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Imprenditore assolto
per l'evasione dell'Iva
"Ho sempre pagato,
stavolta sarei fallito"
Giustizia dal volto umano
Il giudice, anzi ‘la’ giudice’ per le indagini preliminari Paola Belsito,
gli ha creduto. In ballo 150mila euro. Il legale: riconosciuta la causa
di forza maggiore
di Gigi Paoli
Disperazione per la crisi economica (Imagoeconomica)
Disperazione per la crisi economica (Imagoeconomica)
Firenze, 30 luglio 2012 - «Giudice, mi creda. Io l’Iva l’avevo sempre
pagata e l’avrei fatto anche quella volta, ma quei 150mila euro non li
avevo proprio. Ne avevo invece 800mila di crediti, non mi pagavano e
avevo speso tutto per finire quel cantiere, per dare i soldi alla
manodopera e ai fornitori. Ho dovuto farlo, altrimenti la mia azienda
sarebbe crollata. Non ho pagato solo per questo». Si è difeso così, al
tribunale di Firenze, un imprenditore edile aretino sessantenne finito
sotto processo per aver omesso di versare l’Iva nel 2007.
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Ha spiegato che la sua azienda (con sede nel Valdarno) non aveva mai
avuto un problema tranne che, maledetto destino, proprio per il
contratto più importante della sua ventennale storia: un milione e mezzo
di euro per realizzare alcuni capannoni. Poi la crisi, i versamenti che
s’interrompono, le banche che chiedono più garanzie e stringono i
cordoni della borsa. E 800mila euro che non arrivano. «Mi creda,
giudice, non ce l’ho fatta davvero».
E il giudice, anzi ‘la’ giudice’ per le indagini preliminari Paola
Belsito, gli ha creduto. Assolto con formula piena. Come peraltro aveva
chiesto anche l’accusa, sostenuta dal pubblico ministero Sandro
Cutrignelli (foto nel tondo). «Manca l’elemento soggettivo del reato»,
ha spiegato venerdì in aula il pm. Il che vuol dire che l’imprenditore
non poteva essere condannato perché non c’erano la volontà e la
coscienza di compiere il reato.
Il difensore dell’industriale, l’avvocato Vieri Becocci, racconta:
«Abbiamo sentito il pm e io mi sono associato a lui, chiedendo
l’assoluzione per causa di forza maggiore. Poi il mio cliente mi ha
guardato stupito: ‘Anche chi mi accusava vuole assolvermi?’. E’ andata
così». La decisione del gip (le cui motivazioni saranno note fra 15
giorni) risulta un raro caso di giustizia dal volto umano perché, spiega
l’avvocato Becocci, «in un momento come questo, dove molti imprenditori
sono in difficoltà, è importante sapere che non si va al macello ma si
può veder riconosciute le proprie ragioni».
Tutto era nato da quella maledetta Iva non versata nel 2007 (che
Equitalia aveva raddoppiato da 150mila a 300mila euro) che aveva portato
la procura a emettere un decreto penale di condanna per 7.500 euro:
l’omesso versamento era solare e la sanzione già definita. Ma
l’imprenditore non c’è stato e si è presentato dall’avvocato: «Gli ho
spiegato che sarebbe stato difficile, che il reato era evidente, ma lui
viveva il tutto come una profonda ingiustizia». E così il legale si è
opposto al decreto, chiedendo che il suo cliente venisse giudicato con
il rito abbreviato condizionato alla testimonianza davanti al gip. Dove
l’imprenditore ha raccontato il suo incubo: gli 800mila euro mancanti,
la disperazione per il futuro, la battaglia con le banche e «non ce l’ho
fatta a pagare l’Iva».
Il giudice l’ha ascoltato e gli ha dato un mese di tempo per portare la
documentazione che dimostrasse le sue parole. Venerdì, in tribunale, si
è presentato con le sue carte, in particolare gli insoluti bancari dei
famigerati 800mila euro. Ed è arrivata l’assoluzione. «Il giudice è
stato umano perché non si è fermato all’evidenza della prova ma si è
messo nei panni dell’imputato. E il pm è stato ragionevole a chiedere
l’assoluzione». Giustizia, una volta tanto, è stata fatta davvero.
http://qn.quotidiano.net/primo_piano/2012/07/30/751129-imprenditore_assolto_evasione.shtml
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Imprenditrice assolta: Non ha versato l’Iva per pagare
i dipendenti e i fornitori
Titolare della
Cosma non aveva versato 70mila euro all’Erario. Secondo il giudice
si trovava in uno stato di forza maggiore.
Assolta dall’ evasione fiscale
perchè il fatto non costituisce reato. L’imprenditrice dice di
aver agito secondo coscienza. Ha preferito dare da
mangiare alle famiglie dei dipendenti e pagare i
fornitori. E non ha dato all’Erario circa settantamila euro. Il
giudice monocratico di Padova Tecla Cesaro l’ha assolta con
formula piena.
«Adesso mi sento sollevata», ha detto dopo la lettura
della sentenza Maria Grazia Fedon, cinquantottenne,
residente a Vallesella di Domegge di Cadore (Belluno), ex legale
rappresentate della ditta Cosma srl, che aveva sede a Padova in
via Tommaseo 15. L’imprenditrice è finita a giudizio per non
aver versato un acconto relativo all’Iva per il periodo
d’Imposta 2005. Il pubblico ministero d’udienza ha chiesto per
l’imputata una condanna a sei mesi di reclusione.
Secondo l’accusa la
signora Fedon “in qualità di legale rappresentante della società
Cosma srl, con sede legale in Padova in via Tommaseo
15, ha omesso di versare, nei termini previsti per il versamento
dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta
sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale
modello unico 2006 società di capitali – dichiarazione Iva –
periodo d’imposta 2005, per un ammontare pari a euro 69,704,00.
In Padova il 27 dicembre 2006″, si legge nel capo d’imputazione.
Parte offesa era l’Agenzia delle Entrate di Padova.
Per il giudice
monocratico Tecla Cesaro il fatto che l’imputata non abbia fatto
il versamento all’Erario non deve essere punita per il
reato di evasione fiscale. Ovviamente, bisogna attendere le
motivazioni della sentenza. Ma in proposito ci sono sentenze
della Corte di Cassazione che giustificano il mancato pagamento
delle imposte per cause di forza maggiore. Tra queste cause vi
sono le difficoltà economiche, momentanee, che possono derivare
da motivi diversi a seconda del contribuente a cui è arrivata la
cartella esattoriale. E le difficoltà economiche possono essere
dovute ai ritardi nei pagamenti dei crediti delle imprese da
parte dell’amministrazione pubblica, alla mancanza momentanea di
liquidità dovuta alla crisi economica, ovvero ad uno stato di
malattia per cui risulta impossibile lavorare. Maria Grazia
Fedon ha dimostrato che i soldi che erano in azienda sono stati
utilizzati per pagare gli stipendi dei dipendenti e i fornitori.
tratto da www.ilmattino.it - Sabato 27 Ottobre 2012
http://www.impresedelsud.it/?p=795#more-795 |
’hanno chiamata «evasione di sopravvivenza», ed è quella che
costringe un imprenditore a scegliere tra versare le tasse e
chiudere bottega, perché i soldi dovuti al Fisco sono gli unici a
disposizione per tenere in vita l’azienda, pagare gli stipendi ai
dipendenti e tentare un disperato rilancio.
http://www.lastampa.it/2016/01/04/italia/cronache/non-paga-liva-il-giudice-lo-salva-evasione-di-sopravvivenza-5oO5xWNBKxwCnNVEIz6eaN/pagina.html |
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