comma 5
Si definiscono formati di dati liberi, dei formati di salvataggio ed
interscambio di dati informatici le cui specifiche complete di
implementazione siano note, a disposizione di ogni utente e liberamente
utilizzabili per qualunque scopo.
Comma 6
La cessione di software libero viene esclusa dagli obblighi di cui all'Art.
10 della legge 248 del 18 Dicembre 2000 (bollino SIAE). (Comma in
discussione).
CAPO II PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (Obblighi per la Pubblica
amministrazione)
Art. 2
Comma 1
La Pubblica Amministrazione, nella scelta dei programmi per elaboratore
elettronico necessari alla propria attività, privilegia sistemi
operativi, applicativi e programmi in genere che appartengano alla
categoria del software libero o, in seconda battuta, a codice sorgente
aperto.
Comma 2
La Pubblica Amministrazione che intenda avvalersi di un software non
libero, deve motivare la ragione della scelta e, analiticamente, la
ragione della eventuale maggior spesa, sotto la diretta responsabilità
del responsabile del procedimento di cui all'Art. 4 della Legge 7 agosto
1990, n. 241
Art. 3 (Trattamento dei dati personali e sensibili)
Comma 1
L' impiego di software libero o a sorgente aperto (a disposizione
dell'Amministrazione stessa) è esclusivo per gli enti pubblici che
trattano dati personali o sensibili soggetti alla disciplina della legge
n. 675 del 31 dicembre 1996 e nel trattamento di dati la cui diffusione o
comunicazione a terzi non autorizzati possa comportare pregiudizio per la
pubblica sicurezza
Comma 2
I codici sorgenti dei programmi per elaboratore elettronico utilizzati da
parte della Pubblica Amministrazione per il trattamento di dati personali
e sensibili secondo la legge n. 675 del 31 dicembre 1996 devono essere
conservati dalla Pubblica Amministrazione stessa per permetterne future
verifiche.
Comma 3
Gli uffici della Pubblica Amministrazione inviano posta elettronica a
cittadini o ad altri uffici della Pubblica Amministrazione contenente dati
sensibili e/o riservati solo se cifrata (crittografata) mediante programmi
a codice sorgente aperto. (comma candidato ad eliminazione)
Art. 4 (Documenti)
Comma 1
La Pubblica Amministrazione, per la diffusione di documenti di cui debba
garantire la pubblicità, come anche l'accesso ai documenti amministrativi
di cui all'Art. 22 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, e in generale per
tutti i documenti prodotti per la diffusione al pubblico come documenti
informatici anche ipertestuali (testi, carte, software, siti internet,
archivi, tabelle ecc.) è tenuta ad utilizzare formati liberi.
Comma 2
Qualora si renda assolutamente necessario eccezionalmente, l'uso di
formati non liberi, la Pubblica Amministrazione sarà tenuta a motivare
analiticamente questa esigenza, sotto la diretta responsabilità del
responsabile del procedimento di cui all'Art. 4 della Legge 7 agosto 1990,
n. 241, dettagliando i motivi per cui è impossibile convertire gli stessi
dati in formati liberi. La Pubblica Amministrazione è tenuta a rendere
disponibile anche una versione più vicina possibile agli stessi dati in
formato libero.
CAPO III: Pubblica Istruzione, ricerca e sviluppo
Art. 5 (Incentivazione alla ricerca e allo sviluppo)
Il Ministero dell'Istruzione, Università e della Ricerca Scientifica
presenta annualmente un programma di ricerca specifico sul software libero
per progetti di ricerca da parte di enti pubblici o privati per lo
sviluppo di programmi per elaboratore da rilasciare sotto licenza di
software libero.
Art. 6 (Istruzione scolastica)
Il Ministero competente in materia di istruzione recepirà il contenuto ed
i principi della presente legge nell'ordinamento scolastico e nei
programmi didattici all'interno della progressiva informatizzazione della
scuola. Gli ordinamenti didattici nazionali riconoscono il particolare
valore formativo del software libero e ne privilegiano l'insegnamento.
CAPO IV - DISPOSIZIONI FINALI
Art. 7 (Regolamenti attuativi)
Comma 1
Entro 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Governo
emana i regolamenti attuativi necessari alla sua piena applicazione.
Comma 2
Nello stesso termine il Governo emana un regolamento che definisca gli
indirizzi per l'impiego ottimale del software libero nella pubblica
amministrazione; i programmi di valutazione tecnica ed economica dei
progetti in corso e di quelli da adottare relativi alla progressiva
adozione di soluzioni di software libero, da parte delle amministrazioni
statali anche ad ordinamento autonomo e degli enti pubblici non economici
nazionali. Le norme regolamentari non dovranno impegnare il bilancio dello
Stato.
Art. 8 (Norma transitoria)
Entro tre anni dall'approvazione della presente legge gli enti della
Pubblica Amministrazione adeguano le proprie strutture e i propri
programmi di formazione del personale per gli aspetti generali trattati
all'articolo 2, il termine per l'adeguamento è di un anno per gli aspetti
trattati all'articolo 3 (trattamento dei dati sensibili) e di mesi 6 per
le indicazioni di cui all'articolo 4 (circa il formato dei documenti della
Pubblica Amministrazione).
Si stabilisce la formazione di un gruppo di lavoro interministeriale per
monitorare l'attuazione della presente legge nel corso dei primi tre anni
dalla sua approvazione."
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Pirateria informatica: un affare da 11 miliardi di dollari
Lo studio annuale dell’International Planning and Research Corporation rivela che nel 2001 la riproduzione illecita dei software è aumentata del tre per cento in tutto il mondo. La patria è l'Europa dell'Est
MILANO – Costa circa undici miliardi di dollari la pirateria del software, che nel 2001 è aumentata in tutto il mondo del tre per cento. Nel 2000 infatti la clonazione illegale di programmi informatici è passata dal 37 al 40 per cento. Così rivela lo studio che l’International Planning and Research Corporation (IPR) ha effettuato per la Business Software Alliance (BSA), un'organizzazione internazionale senza scopo di lucro fondata nel 1988 al fine di contrastare la duplicazione illegale di software. La ricerca prende in esame le varie aree geografiche della Terra e si scopre così che è l’Europa Orientale la patria della duplicazione illecita.
Con il 67% di prodotti piratati, nell’Est europeo ha prodotto nel 2001 434 milioni di perdite monetarie nel mercato del software. Russia e Ucraina, e l’ex Unione Sovietica in genere, sono i Paesi con il tasso di pirateria più elevato. La Polonia, il terzo Paese per dimensioni in quest'area, ha ridotto il tasso di pirateria dal 54% al 53%. Con il 43%, la Repubblica Ceca continua ad essere il Paese con la minor diffusione di pirateria nell’aerea.
Europa Occidentale. Con il 37%, l'Europa Occidentale continua ad essere la seconda regione con il minor tasso di pirateria, anche se a ciò corrisponde la seconda posizione per perdite finanziarie provocate: quasi 2,7 miliardi di dollari (circa 2,9 miliardi di euro), cifra che contribuisce per il 24% delle perdite totali causate dalla pirateria software a livello globale. Le perdite maggiori si sono verificate in Germania (681 milioni di dollari), Italia (468 milioni di dollari) e Francia (527 milioni di dollari). I tassi di pirateria più elevati sono quelli di Grecia (64%), Spagna (49%) e Francia (46%).
L’Italia con un tasso del 45% si colloca al quarto posto nella graduatoria dei Paesi a più alto tasso di pirateria in Europa Occidentale e, rispetto al 2000, guadagna una posizione.
Nord America. Quest'area si conferma come quella con la minore diffusione di pirateria (26%), anche se in crescita rispetto al 25% del 2000. Negli ultimi sette anni il tasso di pirateria è sceso dal 32% al 26%, anche se il Nord America è la terza regione per perdite monetarie con 1,9 miliardi di dollari contro i 2,9 miliardi del 2000. Nel 2001 la pirateria è aumentata negli Stati Uniti di un punto percentuale arrivando al 25%; finanziariamente ciò si è tradotto in perdite per più di 1,8 miliardi di dollari, contro i 2,6 miliardi del 2000. La diminuzione registrata dal 2000 al 2001 è il risultato di diversi fattori: il dollaro è stato più forte sui mercati valutari rispetto ad altre monete, mentre i prezzi del software (espressi in dollari) hanno proseguito la tendenza al ribasso così come avvenuto nel corso dell'ultimo decennio. In Canada il tasso di pirateria è rimasto invariato al 38% e le perdite dovute al furto di software sono ammontate a 189 milioni di dollari contro i 304 milioni del 2000.
Asia e Pacifico. Diversi Paesi di quest'area hanno visto aumentare la diffusione della pirateria nel 2001. Le percentuali in Malesia e India sono salite al 70%, nelle Filippine al 63%. La maggior parte degli altri Paesi ha mostrato lievi variazioni: in Indonesia una leggera diminuzione (dall'89% all'88%); in Giappone il valore è rimasto al 37% mentre in Australia è sceso dal 33% al 27%. La Nuova Zelanda, con il 26%, si è confermata come il Paese con il minor tasso di pirateria di tutta l'area Asia e Pacifico. Il Vietnam, con una diffusione di materiale illecito del 94%, continua invece ad essere il Paese al mondo con il tasso più levato. Dal punto di vista economico, le perdite sono aumentate dai 4 miliardi di dollari del 2000 ai 4,7 miliardi del 2001.
America Latina Per il terzo anno consecutivo questa regione ha visto diminuire la diffusione della pirateria, ora al 57%, anche se i suoi effetti sono costati circa 865 milioni di dollari. La maggiore diffusione della pirateria si è registrata in Nicaragua con il 78%, Bolivia (77%) ed El Salvador e Guatemala (entrambi al 73%). In Brasile e Messico, le due maggiori economie dell'area, il fenomeno è sceso rispettivamente al 56% e al 55%; in Argentina, terza economia del continente, è invece salito al 62%.
Medio Oriente e Africa. Quest'area ha visto scendere la diffusione della pirateria dal 55% del 2000 al 52% del 2001. Le tre maggiori economie mediorientali (Turchia, Israele ed Arabia Saudita) hanno registrato una flessione del fenomeno; la variazione più significativa ha riguardato in particolare la Turchia, scesa dal 63% del 2000 al 58% del 2001. Israele, con il 40%, è stato il Paese con il minor tasso di pirateria. Il fenomeno ha causato perdite per circa 284 milioni di dollari. L'Africa, in particolare, ha visto un lieve incremento della pirateria, passata dal 52% del 2000 al 53% del 2001. Il Sudafrica, la maggiore economia del continente, ha totalizzato il tasso minore (38%), mentre Kenya (77%) e Nigeria (71%) sono i due Paesi dove il fenomeno è più diffuso.
(11 GIUGNO 2002, ORE 13:30)
http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,137595,00.html
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Il
guru spiega perché l'attuale sistema "proprietario"
sia "anti sociale" e racconta i tanti vantaggi del "free"
Stallman: "Il software
deve essere tutto libero"
di RICCARDO STAGLIANO'
ROMA - E' un raro esempio di coerenza, quello di Richard
Stallman. Da una ventina d'anni ripete la stessa cosa, con immutato
vigore: "Il software deve essere libero" sostiene, alla
faccia di tutte le compagnie - Microsoft in testa - che, proprio
grazie al suo sfruttamento economico, hanno accumulato nello stesso
intervallo di tempo fortune incalcolabili. E per essere libero di
mitragliare il suo tormentone ha pagato dei prezzi alti sin da
subito come, nel 1984, quando lasciò un ottimo posto di informatico
al Mit per fondare la sua Free Software Foundation.
