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LA SENTENZA ANTICOPYRIGHT COME PARADIGMA DELLE NUOVE SCRIMINANTI: NECESSITA' E LEGITTIMA DIFESA SOCIALE, ANABLABE[1].

 

di

 

Gennaro Francione  

 

 FOTO © Vincenzo Tersigni / EIDON WWW.EIDONPRESS.COM

1)STORIA DELLA SENTENZA ANTICOPYRIGHT.

        Il 15 febbraio 2001, in veste di giudice del Tribunale Penale di Roma, assolsi quattro extracomunitari rei di avere violato il  copyright vendendo per strada compact disk contraffatti, motivando l'assoluzione non soltanto per essere gli imputati in stato di necessità, cioè senza mezzi di sussistenza, ma anche per l'inattualità del copyright che ormai è stato abolito dalla consuetudine di vendere e acquistare per strada compact disk, oltre che di scaricare musica da Internet. Erano i tempi di Napster, sono i tempi dei cloni di Napster[2].

      La sentenza, dopo qualche giorno, creò un'interrogazione parlamentare ad opera di un senatore di Alleanza Nazionale, il quale provocava un'azione disciplinare contro di me  non solo per la decisione in sé, ma indirettamente per la mia attività di artista e di uomo che fa libera cultura in rete.

      Il vecchio governo non dava adito all'azione che veniva ripresa sotto il nuovo dal ministro Castelli, il quale chiedeva affermarsi l'abnormità dell'atto. S'imbatteva, invece, nel muro del CSM che mi proscioglieva riaffermando la piena libertà e indipendenza  dei giudici, sottoposti per Costituzione solo alla legge  e non  ai ministri. Le sentenze possono essere riformate solo dai giudici dell'appello non dai governi, i quali non amino i contenuti politici sottesi a certe decisioni.

      Nella sostanza si trattava di un verdetto che aveva messo fuori quattro poveri ragazzi extracomunitari, i quali per campare erano costretti a compiere un'attività ai limiti del lecito, compiuta da chi non aveva altri mezzi di sussistenza alimentare, condizione  che, nel vistoso fenomeno dell'immigrazione, è fatto notorio.

      Mi richiamavo allo stato di necessità (art. 54 c.p.p) che è legge, alla pari delle norme create per reprimere penalmente le violazioni del diritto d'autore.

      Più in generale la sentenza avanzava l'ipotesi  che la Legge del copyright sui compact disk era ed è inattuale e addirittura incostituzionale, richiamandosi ad esempio "il principio dell'arte e la scienza libere (art. 33 della Cost.) e, quindi, usufruibili da tutti, cosa non assicurata dai prezzi esosi attuali dei prodotti artistici e culturali. Ciò in contrasto con le esigenze di un'umanità nuova che reclama il Primato del Sapere sull'Economia come garantito dall'art. 41 della Costituzione.

      Insomma la sentenza, pur criticata dai rappresentanti delle  classe economiche dominanti in quanto scardinava il sistema di dominio fondato sul copyright,  da più parti nella rete e fuori fu accolta con grande entusiasmo. L'acclamazione venne da chi veramente conta, il popolo in nome del quale viene esercitata la giustizia come le nuove tabelle apposte nelle aule dei tribunali ci ricordano.

      Recentemente anche altri miei colleghi, soprattutto giovani, forse perché più sensibili al cyberspazio e ai suoi problemi, si stanno muovendo in questo campo con assoluzioni per stato di necessità.

      Le assoluzioni basate sull'esistenza di uno stato di indigenza sono, comunque, fioccate abbondanti  nella repressione della Bossi-Fini in capo agli extracomunitari privi del permesso di soggiorno. In quel settore molti magistrati di tutte le età hanno applicato come scriminante il giustificato motivo previsto nella legge stessa, ovvero la mancanza di mezzi di sostentamento, di lavoro e, quindi,  di soldi per pagarsi il viaggio, legittimante l'inottemperanza all'ordine del Questore di uscire dal territorio italiano. Ciò a indicare che il problema della scriminante del disagio sociale in certi comportamenti penali minimi è sentito ampiamente dal consesso dei giudici.

 

2)LA SENTENZA ANTICOPYRIGHT COME TAVOLA DI SCRIMINANTI DEMOCRATIZZANTI IL SISTEMA GIURIDICO.

 

      La sentenza anticopyright afferma l'estensione di tre principi per arrivare  a una reale democratizzazione del sistema giuridico: lo stato di necessità, la legittima difesa e l'ancoraggio del reato  a un concreto danno arrecato.

      Ciò in linea soprattutto con l'art. 3 della Costituzione che,  affermando l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge,      al 2° comma impone allo stato(in cui è da ricomprendersi il Terzo Potere ovvero i giudici) il compito  di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando fatto  la libertà  e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la loro effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica  e sociale del paese.

 

2.1)STATO DI NECESSITA' ALIMENTARE.

  

      La sentenza anticopyright ravvisa la sussistenza dell'esimente dello stato di necessità sulla scorta dello stato di assoluta indigenza degli imputati ed a tale proposito allega come fonte conoscitiva il fatto notorio, non necessitante di prove. Notoria non egent probatione, i fatti notori non richiedono prova dal momento che la nozione di fatto de quo rientra nella comune esperienza.

      Per affermare la scriminante bisogna dimostrare, comunque, che il danno arrecato alla società è minimo e tale è perché: a) tutti acquistano cd per strada, ergo il popolo non avverte quella fattispecie come criminosa; b) tutti   scaricano liberamente musica da internet, il che è un'ulteriore chiave della volontà anticopyright della gente; c) il danno arrecato alla SIAE è di pochi euro, tant'è che neppure la vediamo costituirsi parte civile.

      Concludendo, la chiave dell'assoluzione è la necessità di garantire il bisogno alimentare di questi immigrati diseredati.

