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Giustizia, i poli tentano il dialogo
Dopo la condanna di Andreotti e l'apertura di Fassino a
"ripensare" il sistema, arrivano le proposte della Cdl: pm
sotto l'Avvocatura dello Stato, autorizzazioni a procedere, carriere
separate. Ma l'Ulivo fa muro.
ROMA - Un terreno di scontro che si trasforma in un
ambito di possibile dialogo. E dopo i primi segnali a distanza si fanno già
strada le prime proposte, anche se di "spirito bipartisan"
proprio non si può parlare, visto che le ferita aperte dalla legge Cirami
nell'Ulivo non si sono ancora rimarginate. Ma tra i due Poli si riapre
sulla giustizia la possibilità di un'intesa. Tra la battaglia a viso
aperto con tanto di girotondi sul legittimo sospetto e gli spiragli di
apertura di quest'oggi ci sono l'indagine di Cosenza cha ha portato in
carcere 20 no global e la sentenza di condanna
a 24 anni per Giulio Andreotti.
Dopo le espressioni di solidarietà nei confronti
del Senatore a vita, infatti, adesso arrivano anche dichiarazioni bipartisan
sulla necessità di riformare il sistema. Anche se sul come e con
quali priorità le differenze resistono. A fornire una prima notevole
apertura è il segretario dei Ds Piero Fassino che sostiene che forse
"è giunto il momento che il legislatore metta mano sulla giustizia
italiana. La mia analisi - continua il leader della Quercia in
un'intervista a Repubblica - non ha nulla a che vedere con quella
strumentale del centrodestra. Le parole di chi è impegnato ad
ostacolare i processi e sottrarsi al giudice naturale non sono credibili''. E
la pur parziale apertura del segretario diessino trova un riscontro
positivo tra i parlamentari della Cdl, con una voce autorevole e molto
vicina al premier, quella del ministro degli Esteri Franco Frattini, che
plaude alle parole di Fassino: "la disponibilità al dialogo
dimostrata è importante - commenta il responsabile della Farnesina -
era quello che si aspettava il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi".
Proprio dalla maggioranza arrivano, oltre ai plausi
a Fassino (Buttiglione: "Anche Fassino sembra capire che così non si
può più andare avanti"; Follini: "L'invito a ragionare insieme
non va fatto cadere, è il momento di scendere dalle barricate";
Castelli, ironico: "Mi fa piacere che Fassino sia stato fulminato
sulla via di Damasco"; Schifani: "Passaggio da apprezzare, al di
là della polemiche che rinviamo al mittente e che francamente
potrebbero essere evitate"), anche le prime proposte concrete, le
prime idee per cambiare il sistema della Giustizia.
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, chiede
una riduzione dei gradi di giudizio in caso di assoluzione in primo
grado: "L'appello ha scarsamente senso - commenta - quando un
imputato viene assolto in primo grado, e allora si potrebbe passare
direttamente in Cassazione. In questo modo si ridurrebbero le garanzie ma
forse si eviterebbero le sentenze contradittorie sulle stesse carte e
indizi processuali".
Il neo ministro per la Funzione pubblica, Luigi
Mazzella, propone invece il modello americano, con il Pm collocato sotto
l'avvocatura dello Stato: "Non c'è alcun bisogno di trovare una
nuova casa al pubblico ministero, la casa già c'è. Perché questa tesi
si possa realizzare, però - Afferma il monistro - sono necessari da una
parte una modifica costituzionale e dall'altra il passaggio
dell'Avvocatura dello Stato dalla pubblica amministrazione in senso
stretto all'ambito delle Autorità indipendenti di carattere generale. La
tesi del pm come Avvocato dello Stato, peraltro - spiega ancora Mazzella - è
quanto avviene anche negli Stati Uniti".
E se Michele Vietti (Udc), sottosegretario alla
Giustizia, chiede dai microfoni di Radio anch'io di "Ripristinare l'
autorizzazione a procedere o qualche forma di immunità che introduca un
filtro tra il potere giudiziario e quello legislativo", Gaetano
Pecorella (Fi), presidente della commissione Giustizia alla Camera,
propone di "partire dal problema della valutazione delle prove nel
processo penale oltre che dalla questione dei rapporti tra il
magistrato giudicante e inquirente. Va rivista - insiste Pecorella - la
questione sulla separazione dei ruoli del pm e del giudice, visto che
questo è il nodo principale per la parità delle parti nel
processo".