Oggi le sue idee sono sempre più di moda. In epoca di "no
logo" l'ipotesi di un codice senza marchi, che ognuno può
utilizzare, modificare e redistribuire a piacimento, gode di una
fortuna senza precedenti. E poi c'è la prova che la teoria può
funzionare anche nella pratica: Linux, il sistema operativo che si
ispira a questi principi, è una realtà commerciale sempre più
importante. E proprio in questi giorni, negli Stati Uniti, è uscito
"Free as in Freedom: Richard Stallman's Crusade for Free
Software", una biografia scritta da Sam Williams che racconta
il contributo dell'ex hacker all'idea più rivoluzionaria della
cosiddetta New Economy.
Innanzitutto, spiega Stallman in una lunga intervista alla Bbc, non
bisogna confondere "libero" con "gratis",
nonostante il termine "free", in inglese, autorizzi la
confusione nella traduzione. "Sono due vicende separate. Il
software libero oggi ha un tremendo valore commerciale - spiega
Stallman - e si può scegliere di venderlo, ciò fa parte della
libertà". Tuttavia l'interpretazione autentica dell'inventore
del concetto è chiara: "'Software libero' significa che
l'utente è libero di studiare cosa fa quel programma, modificarlo
per meglio soddisfare i suoi bisogni, distribuirne copie ad altre
persone e pubblicarne poi copie migliorate. E, se non siete
programmatori voi stessi, potete dare il compito a qualcun altro di
farlo per voi". Di questo si parla quando si parla di "free
software": che sia gratis o a pagamento non influisce sulla sua
natura.
E da questa definizione molte conseguenze derivano. La
personalizzabilità, per esempio. "Ogni volta che un utente ha
bisogno di fare delle modifiche affinché il software risponda
meglio alle proprie esigenze, le può fare (o far fare)". E il
fatto che così tante e diverse persone possano partecipare al
processo continuo di perfezionamento garantisce una qualità che
difficilmente un singolo programmatore (o una singola azienda)
potrebbe raggiungere: "Così si producono sistemi potenti e
affidabili, che funzioneranno per mesi e mesi senza mai crashare".
E ancora la moltiplicabilità. "Se a qualcuno piace il
programma che state usando potete fargliene una copia in maniera
completamente legale" spiega Stallman "non sottobanco come
adesso, nella paura dell'illegalità". Una conseguenza, questa,
particolarmente importante per i paesi in via di sviluppo.
"L'India - esemplifica Stallman - non può permettersi di
rimanere incagliata nella trappola di dover usare Windows perché ciò
significherà un'emorragia finanziaria per loro insopportabile a
favore di compagnie americane". Senza contare l'aspetto
formativo, di istruzione: "Ognuno, nel mondo, che voglia
imparare come scrivere del software ha quest'opportunità, perché
per imparare non c'è niente di meglio che leggere e scrivere molto
software. E' stato anche il modo in cui io stesso ho imparato".
Insomma, solo vantaggi si potrebbero ricavare dall'adozione
generalizzata del software libero. benefici importanti per tutta la
società, a sentire Stallman. E allora perché non è ancora
successo? Il cronista di Bbc glielo chiede: "Quando in una
società c'è dell'inerzia, questa tende a sviluppare molta
resistenza a ogni cambiamento. E le compagnie che producono software
proprietario sono molto brave nel tenere i loro clienti in
trappola". Tuttavia il vecchio hacker non dubita del futuro di
lungo periodo: "Alla fine vinceremo noi, rimpiazzeremo il
software proprietario che è un sistema anti-sociale che toglie le
libertà, divide gli utenti e li lascia in balia delle
aziende".
Una prospettiva promettente, una sorta di nuovo
"umanesimo" informatico, dove l'avidità lascerà il posto
alla solidarietà, dove l'etica
hacker sostituirà quella calvinista-capitalista. Un mondo
bellissimo di cui però Stallman ha dimenticato di dedicare un
eguale quantità di energie a spiegare chi e come pagherà gli
ex-detentori del copyright che, tanto pervicacemente, disconosce.
Insomma una tesi con una pars destruens micidiale, ma una construens
ancora da mettere a punto.
(8 aprile 2002)
http://www.repubblica.it/online/tecnologie_internet/antiword/freesoftware/freesoftware.html
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Freaknet
Medialab Catania
Il Centro
Sociale Auro di Catania, ospite dell'Hackmeeting 2001 -www.hackmeeting.org
- ha tenuto a battesimo la riapertura della rivista antimafia I Siciliani
e conserva l'unica collezione completa di cronaca cittadina dalla fine del
fascismo agli anni '70 - è promotore di numerose iniziative
interculturali, attività ricreative per bambini, laboratori video e
musicali, e ospita anche il FreakNet MediaLab, famoso per il suo attivismo
sulla frontiera digitale e impegnato, fra l'altro, a realizzare
un'emeroteca virtuale per conservare quel patrimonio di storia locale. Già
sgomberato dalla giunta del sindaco Scapagnini, continua le sue attività
presso il circolo Arci di Catania. Il Medialab del centro sociale, perr,
non è stato solo un luogo di sperimentazione di tecnologie a basso costo
dove il riuso dei computer dismessi è la norma, ma è anche uno degli
hacklab che concretamente pratica il diritto all'informazione per tutti,
mettendo i suoi computer a disposizione di chiunque non se ne pur
permettere uno; fornisce servizi di email e surfing gratuito ed ha
attivato, caso unico in italia, programmi di navigazione e videoscrittura
in lingua araba per gli extracomunitari che lo frequentano. Nel
laboratorio autogestito di informatica e nato dall'esperienza della rete
di Bbs amatoriali FreakNet, gli attivisti del centro sociale tengono corsi
di formazione all'uso dei computer e si dedicano alla diffusione dell'uso
di software libero come Linux, con l'intenzione di rimediare all'errata
convinzione che esso sia di difficile uso e quindi indatto ai
principianti. I loro corsi hanno visto la partecipazione di studenti,
professionisti e pensionati che hanno appreso che sistemi operativi come
Unix/Linux sono più stabili del famigerato Windows, hanno interfacce
grafiche piacevoli e intuitive e possono usare software "open source"
per scrivere, calcolare, disegnare e navigare su Internet. Soprattutto
hanno scoperto che Linux è assai piy affidabile e meno costoso dei
sistemi operativi commerciali e su questo hanno avviato una campagna per
l'obiezione di coscienza all'uso dei sistemi proprietari comunicandola al
Rettore dell'Università di Catania. In una lettera al Rettore hanno
chiesto di non sprecare i soldi degli studenti in spese inutili
"visto che una buona fetta delle loro tasse finiranno nell'acquisto
di hardware non necessario e di software scadente che dovrà presto essere
aggiornato". L'adozione di Linux, dicono, che gira finanche su vecchi
"386", rivalorizzerebbe l'attuale parco calcolatori dell'Ateneo
rallentando la folle corsa all'aggiornamento dell'hardware e al
peggioramento dei servizi informatici. Motivano questa tesi spiegando che
l'aggiornamento dei sistemi operativi di tipo proprietario come Microsoft
Windows (e applicativi come Microsoft Office), implica spese onerose per
l'acquisto di ciascuna licenza d'uso e che la complessità non necessaria
di quei programmi richiede sempre maggiore potenza di calcolo che, in un
circolo vizioso, obbliga all'acquisto di processori piy potenti e di
periferiche specifiche che poi, guarda caso, sono commercializzati dalle
case che hanno accordi commerciali con la Microsoft.
Una
situazione che vuole tutti gli altri produttori impegnati a costruire
strumenti informatici ritagliati sulle caratteristiche dei prodotti
Microsoft rinunciando a innovare tecnologie e sistemi.
Ma quello
economico non è il solo motivo. Il software libero e open source
permette, al contrario dei "software chiusi" come quelli di
Microsoft, di studiarne l'ingegneria interna, necessaria alla formazione
degli studenti, che invece diventano "pirati informatici" se
provano a farlo con il software proprietario, a causa di una legislazione
che criminalizza lo studente che lo "apre" per vedere come è
fatto o ne produce una copia per studiarlo a casa come da programma
didattico.
Gli
studenti universitari del Freaknet Medialab sono andati oltre auspicando
che l'Università aderisca allo spirito del progetto Linux il cui sviluppo
è il frutto della passione di decine di migliaia programmatori che,
grazie a Internet, condividono il loro lavoro in maniera cooperativa
agendo di fatto come un laboratorio di ricerca diffuso. Il corollario
delle loro tesi è che, se la ricerca condotta dalle multinazionali del
software che mirano solo al profitto e al consolidamento delle posizioni
di mercato va a scapito della qualità dei prodotti e favorisce
l'omologazione della creatività informatica, diversa è la missione
dell'università, il cui ruolo dovrebbe essere di formare coscienze
critiche e non consumatori stupidi, e di garantire l'accesso agli
strumenti della formazione anche ai meno ricchi.
Un primo
risultato di questa filosofia è stato già ottenuto quando uno studente
catanese è riuscito a convincere il professore del suo corso di laurea ad
accettare come compito d'esame un database fatto con MySql - programma a
"sorgente aperta" - anziché usare Access di Microsoft come il
docente richiedeva, dopo avergli fatto presente che lui non aveva Windows
sul computer e che, soprattutto, non aveva alcuna intenzione di
installarlo. La critica finale dello studente era che, se all'Università
si impara solo ad usare Windows, all'ingresso nel mondo del lavoro egli
non avrà altra scelta che proporsi per sviluppare contenuti e applicativi
basati su Windows, in questo modo perpetuando la cattiva influenza
culturale delle lobby di produttori che, è noto, in questo modo
distorcono il mercato e frenano l'innovazione e la ricerca tecnologica.
Questi due esempi per dimostrare che i sostenitori della libera
circolazione dei saperi non si limitano a rivendicarla a parole ma, non
rassegnati a perdere il proprio avamposto di cultura critica, a Catania
hanno usato anche lo strumento della petizione elettronica
(www.freaknet.org) per sostenere le proprie ragioni.
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Software
proprietario e free software: le divergenze si giocano sul filo
del copyright (Relazione per il seminario"Condividi la
conoscenza", Milano,Teatro "Franco Parenti", 10
maggio 2003)
|
di Manuel M. Buccarella
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***
Le principali differenze tra software c.d. proprietario
e software libero si giocano in prevalenza sul fronte del copyright e
della disciplina normativa apprestata nei confronti dello stesso, con
particolare riferimento alla tutela del diritto d'autore sui programmi per
elaboratore. Il software secondo la definizione data dall'OMPI nel 1984 è
"l'espressione di un insieme organizzato e strutturato di istruzioni
(o simboli) contenuti in qualsiasi forma o supporto (nastro, disco, film,
circuito), capace direttamente o indirettamente di far eseguire o far
ottenere una funzione, un compito o un risultato particolare per mezzo di
un sistema di elaborazione elettronica dell'informazione". Il primo
ordinamento che ha giuridicamente qualificato il software come opera
dell'ingegno è quello statunitense tramite il Computer Software Amendment
Act del 1980. Successivamente pari riconoscimento è giunto dalla
Direttiva CEE 91/250 recepita nel nostro ordinamento giuridico con il D.
Lgs. 518 del 1992 che ha introdotto delle modifiche ed integrazioni alla
Legge 633 del 1941 sul diritto d'autore. Nel nostro ordinamento il
software viene tutelato come opera di ingegno se ed in quanto esso abbia i
requisiti tecnici per rientrare nella definizione di cui all'art. 2, comma
1, n. 8 della Legge 633/1941 (la legge sul diritto d'autore) che recita:
"In particolare sono comprese nella protezione [.] i programmi per
elaboratori, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato
di creazione intellettuale dell'autore. Restano esclusi dalla tutela
accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base
di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue
interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio
per la progettazione del programma stesso".