      Nel caso di specie è innegabile che il venditore di cd è un extracomunitario che agisce spinto dal bisogno di alimentarsi. Una vecchia giurisprudenza escludeva lo stato di necessità per chi agisca spinto da necessità attinenti all'alimentazione  "poiché la moderna organizzazione sociale, venendo  incontro con diversi mezzi ed istituti agli indigenti, agli inabili al lavoro e  ai bisognosi in genere, elimina per costoro il pericolo di restare privi di quanto occorre  per <omissis> il loro sostentamento quotidiano"(Cass. Sez. III 24 maggio 1961, P. M. c. De Leo, Giust. pen. 1962, II 81, m. 68).

      Questa vecchia giurisprudenza riemerge nei cavilli esegetici che ancor oggi portano alla condanna di questi poveracci a  mesi di galera, distinguendo cabalisticamente il bisogno dalla necessità.

      Ma i morsi della fame di chi non ha né arte né parte conosceranno questa sottile distinzione? Riusciranno mai la Caritas et similia a sfamare i milioni di extracomunitari senza lavoro presenti nel nostro paese, sicché, avendo da mangiare ogni    giorno, si potrà dar loro il mesetto di galera per la vendita di cd falsi agli angoli delle strade?

      Il concetto di necessità economica scriminante è stato esteso dal proponente in una gamma sociale più ampia in occasione di occupazione abusiva di un appartamento comunale, alias una scuola lasciata colpevolmente abbandonata da anni, "invasa" da una povera madre coi suoi bambini[3]. Cito il punto-chiave: "E' da assolvere la prevenuta a fronte di un suo sicuro stato di necessità(art. 54 c.p.), essendo madre di bambini piccoli e necessitando di un ricovero per loro atto a garantirne la salute, diritto tutelato costituzionalmente(art. 32 della Cost.)".

 

2.2)LEGITTIMA DIFESA ECONOMICA.

 

      La sentenza anticopyright, oltre a richiamarsi in maniera vistosa allo stato di necessità(leggasi fame) come scriminante, avanzava anche il concetto di legittima difesa economica, meglio analizzato nell'ultimo libro da me pubblicato Hacker  i Robin Hood del cyberspazio[4].

      Il concetto in sentenza era collegato a quello di  pirateria riequilibratrice. "Anche la New Economy depone, dunque, nel senso dell'arte a diffusione gratuita o a bassissimo prezzo, per rendere effettivo il principio costituzionale dell'arte e la scienza libere(art. 33 della Cost.) e, quindi, usufruibili da tutti, cosa non assicurata dalle attuali oligarchie produttive d'arte che impongono prezzi alti, contrari  a un'economia umanistica, con economia anzi diseducativa per i giovani spesso privi del denaro necessario per acquistare i loro prodotti preferiti e spinti, quindi, a ricorrere in rete e fuori a forme diffuse di pirateria riequilibratrice".     

      L'economia umana deve sempre essere a misura d'uomo. Quando travalica diventa disumana e, allora, l'individuo pone in essere condotte per difendersi e sopravvivere.

      La legittima difesa è anch'essa codificata dal nostro ordinamento giuridico (art. 52 cod. pen.), come diritto naturale di difendersi e contrattaccare, quando un diritto proprio o altrui si trovi sottoposto al pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.

      Per lo  più la legittima difesa viene intesa in senso fisico. Tu mi stai per dare un pugno in faccia e io reagisco parando e provocandoti un taglio. Sono scriminato perché ho reagito adeguatamente a un tuo attacco ingiusto.

      Ma vi sono anche diritti immateriali che possono essere attaccati, come il diritto che io ritengo primario all'arte e alla cultura, che servono all'elevazione spirituale della società e, quindi, vanno garantiti al massimo grado, dovendo essere venduti i beni relativi a bassissimo prezzo se non dati gratuitamente al popolo.

      Cito la sentenza anticopyright: "L'azione degli oligopoli produttivi appare in contrasto con l'art. 41 della Cost. secondo cui l'iniziativa economica privata libera "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana"".

      Quest'articolo fonda il primato del Sapere dell'Economia. Le normative civili e penali sul copyright sono anticostituzionali perché contravvengono a questo basilare principio della Costituzione, asserendo al contrario il disumano primato dell'Economia sul Sapere per cui chi non paga salato non può sapere.

      Nella prospettiva che la stessa costituzione impone solo un'arte gratuita o al più a portata di tasca di tutti i cittadini e soprattutto dei giovani può essere a livello produttivo umanitaria e sociale come richiesto dalla Costituzione, per far sì che davvero tutti possano godere dei prodotti artistici.

      Insomma un cd non può costare 50 euro. Un autentico uppercut a un giovane che non sente certo solo la musica di quel cd ma deve sfogarsi in maniera sana e vuole ascoltare quintali di musica al giorno. Chi vende cd a quel prezzo esorbitante deve aspettarsi azioni di "legittima" difesa di chi ha solo una paghetta di 50 euro a settimana. E insisto sul "legittima" che rende il copyriot, la copia ribelle, un'autentica necessità dell'anima salutare.

 

2.3)ANABLABE: TEORIA DELL'ANCORAGGIO DEL REATO A UN CONCRETO DANNO ARRECATO.

 

      L'ultima strategia costituzionalizzante del sistema penale invocata nella sentenza anticopyright è la teoria del danno, di elaborazione giurisprudenziale. Ritiene che il reato non sussista quando in concreto il fatto-reato non abbia portato alcun danno.

      L'elaborazione principale si è verificata in materia di falso innocuo o grossolano come matrice scriminante in    particolare nella vendita di prodotti con marchio contraffatto.

      Nel campo dei reati merceologici la Suprema Corte ha più volte affermato che la vendita di prodotti griffati e chiaramente contraffatti costituisce un falso grossolano ed è,  quindi, un non-reato. Infatti,  quando la grossolanità è rilevabile facilmente da chiunque, ne deriva l'inidoneità dei marchi stessi a trarre in inganno una persona di media esperienza e diligenza.       La sentenza della Cassazione n. 2119/2000(Sezione Quinta Penale - Presidente N. Marvulli - Relatore L. Toth) fa rilevare l'insussistenza del reato nel caso di scarsità qualitativa della cosa venduta o di prezzo eccessivamente basso rispetto al prezzo comune di mercato, tali per cui l'acquirente di media esperienza sia consapevole del fatto che il prodotto non può provenire dalla ditta di cui reca il marchio. "Né si può ignorare sul piano dell'attuale costume che l'offerta da parte dei venditori ambulanti di prodotti griffati è ormai accolta dalla clientela con un diffuso e sottinteso scetticismo circa l'autenticità dei marchi, con un'accettazione implicita della provenienza aliena dei prodotti stessi, dato il loro prezzo e l'evidente approssimazione dei segni a quelli effettivi che la clientela di comune esperienza ben conosce nelle reali caratteristiche distintive".