Per domani, intanto, il premier ha fissato un
incontro con i forzisti proprio sul tema della giustizia che punterà
sulla reintroduzione della responsabilità dei magistrati e su un nuovo
controllo dell'uso dei pentiti. E questo mentre giovedì in commmissione
Affari costituzionali Nitto Palma (Fi) presenterà la proposta di
istituire una commissione "che indaghi sui provvedimenti della
magistratura che hanno avuto oggettivi effetti politici".
Ma dall'Ulivo, dopo il primo segnale di disponibilità
di Fassino, arrivano le prime voci critiche. Oltre al correntone Ds, che
con Vincenzo Vita chiede di non dare spazio a
"improbabili tavoli di confronto che portino a soluzioni
frettolose", contro il dialogo si schierano anche Pietro Folena
("Non credo che in questa legislatura, con questa maggioranza
preoccupata solo delle sorti di Berlusconi e ossessionata dai magistrati,
noi dobbiamo favorire alcun processo di riforme organico della giustizia
perché sarebbe solo peggiorativo" e Carlo Leoni ("E' una mia
convinzione che con questa maggioranza non è possibile intavolare
una discussione costruttiva sui temi della giustizia". Francesco
Rutelli sottolinea che "non è possibile nessun dialogo al
buio con una destra che non ha fatto riforme ma solo provvedimenti ad
personam, anzi ad personas visto che erano di solito due gli interessati''.
''Dal mio punto di vista - afferma - non ci sono novità. Ci si può
confrontare solo a carte scoperte, una volta che sia chiaro cosa si vuole
approvare".
Una posizione supportata anche dal presidente dei
Verdi Alfonso Pecoraro Scanio: "Il dialogo sulla giustizia? dipende
da Berlusconi - afferma l'ex ministro delle Politiche agricole - E' il
centrodestra che deve dimostrare di volere un dialogo e di essere attento
ai temi che interessano i cittadini e non ad approvare leggi e leggine ad
personam per risolvere i problemi giudiziari del presidente del Consiglio
e dei suoi amici".
(19 NOVEMBRE 2002; ORE 10:15; ultimo
aggiornamento ore 17:28)
http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,160193,00.html
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La
lotteria della giustizia
Dobbiamo essere stati tutti molto distratti, non
ci eravamo accorti che la nostra storia, passata e contemporanea, fosse
così intimamente criminale, sanguinosa e mostruosa. Sappiamo anche
comunque che un altro Tribunale aveva giudicato Andreotti innocente perchè
«il fatto non costituisce reato». Il diverso, anzi antitetico giudizio
deriva dalla circostanza che prove materiali della colpevolezza non ce ne
sono (quelle dell'innocenza possono mancare ma questo non giustifica e
consente sentenza di condanna). Ci sono indizi, ricostruzioni, ipotesi,
dichiarazioni verbali. Un Tribunale le giudica inconsistenti ai fini di
una condanna, un altro Tribunale le ritiene sufficienti a comminare un
ergastolo, i 24 anni ad Andreotti sono stati giustificati con la sua età
avanzata. In inquietante sintonia sappiamo che gli indizi raccolti a
carico di Francesco Caruso e degli altri arrestati, intercettazioni
telefoniche e materiale propagandistico più filmati e intercettazioni
ambientali, sono stati giudicati da alcune Procure non in grado di
giustificare un'azione penale e quindi il carcere, mentre un'altra Procura
vi ha visto niente meno che una cosa così enorme come la trama della
cospirazione violenta contro lo Stato. Se ne deduce, purtroppo in maniera
inconfutabile e in modo assolutamente provato, che la giustizia nel nostro
paese somigli ad una lotteria. Sentenze e mandati che, purtroppo, tendono
a somigliare ad opinioni. Il fatto che qualcuno, ad esempio Silvio
Berlusconi, pretenda di avere sempre e comunque garantito il biglietto
vincente, non muta l'inaffidabilità della lotteria che tale è e rimane:
oggi vinci, domani perdi, la prossima volta non si sa. Un mondo dove
Andreotti telefona o fa cenno al boss Badalamenti per ammazzare Pecorelli
e dove Caruso e compagni costituiscono l'esercito occulto della
sovversione a colpi di sms e di posta elettronica, appare a noi abbastanza
improbabile. Fino a che non ci vengono fornite le prove, tangibili e
documentarie, del contrario. Pronti in quel caso a ricrederci e stupirci,
a fare eventualmente ammenda per la nostra ingenuità. Per ora però ci
vengono fornite solo le periodiche estrazioni della lotteria e non
possiamo che provare stupita incredulità per i suoi responsi. Mutevoli,
come si addice al Lotto, a seconda che escano sulla ruota di Perugia o di
Cosenza.