1. Le due facce del diritto d'autore
La creazione di una qualsiasi opera dell'ingegno implica
l'acquisizione, in capo all'autore, dei diritti allo sfruttamento
economico dell'opera e dei diritti morali. I diritti morali e patrimoniali
vengono a costituirsi direttamente in capo alla persona fisica che ha
"creato" l'opera. Il diritto morale d'autore costituisce un
diritto indisponibile della persona e si sostanzia, principalmente, nel
diritto al riconoscimento della paternità dell'opera ed all'integrità
della stessa. La Legge sul diritto d'autore (agli artt. 20 e seguenti)
riconosce all'autore, anche dopo la cessione dei diritti patrimoniali, un
altro diritto morale quale quello all'integrità dell'opera. Il diritto
all'integrità si sostanzia nella possibilità di opporsi a qualsiasi
deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera nonché a
qualsiasi atto che possa recare pregiudizio al suo onore o alla sua
reputazione. Tutti questi diritti sono imprescrittibili, irrinunciabili ed
inalienabili e possono essere fatti valere, in caso di morte dell'autore,
dagli eredi senza limiti di tempo.Il riconoscimento dei diritti morali
d'autore da parte del legislatore italiano non trova riscontro nella
legislazione americana che riconosce all'autore, con il Copyright Act,
esclusivamente i diritti di utilizzazione economica dell'opera. I diritti
patrimoniali consistono nella possibilità di utilizzare l'opera in ogni
forma o modo, originale o derivato. In particolare, esso consiste nella
possibilità di riprodurre, trascrivere, eseguire, rappresentare o
recitare, diffondere, trasformare, elaborare nonché di tradurre, dare in
prestito, noleggiare o vendere l'opera di ingegno (v. art. 12 e ss. LDA).
I diritti patrimoniali possono costituire oggetto di cessione totale o
parziale: la cessione parziale costituisce una forma di espressione del
principio generale secondo cui debbono considerarsi ceduti esclusivamente
i diritti espressamente menzionati nel contratto. La cessione dei diritti
di utilizzazione economica, al pari delle altre forme di sfruttamento
dell'opera di ingegno, deve avvenire mediante la stipula di contratti la
cui forma scritta è richiesta dal legislatore per mere finalità
probatorie (v. art. 110 LDA). Per quanto concerne i diritti patrimoniali
scaturenti dalla creazione di un software va rilevato che l'art. 64 bis
della Legge sul diritto d'autore, introdotto con il decreto lgs. 518 del
1992, ha specificatamente individuato i diritti esclusivi concernenti i
programmi per elaboratore. diritti patrimoniali sul software consistono
nel diritto di effettuare o di autorizzare la riproduzione, permanente o
temporanea, totale o parziale, del programma per elaboratore con qualsiasi
mezzo o con qualsiasi forma, la traduzione, l'adattamento, la
trasformazione e ogni altra modificazione del programma per elaboratore,
nonché la riproduzione dell'opera che ne risulti, senza pregiudizio dei
diritti di chi modifica il programma ed ancora qualsiasi forma di
distribuzione al pubblico, compresa la locazione del programma per
elaboratore originale o di copie dello stesso. Chi ha la possibilità di
utilizzare una copia del programma per elaboratore può, anche in presenza
di clausola contrattuale con contenuto contrario, effettuare una copia di
riserva ed osservare, studiare o sottoporre a prova il funzionamento del
programma. L'attività di analisi deve essere preordinata alla
determinazione delle idee e dei principi su cui è basato ogni elemento
del programma stesso, qualora egli compia tali atti durante operazioni di
caricamento, visualizzazione, esecuzione, trasmissione o memorizzazione
del programma che egli ha il diritto di eseguire (v. art. 64 ter LDA). Il
licenziatario o gli altri soggetti che hanno il diritto di usare una copia
del programma possono, pur in assenza dell'autorizzazione del titolare dei
diritti patrimoniali sul software, effettuare la riproduzione del codice o
la traduzione della sua forma al fine di conseguire l'interoperabilità
con altri programmi. Le informazioni ottenute non potranno essere
comunicate a terzi né utilizzate per il conseguimento di fini diversi
dall'interoperabilità quali lo sviluppo, la produzione e la vendita di
programmi simili. L'esercizio di queste attività, difatti, costituirebbe
una forma di disposizione dei diritti patrimoniali non autorizzata né da
parte del titolare né da parte del legislatore. Vi è di più, il
legislatore, con il decreto legislativo n. 205 del 15 marzo del 1996
intervenuto a modificare le statuizioni del d. lgs. 518 del 1992, ha
stabilito che le clausole contrattuali pattuite in violazione di quanto
sopra detto debbono considerarsi nulle. La riproduzione o il caricamento
di un programma per elaboratore su un numero di elaboratori maggiore
rispetto a quello autorizzato con una licenza configura sia un illecito
extracontrattuale che contrattuale. La giurisprudenza di merito ha
evidenziato che a titolo extracontrattuale al produttore del software
spetta, in caso di indebita duplicazione, una somma pari a quanto avrebbe
potuto ricavare dalla vendita o dalla licenza dei programmi duplicati,
detratti i costi da sostenere per i supporti, i manuali e la
distribuzione.
2. Principali differenze tra licenze
"proprietarie" e licenze "free".
Le principali differenze si esprimono, in particolare,
nelle spesso numerose restrizioni a carico dell'utilizzatore contenute nei
comuni contratti di concessione in licenza d'uso, restrizioni che non è
dato diversamente riscontrare nella Gpl. Il contratto di licenza d'uso
"proprietaria" indica generalmente con estrema precisione cosa
deve intendersi come "uso consentito" del programma. Tolte le
possibili operazioni ammesse espressamente dalla legge n. 518/1992 (copie
di sicurezza, interoperabilità, ecc.) la licenza prevede, spesso: a)
l'ambito territoriale del legittimo impiego; b) un numero massimo di
installazioni possibili; c) individuazione dei computer sui quali è
possibile l'installazione del programma; d) un numero massimo di copie di
sicurezza. A tal proposito, a norma dell'art. 64 ter comma 2 della Legge
Italiana sul Diritto d'Autore, "Non può essere impedito per
contratto, a chi ha il diritto di usare una copia del programma per
elaboratore di effettuare una copia di riserva del programma, qualora tale
copia sia necessaria per l'uso"; e) la possibilità di trasferimento
della licenza da un computer ad un altro (di proprietà dell'utente) in
particolari ipotesi; f) possibilità di modificazione del programma per
personalizzarlo. Di particolare significato, anche e soprattutto ai fini
della comparazione tra le licenze d'uso proprietarie e la Gpl, le
previsioni contenute nei contratti di licenza d'uso relative alla proprietà
intellettuale. Le norme di protezione della proprietà intellettuale della
software house accompagnano, secondo la normativa italiana sul diritto
d'autore, sia il programma che i manuali d'uso per cui, salve le eccezioni
previste, non è consentita la riproduzione del programma al di fuori di
quanto previsto dalla licenza nè quella dei manuali d'istruzione e d'uso
che lo accompagnano (per la tutela dei manuali d'istruzione cfr. Pret.
Milano, 2 febbraio 1990, in Foro it., 1990, I, c. 2669 ss.). Particolari
norme tutelano anche il marchio, ma in questo caso tale argomento non verrà
affrontato. Per la tutela dei diritti di proprietà industriale ed
intellettuale del produttore, il licenziatario è tenuto alla riservatezza
nei confronti di tutte le informazioni fornite dal produttore del software
e si impegna ad adottare tutte le cautele necessarie per far sì che dette
informazioni non vengano divulgate a terzi non autorizzati. Tra i soggetti
legittimati vi sono anche i dipendenti del licenziatario, limitatamente a
quelle parti necessarie per l'uso del programma, quale risultante dalla
licenza. Con riferimento alle informazioni tecniche sul programma,
considerato che il produttore fornisce il software in formato eseguibile
(o in formato oggetto) e quindi senza mettere a disposizione il codice
sorgente ("formato sorgente"), nè i diagrammi o il progetto
logico - informatico del medesimo, si pone il problema delle informazioni
indispensabili per conseguire l'interoperabilità del programma licenziato
con altro programma creato in autonomia dal licenziatario. La messa a
disposizione di tali informazioni non è obbligatoria per il produttore
che anzi spesso - quando le fornisce - richiede la prestazione di un
compenso. Le informazioni utili a conseguire l'interoperabilità sono
ricavabili, a spese del licenziatario, attraverso un procedimento di
decompilazione. Alcuni modelli contrattuali standard, tra cui quello
predisposto da Anasin - Associazione Nazionale delle Aziende di Servizi di
Informatica e Telematica - fanno espresso divieto di procedere alla
decompilazione, salvo autorizzazione da parte della software house. Il
divieto tassativo di effettuare la decompilazione del programma trova
tuttavia la sanzione della nullità espressamente sancita dall'art. 64
quater comma 3 della Legge sul Diritto d'Autore. Perchè la decompilazione
sia illecita, dunque, la legge richiede che le informazioni necessarie al
licenziatario "siano già facilmente e rapidamente accessibili".
E' quanto meno dubbio che la semplice manifestazione di disponibilità del
produttore a dischiudere le informazioni necessarie renda le stesse
"facilmente e rapidamente accessibili". La licenza Gpl e le
altre licenze che assistono free software, mettendo a disposizione il
codice sorgente del programma, consentono per definizione l'interoperabilità
tra programmi. La decompilazione o reverse engineering è dunque superflua
per l'utilizzatore. Il programma è conosciuto nella sua genesi come anche
nella sua essenza e nelle sue modalità di funzionamento. A proposito di
interoperabilità va rammentato quanto disposto dal richiamato art. 64
quater della legge sul diritto d'autore: "L'autorizzazione del
titolare dei diritti non è richiesta qualora la riproduzione del codice
del programma di elaboratore e la traduzione della sua forma ai sensi
dell'art. 64- bis, lettere a) e b), compiute al fine di modificare la
forma del codice, siano indispensabili per ottenere le informazioni
necessarie per conseguire l'interoperabilità, con altri programmi, di un
programma per elaboratore creato autonomamente purchè siano soddisfatte
le seguenti condizioni: a) le predette attività siano eseguite dal
licenziatario o da altri che abbia il diritto di usare una copia del
programma oppure, per loro conto, da chi è autorizzato a tal fine; b) le
informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità non siano già
facilmente e rapidamente accessibili ai soggetti indicati alla lettere a);
c) le predette attività siano limitate alle parti del programma originale
necessarie per conseguire l'interoperabilità. Le disposizioni di cui al
comma 1 non consentono che le informazioni ottenute in virtù della loro
applicazione: a) siano utilizzate a fini diversi dal conseguimento dell'interoperabilità
del programma creato autonomamente; b) siano comunicate a terzi, fatta
salva la necessità di consentire l'interoperabilità del programma creato
autonomamente; c) siano utilizzate per lo sviluppo, la produzione o la
commercializzazione di un programma per elaboratore sostanzialmente simile
nella sua forma espressiva, o per ogni altra attività che violi il
diritto d'autore". Quanto significativamente disposto dall'art. 64
quarter della Legge sul diritto d'autore dimostra come la disponibilità
del codice sorgente ovvero la sua discoverta ad opera del licenziatario (o
di suoi dipendenti) a seguito di procedimenti di decompilazione sia
esclusivamente finalizzata all'interoperabilità del programma di tipo
"proprietario" con altri programmi per elaboratore. Per tale
motivo la richiamata disposizione non consente un uso delle informazioni
ottenute per fini diversi dal conseguimento dell'interoperabilità; le
stesse non possono essere comunicate a terzi, "fatta salva la
necessità di consentire l'interoperabilità del programma creato
autonomamente" e non possono essere utilizzate per lo sviluppo, la
produzione o la commercializzazione di un programma sostanzialmente
simile. Una siffatta disposizione, essendo totalmente
"protezionistica" verso le software house, difatto inibisce
qualsiasi sforzo o tentativo di riproduzione e di progresso tecnico
nell'ambito della produzione di software. Tale assetto normativo, se letto
congiuntamente alla disposizione che consente una sola copia di back up (e
che sino a ieri sanzionava penalmente chi riproduceva senza autorizzazione
ed a solo uso personale) è di stampo protezionistico. Non promuove la
ricerca e l'innovazione nel campo del software. Ecco perchè sono
necessarie, anzi indispensabili, le licenze "libere" ed in
particolare la licenza "Gnu Gpl".