      Anche in tale materia ho emesso sentenze assolutorie, stavolta in maniera non originale come per la sentenza anticopyright, ma richiamandomi a una giurisprudenza ancora valida della Cassazione[5].  Ho specificato, comunque, completando che: "In reati di questo tipo solo in ipotesi di contestata e provata truffa o frode in commercio consumata, si può vincere la presunzione favorevole che i prodotti de quibus non riescono ad ingannare i consumatori sulla genuinità dei marchi".

      Orbene in parallelo con le pronunce merceologiche della Cassazione la sentenza anticopyright si richiama a progetti di legge dove la teoria del danno viene portata avanti in maniera esplicita là dove afferma:

      "L'azione di depenalizzazione strisciante e non legalizzata del fenomeno  trova appiglio de iure condendo nei lavori della Commissione ministeriale per la riforma del codice penale (istituita con d.m. 10 ottobre 1998) che nel progetto preliminare di riforma del codice penale avanzò il principio della necessaria offensività del fatto, e soprattutto, quello della sua    irrilevanza penale.

      La Commissione prese innanzitutto atto del fatto "che il principio di necessaria offensività costituisce ormai connotato pressoché costante dei più recenti progetti riformatori". Esso ha trovato ingresso nello schema di legge-delega Pagliaro, che in uno dei primi articoli, collocato non a caso subito dopo la enunciazione del principio di legalità, invita a "prevedere il principio che la norma sia interpretata in modo da limitare la punibilità ai fatti offensivi del bene giuridico" (art. 4 comma 1). Ed è stato enunciato a tutto campo nel Progetto di revisione della seconda parte della Costituzione, licenziato il 4 novembre 1997 dalla Commissione Bicamerale: "non è punibile chi ha commesso un fatto previsto come reato nel caso in cui esso non abbia determinato una concreta offensività".

      E' quella che abbiamo chiamato con  termine di neoconio dal greco, anablabe.

      La Commissione riteneva che, al di là delle opinioni specifiche di ciascuno sulle modalità di inserimento di tale principio nel codice, le posizioni sopra enunciate esprimessero l'esigenza insopprimibile di ancorare, anche visivamente, la responsabilità penale all'offesa reale dell'interesse protetto, nel quadro di un diritto penale specificamente finalizzato a proteggere i (più rilevanti) beni giuridici. 

      Ritornando all'ipotesi dei cd contraffatti venduti per strada, anche sul campo della concreta offensività la New economy ha dimostrato come addirittura la diffusione pressoché gratuita delle opere artistiche acceleri paradossalmente la vendita degli altri prodotti smistati nei canali ufficiali. E, se ciò vale nello spazio virtuale di Internet, deve valere anche nello spazio materiale con vendita massiccia di prodotti-copia per strada che alimentano l'immagine e la vendita dello stesso prodotto smistato in via "legale"". Per tali vie del commercio intelligente non solo non c'è danno nella vendita di quei cd ma c'è addirittura vantaggio per la casa madre produttrice.

      Insomma la Cassazione e la Sentenza Anticopyright vanno alla sostanza delle cose. Là dove non c'è danno, o c'è addirittura vantaggio secondo i canoni della New Economy,  è inutile perseguire penalmente.

  

2.4)CONCLUSIONE. DIRITTO MEDICINALE E COSTITUZIONALIZZAZIONE DELLA  LEGITTIMA  DIFESA SOCIALE.

 

      La sentenza anticopyright col seguito di giovani magistrati che hanno appoggiato la teoria dello stato di necessità sociale    non nasce dal nulla ma si poggia su un'interpretazione della legge evolutiva, fondata su pronunce analoghe dei giudici di merito(giustificato motivo nella Legge Bossi-Fini), della Cassazione(falso innocuo nei reati merceologici) ma soprattutto su un'esegesi nascente direttamente dalla volontà popolare che fonda i principi della costituzionalizzazione vivente delle norme. Su queste basi solide porta avanti, sistematicamente, l'uso di scriminanti esistenti a livello allargato: la legittima difesa  e lo stato di necessità. Contemporaneamente si ricollega, di fondo, all'anablabe ovvero alle moderne prospettive della teoria del danno, avanzate in giurisprudenza e nei progetti di modifica del codice penale.

      Un ulteriore passo, che noi auspichiamo sempre nell'ambito della costituzionalizzazione montante del diritto penale  e dell'intero sistema giuridico, è una teoria dell'azione sociale reattiva costituzionalmente protetta, per cui si possa parlare di legittima difesa sociale per motivi economici, spirituali, culturali, salutari etc. in analogia, ad esempio, con le norme che garantiscono lo sciopero(art. 40 della Cost.).

      Il progetto di rinnovamento normativo proposto s'inserisce in quello più ampio di modifica strutturale e semantica dello stesso sistema penale attuale.

      Oggi nessuno è esente dai pericoli di un mondo caotico che si abbatte sui nostri figli, resi indifferentemente vittime attive e passive di crimini.

      Noi abbiamo pietas per le vittime passive, ma - come diceva Dostoevskij - la prima vera vittima di un crimine è chi lo commette.

      Stiamo elaborando un progetto di Diritto 2000 che sostituisce al medievale diritto penitenziale(basato sulla barbara punizione) il neoumanistico diritto medicinale(cura<preventiva  e successiva>, sanzioni e misure di sicurezza)[6]. 

      Per questo ci battiamo per l'umanizzazione della giustizia e del sistema di pena, per il recupero dei devianti e degli emarginati in una nuova procedura di condivisione, per usare un termine internettiano, dei problemi sociali tra le classi.

      La persona è il primo punto da cui partire nel neoumanesimo del diritto medicinale.

