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BABY PENSIONE PER TUTTI

 

LAVORARE TUTTI, LAVORARE MENO

 

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UN TEMPO PER AMARE

Antonella Martini

 

      "Per amare ci vuole tempo. In realtà amare è dare tempo ad un altro. Tempo di ascolto, tempo di sguardo, tempo di calore, che non viene più misurato come se tutti gli orologi del mondo si fossero fermati improvvisamente."

      E' con queste parole che il sociologo francese Guy Aznar sottolinea l'importanza e la necessità di un tempo libero dal lavoro, a funzione non determinata, e sostiene la sua proposta di ridistribuzione dell'occupazione, finalizzata non solo a combattere la disoccupazione - lavorare meno per lavorare tutti - ma anche a conquistare e vivere il tempo come un terreno di avventura.

      Nella moderna società industriale, infatti, il tempo è interamente scandito dai ritmi del lavoro: il tempo di "vita", risulta non solo residuale, ma peggio, razionalmente pianificato dalle esigenze della produzione e del profitto.

      Tutta l'esistenza è organizzata sulla base del "lavoro": si studia per acquisire le competenze necessarie per trovare lavoro, si va in vacanza per riposarsi dal lavoro e riprenderlo con nuovo slancio, si va in pensione quando la nostra resa produttiva non è più, presumibilmente, ottimale. Si sceglie la data del matrimonio in relazione al periodo di ferie. Anche la scelta se avere o meno dei figli e quando è fortemente condizionata dai ritmi e dalle condizioni del lavoro. Il lavoro si impadronisce del tempo, lo assorbe completamente. Come nota Raoul Vaneigem, "il peggior effetto del lavoro è produrre un tempo che lavora contro di noi". Non solo non c'è mai il tempo per fare le cose che piacciono - passiamo la vita a rinviare a domani quel che avremmo voluto fare oggi, ad attendere "tempi migliori", che non arrivano - ma soprattutto il tempo "libero" dal lavoro si rivela un tempo di consumo, ugualmente organizzato e pianificato come quello lavorativo, prodotto in serie da quella che è definita, non a caso, l'industria del tempo libero. Schiavi del tempo di lavoro, gli uomini e le donne della società industriale non sanno che si stanno sviluppando le premesse per una loro prossima liberazione.

      Paradossalmente, è proprio l'evoluzione della società industriale che può favorire il realizzarsi di una vera e propria "rivoluzione del tempo". Il progresso tecnologico, affidando il lavoro alle macchine, crea le condizioni propizie affinché l'uomo si riappropri del tempo, di un tempo di libertà che gli consenta di esprimere la propria identità umana. Con la riduzione dell'orario di lavoro, conseguente alla produzione industriale avanzata, gli uomini possono scegliere di lavorare meno o di impiegare il tempo in una seconda attività remunerativa. Chi sceglie di lavorare meno e di guadagnare meno, sceglie di consumare tempo piuttosto che oggetti, acquista tempo invece che merci.

      E' questo un tempo, che secondo Aznar, è qualitativamente nuovo rispetto a quello che conosciamo. Sono tre le caratteristiche che lo rendono tale.

      La prima è inerente al fatto che è un tempo "facoltativo", cioè se ne approfitta chi lo vuole, e ciò lo rende desiderato, non subito.

      La seconda caratteristica si riferisce al fatto che si presenta come un tempo autonomo, non più valvola di sfogo o spazio risicato da quello lavorativo.

      La terza caratteristica, infine, rinvia al fatto che è un tempo "aperto", non "vuoto". Un tempo libero rispetto al denaro, libero nelle sue forme e contenuti. Un tempo da esplorare nelle sue infinite possibilità, uno spazio avventuroso da percorrere senza l'angoscia del vuoto e l'ossessione del "riempimento" che permea il tempo "libero" imposto dall'attuale organizzazione del lavoro.       Scrive Aznar: "Il tempo libero sarà per alcuni il consumo folle e goloso di svaghi, come avviene per una bevanda fresca tanto attesa sotto il sole. Per altri sarà il viaggio, il turismo, l'esplorazione, il trekking, l'escursione, la montagna, i torrenti. Oppure la cultura, i concerti, i musei, il teatro, i festival. Per altri, la cucina. Per altri l'invenzione di un altro tipo di svaghi o di un altro tipo di cultura. Per altri, il militantismo politico e sociale, l'aiuto umanitario. Per altri, la fotografia, la pittura. Per altri, il corpo, la danza, la competizione, il rilassamento, il culturismo, la bellezza. Per altri, la seduzione. Per altri un nuovo tipo di lavoro. Per altri, niente".

      Un tempo, in sostanza, in cui ritrovare ed esprimere la propria affettività, le proprie passioni, ovvero la propria umanità.

      La conquista di un tempo per "vivere" costituisce, dunque, un obiettivo essenziale dell'evoluzione umana. Richiede però scelte coraggiose e audaci. Come quelle inerenti la    riorganizzazione dei tempi di lavoro. L'attuale sviluppo tecnologico lo rende possibile, non certo. Non è un qualcosa di dato, imposto da una inevitabile legge della storia o del progresso. E', piuttosto, un qualcosa da costruire, da creare con un materiale che è però a nostra disposizione. Del resto, come scrive Raoul Vaneigem: "noi siamo i figli di un mondo devastato, che provano a rinascere in un mondo da creare. Imparare a diventare umani è la sola radicalità".

 

Bibliografia:

Guy Aznar, Lavorare meno per lavorare tutti, Bollati Boringhieri, Torino, 1994.

Raoul Veneigem, Noi che desideriamo senza fine, Bollati Boringhieri, Torino, 1999.