3. Perchè il software libero non è contrario al
diritto d'autore
Il software libero, assistito da licenza Gpl ovvero da
altre similari licenze (quali ad esempio la Bsd ovvero la Mozilla License),
benchè la legge sul diritto d'autore preveda in capo al titolare dei
diritti di sfruttamento economico dell'opera una serie di diritti
esclusivi, non si pone in contrasto con la disciplina sulla proprietà
intellettuale. In particolare, a norma dell'art. 1 dei Termini e
Condizioni della Licenza Pubblica Generica Gnu "è lecito copiare e
distribuire copie letterali del codice sorgente del Programma così come
viene ricevuto, con qualsiasi mezzo, a condizione che venga riprodotta
chiaramente su ogni copia una appropriata nota di copyright e di assenza
di garanzia; che si mantengano intatti tutti i riferimenti a questa
Licenza e all'assenza di ogni garanzia; che si dia a ogni altro
destinatario del Programma una copia di questa Licenza insieme al
Programma. È possibile richiedere un pagamento per il trasferimento
fisico di una copia del Programma, è anche possibile a propria
discrezione richiedere un pagamento in cambio di una copertura
assicurativa". L'art. 3, in particolare, dispone che "è lecito
copiare e distribuire il Programma (o un lavoro basato su di esso, come
espresso al punto 2) sotto forma di codice oggetto o eseguibile sotto i
termini dei precedenti punti 1 e 2, a patto che si applichi una delle
seguenti condizioni: a) Il Programma sia corredato dal codice sorgente
completo, in una forma leggibile dal calcolatore e tale sorgente deve
essere fornito secondo le regole dei precedenti punti 1 e 2 su di un mezzo
comunemente usato per lo scambio di programmi. b) Il Programma sia
accompagnato da un'offerta scritta, valida per almeno tre anni, di fornire
a chiunque ne faccia richiesta una copia completa del codice sorgente, in
una forma leggibile dal calcolatore, in cambio di un compenso non
superiore al costo del trasferimento fisico di tale copia, che deve essere
fornita secondo le regole dei precedenti punti 1 e 2 su di un mezzo
comunemente usato per lo scambio di programmi. c) Il Programma sia
accompagnato dalle informazioni che sono state ricevute riguardo alla
possibilità di avere il codice sorgente. Questa alternativa è permessa
solo in caso di distribuzioni non commerciali e solo se il programma è
stato ricevuto sotto forma di codice oggetto o eseguibile in accordo al
precedente punto B. Per "codice sorgente completo" di un lavoro
si intende la forma preferenziale usata per modificare un lavoro. Per un
programma eseguibile, "codice sorgente completo" significa tutto
il codice sorgente di tutti i moduli in esso contenuti, più ogni file
associato che definisca le interfacce esterne del programma, più gli
script usati per controllare la compilazione e l'installazione
dell'eseguibile. In ogni caso non è necessario che il codice sorgente
fornito includa nulla che sia normalmente distribuito (in forma sorgente o
in formato binario) con i principali componenti del sistema operativo
sotto cui viene eseguito il Programma (compilatore, kernel, e così via),
a meno che tali componenti accompagnino l'eseguibile. Se la distribuzione
dell'eseguibile o del codice oggetto è effettuata indicando un luogo dal
quale sia possibile copiarlo, permettere la copia del codice sorgente
dallo stesso luogo è considerata una valida forma di distribuzione del
codice sorgente, anche se copiare il sorgente è facoltativo per
l'acquirente". In particolare, con riferimento alla decompilazione
inversa, che la legge italiana sul diritto d'autore autorizza solo purchè
finalizzata al conseguimento dell'interoperabilità tra programmi, chi
adotta una Gpl concede all'utilizzatore la conoscenza del codice sorgente,
la sua condivisione e dunque la possibilità di intervenire sullo stesso
per modificarlo, adattarlo alle proprie esigenze, creare un nuovo
programma. La disclosure del sorgente in questo caso consente non solo l'interoperabilità,
ma anche la possibilità di sviluppare nuovo software. Anche la facoltà
di copiare e distribuire copie del programma, copie del codice sorgente
rappresenta una concessione fatta dall'autore di diritti patrimoniali
propri del diritto d'autore.
Manuel M. Buccarella
su
http://www.studiocelentano.it/articoli2_frames.asp?pag=http://www.diritto.it/articoli/dir_tecnologie/buccarella6.html
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15/03/2004 17:56:31 - L'Unione Europea Sanzionera' La Microsoft Per Concorrenza Sleale
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15/03/2004 17:56:31 - L'Unione Europea Sanzionera' La Microsoft Per Concorrenza Sleale
http://www.studiocelentano.it/newsflash_dett.asp?id=6261
La Microsoft ha violato le leggi antitrust europee e subira' pesanti sanzioni. Questo e' cio' che la Commissione Europea ha affermato in maniera decisa per punire alcuni comportamenti scorretti del colosso di Bill Gates.
BRUSSELS – La Microsoft ha violato le leggi antitrust europee e subira' pesanti sanzioni. Questo e' cio' che la Commissione Europea ha affermato in maniera decisa per punire alcuni comportamenti scorretti del colosso di Bill Gates. La Commissione prendera' i provvedimenti definitivi il 24 marzo prossimo (cosi' riporta CNN Money). La decisione nasce dal ripetuto rifiuto da parte della Microsoft di adeguarsi alle leggi antitrust europee. Fra i provvedimenti, oltre a sanzioni pecuniarie di centinaia di milioni di Euro, vi sara' probabilmente anche l'obbligo di condividere informazioni proprietarie con altri produttori di computer rivali. [G.A. Cavaliere]
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http://www.singsing.org/stampa/bsa/
"Copiare software è reato"
ma è stata ritirata la pubblicità di BSA.
Lo spot è stato bloccato, ritirato e riconosciuto illegale dal garante .
Sulle reti televisive Mediaset, e in molte riviste e pagine di giornali specializzati La campagna pubblicitaria di BSA, Business Software Alliance, ovvero l'associazione che riunisce i maggiori produttori di software commerciale per combattere la pirateria e perseguire legalmente chi la pratica.
La campagna era partita in contemporanea a Smau 2000 ma ora è stata fermata e dichiarata illegale
Copiare Software non è reato! Segnalazione/Denuncia di pubblicità ingannevole ai sensi del Decreto Legislativo
n. 25/01/1992 n. 74."
L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha ricevuto da parte di Emmanuele Somma, in qualità di "semplice cittadino, consumatore di software e programmatore"la denuncia. Sotto accusa è lo spot radiotelevisivo "Copiare Software è Reato" della BSA, Business Software Alliance, trasmesso a livello nazionalesu stampa e televisione, a partire dall'ultima settimana di ottobre. In particolare il testo dello spot recita: "Quarantaquattro software su cento sono duplicati, copiati, venduti come originali. Utilizzare software copiati in azienda è un reato. Con la nuova legge si rischiano fino a tre anni di reclusione. Per controllare se nella tua azienda il software è legale, contatta BSA."
Purtroppo per BSA le cose non stanno così, la semplice operazione di copiare software non è illegale. Il tono
dello spot era intimidatorio e anche le immagini che lo accompagnavano. Questi alcuni passaggi della denuncia:
"...la rappresentazione della situazione ritrae un'Italia e le sue istituzioni senza le minime garanzie di uno stato di diritto ed è quindi di dubbio gusto ma soprattutto presumibilmente non veritiera o corretta ai sensi del comma 2 dell'articolo 1 del citato Decreto Legge ...non è illegale neppure quando si tratta di copie di riserva di software coperti da licenze commerciali...sicuramente è però completamente scorretto non aver opportunamente considerato che è proprio attraverso la legittima copia e distribuzione pubblica anche gratuita che prolifera e aumenta la diffusione del software NON commerciale, con licenze di libera distribuzione, appartenenti alla famiglia del software cosiddetto libero come la GNU Public License o le licenze di distribuzione a codice aperto, comunemente denominate Open Source, o di dominio pubblico senza ulteriori licenze di distribuzione."
Sulla base di queste evidenze, Emmanuele Somma chiede quindi "all'Autorità di intervenire per garantire la non criminalizzazione, il diritto all'immagine, nonché anche quelli economici e patrimoniali degli utenti e di quanti esercitano attività commerciali, industriali, artigianali e professionali avvalendosi di software libero, di pubblico dominio, a codice aperto o comunque non commerciale la cui copia e distribuzione è completamente lecita e non comporta, e non deve comportare, alcun tipo di criminalizzazione."
L' iniziativa a sostegno dell'open source arriva da Interlex, rivista d'informazione online su diritto e tecnologia. Il 19 ottobre il direttore Manlio Cammarata pubblica una lettera aperta - inviata poi al Dipartimento della Funzione Pubblica, all’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione e al Ministero del Tesoro - sotto l'esplicita intestazione "Soggezione informatica dello Stato italiano alla Microsoft". In pratica, vista l'ampia penetrazione anche in Italia di Linux e applicazioni open source in ambito didattico, istituzionale e imprenditoriale, si spinge per l'adozione di tale software negli apparati della pubblica amministrazione. Ciò risulta d'altronde in piena sintonia con specifici documenti approvati prima dal Parlamento francese e poi da quello danese, a testimonianza di un chiara pratica anti-monopolistica che va concretizzandosi a livello globale e istituzionale. L'uscita di Interlex è inoltre il naturale sbocco di un crescente fermento in tal senso, in parte veicolato dall'intervento di ALCEI al Forum per la società dell'informazione (giugno '99) e da una precedente lettera aperta diffusa proprio all'interno della pubblica amministrazione.
Il documento ha raccolto già 1200 firme di supporto in due settimane, con annessa risonanza su testate d'informazione online e offline. Insieme a numerosi messaggi di feedback, il successo ha sorpreso finanche lo stesso Cammarata, il quale si è affrettato a diffondere un addendum per spiegare che si non tratta di una "campagna contro, ma di una campagna per".
Meglio anche qui riprendere testualmente i passaggi più significativi: "L'iniziativa della lettera aperta non è contro la Microsoft, non è contro il Ministero del tesoro, non è contro il Dipartimento della funzione pubblica, non è contro l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione....Ora c'è una situazione nuova, perché lo strapotere della casa americana viene messo in discussione da varie parti e per diversi motivi...Ma l'elemento determinante è che negli ultimi tempi i sistemi operativi e le applicazioni open source si sono evoluti anche nelle interfacce e nella facilità di impiego, avvicinandosi molto a quell'impostazione "amichevole" che è uno dei motivi del successo dei programmi della casa di Redmond."