      In primis conoscere chi è l'individuo che si ha davanti, quale sia stata la causa retrostante al suo delinquere(interesse, denaro, crisi esistenziale etc.) per poi assumere su di sé, il giudice, fin dalla fase della cognizione, il problema del recupero.

      Non più giudici specializzati, ma neorinascimentali terapeuti, giudici medici, iatrici di giustizia. Veri e propri angeli custodi giurisdizionali a cui affidare, fin dalla fase cognitiva, ogni singola anima deviata per seguirla nelle azioni di sanzione al minimo grado e soprattutto di recupero.

      Unità di cognizione ed esecuzione per il nuovo progetto in cui il criminale non è più l'Avversario, ma il Fratello da aiutare. Fratellanza, terzo principio spesso negletto della Rivoluzione Francese che trova espresso richiamo ancora nell'art. 3  della Costituzione, la cui salvaguardia è staticamente assicurata al 1° comma ma soprattutto, dinamicamente e concretamente, al 2° co.,  improntata a un unico obiettivo basilare: l'Uomo.

 

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ALLEGATO N. 1

 

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SENTENZA ANTICOPYRIGHT

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

      Mohammed Tizio, colto in possesso di cd sprovviste di contrassegno SIAE e abusivamente duplicati è  stato tratto a giudizio, chiamato a rispondere dei reati di cui alla rubrica.

      In via preliminare il Giudice, dopo aver accertato che non risultano nelle carte del P. M. atti tendenti a dimostrare che il prevenuto straniero abbia altre forme di sostentamento oltre quella illecita rilevata, invitava le parti a svolgere i loro rilievi, considerando che ricorresse un caso di obbligo di immediata declaratoria di causa di non punibilità ex art. 129 c.p.p.  per aver l'imputato agito in stato di necessità essendo mosso nella sua  azione di venditore di cd contraffatti dalla necessità di salvare se stesso dal pericolo attuale di un danno grave alla salute e alla vita rappresentato dal bisogno alimentare non altrimenti soddisfatto.

      Essendosi opposto il P. M. per la declaratoria de quo e avendo la difesa concordato, il Giudice si ritirava in Camera di Consiglio per la decisione, rilevando la sussistenza dell'esimente ex art. 54 c. p. sulla base delle seguenti considerazioni.

      In via preliminare va notato che il riconoscimento della causa di giustificazione non necessita di alcuna richiesta difensiva. In realtà nessuna disposizione normativa prevede questa sorta di condizione costituente; essa nasce da un'interpretazione giurisprudenziale tutt'altro che pacifica, tant'è che ha dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale culminato anche in una sentenza delle Sezioni Unite (Sez. Un. 26 febbraio 1972, Marchese), secondo cui non vi è un onere probatorio dell'imputato relativamente alle cause di giustificazione, ma un mero onere di allegazione.

      Secondo l'interpretazione di questo giudice, avallata dal nuovo art. 111 della Costituzione  che  esalta la paritaria posizione delle parti, in una rinnovata latitudine del principio del favor rei è compito del magistrato di valutare, anche d'ufficio, ogni elemento che possa escludere la responsabilità penale dell'imputato. In alternativa esegesi si arriverebbe all'absurdum di un giudice che, pur ritenendo in nuce lo stato di necessità e non essendo questo allegato, magari per errore della difesa, arrivasse a condannare l'imputato.

      C'è poi da rilevare che la legge prevede l'obbligo di immediata declaratoria di cause di non punibilità ai sensi dell'art. 129 c.p.p. senza nulla dire sulle modalità dell'accertamento degli elementi posti a base della decisione, accertamento che rientra appunto nella materia soggetta a interpretazione dei giudici.  Nel caso di specie lo stato di necessità(leggasi: fame) come fatto notorio trova fondamento adeguato nell'art. 530 nuovo c.p.p. che, mutando normativamente la giurisprudenza formatasi sotto il vecchio codice più restrittivo, ha sancito l'assoluzione anche col semplice dubbio sulla causa di giustificazione.

      Nel merito valga quanto segue.

      La consuetudine è una manifestazione della vita sociale che si concreta in un'attività costante ed uniforme dello Stato-comunità(Tesauro). Ad essa può essere attribuita funzione di mezzo d'interpretazione di principi e norme(consuetudine interpretativa) ma anche di fatto idonea a disapplicare la norma scritta(consuetudine abrogativa).

      Il nostro ordinamento considera contra legem la consuetudine abrogativa perché contraria al dettato dell'art. 8 delle preleggi che comporta l'applicabilità della    consuetudine(usi) solo se richiamata da leggi e  regolamenti.

      Nessuna norma, invece, vieta la consuetudine interpretativa che anzi il magistrato penale applica continuamente come nei processi indiziari ad esempio, quando tenda a trarre conclusioni da comportamenti umani logici e regolari individuati in un ambiente con un determinato background socioculturale.

      Anche la legge penale va interpreta alla luce del mondo concreto in cui si sviluppa, con tensione dinamica e non statica ad evitare una discrasia tra il dover essere normativo e quello reale. "La dottrina - come leggiamo in Antolisei - è concorde nell'attribuire alla consuetudine la più grande importanza nell'interpretazione della legge, specie nei riguardi dei fatti che sono valutati in diverso modo nei vari ambienti sociali"(F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte generale - Giuffrè Milano, 1969, p. 51-52, in cui si cita il Codex iuris canonici <ca. 29>: Consuetudo est optima legum interpres). Secondo Antolisei è addirittura da ammettersi la consuetudine integratrice  o praeter legem  che sorga per integrare i precetti della legge qualora essa non si risolva in danno dell'imputato(F. Antolisei, ibid.).

      La legge e la giustizia vanno applicate in nome del popolo ad esso spettando la sovranità(art. 1 della Cost.) e il metro di questa sintonia è proprio la rispondenza piena del popolo alle leggi penali emanate dal Parlamento, il quale può andare "controcorrente" quando contraddica lo spirito del comune sentire della popolazione che ad esso ha dato mandato, incorrendo in tal maniera  di fatto nella disapplicazione della norma scritta.

