Mancanza dolo specifico
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Sentenza contro Caia

Imputata

Del reato p. e p. dagli artt. 624 e 625 c.p. perché, al fine di trarne profitto, si impossessava di una confezione di arrosto di petto di tacchino, di una confezione di polpette di bovino del peso di Kg. 0,500 e di una confezione di petti di pollo in busta del peso di Kg 1,143, del valore commerciale complessivo di euro 10,00 circa, prelevando il tutto dagli scaffali su cui erano esposte all’interno del supermercato “-------” sito in ------, con l’aggravante di aver agito fraudolentemente celando gli oggetti all’interno dei propri pantaloni al fine di eludere la sorveglianza del personale del detto esercizio commerciale.

Accertato in ------ il -------;

con le conclusioni del pubblico ministero e del difensore dell’imputata, di cui al verbale d’udienza.

 

Svolgimento del processo e motivazioni della sentenza

 

Con decreto emesso in data -----, la Procura della Repubblica di Frosinone presentava l’imputata  davanti a questo Tribunale in composizione monocratica, per rispondere del reato di cui in rubrica.

Nel corso dell’istruttoria dibattimentale, veniva dichiarata la contumacia dell’imputata, ammessi i mezzi di prova ed escussi i testi del P.M..

All’odierna udienza si dichiarava chiusa l’istruttoria dibattimentale e si invitavano le parti alle conclusioni, come da verbale di udienza.

Veniva, quindi, pronunciata sentenza, pubblicata mediante lettura del dispositivo.

L’istruttoria dibattimentale non ha dimostrato la fondatezza dell’ipotesi accusatoria in relazione al reato contestato, l’imputata, pertanto, deve essere assolta dal reato ascrittole.

All’esito dell’istruttoria dibattimentale è emerso che in data -----, in -----, presso il supermercato “------”, la prevenuta si era impossessata di una confezione di arrosto di petto di tacchino, di una confezione di polpette di bovino del peso di Kg. 0,500 e di una confezione di petti di pollo in busta del peso di Kg 1,143, del valore commerciale complessivo di euro 10,00 circa, prelevando il tutto dagli scaffali su cui era esposta la merce che, successivamente, aveva celato all’interno dei propri pantaloni al fine di eludere la sorveglianza del personale del detto esercizio commerciale.

Ora, l'impostazione accusatoria risulta sufficientemente suffragata, deve rilevarsi, nel merito, la raggiunta la prova sulla realizzazione del fatto - reato da parte della prevenuta. Le dichiarazioni dei testi ascoltati, da considerarsi attendibili perché non inficiate da elementi contrari e rese con estrema linearità e coerenza, descrivono l'episodio relativo alla condotta assunta da Caia in data ------.

La condotta della prevenuta integra, quindi, perfettamente il reato e la contestata aggravante.

Le suddette risultanze dibattimentali però non danno riscontro della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di reato contestata.

          L'art. 624 C.P. punisce la condotta di chiunque s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri.

        La Corte di Cassazione ha ritenuto che per la consumazione del reato di furto è sufficiente che la cosa sottratta sia passata sotto il dominio esclusivo dell'agente anche se per breve tempo (Cass. Pen., Sez. V, 21/10/2008, n. 39427) e senza spostamento dal luogo della sottrazione (Cass. Pen., Sez. IV, 16/06/2005, n. 22588).

Quanto all’aggravante del mezzo fraudolento, questa ricorre quando la condotta "presenti una significativa ed oggettiva maggior gravita' dell'ipotesi ordinaria in ragione delle modalita' con le quali vengono aggirati i mezzi di tutela apprestati dal possessore del bene sottratto". Tale condotta deve consistere in una modalita' peculiare, o nell'utilizzazione di un particolare strumento che consenta, oltre al mero occultamento, l'elusione del controllo sui beni esposti per la vendita. Cio' accade, ad esempio, quando il reo predisponga mezzi particolari per superare i normali controlli, come una borsa con doppio fondo, indumenti realizzati appositamente per agevolare l'occultamento della merce rubata .

Le SS.UU. con Sentenza 30 settembre 2013, n. 40354 hanno enunciato il seguente principio di diritto: "L'aggravante dell'uso di mezzo fraudolento di cui all'articolo 625 c.p., comma 1, n. 2, delinea una condotta, posta in essere nel corso dell'iter criminoso, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosita', astuzia, scaltrezza; volta a sorprendere la contraria volonta' del detentore ed a vanificare le difese che questi ha apprestato a difesa della cosa. Tale insidiosa, rimarcata efficienza offensiva non si configura nel mero occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita a self service, trattandosi di banale, ordinano accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a difesa del bene".

        Da quanto precede traspare con evidenza che il comportamento della ----------, consistito nel mero nascondimento della merce nei pantaloni, non concreta la frode tipica. L'aggravante deve essere quindi esclusa.

In relazione all’elemento soggettivo del reato, la giurisprudenza ha ritenuto integrato il dolo specifico dalla finalità di percepire dal bene asportato un'utilità diretta, non mediata, anche se non di carattere patrimoniale od economico (Cass. Pen., Sez. IV, 16/12/2009, n. 47997). Infatti, il profitto può consistere in una qualsiasi utilità o vantaggio, anche di natura non patrimoniale, ed è sufficiente che il soggetto attivo abbia operato per il soddisfacimento di un qualsiasi interesse anche psichico (Cass. Pen., Sez. IV, 08/10/2009, n. 39104; Cass. Pen., Sez. V, 07/02/2007, n. 4975).

Nel caso in esame, il giudicante ritiene non sia emerso uno degli elementi costitutivi del reato, il dolo specifico. Invero Caia spinta da subitaneo ed impellente bisogno di procurare alla propria famiglia, composta da figli minori, della carne da mangiare si impossessava di merce di scarso valore, non carne di pregio e senza premeditazione, come dimostrato dal non aver approntato mezzi per eludere la sorveglianza.

Il Giudicante, infine, non ritiene applicabile, nel caso in esame, l’invocato stato di necessità, in quanto, per giurisprudenza costante: “La scriminante dello stato di necessità, la quale postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona non altrimenti evitabile, non può ritenersi applicabile in relazione a reati asseritamente provocati da uno stato di indigenza economica dell'agente, connesso alla situazione socio-economica dello stesso, qualora ad essa possa comunque ovviasi attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti. La predetta scriminante, invero, ben può essere concessa al soggetto che compie un'azione delittuosa per sopravvivere, in quanto in imminente pericolo di un grave danno alla persona, mentre non può trovare applicazione in tutti i casi in cui un soggetto ritiene di poter ovviare al suo stato di indigenza economica violando la legge penale. Il pericolo, in ogni caso, deve essere attuale, nel senso che la probabilità dell'evento temuto deve sussistere al momento del fatto, non potendosi estendere un tale requisito al punto da teorizzare che la persona priva di mezzi di sostentamento possa sistematicamente delinquere al fine di procurarsi, giorno dopo giorno, quei beni necessari alla sua sopravvivenza. Da ultimo, l'azione lesiva deve essere assolutamente necessaria per la salvezza dell'agente. La scriminante, pertanto, non può essere riconosciuta in favore del soggetto che, come nella specie, alleghi a giustificazione della commessa azione furtiva il proprio stato di indigenza economica.”

Non essendo emerso l’elemento soggettivo del reato per cui si procede,

p.q.m.

           Visto l'art. 530, II comma, c.p.p.;

assolve l’imputata dal reato ascrittole perché il fatto non sussiste.

90 giorni per motivazioni.

-----------------2014

 

Il Giudice

          Daniela Possenti