In conclusione, la lettera aperta "non è una crociata, è una proposta. Non è contro qualcosa o qualcuno, ma è per un ulteriore passo avanti nella modernizzazione della pubblica amministrazione e del sistema-Paese, un passo che soltanto ora è possibile proporre."
Il Giurì chiamato a giudicare lo spot "copiare software e' reato" per l'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, dopo un regolare esposto, lo ha condannato e quindi fermato per pubblicita' ingannevole "prot. /am - 588 ...il messaggio televisivo non e' conforme agli artt. 2 e 8 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, e ne ordina la cessazione".
La ragione fondamentale e' la mancata considerazione del software non commerciale dimenticato dallo slogan "copiare software e' reato"; il giurì, dunque, ha riconosciuto che esiste un numero eccezionale di prodotti, non realizzati dalle multinazionali e dai grandi gruppi, che prolifera per la forza di volonta' di sviluppatori autonomi che in tutto il mondo sfornano freeware (gratuito) e shareware (da poche decine di migliaia di lire. Questo software può, legalmente, essere copiato e distribuito a patto di pagare i diritti (quando essi sono richiesti). Al contrario lo spot avrebbe potuto lasciare intendere che non è così e danneggiare il sistema di distribuzione dello shareware e del freeware che si basa proprio sulla "copia" autorizzata dei prodotti
Il Giurì ha giudicato ingannevole e scorretto lo spot. Una chiara vittoria contro lo strapotere delle multinazionali del software.
Questo il testo della comunicazione ufficiale, prontamente rigirato online dallo stesso Emmanuele Somma:
-----
Mail inoltrata da "I.A.P."
Milano, 14 dicembre 2000
prot. /am - 588
Egregio Signor
Emmanuele Somma
Segnalazione messaggio pubblicitario "Copiare software è reato", della Business Software Alliance trasmesso sulle reti Mediaset
Con riferimento alla segnalazione in oggetto, con la presente Le comunichiamo che, dopo l'esame del caso da parte del Comitato di Controllo e la decisione di trasmettere gli atti al Giurì, ai sensi degli artt. 2, 8 e 9 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, nella sua riunione del 12/12/00, l'organo giudicante dell'Autodisciplina Pubblicitaria ha emesso il seguente dispositivo:
"Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che il messaggio televisivo non è conforme agli artt. 2 e 8 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, e ne ordina la cessazione."
Appena disponibile provvederemo a trasmettere la decisione integrale, comprendente anche la relativa motivazione.
Grati per la collaborazione, porgiamo i migliori saluti.
La Segreteria
-------
É il caso di aggiungere il testo integrale degli articoli (violati) in questione:
-------
Dal Codice di Autoregolamentazione Pubblicitaria
Art. 2 - Pubblicità ingannevole.
La pubblicità deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l'identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti.
Art. 8 - Superstizione, credulità, paura.
La pubblicità deve evitare ogni forma di sfruttamento della superstizione, della credulità e, salvo ragioni giustificate, della paura.
------
É stata quindi ascoltata la denuncia di un cittadino nei confronti delle multinazionali del software, le quali pur di difendere i propri interessi commerciali non esitano a lanciare campagne tanto intimidatorie quanto indiscriminate. Si tratta di una vittoria importante perché finalmente si pone fine a un tipico abuso d'informazione, dando altresì pubblico riconoscimento alle diffuse lamentele contro similari campagne pubblicitarie - anche se rimangono tuttora pochi i singoli che decidono di far davvero qualcosa. In tal senso, la conclusione positiva di questo caso potrebbe stimolare l'avvio di iniziative più massicce a tutela dell'open source da una parte e in netta opposizione a certe pratiche scorrette dall'altra.
Per dovere di cronaca va rammentato che, all'indomani della denuncia, un comunicato della BSA aveva definito lo spot "un normale messaggio pubblicitario, necessariamente espresso in termini chiari e comprensibili a tutti". E quanti criticavano l'iniziativa pubblicitaria, avevano interpretato l'episodio "in modo distorto, al fine di bloccare la campagna per la sensibilizzazione delle imprese al controllo della legalità del software." La precisa disposizione delle Autorità preposte dimostra tuttavia che le cose non stavano né stanno così. E a rimanere bloccata stavolta non è altro che la campagna della BSA.
Il punto, ancora un volta, è che si preferisce far finta di nulla e ricorrere a terminologia chiaramente scorretta. Al generico concetto di "software copiato" in questo caso occorrerebbe sostituire il più preciso "software contraffatto". Bisogna inoltre smetterla di ignorare l'ampia fetta di utenti di ogni livello, dall'imprenditoria locale alle mega-corporation ai singoli, che in ogni paese del mondo ricorre al software ed ai sistemi open source per le proprie attività quotidiane. Non è un certo un caso che certe crociate siano tirate da Microsoft & co., stavolta riuniti sotto la bandiera dell'organizzazione nonprofit internazionale BSA.
Grazie quindi a Emmanuele Somma per essersi fatto carico di portare la delicata questione all'attenzione delle Autorità, nella speranza che la vittoria serva da monito ai potentati del software commerciale. Anche se è chiaro che occorrerà continuare a vigilare contro analoghe operazioni ambigue, per difendere al contempo la diffusione dell'open source in ogni ambito e con ogni mezzo possibile.
Dulcis in fundo, sull'onda della decisine del Giurì è appena sorta una mailing list finalizzata alla raccolta di messaggi di approvazione, condivisione, aiuto e apporto non solo intorno a questa e iniziative similari, ma anche - riprendendo la nota diffusa online - di quant'altri vogliano "rendere la società più libera e trasparente sotto tutti i punti di vista, anche quello del software e dell'informatica in generale."
Il gruppo virtuale, si chiama "fronda-it". La lista si propone anche come strumento operativo per un obiettivo più generale, quello di coordinamento delle iniziative sulla frontiera digitale in Italia.
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FORSE LA BSA NON SA (O NON VUOLE DIRCI) CHE NON SEMPRE
COPIARE SOFTWARE E' REATO ...
SOURCE, OPEN SOURCE
Milano, 15 novembre 2000. Stavolta vengo subito al dunque. In quanto
utente di Internet pensavo di essere solamente un pedofilo. Ora mi rendo
conto che invece, come generico fruitore della tecnologia informatica e in
particolare di software scritto da altri (non si può fare tutto da soli),
sono un vero e proprio criminale. La BSA, per esteso Business Software
Alliance, che altri non è se non (tadaaaa!!) Zio Bill in persona
giuridica, ha gentilmente ritenuto opportuno, attraverso un ben noto spot
pubblicitario, renderci edotti del fatto che "quarantaquattro
software su cento sono duplicati, copiati, venduti come originali" e
che "utilizzare software copiati in azienda è un reato". E
continua, con quella che ai più prevenuti potrebbe persino sembrare una
velata minaccia, quasi una sorta di ultimatum: "con la nuova legge si
rischiano fino a tre anni di reclusione". Più o meno come un
omicidio colposo, mi dicono. Grazie. E consiglia: "Per controllare se
nella tua azienda il software è legale, contatta BSA".
A parte il fatto che sarebbe come per la Guardia di Finanza dire
"Per controllare quanti tra i tuoi soldi sono stati evasi dalla
dichiarazione dei redditi, contatta la Guardia di Finanza" - non so
perché ma penso che il consiglio sarebbe preso poco in considerazione -
la BSA questa volta l’ha fatta grossa. Ed ora via, lo so che state
aspettando una delle mie solite missioni impossibili. Bene, odio deludere
i miei affezionatissimi lettori. OPEN SETUP
Vuoi installare Linux sul tuo computer ma hai paura di non essere capace?
Se sei dalle parti di Milano approfitta dell'iniziativa di OpenLabs e
MadeInLinux: per i prossimi 4 venerdì, a partire dal 17.11, installazione
gratuita di Linux!
Dopo aver indossato il mio più bel kimono e spolverato il katana, mi
introduco furtivamente nelle proprietà della BSA scavalcando quattro
metri di muro di cinta con un salto mortale (operazione banale per un
ninja). Tanto, anche se mi beccano al massimo mi danno una violazione di
proprietà privata, che credo sia comunque meno di tre anni. Al posto del
classico cane da guardia vengo accolto da una versione robotica della
Volpe di Esopo, che con voce metallica recita "Salve, sono FoxPro, la
prima Volpe Robot basata su DirectIA, il motore Microsoft per
l’Intelligenza Artificiale, uno dei moduli che compongono DirectX 844.
Funziono molto bene. Lo sapete che [cantato] Quarantaquattro Software In
Fila Per Tre Col Resto Di Due - Copiati Son Reati In Fila Per Tre Col
Resto Di Due - Al Muro Allineati In Fila Per Tre Col Resto Di Due –Tre
Anni Vi Beccate In Fila Per Tre Col Resto Di Due. Sei Per Sette
Quarantadue, Piu Due,
Ottocentosettantasettemilioniquattrocentosedicimilaottocentonove".
E’ a questo punto naturale una constatazione: come tutti i prodotti
Microsoft, anche questo motore per intelligenza artificiale è uscito un
po’ troppo presto. Sembra che abbia qualche problema sulla parte
matematica. Ma non importa. "Volpettina bella, cicci pucci pissi
pissi" mugugno con fare suadente, emettendo i classici suoni cretini
di avvicinamento a mammifero quadrupede, con un CD originale di Windows
"Whistler", noto altresì come "Windows 2001 Odissea nello
Spazio su Disco Insufficiente – R)iprova, I)gnora, T)ralascia", del
quale sono beta tester, in bella mostra nella mano destra e il katana
sguainato nell’altra. "Mhhh. Software Originale Microsoft =
Amico" esclama il volpino robotico risolvendo una equazione simbolica
scolpita in chissà quale regola inferenziale del suo siliceo cervello
basato su un pentium 44 (Nota: dopo il Pentium III gli americi hanno
smesso di usare i numeri romani. La cosa mi fa pensare). Inizia a
scodinzolare, e io, malefico, come il cobra colpisco. Nessuna Pietà.
Inizio con un colpo da addetti ai lavori: un sussurro, tre lettere.
"GCC". La Volpe mi guarda per un’attimo, prima di recuperare
l’informazione dal silicio. Poi inizia a cambiare espressione.
"X-Windows…", rincaro. Smette di scodinzolare.
"Apache!" urlo, e la Bestia spalanca gli occhi, che subito dopo
iniziano a ruotare. Respiro profondamente e porto uno degli attacchi più
forti: "STAROFFICE!". Il fiato della belva è corto. E' l'ora
del colpo di grazia. Una sola parola, definitiva, scolpita nella materia
di cui sono fatti Tutti i Programmi dell’Universo.
LINUX
La cibernetica Volpe di Esopo fa appena in tempo a dire "tanto
quella roba lì non funziona, è gratis, come fa a funzionare?", che
diventa tutta blu, crolla e si sente una voce fuori campo che dice
"il sistema ha eseguito una operazione non valida nel modulo
Kernel32.dll".
Bene, per chiarire le cose una volta per tutte: Linux funziona.
Funziona BENE. Nientepopodimeno che il Governo Cinese lo usa e secondo me
i cinesi a certe cose sono abbastanza attenti. E Linux è gratis, è
liberamente copiabile ed utilizzabile etc etc. così come lo sono
StarOffice, Apache, MIGLIAIA di altri software Open Source (parola magica:
Open) o che cadono sotto la cosiddetta GPL, General Public Licence o
analoghe licenze o che sono semplicemente di "pubblico dominio"
per scelta degli autori. In tutti questi casi sussiste la possibilità
pratica di copiare, utilizzare e distribuire software in maniera
assolutamente gratuita, purché, in ultima analisi, di questo software
venga rispettata la "dignità", ovvero, più o meno, la proprietà
intellettuale degli autori.