      Nel caso di specie la norma repressiva di base, la protezione penalistica - e non meramente civilistica del diritto d'autore - è desueta di fatto per l'abitudine di molte persone di tutti i ceti sociali, che, in diuturnitas, ricorrono all'acquisto di cd per strada o  scaricano MP3 da Internet. Anche grossi network come Napster e i suoi cloni si sono mossi da tempo in senso anticopyright e hanno permesso copie di massa dell'arte musicale. Fenomeno appena sfiorato dalle sentenze degli USA che si sono espresse nel senso di regolamentare la materia della riproduzione di massa, ma con un pagamento ridottissimo in un nuovo mercato dove il guadagno dei produttori è quantificato su "minimi diffusissimi". In linea con questa strategia si è espresso recentemente il Parlamento  europeo con la direttiva  per "la protezione del diritto d'autore nella società dell'informatica" avanzando al più l'ipotesi di un equo compenso per gli autori per la diffusione globale della loro opera.

      Il fatto è che la strategia del regalo è uno dei punti centrali nel mondo digitale, tanto che si parla di free economy, economia del gratis appunto, o di gift economy, economia del regalo. "Nell'età dell'accesso si passa da relazioni di proprietà a relazioni di accesso. Quello di proprietà privata è un concetto troppo ingombrante per questa nuova fase storica dominata dall'ipercapitalismo e dal commercio elettronico, nella quale le attività economiche sono talmente rapide che il possesso diventa una realtà ormai superata"(Vedi New economy in http://mediamente.rai.it/biblioteca). 

      Anche la New Economy depone, dunque, nel senso dell'arte a diffusione gratuita o a bassissimo prezzo, per rendere effettivo il principio costituzionale dell'arte e la scienza libere(art. 33 della Cost.) e, quindi, usufruibili da tutti, cosa non assicurata dalle attuali oligarchie produttive d'arte che impongono prezzi alti, contrari  a un'economia umanistica, con economia anzi diseducativa per i giovani spesso privi del denaro necessario per acquistare i loro prodotti preferiti e spinti, quindi, a ricorrere in rete e fuori a forme diffuse di "pirateria" riequilibratrice.

      L'azione degli oligopoli produttivi appare quindi in contrasto con l'art. 41 della Cost. secondo cui l'iniziativa economica privata libera "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana". Solo un'arte a portata di tasca di tutti i cittadini e soprattutto dei giovani può essere a livello produttivo umanitaria e sociale come richiesto dalla Costituzione, per far sì che davvero tutti possano godere dei prodotti artistici.

      In definitiva, se compito dello Stato ex art. 2 della Costituzione è rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono al libero ed egualitario sviluppo della comunità, risulta la normativa penalistica a favore del copyright tendenzialmente abrogata di fatto ad opera dello stesso popolo per desuetudine, con azione naturale tendente a calmierare le sproporzioni economiche del mercato capitalistico in materia. Tale consuetudine non è quella abrogativa canonica ex lege ma di fatto incide sull'interpretazione della norma penalistica, quanto meno nel senso di far percepire al giudice quanto possa essere ridotta la forza cogente di una norma espressa, imposta ma non accettata dalla maggioranza del consesso sociale. Nel contempo permette di rilevare come ai fini dell'enunciando stato di necessità il fatto del vendere cassette per sopravvivere è più che proporzionato  al pericolo connesso alla lesione del copyright(art. 54 ult. parte co. 1).

      L'azione di depenalizzazione strisciante e non legalizzata del fenomeno  trova appiglio de iure condendo nei lavori della Commissione ministeriale per la riforma del codice penale (istituita con d.m. 10 ottobre 1998) che nel progetto preliminare di riforma del codice penale avanzò il principio della necessaria offensività del fatto, e soprattutto, quello della sua irrilevanza penale.

      La Commissione prese innanzitutto atto del fatto "che il principio di necessaria offensività costituisce ormai connotato pressoché costante dei più recenti progetti riformatori". Esso ha trovato ingresso nello schema di legge-delega Pagliaro, che in uno dei primi articoli, collocato non a caso subito dopo la enunciazione del principio di legalità, invita a "prevedere il principio che la norma sia interpretata in modo da limitare la punibilità ai fatti offensivi del bene giuridico" (art. 4 comma 1). Ed è stato enunciato a tutto campo nel Progetto di revisione della seconda parte della Costituzione, licenziato il 4 novembre 1997 dalla Commissione Bicamerale: "non è punibile chi ha commesso un fatto previsto come reato nel caso in cui esso non abbia determinato una concreta offensività".

      La Commissione riteneva che, al di là delle opinioni specifiche di ciascuno sulle modalità di inserimento di tale principio nel codice, le posizioni sopra enunciate esprimessero l'esigenza insopprimibile di ancorare, anche visivamente, la responsabilità penale all'offesa reale dell'interesse protetto, nel quadro di un diritto penale specificamente finalizzato a proteggere i (più rilevanti) beni giuridici. 

      Anche sul campo della concreta offensività la New economy ha dimostrato come addirittura la diffusione gratuita delle opere artistiche acceleri paradossalmente la vendita anche degli altri prodotti smistati nei canali ufficiali  e, se ciò vale nello spazio virtuale di Internet, deve valere anche nello spazio materiale con vendita massiccia di prodotti-copia che alimentano l'immagine e la vendita dello stesso prodotto smistato in via "legale".

      Naturalmente in questa sede la depenalizzazione in re, per mancanza di una reale offesa al copyright(tutelabile al più civilmente ma non penalmente),  non può essere invocata, ma il dato acquista rilievo di fatto ai fini di stabilire la proporzione dell'azione svolta dai venditori di cd con l'offesa arrecata ai diritti d'autore.

      In tema di stato di necessità, a fronte dei dubbi interpretativi suscitati dall'espressione "danno grave alla persona",  ancora la Commissione succitata ci illumina avendo    proposto di "chiarire quali beni siano effettivamente "salvabili" (lo schema di legge-delega Pagliaro sembra considerare rilevanti agli effetti della esimente tutti gl'interessi personali propri o altrui, siano essi oggetto di pericolo di un danno grave o non grave, attengano alla integrità fisica o a quella morale della persona, compensando tuttavia questo ampliamento con una drastica delimitazione della scriminante sul terreno della proporzione)".

