<OMISSIS> Per la sussistenza dell’esimente
dello stato di necessità è richiesta “la concreta immanenza di
una situazione di grave pericolo alle persone, caratterizzata dalla
indilazionabilità e dalla cogenza tali da non lasciare all'agente altra
alternativa che quella di violare la legge” (Cass. n. 4163/2014).
In merito a tale questione, si è ritenuto non punibile per il reato
di cui all’art. 626, n. 2, c.p., applicando le esimenti previste
dagli artt. 54 e 59 c.p., chi ha commesso il furto trovandosi in uno
stato di necessità determinato “da indifferibili esigenze attinenti
l’alimentazione e alla cure mediche e non avendo obiettivamente altra
alternativa per procurarsi i mezzi onde sopravvivere in modo lecito”
(Pret. Nardò 18.12.1991).
Mentre, recente giurisprudenza di merito ha ritenuto non punibile
una donna, rea di aver sottratto al supermercato dei beni alimentari
per un valore pari a circa dieci euro, emettendo verdetto assolutorio in
quanto la stessa era stata spinta dal “subitaneo e impellente bisogno”
di sfamare i figli piccoli, (Trib. Frosinone marzo 2014), ma non
ravvisando lo stato di necessità. Ai fini dell’applicazione della
scriminante, secondo la sentenza, l’agente deve compiere l’azione
delittuosa in conseguenza di un pericolo attuale di un danno grave alla
persona, non altrimenti evitabile, pertanto, la stessa non può ritenersi
sussistente “in relazione a reati asseritamente provocati da uno
stato di indigenza economica dell'agente, connesso alla situazione
socio-economica dello stesso, qualora ad essa possa comunque ovviarsi
attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti" (Trib.
Frosinone marzo 2014).
Più di recente, in relazione ad un furto in un supermercato di generi
alimentari (formaggio e wurstel per un valore di circa 4 euro) ad opera
di un senzatetto, la Corte d’Appello di Genova con sentenza del
febbraio scorso, non ha ritenuto ravvisabile lo stato di necessità,
condannando l’uomo a sei mesi di reclusione e a una multa di 160
euro.