C'è qualcosa che non quadra, sento delle vocine dagli spalti. Come è
possibile che della roba gratis funzioni, magari anche meglio della
controparte commerciale? Chi ci guadagna? Come girano i soldi? La mia
risposta è una domanda: secondo voi è più affidabile un prodotto,
qualsiasi cosa esso sia, sul quale hanno lavorato persone
"normali", ovviamente pagate, tutte concentrate in un singolo
luogo geografico, oppure delle persone sparse nei quattro angoli del
globo, che lavorano quando gli pare ognuno secondo le proprie possibilità
e capacità? Persone che credono così tanto in quel prodotto da arrivare
a pensare di lavorare gratis? Ricordiamoci che qui oltretutto parliamo di
software, il quale ha una caratteristica così peculiare da renderlo
addirittura utopico da un punto di vista marxista: grazie al costo nullo
di duplicazione, quello che ha uno lo possono avere tutti, e chi sviluppa
software Open Source questo lo sa bene. Come la mettiamo con il plusvalore
secondo Marx, in questo scenario?
Per non far torto a nessuno, visto che ho tirato in ballo Marx per
motivi non politici, è giusto che per motivi non politici parli anche di
un Altro, che, mi dicono, espresse dei concetti quali "Chiedi e ti
sarà dato" e "tratta il prossimo tuo come vorresti esser
trattato tu stesso". Come dire, "se metti il tuo lavoro a
disposizione del mondo, il mondo ti metterà a disposizione il suo".
Che questo ragionamento possa funzionare in generale è ovviamente
lasciato alla singola opinione politica, ideologica, sociologica etc., ma
che possa funzionare con il software, che, ripeto, è duplicabile
all’infinito senza alcun costo (se non quello, irrisorio, del supporto
di duplicazione), è EVIDENTE. Questo è lo scenario nel quale ci si muove
quando si parla dell’Open Software: una sorta di gigantesco volontariato
mondiale di softwaristi che si mettono d’accordo, visto che stanno
facendo tutti la stessa cosa, per farla una volta per tutte MOLTO ma MOLTO
bene. Così nasce Linux, un sistema operativo UNIX-like affidabile a tal
punto da essere considerato ormai unanimemente, dagli stessi esperti di
Unix, come la MIGLIORE implementazione di Unix attualmente esistente. Non
siete convinti? Fate un giro su SourceForge, il sito principe dello
sviluppo Open Source, e date una occhiata a quanti progetti ospita.
Ancora non convinti? Sento sempre le vocine che cantano: "E i
soldi? E i soldi? Money make the world go round, the world go round, the
world go round…". I soldi con l’Open Software si fanno offrendo
consulenze sui prodotti. La licenza Open Source dice effettivamente che i
prodotti protetti dalla stessa non si possono far pagare, se non a coprire
gli evidenti costi logistici di duplicazione, distribuzione,
impacchettamento etc. Ma i prodotti stessi sono spesso così completi e
complessi da creare un GIGANTESCO giro di servizi relativi, dalla
installazione alla manutenzione, dall’aggiornamento alla risoluzione di
problemi alla stampa di voluminosi tomi di riferimento o libri per
principianti. Lo smanettone fa da sé, si legge i suoi manuali – sui
quali c'è veramente TUTTO, sia ben chiaro – mentre gli altri pagheranno
società o consulenti per il loro lavoro. Non una lira è pero’ dovuta a
nessuno per il prodotto IN SE' – e parliamoci chiaro, quando il
portatile vendutomi con W98 preinstallato si incarta, mi innervosisco non
poco pensando che ho pagato un centinaio e rotti di mila lire in più per
quel sistema operativo.
"Lo voglio vuoto e voglio risparmiare le centomila, voglio mettere
su BeOS". (per inciso, BeOS è un altro sistema operativo gratuito,
potentissimo, spettacolare). "Non si può non è previsto, li
vendiamo solo preinstallati. Se non le piace W98 le diamo W2000, ma costa
350.000 lire anziche 100.000, quindi spende 250.000 lire in più".
Precisando che le cifre adesso le ho più o meno sparate a caso perché le
ho freudianamente rimosse, il concetto è esattamente quello che ho
delineato. Insomma, se compro un paio di scarpe e queste mi si aprono dopo
mezz'ora come minimo torno dal calzolaio a chiedere indietro i miei soldi
– o comunque un prodotto migliore. Se un prodotto non funziona, è
rotto, o funziona male, o comunque ha dei problemi, farlo anche pagare
suona davvero come una beffa.
A questo punto ci ritroviamo con uno o più sistemi operativi gratuiti,
perfettamente funzionanti, migliaia di applicativi che vanno da esoterici
server di posta elettronica come SendMail, l’Oggetto Più Potente
Dell’Universo ("Con SendMail fai anche la pizza", P.Borile), a
cloni pressoché perfetti dei vari Word, Excel, Visual Studio, Oracle e
chi più ne ha più ne metta. Davanti a noi c'è anche una volpe
metallica, blu ed immobile che, ribaltandosi a pancia in su, ha messo in
mostra tre tasti con scritto "Ctrl", "Alt" e "Canc".
Mi dispiace, la resetteré qualcun altro. Io sono un Ninja, e la Prima
Legge recita "Nessuno è Innocente". Un colpo, un morto. Me ne
vado.
Ora credo che sia chiaro perché BSA, per dirla come il SuperPippo
nazional-popolare, ha toppato. Perché "si è dimenticata", se
volutamente o meno lo lascio decidere a voi, di tenere in considerazione
l’Open Software nella vergognosa pubblicità di cui sopra. Peccato che
questo piccolo dettaglio renda la pubblicità di BSA fondamentalmente non
veritiera, poiché nessuno sulla faccia della terra può dire nulla a chi
copia, usa e distribuisce software Open Source o analogo. Onde per cui:
Nel nome di Linus Thorvald, di Richard Stallman, di GNU e di tutta la
Open Software Foundation io, Aaron Brancotti, a.k.a Babele Dunnit,
sviluppatore di software, nel pieno possesso delle mie facolta mentali e
giuridiche dichiaro di aver copiato, utilizzato e distribuito software
originale non di mia proprietà, comportandomi quindi in maniera illegale
secondo quanto viene espresso nella pubblicita’ di BSA. Dichiaro altresì
che il suddetto software, ricadendo sotto GNU GPL o analoghe licenze (Python
Licence, generico Shareware o Freeware), è altresì liberamente copiabile
e ridistribuibile. Lascio la risoluzione della evidente contraddizione
agli uomini di buona volontà, ma sinceramente mi aspetto che lo spot BSA,
così com'è, venga SPAZZATO DALLA FACCIA DELLA TERRA con BIASIMO ed
IGNOMINIA.
Ed ora, un ultimo trucchetto:
main( void )
{
for( int i = 1; i <= 44; i++ )
printf( "%d software in fila per tre col resto di %d\n", i, i
% 3 );
printf( "Sei per Sette Quarantadue, piu’ Due Novantanove\n"
);
}
In quanto autore di questo pezzo io, Aaron Brancotti a.k.a. Babele
Dunnit, rinuncio ai diritti di copia (Copyright) sullo stesso, rendendolo
liberamente duplicabile e ridistribuibile su ogni mezzo elettronico,
cartaceo e per via orale, in toto od in parte, senza che a me sia dovuto
alcunché e purché di questo pezzo vengano rispettati la dignità e
proprietà intellettuale, ovvero purché in seguito a tagli e/o modifiche
non ne venga alterato il significato e che nessuno dichiari di esserne
autore in mia vece.
Inoltre, essendo presente in questo pezzo un piccolo programma in
linguaggio C, faccio ricadere lo stesso sotto la medesima licenza di copia
e ridistribuzione. Avete in questo modo la possibilità pratica di copiare
software originale senza che nessuno vi possa dire assolutamente nulla,
alla faccia dello spot della BSA.
Per finire, come in ogni software libero che si rispetti, ci sono gli
"acknowledgements", i ringraziamenti. Questo pezzo è nato in
seguito alla mia lettura della denuncia, sporta presso l'Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato, Via Liguria, 26, 00187 Roma, con Oggetto:
"Copiare Software non è reato! Segnalazione/Denuncia di pubblicità
ingannevole ai sensi del Decreto Legislativo n. 25/01/1992 n. 74", ad
opera di Emmanuele Somma, dalla quale stralcio: "Si richiede quindi
all'Autorità di intervenire per garantire la non criminalizzazione, il
diritto all'immagine, nonché anche quelli economici e patrimoniali degli
utenti e di quanti esercitano attività commerciali, industriali,
artigianali e professionali avvalendosi di software libero, di pubblico
dominio, a codice aperto o comunque non commerciale la cui copia e
distribuzione è completamente lecita e non comporta, e non deve
comportare, alcun tipo di criminalizzazione."
Grazie per l’attenzione,
Aaron Brancotti
http://www.singsing.org/stampa/bsa/brancotti.html
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Lettera aperta di Richard Stallman al
parlamento italiano:
Cari membri del Parlamento italiano,
Gli sviluppatori e gli utilizzatori di software in Europa si troveranno
di
fronte ad un grande pericolo se l'UE permetterà di brevettare le
tecniche di
software: il pericolo di essere incriminati per le idee contenute nei
software
che essi sviluppano e usano.
A differenza del copyright, che protegge la descrizione dell'intero
programma ma
non le singole idee che lo compongono, la brevettabilità del software
consentirebbe un monopolio sull'uso di tecniche generiche. Un programma
complesso è la combinazione di migliaia di queste tecniche. Se un
paese permette
la brevettabilità di ognuna di queste tecniche, un programma complesso
può
infrangere centinaia di brevetti in un colpo solo. ( secondo uno studio
svolto
lo scorso anno il Kernel di Linux, la parte centrale del programma
linux, usato
per il sistema operativo GNU, infrangerebbe 283 brevetti USA)
Come sono queste tecniche? Consideriamo la "progress bar", la
barra progressiva
che gradualmente passa dallo 0% al 100% mostrando sullo schermo la
realizzazione
di una operazione, come l'apertura di una pagina web o lo scaricamento
di un
documento. Questa tecnica è una piccola parte contenuta in migliaia di
programmi
software che svolgono differenti funzioni. Persino questa tecnica è
stata brevettata all'Ufficio Europeo dei Brevetti, insieme ad altre
50.000, a dispetto
dello stesso trattato costitutivo dell'Ufficio Europeo dei Brevetti. Se
la
Direttiva del Unione Europea desse un valore legale a questi brevetti,
gli
sviluppatori e gli utilizzatori di migliaia di programmi rischierebbero
la
minaccia di incriminazioni.
Un programma è come un romanzo: una raccolta di dettagli che insieme
sviluppano
molte idee. Immaginate cosa accadrebbe se ogni idea letteraria venisse
brevettata, per esempio "una scena d'amore con una donna sul
balcone" o "gli
occhi blu di una persona che assomigliano al mare". Chiunque
scrive un romanzo
potrebbe violare diverse centinaia di brevetti; se uno scrittore
scrivesse con
la preoccupazione di essere incriminato difficilmente scriverebbe un
buon
romanzo. Non è questo il modo di promuovere la scrittura né dei
romanzi, e
neanche dei programmi software.