      Quanto ai venditori di cd per strada  è fatto notorio che trattasi di soggetti privi di lavoro, in condizioni spesso di schiacciante subordinazione. Notoria non egent probatione, i fatti notori non richiedono prova dal momento che la nozione di fatto de quo rientra nella comune esperienza. Si aggiunga che dalle carte processuali non emergono elementi per dedurre che il prevenuto avesse altre forme di sussistenza e si può, quindi, presumere che la sua vendita contra legem e sia fatta esclusivamente per il proprio sostentamento vitale.

      Nel caso di specie è innegabile che il venditore di cd è un extracomunitario che agisce spinto dal bisogno di alimentarsi. Una vecchia giurisprudenza escludeva lo stato di necessità per chi agisca spinto da necessità attinenti all'alimentazione  "poiché la moderna organizzazione sociale, venendo  incontro con diversi mezzi ed istituti agli indigenti, agli inabili al lavoro e  ai bisognosi in genere, elimina per costoro il pericolo di restare privi di quanto occorre  per <omissis> il loro sostentamento quotidiano"(Cass. Sez. III 24 maggio 1961, P. M. c. De Leo, Giust. pen. 1962, II 81, m. 68).

      Trattasi di  giurisprudenza riferentesi a un contesto sociale diverso da quello attuale dove l'entrata in massa di extracomunitari rende praticamente impossibile predicare l'esistenza di organizzazioni atte ad accoglierli e a nutrirli davvero tutti. E quindi più che mai si pone il problema di affrontare modi e forme del loro sostentamento, rendendosi necessario ampliare il concetto di stato di bisogno quando vengano da essi commesse infrazioni minime al consesso sociale, soprattutto in materie ai limiti del danno puramente civile, ove questo stesso mai esista. Ciò è tanto più vero ove si pensi che il fondamento della scriminante è stato colto nell'istinto della conservazione, incoercibile nell'uomo(Maggiore, Diritto Penale, Parte generale, 5a ed., Bologna 1951, p. 319).

      Tale inquadramento risponde anche  a principi fondamentali garantiti dalla Costituzione come i diritti inviolabili dell'uomo(art. 2 della Cost.), in cui è da ricomprendersi il diritto a nutrirsi,  e il diritto alla salute(art. 32 della Cost.) compromesso naturalmente in chi, non riuscendo a    procurarsi un lavoro normale suo malgrado, non abbia i mezzi minimi per il suo sostentamento alimentare. Le norme costituzionali testé citate rendono anche edotti della gravità del danno(attuale e continuato) derivante alla persona dalla mancanza assoluta di mezzi per sostentarsi, altro requisito richiesto dalla giurisprudenza costante(Cass. sez. III, 4 dicembre  1981, n. 10772) per potersi configurare lo stato di necessità da mettere in rapporto col danno in concreto arrecato.

      In conclusione, tenendo anche conto che ex art. 4 della Cost.  è compito dello Stato garantire il diritto al lavoro e promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto, non c'è fine di lucro illecito "penalmente" in chi venda per strada cd a prezzo ridotto (in linea con la New Economy) al fine di procurarsi da mangiare, con azione accettata e condivisa  dalla maggioranza del consesso sociale.  Quell'azione, formalmente contra legem, è scriminata da uno stato di necessità(art. 54 c.p.) connesso alla sopravvivenza degli extracomunitari entrati nel nostro paese senza alcuna regolamentazione lavorativa, essendo la loro attività di venditori operanti  per sostentarsi assolutamente necessaria per sopravvivere  e proporzionata al pericolo di danno(minimo se non inesistente  visto il numero modesto di cassette contra legem trovate) arrecato ai produttori.

      Necessitas non habet legem, quindi. Difetta l'antigiuridicità del comportamento incriminato per mancanza del danno sociale rilevante ai fini penalistici, anche se non si può escludere un risarcimento civilistico alla SIAE ex art. 2045 c.c. da coltivare e realizzare eventualmente in sede civile.

      Si ordinerà confisca e distruzione del materiale in sequestro.

  

P.Q.M.

 

visto l'art. 530 c.p.p.

assolve Mohammed Tizio  perché i fatti non costituiscono reato per aver agito in stato di necessità ex art. 54 c.p..

      Ordina confisca e distruzione del materiale in sequestro.

 

                        IL GIUDICE

 

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ALLEGATO N. 2

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OCCUPAZIONE ABUSIVA DI APPARTAMENTO SCRIMINATA DALLA NECESSITA'

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

       Tizia è  stata tratta a giudizio, chiamata a rispondere del reato  di cui alla rubrica.

      All'esito dell'odierno dibattimento ritiene il Tribunale di dover adottare la seguente decisione.

      Caio, responsabile del  servizio immobili Comune di Pulcheria, ha riferito che fece accertamento sull'appartamento. All'indirizzo corrisponde una ex scuola materna in disuso. Con la diminuzione delle nascite le scuole sono state abbandonate.

      La prevenuta, priva di lavoro, ha riferito che ha occupato l'immobile per necessità. Trattavasi di uno stabile abbandonato, pieno di immondizie. L'ha ripulito per occuparlo con tre figli, aspettandone  un quarto, insieme al marito venditore ambulante. Ha fatto domanda per avere una casa popolare.

      Sempronio, direttore dell'ufficio abitativo del comune di Pulcheria, ha riferito che la signora chiese sanatoria per uso abitativo. Il locale non è utilizzato.

      Orbene la prevenuta va mandata assolta perché mancano prove dell'invasione richiesta dalla norma, ovvero di un'introduzione fatta con mezzi forzanti e  modalità eclatanti nella proprietà altrui, trattandosi anzi di locale colpevolmente lasciato derelitto dalla P. A..

      E' da assolvere la prevenuta, ad abundantiam   a fronte di un suo sicuro stato di necessità(art. 54 c.p.), essendo madre di bambini piccoli e necessitando di un ricovero per loro atto a garantirne la salute, diritto tutelato costituzionalmente(art. 32 della Cost.).

      Pertanto s'impone l'assoluzione.

 

                     P.Q.M.

 

visto l'art. 530 c.p.p.

assolve Tizia dal reato ascritto perché il fatto non costituisce reato.