Mino Fuccillo
(c) 1998-2002 - LIBERTA'
http://quotidiano.liberta.it/QuotidianoArticolo.asp?Qpar=&IDArt=24&Fname=1911INT309.jpg
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Vendola: solo indizi
come nel caso Sofri
«Vale per Andreotti
quello che vale per Sofri: nessuno può essere condannato se non sulla
base di prove certe», ricorda Nicki Vendola (Prc). E aggiunge: «Il
giudizio storico politico, per Andreotti come per Sofri, è cosa assai
distante dal giudizio penale. Io penso tutto il male possibile di
Andreotti e del suo ruolo politico, ma per condannare chiunque ci vogliono
solide basi di prova».
http://213.26.79.24/VisualizzaArticolo.php3?Codice=1255295&Luogo=Main&Data=2002-11-19&Pagina=PRIMO%20PIANO
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No global, «inchiesta
da Inquisizione»
Caruso non risponde al gip,
attacca e si ritira in cella a leggere Kafka
NAPOLI – Pochi minuti, il tempo di trascrivere sul
verbale una breve dichiarazione per spiegare perché al giudice che ha
ordinato il suo arresto non ha proprio nulla da dire. Ma quello di
Francesco Caruso, leader dei Disobbedienti napoletani, è un silenzio che
parla. Prima di tornare nella sua cella del carcere di Viterbo, infatti,
ha voluto trasformarsi in accusatore: l'arresto – ha affermato – è
degno di un tribunale dell'Inquisizione ed è frutto di un atteggiamento
di pregiudizio ideologico nei suoi confronti e del movimento che
rappresenta.
Così si è concluso l'interrogatorio di garanzia, davanti al gip di
Cosenza, Nadia Plastina, del personaggio più noto tra i venti arrestati
con l'accusa di associazione sovversiva e cospirazione nell'ambito
dell'inchiesta sui No global. Caruso, assistito dall'avvocato Carmine
Malinconico, si è avvalso della facoltà di non rispondere, adottando una
strategia processuale che affida al Tribunale del Riesame il compito di
valutare punto per punto gli elementi di accusa nei suoi confronti ma che,
allo stesso tempo, si configura anche come una scelta «politica»:
dettando le poche righe a verbale, l'esponente dei No global ha di fatto
ripetuto ciò che i suoi compagni vanno sostenendo nelle manifestazioni di
piazza quando parlano di criminalizzazione del movimento.
E che in questa fase la questione politica sottragga gli spazi riservati
alla vicenda giudiziaria, è dimostrato dal «messaggio» che dal carcere
Caruso ha fatto pervenire ai parlamentari Paolo Cento e Giovanni Russo
Spena. Gli esponenti della sinistra hanno spiegato infatti che l'arrestato
ha rivolto un appello per la partecipazione alla manifestazione di Termini
Imerese e perché «non si dia una risposta esagitata all'inchiesta».
Nel giorno dell'interrogatorio di Caruso sono proseguite le iniziative di
protesta da parte degli esponenti No global. Per la vicenda giudiziaria,
tra oggi e domani mattina i difensori degli indagati, che sembrano aver
concordato una linea comune, depositeranno le istanze di scarcerazione al
Tribunale della Libertà. Prima dovranno esaminare le 27 mila pagine di
atti presentati dall'accusa. Poi la parola passerà di nuovo ai giudici,
che dovranno pronunciarsi sulla fondatezza delle prove e la sussistenza
dei reati. Nell'attesa Caruso si è fatto portare in cella tre romanzi,
capisaldi della letteratura: i «Demoni» di Dostoevskij, «Madame Bovary»
di Flaubert e il «Processo» di Kafka.
http://www.lasicilia.it/giornale/1911/interno_estero/ie05/01.htm
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