Le pressioni per la brevettabilità del software provengono
principalmente dalle
multinazionali dell'informatica. Esse vogliono la brevettabilità del
software
perché ognuna ne detiene migliaia negli USA e li vuole importare in
Europa. Se l'Europa permetterà la brevettabilità del software le
multinazionali (molte non
europee) avranno uno strumento di controllo sull'uso del software in
Europa.
Molti legislatori non hanno mai avuto a che fare con lo sviluppo di
software,
così possono credere ai miti relativi all'efficacia dei brevetti sul
software.
Per esempio il mito sulla protezione brevettuale dell'intero disegno di
un
prodotto, se si dice che un programmatore può ottenere un brevetto per
"proteggere il suo programma" questo potrebbe avvalorare
questo mito.
Poi c'è il mito che vuole che i brevetti possano
"proteggere" i "piccoli
inventori" dalla competizione delle multinazionali. Se questo
fosse vero le
multinazionali non sarebbero favorevoli alla brevettabilità del
software. Ogni
multinazionale usa le sue migliaia di brevetti per mettere ognuno nelle
condizioni dello scambio le licenze. Così facendo il programma
innovativo di un
piccolo inventore combinerebbe le sue poche nuove idee brevettate con
le
centinaia (o migliaia) di idee ben conosciute, alcune brevettate da
IBM, alcune brevettate da Microsoft, ecc. Poi loro si comporteranno con
lui come se la
questione dei brevetti non ci fosse. C'è quindi il mito del vantaggio
che le
compagnie americane avrebbero proprio perché gli USA riconoscono la
brevettabilità del software mentre l'Europa no. Se questo fosse vero,
le
compagnie statunitensi ed il governo degli Stati Uniti non
presserebbero
l'Europa per consentire la brevettabilità del software.
Al contrario l'Europa ora ha un vantaggio.
I brevetti degli Stati Uniti riguardano soltanto ciò che è fatto
negli Stati
Uniti, ma ognuno può avere un brevetto statunitense. Le compagnie
europee
possono avere brevetti statunitensi e attaccare gli sviluppatori
americani. Ma
attualmente gli Americani non possono avere brevetti software Europei e
quindi attaccare gli Europei. Fino a che l'Europa rifiuterà di brevettare
il software,
l'Europa avrà questo vantaggio, Se l'Europa mantiene il suo vantaggio,
con il
rifiuto di brevettare software, finalmente il mio paese può trovare
necessario
competere cambiando la sua insensata politica. Per favore aiutate gli
Stati
Uniti a salvarsi dai brevetti sul software, salvando innanzitutto voi
stessi.
http://linux-club.org/
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Italiani, un popolo di pirati
La metà del software in uso sui computer italiani è
copiato illegalmente o piratato.
[ZEUS News - www.zeusnews.it
- 21-05-2005]
La notizia viene da un'indagine promossa da Business Software
Alliance (BSA), l'alleanza dei produttori di software proprietario, che
ha evidenziato come il nostro Paese, assieme alla Danimarca, abbia visto
una crescita del fenomeno, mentre nel resto d'Europa la percentuale è
scesa in media dal 37 al 35%.
Questa "performance" ha fatto sì che nel 2004 l'Italia,
salendo dal 49 al 50%, si sia piazzata stabilmente al secondo posto
nella classifica europea dei programmi illegali, alle spalle della
Grecia.
L'impegno per combattere il fenomeno comunque non è mancato, né da
parte delle forze dell'ordine, né a livello istituzionale, come
dimostrano le leggi in materia e lo spot televisivo con Giorgio Faletti.
"Le perdite connesse alla pirateria informatica danneggiano non
solo le aziende che sviluppano software, come le grandi
multinazionali" sottolinea Francesca Giudice di BSA Italia "ma
anche l'ecosistema di oltre 35.000 aziende che nel nostro Paese
costituiscono la 'catena della fornitura' e, in tale ruolo, rivendono
prodotti software ed offrono servizi di supporto quali l'assistenza
tecnica, la consulenza e la formazione".
Si stima infatti che il software illegale abbia procurato in Italia
un danno economico di circa 1 miliardo e 200 milioni di euro. Bisogna
però precisare che tale cifra è arbitraria, perchè è stata fatta una
stima della totalità dei programmi piratati, dando per scontato che chi
li utilizza, nell'impossibilità di disporne, li avrebbe acquistati
legalmente.
In un'ottica mondiale comunque sono ben altri i capofila: basti
considerare che in paesi come Cina, Zimbabwe, Vietnam e Ucraina, la
percentuale di programmi illegali sfiora il 90% del totale.
Per fare fronte a questo fenomeno occorre, sempre secondo Francesca
Giudice, cambiare la percezione diffusa che la pirateria informatica sia
un reato di modesta gravità; e magari, aggiungiamo noi, abbassare i
prezzi del software legale.
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Detenzione Di Software Non
Licenziato. Non E' Reato
G.A. CAVALIERE - Numerosi sono gli
spunti che emergono dalla sentenza del Tribunale di Bolzano (n. 145 del 31
marzo 2005) in materia di detenzione di software non licenziato. Cio' che
pero' e' degno di grande attenzione (e che rappresenta la svolta
nell'orientamento giurisprudenziale attuale) riguarda la nuova
interpretazione dell'art. 171-bis della legge sul diritto d'autore.
Il fatto
Con sentenza n. 145 del 31 marzo
2005, il GIP del Tribunale di Bolzano, Dott.ssa Burei, ha dichiarato non
luogo a procedere (perche' il fatto non costituisce reato) nei confronti
di un imputato del reato di detenzione abusiva di programmi per
elaboratore senza le relative licenze d'uso.
per il seguito vedi
http://www.studiocelentano.it/editorial/articolo.asp?id=1038&idp=3
Tribunale di Bolzano - Sentenza n. 145/05 del 31
marzo 2005
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N. 6100/04 PM N. Sent. 145/05
N. 5962/04 GIP
TRIBUNALE DI BOLZANO
Ufficio del GIP
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il GIP dr. essa Alessandra Burei
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale a carico di
***
IMPUTATO
del reato di cui all'ari. 171-bis della legge 22 aprile 1941 n. 633
e s.m. per avere, nella sua veste di titolare della ditta
individuale ***, esercente l'attività di architettura, abusivamente
detenuto a scopo imprenditoriale, per trarne profitto, programmi per
elaboratore senza essere in possesso delle relative licenze d'uso,
in particolare detenendo programmi per elaboratore (software), tra
cui in parte software specifico per lo svolgimento dell'attività
professionale, in parte specifico per il funzionamento del sistema
di elaborazione dati ed in parte software generico rivolto alla
gestione ed amministrazione dell'impresa.
Accertato il 6.8.2004 in ***
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Giudice
Visto 1' art. 129 CPP, espone quanto segue.
La Guardia di Finanza ha svolto un controllo di routine presso la
ditta di cui l'imputato è titolare e nei computer di essa ha
trovato numerosi programmi (software) in cui mancava il numero di
registrazione, o che non erano sul supporto originale, o che erano
privi di manuali, o che, pur essendo muniti della prova di acquisto
dal produttore, erano installati su più computer di quanti previsti
dal contratto.
Ha di conseguenza contestato al titolare della ditta il reato di cui
all’art. 171-bis comma 1 Legge 18 agosto 2000, n. 248 che punisce
“Chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi
per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende,
detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione
programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società
italiana degli autori ed editori”, ritenendo che gli
accertamenti svolti costituissero prova sufficiente di una
acquisizione di un uso illecito del software.
Per completezza si precisa che nel caso di uso privato si configura
solo una sanzione amministrativa ex art. 174-ter.
Nessun altro accertamento è stato compiuto né dai verbalizzanti né
nel corso delle indagini preliminari.
In realtà ciò che è stato accertato non prova affatto che
l’imputato abbia detenuto programmi duplicati o programmi
duplicati illegalmente o che abbia agito con il dolo richiesto né
che abbia agito a scopo imprenditoriale.
Preliminarmente si rileva che non appare corretta
l’interpretazione secondo cui basta che un programma sia in uso
presso un professionista o una ditta per realizzare il richiesto
“scopo imprenditoriale”. Questa interpretazione è senza dubbio
superficiale perché lo scopo imprenditoriale non è costituto
dall’uso del programma da parte di un imprenditore
(interpretazione assurda che non consentirebbe di ritenere
illegittimo lo stesso comportamento posto in essere da una
associazione ONLUS!), ma, come reso chiaro dall’art. 171-ter,
comma 2, legge 18 agosto 2000, n. 248, si riferisce alla condotta di
chi commette il fatto “esercitando in forma imprenditoriale
attività di riproduzione, distribuzione, vendita o
commercializzazione, importazione di opere tutelate dal diritto
d'autore”. Quindi l’illecito configurabile è semmai quello di
cui all’art. 174-ter (basti pensare, solo in base al buon senso,
che non vi può essere differenza di sanzione se un avvocato usa un
programma di scrittura copiato a casa sua piuttosto che nel suo
ufficio senza dipendenti!).
Va poi rilevato che non esiste nel nostro diritto un obbligo di
registrarsi presso il produttore del software o di conservare i
documenti di acquisto.
Il produttore cerca ovviamente di costringere l’acquirente di un
programma a registrarsi nei seguenti modi:
- facendo sì che il programma non funzioni se l’acquirente non si
collega con il produttore per ricevere un codice che attiva il
programma; ma è evidente che nulla può obbligare l’acquirente a
rivelare la propria identità;
- offrendo servizi aggiuntivi, quale la garanzia;
- facendo credere all’acquirente che egli ha degli obblighi
contrattuali nati con l’acquisto del programma, anche se
effettuato sugli scafali di un self-service.
Ebbene, è chiaro che per il nostro diritto queste condizioni sono
del tutto prive di valore.
Chi va in un negozio e acquista una scatola con dentro un programma
acquista incondizionatamente e senza limitazioni perché in quel
momento egli non conosce quanto sta scritto (magari in inglese)
all'interno della scatola. Dice giustamente il Codice Civile che le
condizioni generali del contratto sono opponibili all’altro
contraente se egli le conosceva al momento della stipulazione nel
contratto; come può conoscerle l’acquirente se il venditore non
gliele fa leggere e sottoscrivere prima di consegnare l’oggetto e
di incassare il corrispettivo?
Quindi tutti i tentativi di vincolare l’acquirente con
comunicazioni successive all’acquisto sono semplicemente ridicole;
le frasi “chi apre questa busta accetta le condizioni” “chi
vuole usare il programma clicchi qui e accetti le condizioni” sono
inesistenti per l’utente del programma.
Anche la garanzia deve essere data dal venditore senza eccezioni e
non può essere subordinata a comportamenti che l’acquirente non
abbia espressamente accettato. E l’acquirente comunque può sempre
rinunziare alla garanzia.
Si aggiunga ancora che ad ogni modo l’acquirente ha sempre il
diritto di rivendere il programma acquistato, sia nuovo che usato ed
ha il diritto di farsi una copia di scorta.
Questo diritto è stato confermato dal Decreto Legislativo n. 68 del
9 aprile 2003 con cui il legislatore nazionale ha recepito la
direttiva comunitaria 2001/29/CE afferente l'armonizzazione di
taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella
società dell'informazione, il quale all'art. 71-sexies, comma
1, così recita:"È consentita la riproduzione privata di
fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una
persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo
di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali, nel
rispetto delle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater".
E l’art. 71-sexies, comma 4, afferma quanto segue: “i
titolari dei diritti sono tenuti a consentire che, nonostante
l'applicazione delle misure tecnologiche di cui all'articolo
102-quater, la persona fisica che abbia acquisito il possesso
legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto, ovvero
vi abbia avuto accesso legittimo, possa effettuare una copia
privata, anche solo analogica, per uso personale, a condizione che
tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale
dell'opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato
pregiudizio ai titolari dei diritti.”