 

               IL GIUDICE

 

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ALLEGATO N. 3

 

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FALSO INNOCUO NELLA VENDITA DI PRODOTTI CON MARCHI CONTRAFFATTI.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

      Mohammed Tizio è  stato tratto a giudizio, chiamato a rispondere del reato di cui alla rubrica.

      All'esito dell'odierno dibattimento ritiene il Tribunale di dover adottare la seguente decisione.

      Mohammed Tizio è stato trovato in possesso  di merce col marchio contraffatto.

      Caio, istruttore della polizia municipale,  ha riferito sul sequestro effettuato a carico del prevenuto colto a vendere le res. L'imputato fu identificato con carta d'identità consolare.

      Dalla documentazione acquisita  e dal raffronto coi prodotti originali  risulta che la merce era chiaramente contraffatta.

      Orbene il prevenuto va mandato assolto in quanto si è in presenza di un'ipotesi tipica di falso "impossibile o innocuo", essendo percepibile da qualsiasi acquirente di comune esperienza che la merce venduta  non poteva certamente essere stata prodotta e distribuita, dati i prezzi praticati, dalle prestigiose ditte di livello internazionale cui si riferivano i marchi contraffatti e vista comunque la palese contraffazione risultante dalla documentazione.      

      Non sussiste, pertanto,  l'elemento materiale del reato di cui all'art. 474 C.P. secondo una recentissima sentenza della Cassazione (Sezione Quinta Penale - Sent. n. 2119/2000 - Presidente N. Marvulli - Relatore L. Toth), la quale richiama la giurisprudenza costante della Corte secondo cui  in tanto un marchio contraffatto può trarre in inganno un compratore, così da integrare, in caso di vendita della merce, il reato contestato in questa sede, in quanto la provenienza prestigiosa del prodotto costituisca l'unico elemento qualificatore o comunque quello prevalente per determinare nell'acquirente di media esperienza la volontà di acquistare il prodotto stesso.

      Qualora viceversa altri elementi del prodotto, quali la evidente scarsità qualitativa del medesimo o il suo prezzo eccessivamente basso rispetto al prezzo comune di mercato, siano rivelatori agli occhi di un acquirente di media esperienza del fatto che il prodotto non può provenire dalla ditta di cui reca    il marchio, la contraffazione di quest'ultimo cessa di rappresentare un fattore sviante della libera determinazione del compratore, sì da integrare il delitto contestato.

      Nel caso di specie si rileva che la grossolanità della contraffazione è evidente anche perché così riferita dai tecnici. Tale grossolanità era rilevabile facilmente da chiunque donde l'inidoneità dei marchi stessi a trarre in inganno una persona di media esperienza e diligenza. "Né si può ignorare sul piano dell'attuale costume che l'offerta da parte dei venditori ambulanti di prodotti griffati è ormai accolta dalla clientela con un diffuso e sottinteso scetticismo circa l'autenticità dei marchi, con un'accettazione implicita della provenienza aliena dei prodotti stessi, dato il loro prezzo e l'evidente approssimazione dei segni a quelli effettivi che la clientela di comune esperienza ben conosce nelle reali caratteristiche distintive"(così cit. sentenza).

      Ergo il prevenuto va mandato assolto dal reato sopradetto perché il fatto non costituisce reato. In reati di questo tipo, invero, solo in ipotesi di  contestata e provata truffa o frode in commercio consumata, si può vincere la presunzione favorevole che i prodotti de quibus non riescono ad ingannare i consumatori sulla genuinità dei marchi.

     

                     P.Q.M.

 

visto l'art. 530 c.p.p.

assolve Mohammed Tizio dal reato ascrittogli perché il fatto  non costituisce reato.

 

                     IL GIUDICE

 

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INDICE

 

 

1)STORIA DELLA SENTENZA ANTICOPYRIGHT.

2)LA SENTENZA ANTICOPYRIGHT COME TAVOLA DI SCRIMINANTI DEMOCRATIZZANTI IL SISTEMA GIURIDICO.

   2.1)STATO DI NECESSITA'ALIMENTARE.

   2.2)LEGITTIMA DIFESA ECONOMICA.

   2.3)ANABLABE: TEORIA DELL'ANCORAGGIO DEL REATO A UN CONCRETO DANNO ARRECATO.

3)CONCLUSIONE. DIRITTO MEDICINALE E COSTITUZIONALIZZAZIONE DELLA  LEGITTIMA  DIFESA SOCIALE.

 

ALLEGATO N. 1

 

SENTENZA ANTICOPYRIGHT

 

ALLEGATO N. 2

 

OCCUPAZIONE ABUSIVA DI APPARTAMENTO SCRIMINATA DALLA NECESSITA'

 

ALLEGATO N. 3

 

FALSO INNOCUO NELLA VENDITA DI PRODOTTI CON MARCHI CONTRAFFATTI.


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[1]Dal greco ana= senza e blabe, danno = senza danno. Il termine è legato alla "teoria del danno", secondo cui là dove non c'è danno, non c'è reato.

 

[2]Vedi allegato n. 1 con sentenza aggiornata.

 

[3]Vedi allegato n. 2.

 

[4]Edizioni Lupetti, Milano 2004, p. 65 e segg..

 

[5]Vedi Allegato n. 3.

 

[6]Sul punto vedi G. Francione, Le nuove frontiere della droga - La via medicinale, Utopia del sistema penale entropico in corso di stampa per i caratteri di Progresso Giuridico, Roma; ma anche UNIONE EUROPEA GIUDICI SCRITTORI(EUGIUS): LA NUOVA UNIONE DEI GIUDICI UMANISTI D'EUROPA: http://www.antiarte.it/eugius

 

http://italy.indymedia.org/news/2006/03/1030514.php

http://www.comunicati.net/comunicati/societa_civile/associazioni/21980.html

 

Foto dal convegno

http://www.eidonpress.com/index.php?url=zoom.php&id=79385

 

 

Intervento all 'INCONTRO NAZIONALE AMNISTIA, ART. 79, CODICE PENALE  SABATO 25 MARZO 2006 ore 9,00 Università La Sapienza di Roma Facoltà di Giurisprudenza

DIRITTO MEDICINALE, NORMATIVIZZAZIONE E COSTITUZIONALIZZAZIONE DELLA  LEGITTIMA  DIFESA SOCIALE.

 di Gennaro Francione

 La sentenza anticopyright col seguito di giovani magistrati che hanno appoggiato la teoria dello stato di necessità sociale non nasce dal nulla ma si poggia su un'interpretazione della legge evolutiva, fondata su pronunce analoghe dei giudici di merito(giustificato motivo nella Legge Bossi-Fini), della Cassazione(falso innocuo nei reati merceologici) ma soprattutto su un'esegesi nascente direttamente dalla volontà popolare che fonda i principi della costituzionalizzazione vivente delle norme. Su queste basi solide porta avanti, sistematicamente, l'uso di scriminanti esistenti a livello allargato: la legittima difesa  e lo stato di necessità. Contemporaneamente si ricollega, di fondo, all'anablabe ovvero alle moderne prospettive della teoria del danno, avanzate in giurisprudenza e nei progetti di modifica del codice penale.

Tutte queste istanze, presenti già nel codice ma non recepite dalla coscienza di massa dei giudici, potrebbero essere codificate nel nuovo codice penale semplicemente inserendo nelle scriminanti di legge (esercizio di un diritto, adempimento di un dovere, legittima difesa, stato di necessità) la formula supplementare dell'"aver agito per realizzare un interesse sociale", con aggiunta della scriminante generale del non aver in concreto arrecato danno con la propria azione astrattamente criminosa.

Un ulteriore passo, che noi auspichiamo sempre nell'ambito della costituzionalizzazione montante del diritto penale  e dell'intero sistema giuridico, è una teoria dell'azione sociale reattiva costituzionalmente protetta, per cui si possa parlare di legittima difesa sociale per motivi economici, spirituali, culturali, salutari etc. in analogia, ad esempio, con le norme che garantiscono lo sciopero(art. 40 della Cost.).

Il progetto di rinnovamento normativo proposto s'inserisce in quello più ampio di modifica strutturale e semantica dello stesso sistema penale attuale.

Oggi nessuno è esente dai pericoli di un mondo caotico che si abbatte sui nostri figli, resi indifferentemente vittime attive e passive di crimini.

Noi abbiamo pietas per le vittime passive, ma - come diceva Dostoevskij - la prima vera vittima di un crimine è chi lo commette.

Stiamo elaborando un progetto di Diritto 2000 che sostituisce al medievale diritto penitenziale(basato sulla barbara punizione) il neoumanistico diritto medicinale(cura<preventiva  e successiva>, sanzioni e misure di sicurezza)[1]. 

Per questo ci battiamo per l'umanizzazione della giustizia e del sistema di pena, per il recupero dei devianti e degli emarginati in una nuova procedura di condivisione, per usare un termine internettiano, dei problemi sociali tra le classi.

La persona è il primo punto da cui partire nel neoumanesimo del diritto medicinale.

In primis conoscere chi è l'individuo che si ha davanti, quale sia stata la causa retrostante al suo delinquere(interesse, denaro, crisi esistenziale etc.) per poi assumere su di sé, il giudice, fin dalla fase della cognizione, il problema del recupero.

Non più giudici specializzati, ma neorinascimentali terapeuti, giudici medici, iatrici di giustizia. Veri e propri angeli custodi giurisdizionali a cui affidare, fin dalla fase cognitiva, ogni singola anima deviata per seguirla nelle azioni di sanzione al minimo grado e soprattutto di recupero.

Unità di cognizione ed esecuzione per il nuovo progetto in cui il criminale non è più l'Avversario, ma il Fratello da aiutare. Fratellanza, terzo principio spesso negletto della Rivoluzione Francese che trova espresso richiamo ancora nell'art. 3  della Costituzione, la cui salvaguardia è staticamente assicurata al 1° comma ma soprattutto, dinamicamente e concretamente, al 2° co.,  improntata a un unico obiettivo basilare: l'Uomo.

Oggi lo Stato è debole coi forti e forte coi deboli.

Lo Stato deve farsi forte coi forti e debole coi deboli.

In generale a fronte di azioni eclatanti come espropri proletari per protestare contro il carovita, occupazioni di case colpevolmente lasciate sfitte etc. che siano sfociate formalmente in reati  bisogna considerare prima di tutto l'animus che sorregge quella azioni che è quello del reagire dei deboli contro i soprusi dei forti. In tale riequilibrio, prima di vedere quale danno abbiano arrecato i disobbedienti, vediamo quale danno abbia arrecato a loro e ai gruppi di deboli che rappresentano la società in generale, ciò al fine di rendere il giudizio sul dare e sull'avere davvero equanime  e giusto secondo i parametri dell'art. 3 della Cost..

La prima forma di giustizia si realizza direttamente nel sociale e non si deve agire davanti ai magistrati per perpetrare se non per aggravare scompensi sociali ingiustificati in un sistema a misura d'uomo.  

Noi deprechiamo ogni forma di violenza ma appoggiamo forme di reazione di massa pacifiche e gandhiane al degrado sociale connesso alla disapplicazione della norma prima: la Costituzione.

Oggi i movimenti sono le Sentinelle della Democrazia: il loro esserci è costituzionale, previsto dall'art. 3 2° co della Costituzione. In uno stato realmente democratico dovrebbero essere istituzionalizzati e costituzionalizzati in nuce diventando il Settimo Potere di uno  Stato nuovo, fondato sulla Giustizia e sulla Fratellanza[2].

 


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[1]Sul punto vedi G. Francione, Le nuove frontiere della droga - La via medicinale, Utopia del sistema penale entropico in corso di stampa per i caratteri di Progresso Giuridico, Roma; ma anche UNIONE EUROPEA GIUDICI SCRITTORI(EUGIUS): LA NUOVA UNIONE DEI GIUDICI UMANISTI D'EUROPA: http://www.antiarte.it/eugius

 

[2]Attualmente il primo è il Parlamento, il secondo è l'Esecutivo, il terzo La Magistratura, il quarto La Carta Stampata, il quinto la Televisione, il sesto l'Internet.