Sotto il profilo del dolo è poi necessario tener presente che nella
maggior parte dei casi il titolare di una ditta non si occupa
personalmente dell’acquisto e della installazione dei programmi,
lasciando tali incombenze a tecnici più esperti del normale utente
finale e quindi l’apertura della busta, la violazione di sigilli,
l’OK alle condizioni apparse sullo schermo, sono riferibili a
soggetti diversi dall’acquirente e dall’utente finale.
Possono quindi verificarsi le seguenti situazioni che, pur in
mancanza di licenza o registrazione, sono del tutto prive di valenza
probatoria:
- Il programma non è registrato perché l’acquirente ha ritenuto
legittimamente di non registrarsi o perché ha omesso di far ciò
per dimenticanza;
- Il programma è stato registrato, ma ciò non risulta dalla copia
in uso;
- Il supporto non è quello originale perché viene usata la copia
di riserva;
- Il venditore o installatore ha rifilato all’acquirente inesperto
una copia pirata;
- Accade che programmi un po’ vecchi vengano offerti gratuitamente
dal produttore su riviste per indurre il pubblico ad acquistare la
versione più aggiornata e compatibile con le nuove versioni dei
sistemi operativi;
- Il programma è stato acquistato usato;
- Il programma è stato acquistato all’estero ed è quindi privo
(legittimamente) di contrassegno SIAE.
Si aggiunga che sono in regolare commercio in Internet i cosiddetti
programmi OEM i quali sono programmi sul CD originale, destinati ad
essere installati sui computer nuovi per la vendita con esso e privi
di manuale; il produttore di computer che li ha acquistati dal
produttore di programmi non potrebbe forse destinarli ad altro uso
in base al contratto di acquisto, ma se li immette sul mercato non
commette alcun illecito penale, ma solamente un illecito
contrattuale e di conseguenza la copia è del tutto legittimamente
in circolazione. E chi lo installa è in possesso di dischetto
originale e delle corrette password o chiavi di accesso, pur non
avendo alcuna licenza o manuale e pur non avendo avuto alcun
contatto con il produttore.
Ciò significa che la prova del reato non può essere desunta sic
et simpliciter dal possesso di un CD privo del contrassegno SIAE
o di etichette originali, ma che in ogni caso bisognerebbe risalire
alla fonte del programma, stabilire a chi è stato venduto
originariamente, seguire le sue vicende successive, fino ad ottenere
la prova dell'acquisizione illecita. In mancanza di questi
accertamenti (a dire il vero quasi sempre impossibili) manca la
prova che il programma sia una copia illegale e, quantomeno, che il
detentore fosse a conoscenza di tale illegalità.
PQM
Dichiara non luogo a procedere contro l'imputato
perché il fatto non costituisce reato.
Ordina la restituzione di quanto in giudiziale sequestro.
Bolzano, 31 marzo 2005
|
|
Eventi:
mailing-list
straordinaria del 6 luglio 2005 -
info/comunicazioni
inviate ai
soci della Associazione Linux Club
Italia
------------------
Votato il ritiro della Direttiva
software!
....
UNA
GRANDE VITTORIA!
Una vittoria di tutti coloro che hanno a
cuore le sorti del Software Libero, del Progresso Scientifico,
dello sviluppo dell'informatica e della tecnologica a favore
dell'Umanita',
di coloro che hanno a
cuore la difesa delle Liberta' digitali e dello stesso futuro
dell'Europa,
Il popolo della rete
ha vinto una battaglia difficilissima, possiamo ancora affermare
che l'Europa puo' rimanere ancora un territorio di
speranza, ove costruire un'ipotesi di vita diversa,
Il futuro
puo' ancora essere una opportunita' e non una minaccia.
L'opera di informazione, sensibilizzazione e
pressione che tutti insieme siamo riusciti a costruire è riuscita a
compattare un fronte politicamente trasversale che ha rigettato le
proposte di una burocrazia pressata dalle lobbies delle grandi
corporation perlopiu' extraeuropee
Continueremo a difendere
un'idea di vita migliore, di convivenza, di democrazia, di
partecipazione e condivisione, per una nuova forma dell'economia piu'
sostenibile e solidale e rispettosa dei diritti e dei valori umani.
....
La direttiva è stata bocciata con 648
voti contrari e 14 favorevoli
L'Europarlamento dice «no» alla direttiva sulla
brevettabilità dei software. La proposta, frutto di un accordo tra
Consiglio e Commissione europei, è stata bocciata con 648 voti
contrari, 14 a favore e 18 astenuti. Trattandosi di una co-decisione in
seconda lettura il no dei deputati fa ripartire da zero la procedura.
«Si è arrivati a questo voto con posizioni diverse, ma c'è una
collera collettiva e unanime per l'attitudine della Commissione e del
Consiglio che hanno mostrato totale disprezzo e sarcasmo nei confronti
delle scelte fatte dal Parlamento europeo in prima lettura», ha detto
il relatore del progetto, un deputato socialista francese. È la terza
volta che il Parlamento europeo respinge una direttiva del Consiglio e
della Commissione.
La Commissione UE rispetta la bocciatura della direttiva e non presenterà
una nuova proposta in merito. Lo ha detto Oliver Drewes, portavoce del
commissario al Mercato interno, Charlie McCrewy. «È un esempio di
democrazia a livello europeo», ha detto il portavoce.
(dal corriere.it)
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http://today.reuters.it/news/newsArticle.aspx?type=internetNews&storyID=2005-10-06T110013Z_01_CIA637785_RTRIDST_0_OITIN-PLAYSTATION-LEGALE-AUSTRALIA.XML
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SYDNEY (Reuters) - L'Alta Corte australiana ha stabilito oggi che
modificare le console PlayStation per giocare con videogame prodotti
all'estero non viola la legge australiana sul copyright.
La sentenza, presa all'unanimità, costituisce una vittoria per il
venditore, Eddy Stevens, coinvolto per quattro anni in una battaglia
legale con la giapponese Sony per aver messo in vendita console prodotte
in Australia modificate per poter riprodurre versioni più economiche di
giochi provenienti dall'estero.
"E' una grande vittoria per il consumatore -- ecco cos'è",
ha dichiarato Stevens a una tv australiana.
Sony ha portato Stevens in tribunale sostenendo che avesse violato il
suo copyright vendendo PlayStation con chip modificati, neutralizzando il
codice di blocco che impedisce alle macchine di riprodurre giochi
importati.
I formati delle console e dei giochi varia in base allo standard
televisivo che opera sul mercato in cui la console è prodotta.
In Giappone, nel Sudest asiatico e in Nord America, il formato è
compatibile con il National Television Systems Committee (NTSC), mentre in
Australia ed Europa funziona con lo standard Phase Alternating Line (PAL).
Di conseguenza, un gioco per PlayStation acquistato in Giappone o Stati
Uniti non potrà essere caricato da una console in Australia, salvo
bypassare il codice di protezione.
Sony aveva perso la sua vertenza legale con Stevens in primo grado, ma
aveva vinto in appello. Stevens si era rivolto quindi all'Alta Corte
australiana a Canberra, che si è espressa in suo favore.
La corte si è basata su una precedente sentenza della corte federale,
secondo la quale i chip modificati di Stevens avrebbero violato il
copyright se fossero stati creati per aggirare sistemi nella macchina che
avessero impedito o bloccato la duplicazione di giochi.
La corte ha anche respinto la definizione data da Sony di "misure
di protezione tecnologiche" che Stevens avrebbe violato e ha
criticato il gigante giapponese per aver imposto dei codici che limitano i
diritti dei consumatori e la concorrenza.
"Non c'è alcuna ragione di copyright per la quale l'acquirente
non debba poter copiare il cd-rom e modificare la console in modo da
fruire del suo bene legittimamente acquistato senza limitazioni", ha
detto la corte nella sentenza diffusa sul suo sito web
http://www.hcourt.gov.au.
© Reuters 2005. Tutti i diritti assegna a Reuters.
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nstallare software privo di licenza non è reato
Finalmente un tribunale stabilisce chiaramente cosa
debba intendersi per illecito penale e amministrativo. Assolto un imputato
dall'accusa di aver illecitamente detenuto e installato software privo di
licenza.
[ZEUS News - www.zeusnews.it
- 12-03-2007]
http://www.zeusnews.it/index.php3?ar=stampa&cod=5505
La Guardia di Finanza nel corso di un controllo fiscale presso
una impresa aveva sequestrato alcuni CD
contenenti programmi mancanti della relativa licenza d'uso; alcuni di
essi risultavano installati sul computer dell'imprenditore, per
cui denunciavano quest'ultimo per il reato di duplicazione e detenzione
abusiva di cui all'art. 171 bis Legge 633/41 e quindi ipotizzando un
fine commerciale o imprenditoriale nella duplicazione stessa.
Con sentenza depositata l'8 febbraio, il tribunale di Lanciano
ha assolto l'imprenditore dall'accusa ritenendola non provata, perché
la semplice detenzione o l'installazione di programmi copiati non
configura il reato se non ne viene comprovato anche la
finalizzazione richiesta dalla legge.
Il Tribunale ha rilevato che per integrare gli estremi del
reato è necessario che detenzione di copia contraffatta, duplicazione o
installazione siano effettuati allo scopo di trarne profitto, mentre la
semplice detenzione, mancando lo scopo di lucro, configura il solo
illecito amministrativo previsto dall'articolo 174 ter della legge
133 citata.
Aggiungiamo due commenti. Il primo riguarda la persistenza
dell'illecito amministrativo, che a oggi non dovrebbe neppure più
essere configurabile in quanto ci è stato imposto un balzello a
titolo risarcitorio del possibile uso contraffattorio di opere
dell'ingegno protette, sulle copie vergini di CD e DVD;
il che dovrebbe mettere almeno al sicuro i detentori dalle possibili
richieste risarcitorie per danno da parte degli aventi diritto.
Ovviamente, a meno che questo ultimi non riescano a dimostrare che i
supporti in questione non abbiano scontato il balzello.
Se l'interpretazione è corretta, quanto previsto dall'art.
174/ter diventerebbe una norma meramente ordinatoria in quanto non
più assistita da sanzione e quindi ipotizzante fatto non punibile pur
restando comportamento definito "illecito" dall'ordinamento
giuridico.
Il secondo commento riguarda un caso conclamato di spocchia
istituzionale e riguarda il "diritto di fotocopia" limitato al
massimo del 15% e solo per uso personale di opere protette,
graziosamente concesso dalla SIAE non si sa bene con quanto fondamento
giuridico. Orbene, l'AIDRO - Associazione Italiana Diritti Riproduzione
Opere (dell'ingegno)" lancia una campagna informativa in otto
Regioni consentendo solo agli enti di fotocopiare legalmente
parti di libri e riviste per realizzare dispense e materiale didattico.
A parte che non si capisce bene a che serva un'associazione
che in qualche modo si sostituisce a un'ente di Stato (la SIAE) creato
appunto per la tutela dei diritti degli autori, vale la pena di
ricordare che il peso delle fotocopie professionali in euro
ascenderebbe a oltre 14 milioni; il che vale a creare almeno un
principio di illuminazione, anche se continua a restare buio completo
sulla parte relativa alla pretesa "legalizzazione" nel senso
suddetto.
Facendo un po' di dietrologia provocatoria (ma non tanto) e
ricordando i vari blitz della Guardia di Finanza nelle stamperie
universitarie, ci chiediamo: a quando un balzello su ogni risma di
carta A4?
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